Tipologie di farmaci: Medicamenti fitoterapici

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Tipologie di farmaci: Medicamenti fitoterapici Farmaci contenenti principi attivi isolati di origine naturale ottenuti per sintesi chimica Farmaci contenenti principi attivi isolati di origine naturale ottenuti tramite tecniche di fermentazione o di biologia molecolare Farmaci contenenti principi attivi di origine non naturale (lead compounds che derivano dalla chimica combinatoriale o da tecniche di rational drug design).

I composti naturali giocano un ruolo molto importante nel processo di scoperta e sviluppo di nuovi farmaci. Questo fatto è particolarmente evidente nel campo degli antitumorali e nei farmaci contro le infezioni batteriche in cui più del 60-75% delle sostanze utilizzate sono di origine naturale. Lo sviluppo delle tecniche di high-throughput screening ha provocato una richiesta sempre più alta di composti da saggiare. La chimica combinatoriale è stata sviluppata per soddisfare questa richiesta. Di conseguenza molte industrie farmaceutiche hanno spostato i loro interessi dalle sostanze naturali alla sintesi di vaste librerie di composti, sperando di incrementare il numero di New Chemical Entities. In realtà il numero di sostanze che vengono approvate dalle autorità regolatorie è in continua diminuzione. Quindi l’approccio di tipo combinatoriale non ha portato ai risultati sperati.

Dai dati ottenuti dalle autorità preposte alla approvazione di nuovi farmaci si vede che quasi la metà dei prodotti approvati è costituita da prodotti naturali, da derivati sintetici di prodotti naturali, da molecole biologiche o da vaccini. Figura 4

Nel campo degli antitumorali l’importanza dei prodotti naturali è ancora più marcata.

La crisi delle strategie di ricerca e sviluppo delle compagnie farmaceutiche è stata attribuita allo smantellamento di prestigiosi centri di ricerca dovuto alla fusione delle multinazionali, all’aumento dei costi legati allo sviluppo di nuovi farmaