La sociologia del diritto di Eugen Ehrlich

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Transcript della presentazione:

La sociologia del diritto di Eugen Ehrlich

Eugen Ehrlich (1862-1922) (Czernowitz, Bucovina,oggi Cernovcy, Ucraina) la domanda iniziale di Ehrlich: esiste un unico diritto oppure esistono molti diritti diversi in diversi stati e in diversi popoli?

Il caso della Bucovina (1913) Nel ducato della Bucovina vivono attualmente in parte addirittura pacificamente gli uni a diretto contatto con gli altri, nove gruppi etnici: armeni, tedeschi, ebrei, romeni, russi, ruteni, slovacchi, ungheresi, zingari. Un giurista di indirizzo tradizionale affermerebbe senz’altro che tutti questi popoli hanno un solo diritto, vale a dire lo stesso diritto vigente (geltendes Recht) nell’intera Austria. E, tuttavia, un semplice sguardo superficiale potrebbe convincere questo giurista che ciascuna di tali stirpi osserva regole completamente diverse nei rapporti giuridici della vita di tutti i giorni. (Eugen Ehrlich)

Patria potestas “Nella Bucovina che pure fa parte dell’Austria e nella quale il codice civile vige come nelle altre parti dell’Austria, la patria potestà viene presa tremendamente sul serio. Il contadino romeno, forse l’unico vero romano rimasto ai giorni nostri, esercita una patria potestas che, al conoscitore del diritto romano, risulta assai familiare. In quella regione i figli appartengono effettivamente al padre, se non per tutta la vita, pur sempre fino alla maggiore età, e se non in modo assoluto come a Roma, pur sempre con il proprio corpo, il proprio patrimonio, la propria capacità lavorativa e non solamente fino a che il figlio vive nella casa del padre, ma anche anche quando va a vivere fuori casa. (E. Ehrlich, 1913)

Una questione terminologica? Mi sono sempre sentito ribattere che ciò che (in Bucovina) si trova in conflitto con il diritto civile austriaco non è il diritto ma il costume. Questa è la vecchia idea secondo la quale si tratterebbe qui della questione terminologica di stabilire ciò che si vuole chiamare “diritto”. Invece, si tratta di qualcosa di ben diverso, cioè del fatto che il codice civile non è stato in grado di eliminare dalla vita sociale una prassi che è apertamente in contrasto con esso, sia che tale prassi si chiami “diritto”, sia che si chiami “costume” (E. Ehrlich, 1913)

Due concetti di “diritto” 1. Diritto vivente (lebendes Recht) = insieme di istituti sociali (matrimonio, famiglia, possesso, contratto, successione) 2. Diritto vigente (geltendes Recht) = insieme di proposizioni giuridiche (Rechtssätze) sulla coercizione

La nascita di una “nuova” scienza: la sociologia del diritto La sociologia del diritto (la “scienza nuova” del diritto di Ehrlich) indaga: la genesi del diritto il mutamento del diritto

Che cos’è una proposizione giuridica (Rechtsatz)? “La proposizione giuridica consiste in una istruzione [Weisung] rivolta ai tribunali sul modo in cui essi devono decidere in dati casi.” Eugen Ehrlich, La sociologia del diritto, p. 47

Può darsi un diritto senza proposizioni giuridiche? La risposta affermativa di Eugen Ehrlich: il diritto vivente è diritto senza proposizioni giuridiche

Il diritto dei Germani all’epoca di Tacito “Chi legge la Germania di Tacito vi trova una descrizione abbastanza dettagliata delle classi (principi, nobili, dipendenti, schiavi), qualche dato sui rapporti familiari, un celebre e misterioso passo sul regime terriero dei Germani, accenni ai loro contratti e estese notizie sul testamento; ma invano vi si cercherebbero istruzioni ai tribunali sul modo di decidere le controversie giuridiche” E.Ehrlich, La sociologia del diritto, 1922, p. 48

Forme della proposizione giuridica Proposizione giudiziale (diritto giudiziale) Proposizione dottrinale (diritto giurisprudenziale) Proposizione legislativa (diritto legislativo)

Può darsi un diritto che consista di sole proposizioni giuridiche? La risposta negativa di Ehrlich. Gli argomenti di Ehrlich: 1. Le proposizioni giuridiche che regolano il matrimonio e la famiglia presuppongono l’istituto del matrimonio e della famiglia. 2. La proposizione giuridica è in tanto applicabile, in quanto permanga il suo presupposto sociale.

La replica di Kelsen a Ehrlich Il diritto è un ordinamento che assegna ad ogni membro i suoi doveri e quindi la sua posizione nella comunità per mezzo di una tecnica specifica, e cioè disponendo un atto coercitivo, una sanzione diretta contro quel membro della comunità che non adempia al suo dovere. Se ignoriamo questo elemento non siamo in grado di differenziare l’ordinamento giuridico da altri ordinamenti sociali.” Hans Kelsen, Teoria generale del diritto e dello stato, 28

Norme di comportamento vs. norme che imputano sanzioni “il possesso deve esser rispettato” “gli obblighi contrattuali devono essere adempiuti” “i genitori dispongono liberamente del patrimonio del figlio” Norme che imputano sanzioni: “Se è commesso un furto, allora deve essere punito con la sanzione S”

Diritto efficace vs. diritto valido La sociologia del diritto (Rechtssoziologie) studia l’essere (Sein): il diritto efficace La teoria pura del diritto (reine Rechtslehre) studia il dover essere (Sollen): il diritto valido Hans Kelsen, Teoria generale del diritto e dello stato, 1945

Questioni di efficacia vs. questioni di validità Se effettivamente gli uomini agiscano o meno in modo da evitare la sanzione minacciata dalla norma giuridica, e se effettivamente la sanzione sia o meno applicata in caso che se ne verifichino le condizioni, sono questioni che concernono l’efficacia del diritto: ma non è qui [nella scienza del diritto] in discussione l’efficacia del diritto, bensì la sua validità. Kelsen, Teoria generale del diritto e dello stato, 1945

L’esempio della norma sul furto “La regola sul furto mantiene la sua validità anche se il ladro riesce a scappare, e il giudice non è in grado di punirlo e di applicare così la regola giuridica. In questo caso particolare, perciò la regola è valida per il giudice anche se è priva di efficacia.” Kelsen, TGDS, 30

La tesi di Kelsen: la validità, a differenza dell’efficacia, si predica delle norme per Kelsen validità ed efficacia si riferiscono a fenomeni del tutto diversi “La validità è una qualità del diritto; la cosiddetta efficacia è una qualità del comportamento effettivo degli uomini e non (come l’uso linguistico sembrerebbe suggerire) del diritto stesso.” Hans Kelsen, TGDS, 39-40

Validità vs. efficacia “Validità del diritto significa che gli uomini devono comportarsi secondo quanto prescrivono le norme giuridiche, che essi devono obbedire e applicare le norme giuridiche.” “Efficacia del diritto significa che gli uomini si comportano effettivamente come devono comportarsi, secondo le norme giuridiche, che le norme sono effettivamente applicate e obbedite.” Kelsen, TGDS, 39

Ingiustizia legale e diritto sovralegale

Gustav Radbruch (1878-1949) Gesetzliches Unrecht und übergesetzliches Recht, 1946

Due concetti autocontraddittori? Ingiustizia legale (gesetzliches Unrecht) Diritto sovralegale (übergesetzliches Recht)

Radbruch (1933): il relativismo nella filosofia del diritto Poiché un giudizio sulla verità o sulla falsità delle differenti convinzioni giuridiche non è possibile, poiché, d’altra parte, è necessario un diritto unico per tutti i soggetti, spetta al legislatore di tagliare, con un sol colpo di sciabola, il nodo gordiano che la scienza non saprebbe sciogliere. Poiché è impossibile determinare ciò che è giusto, bisogna almeno costituire ciò che deve essere diritto. Anziché un atto di verità, che è impossibile, ciò che si fa è un atto di autorità. Il relativismo sfocia nel positivismo. Gustav Radbruch, Il relativismo nella filosofia del diritto, 1933

Radbruch (1933): relativismo e stato di diritto Il diritto positivo è un atto di autorità per definire il conflitto delle convinzioni al servizio dell’ordine sociale e della sicurezza del diritto. Ma il diritto positivo non può adempiere questa funzione di sicurezza che a condizione di obbligare non soltanto i soggetti, ma anche lo stesso legislatore. […] La legislazione non è affidata al legislatore che a condizione di assoggettarsi egli stesso all’impero della legge. Uno stato che si sottomette alla propria legge è chiamato uno Stato di diritto. Il relativismo richiede lo Stato di diritto. Gustav Radbruch, Il relativismo nella filosofia del diritto, 1933

Il valore della certezza Invero, un valore ogni legge positiva lo porta già con sé anche senza riguardo al suo contenuto: è comunque meglio che nessuna legge, poiché perlomeno procura le certezza del diritto. Radbruch, Ingiustizia legale e diritto sovralegale, 1946, 157

Il conflitto denunciato da Radbruch Certezza vs. giustizia

La formula di Radbruch (prima parte) Il conflitto tra la giustizia [Gerechtigkeit] e la certezza del diritto [Rechtssicherheit] potrebbe dunque dover essere risolto nel senso tale per cui il diritto positivo, assicurato dalla promulgazione e dalla sanzione, abbia la precedenza, anche quando è, nel suo contenuto, ingiusto [inhaltlich ungerecht] e inadatto allo scopo [unzweckmäßig], a meno che il contrasto fra la legge positiva e la giustizia giunga a un grado tale di intollerabilità che la legge in quanto diritto ingiusto [unrichtiges Recht], debba arretrare di fronte alla giustizia. (Radbruch, Ingiustizia legale e diritto sovralegale, 1946, p.157)

La formula di Radbruch (seconda parte) È impossibile tracciare una linea più precisa fra i casi di ingiustizia legale e le leggi valide ancorché ingiuste per il loro contenuto; tuttavia, vi è un’altra linea di confine che può essere tracciata con ogni precisione: quando nel porre il diritto positivo viene di proposito negata quell’uguaglianza che costituisce il nucleo della giustizia, allora la legge non è soltanto diritto ingiusto, piuttosto non è affatto diritto. Ciò perché non è possibile definire il diritto, anche il diritto positivo, se non come un ordinamento e una statuizione, che sono definite secondo il loro senso [Sinn], quello di essere al servizio della giustizia. (Radbruch, Ingiustizia legale e dirtto sovralegale, 1946, p. 158)

Le due questioni affrontate da Radbruch nel saggio del 1946 con riferimento al presente = la validità della legge ingiusta con riferimento al passato = la punizione delle ingiustizie (dei torti) legali

Le due tesi contenute nella formula di Radbruch Prima parte: l’ingiustizia intollerabile è condizione sufficiente di invalidità della norma Seconda parte: la violazione del principio di eguaglianza è condizione sufficiente di non-diritto

La validità del diritto nazista Il diritto nazionalsocialista era intenzionato a sottrarsi al requisito essenziale determinante della giustizia: il trattamento del simile in modo simile. Di conseguenza, è privo della natura di diritto: non è qualcosa come un diritto ingiusto, ma non è diritto affatto.

La “doppia ingiustizia”: Arthur Schopenhauer (1788-1860) La guardia che uccide Il custode che ruba Il giudice che si fa corrompere

La “triplice ingiustizia”: Hasso Hofmann (*1934) “Triplice ingiustizia” v’è quando un partito totalitario, in nome di un’ideologia considerata giusta in maniera infallibile, trasforma le forme e le procedure del sistema giuridico, per tutelare uno stato di pace generale e per difendere la persona, in mezzi di lotta contro un nemico assoluto e operante in tutto il mondo. (Hasso Hofmann, 2000)

Il caso Puttfarken Corte di Assise di Nordhausen (1946): il funzionario giudiziario Puttfarken è condannato all’ergastolo per aver condotto (con una delazione) alla condanna e all’esecuzione capitale un commerciante di nome Göttig

Tre soluzioni possibili Legge retroattiva Codice penale tedesco Formula di Radbruch

Radbruch (1946): il diritto “sovralegale” Per un secolo intero la scienza giuridica tedesca era improntata al principio fondamentale che noi chiamiamo positivismo e che si può comprendere nella formula “la legge è legge”. Ma ora siamo costretti a risalire a quella concezione che ha dominato la legge attraverso i secoli fino al positivismo e che stabilisce un diritto sovralegale, si chiami questo diritto naturale, ragione o diritto divino. (Gustav Radbruch)

Gerarchia dei valori (gerarchia axiologica) 1. Giustizia 2. Certezza 3. Utilità

Principio di irretroattività Art. 8 Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789): “Nessuno può essere punito se non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata.”

Statuto di Norimberga (Accordo di Londra, 8 agosto 1946) Art. 6 Tutti e ognuno dei seguenti delitti sono compresi entro la giurisdizione del Tribunale, che li metterà a carico delle responsabilità individuali: (i) Delitti contro la pace (ii) Delitto di guerra (iii) Delitti contro l’umanità.

Delitti contro la pace Delitti contro la pace: e precisamente disegno, preparazione, inizio e condotta di una guerra di aggressione, o di una guerra in violazione dei trattati, accordi ed assicurazioni internazionali, o partecipazione ad un piano, cospirazione e complotto comune per qualsiasi delitto sopra elencato.

Delitto di guerra Delitto di guerra: e precisamente violazione delle leggi e delle usanze di guerra. Tali violazioni comprendono, ma non esclusivamente, l’assassinio, i maltrattamenti e la deportazione forzosa di lavoratori o di altri elementi della popolazione dei paesi occupati, l’assassinio e il maltrattamento dei prigionieri di guerra o di persone in mare, l’uccisione di ostaggi, il saccheggio delle proprietà pubbliche o private, la distruzione ingiustificata di città e villaggi, e le devastazioni non giustificate da necessità militari.

Delitti contro l’umanità Delitti contro l’umanità: e precisamente assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione e ogni altro atto inumano commesso ai danni di una qualsiasi popolazione civile, prima o durante la guerra; persecuzioni per motivi religiosi, razziali o politici sempreché tali atti o persecuzioni siano stati perpetrati nell’esecuzione o in connessione di uno dei crimini rientranti nella competenza del Tribunale.

Precedenti Crimini di guerra (Convenzione dell’Aja 18 ottobre 1907; Convenzione di Ginevra 27 luglio 1929) Crimini contro l’umanità (Trattato di Sévres 1920, non ratificato)

La filosofia critica del diritto di Alessandro Levi

Alessandro Levi (Venezia, 1881-Berna, 1953) La teoria del diritto come rapporto La société et l’ordre juridique, 1911 Contributi ad una teoria filosofica dell’ordine giuridico, 1914 Teoria generale del diritto, 1950

Benedetto Croce (Pescasseroli [L’Aquila] 1866-Napoli, 1952) Riduzione della filosofia del diritto a filosofia dell’economia, 1907: Ogni azione può essere considerata o come pura azione, pura volontà; e questo è il punto di vista economico: o come azione che sia rivolta o no al fine supremo dell’uomo: è questo è il punto di vista etico. Nella prima forma domina il criterio dell’individualità; nella seconda quello dell’universalità.”.

Contro Croce secondo Levi le forme dello spirito pratico sono tre Utile (attività economica) Lecito (attività giuridica) Buono/Giusto (attività morale)

Muoviamo dall’esperienza comune… “Ogni fenomeno esteriormente rilevabile del mondo giuridico, l’esistenza di una certa disposizione legislativa che possiamo leggere in un codice, la pronuncia di una condanna che possiamo udire, da parte di un magistrato; i fatti dei quali possiamo essere testimoni oculari, di un debitore che versa al suo creditore una certa somma, ad estinzione del suo debito, di un usciere che procede ad un pignoramento, di un carabiniere che arresta un ladro , quando si pensi sub specie iuris, riconduce di necessità, ad un giudizio non meramente esistenziale, che predichi cioè l’esistenza di quel fenomeno, bensì valutativo, tale cioè che si riferisca ad una qualifica in cui esso sia suscettibile.”

