Tasso di profitto.

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Transcript della presentazione:

Tasso di profitto

profitto Tasso di profitto r = ------------------------------ capitale impiegato E’ il tasso di rendimento del capitale impiegato in un’attività di produzione (un’impresa) Profitto = ricavo – costi Capitale impiegato e costi non coincidono, eccetto se i costi sono tutti anticipati e i beni capitali sono tutti circolanti o non durevoli (si consumano in un solo processo produttivo – in tal caso Bowles li chiama materiali)

Profitto: valore grano prodotto, meno (valore sementi + salari) Esempi Produzione prende un anno; Grano (sementi: circolante) * lavoro (salari anticipati) → Grano prodotto Profitto: valore grano prodotto, meno (valore sementi + salari) Capitale anticipato: valore sementi + salari Se salari posticipati (pagati a fine anno): profitto definito allo stesso modo; capitale anticipato consiste del solo valore sementi (i salari possono essere pagati dal ricavo, il loro pagamento non richiede anticipo di capitale)

Esempio: 100 sementi * 200 lavoro → 600 prodotto Salario: 2 grano. Profitto in grano 100 Tasso di profitto (salari anticipati): r= 100/500 = 20% Tasso di profitto (salari posticipati): r=100/100 = 100% Nota: il tasso di profitto non cambia se usiamo prezzi monetari. Ad esempio se il prezzo monetario del grano è 10, il salario monetario è 20; profitto e capitale anticipato sono entrambi moltiplicati per 10, il rapporto non cambia

Ammortamento: accantonamento di ricavo che permette di ricomprare un bene capitale durevole quando va buttato, o spesa periodica a fine anno che ricostituisce efficienza e durata, e dunque il valore, del parco beni capitali durevoli Esempio: trattore che dura 10 anni con efficienza costante; tasso d’interesse zero; ammortamento annuale: 1/10 del valore del trattore nuovo; alla fine del decimo anno si butta via il trattore vecchio e si ha il denaro per comprarne uno nuovo (se tasso d’interesse positivo, basta mettere da parte di meno perché le somme messe da parte fruttano interesse) Esempio: parco di 10 trattori che durano 10 anni, distribuiti per età; alla fine di ogni anno il più vecchio viene buttato via e se ne compra uno nuovo; questa spesa è l’ammortamento annuale, ricostituisce il numero e l’efficienza, e dunque il valore, del parco trattori.

Se alcuni beni capitali impiegati sono durevoli, il loro valore entra interamente nel capitale impiegato; solo l’ammortamento entra nei costi Esempio: produzione di acciaio di valore 461 con impianti fissi di valore 1000, materie prime di valore 100, lavoro con salari posticipati di valore 300; ammortamento annuale degli impianti fissi di valore 50 Tasso di profitto: r = profitto (461 – 50 – 100 – 300) diviso capitale impiegato (1000 + 100) = = 11/1100 = 1%

Beni capitali circolanti importati: Se i costi includono pagamenti per beni capitali circolanti importati, questi pagamenti dovranno essere anticipati e dunque entrano nei costi e nel capitale anticipato Beni capitali durevoli importati: Se si usano beni capitali durevoli importati il loro valore entra interamente nel capitale anticipato, solo l’ammortamento entra nei costi; come per i non importati Esempio: 10 trattori importati che durano 10 anni, distribuiti uniformemente per età. A fine anno si butta via il più vecchio e se ne compra uno nuovo; ammortamento = costo del nuovo trattore. Capitale impiegato: valore dei 10 trattori, inferiore a quello di 10 trattori nuovi perché i trattori invecchiati valgono meno, complicato da determinare se tasso d’interesse positivo; con tasso d’interesse zero e efficienza costante per 10 anni, ogni trattore perde ogni anno 1/10 del suo valore nuovo, se prezzo trattore nuovo è 10 allora a inizio anno lo stock di 10 trattori ha valore 10+9+8+7+6+5+4+3+2+1 = 55.

Rendita della terra Il pagamento di un affitto per uso di terra è in genere alla fine dell’anno dunque entra nei costi ma non nel capitale anticipato Esempio: (prezzo del grano 1) 100 grano (sementi)*200 lavoratori*1 terra → 500 grano; salario anticipato 1,5; rendita terra 50. Profitto in grano: 500 – 100 – 300 – 50 = 50; capitale anticipato 400; tasso di profitto = 50/400=1/8=12,5% Con salari posticipati tasso di profitto = 50/100

Se non vi è rendita della terra, e se i salari permettono di comprare solo la sussistenza, profitto e sovrappiù coincidono. Se il profitto viene interamente reinvestito e dunque coincide con l’investimento netto allora tasso di profitto e tasso di crescita coincidono. Esempio: 10 sementi*20 lavoro→50, salario anticipato 1,5, niente rendite. Profitto 10. Tasso di profitto 25%. Reinvestendo tutto il profitto si può aumentare le sementi e la quantità di lavoro, e dunque la produzione, del 25%. Dunque se profitto e sovrappiù coincidono, tasso di profitto e massimo tasso di crescita coincidono. (Se vi è rendita, o se i salari sono superiori alla sussistenza, no.)

Il tasso di profitto r non cambia se si divide numeratore e denominatore per la quantità prodotta, ottenendo il profitto per unità di prodotto (dato da ricavo per unità di prodotto meno costi per unità di prodotto) diviso il capitale impiegato per unità di prodotto. Ciò fa capire meglio cosa influenza r. Aumenti di produzione, costi e capitale impiegato nella stessa proporzione non lo cambiano. Invece riduzioni dei costi per unità di prodotto lo fanno aumentare. Da ciò ‘una ricetta per il conflitto’. I modi elencati nel testo del Bowles nel riquadro a p. 122 come modi di incrementare il surplus di produzione sono anche modi di incrementare il tasso di profitto. Ad esempio ridurre il livello di consumo dei lavoratori significa ridurre i salari, diminuendo il costo del lavoro per unità di prodotto. Anche una riduzione delle rendite, se positive, innalza r.

Surplus e surplus potenziale Una società può non produrre surplus pur essendone capace: la società può preferire lavorare poco. Le società di caccia e raccolta non producono surplus perché inutile, si lavora fino a ottenere la sussistenza, poi basta; ma vi è un surplus potenziale. Altro esempio: Una società che produca grano : 100 sementi*10 L→400 grano, con sussistenza 10 per lav., ha un surplus di 200; se con lo stesso metodo di produzione (stesse proporzioni tra quantità di prodotto e quantità di inputs) si lavorasse la metà, la quantità effettiva di lavoro sarebbe 5 (effettuata da 10 lavoratori) e la produzione 200, giusto sufficiente alla sussistenza dei 10 lavoratori: non c’è più surplus, ma c’è surplus potenziale. Se al contrario 400 fosse prodotto lavorando di più, ad es. il doppio ma con sussistenza invariata, basterebbero 5 lavoratori e il surplus aumenterebbe a 250.

Orario di lavoro, intensità di lavoro, e surplus e tasso di profitto Quanto appena spiegato mostra che aumentando l’orario di lavoro (con sussistenza per lavoratore invariata) il surplus aumenta a parità di prodotto perché per produrre lo stesso output bastano meno lavoratori. Ecco uno dei modi di aumentare il surplus e dunque il tasso di profitto della tabella a p. 122 del Bowles. Altro modo: incrementare l’intensità di lavoro, e cioè far produrre di più a parità di orario, di nuovo permette di impiegare meno lavoratori e dunque pagare meno sussistenza a parità di prodotto, e il tasso di profitto aumenta.

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