Il lecito (e l’illecito) “il punto di vista, da cui si pone il diritto (o, che è lo stesso, lo spirito quando valuta giuridicamente la realtà) non è né quello del giusto, che è proprio della morale, né quello dell’utile, che è proprio della economia: è invece quello del lecito, che è tutto suo” “il lecito non è affatto l’indifferente, ciò che è fuori della legge: è ciò che è dentro la legge, e non già per essa indifferente, ma bensì da essa tutelato” (1914, 103, 104)

Lecito come tutelato Lecito è ciò che è tutelato dalla legge, è tutto ciò che genera negli altri soggetti almeno il dovere giuridico di non impedibilità (1914, 104)

Come si valuta la volontà nel diritto? Volizione giuridica è non già volizione dell’universale, cioè del giusto e neppure dell’individuale, cioè dell’utile, bensì volizione del lecito, cioè volizione conforme alla legge Il soggetto in quanto vuole giuridicamente, vuole le azioni che la legge tutela, cioè attua la legge (1914,104-105)

Socialità della legge La legge non è produzione autonoma dell’individuo, ma bensì produzione della società di cui fa parte. Onde, volere giuridicamente, cioè volere il lecito è volere quello che la societas di cui si fa parte, cioè volere in termini sociali non più in termini individuali come quando si vuole l’utile, non ancora universali come quando si vuole il bene (1914, 105)

Essere fisico, essere autonomo, essere sociale Ora se attività economica è coerente ai fini individuali, e attività morale è azione coerente ai fini universali, attività giuridica è azione coerente ai fini sociali Come l’uomo, in quanto individuo fisico, mira al soddisfacimento dei propri bisogni individuali, e in quanto essere autonomo mira al raggiungimento dei fini universali della sua natura di uomo, così in quanto essere sociale, coopera ai fini della società di cui fa parte (1914, 108-109)

La differentia specifica del diritto Il diritto è un giudizio (una valutazione) che guida la volontà nell’apprezzare socialmente le azioni, cioè nel valutarne la loro reciproca interferenza e la loro coerenza coi fini della società (1914, 110)

Che cosa significa ubi societas ibi ius? La società è condizione necessaria e sufficiente per il manifestarsi del diritto Che cosa significa?

La risposta di Santi Romano “quel che non esce dalla sfera puramente individuale, che non supera la vita del singolo come tale, non è diritto” (1917, 26)

La critica di Levi Il diritto non delimita come sua propria una particolare zona dell’esperienza umana, quella così detta sociale, ma è invece un punto di vista sotto il quale può considerarsi la totalità dei contegni umani (1925, 361) Potremmo chiamare sociale questo profilo, perché non è quello soggettivo dell’economia, perché non è quello oggettivo dell’etica, ma è appunto intersoggettivo (1925, 363)

Il punto di vista intersoggettivo del diritto Secondo il punto di vista giuridico: A certi interessi – non a tutti – viene accordata una tutela, e di certi doveri – non di tutti viene imposta una esigibilità, non per fini individuali o oggettivi, ma precisamente per quei fini di disciplina complementare dei contegni stessi, che ora possiamo dire fini sociali

Forma e contenuto del diritto Vi è un quid di assoluto anche nel diritto, come momento dello spirito umano. Ma questo, per esso come per tutti gli altri aspetti o momenti dell’universale, si esaurisce nella sua forma. Assoluta la forma ma variabilissimo il contenuto di esso criterio, che è dato dagli apprezzamenti nei quali si individua.” Il criterio giuridico formale trova la sua attuazione nella pensabilità delle azioni come termini complementari di un rapporto; il contenuto di esso criterio, nelle concrete valutazioni delle azioni stesse, le quali non sono se non le qualifiche che ad esse derivano dalla norma regolatrice del rapporto giuridico

La norma giuridica “la concreta qualifica giuridica di un contegno discende dalla norma, che ne determini la tutela o l’esigibilità in relazione con i contegni degli altri soggetti”

L’ordinamento giuridico per cogliere ciò che vi è di proprio nel concetto di ordinamento giuridico (o diritto), dovremo dire che l’ordinamento giuridico non è soltanto un sistema di norme, bensì un sistema di rapporti che in quelle norme trovano la loro disciplina

Socialità o statualità? Ogni società è, o quanto meno racchiude, un ordinamento giuridico? Oppure questo non può pensarsi se non come identico o quanto meno indissolubilmente connesso alla società statuale? I preconcetti del principio di statualità (filosofico, pratico) 368-369

Corollari della teoria relazionale del diritto Pluralismo giuridico Amoralità del diritto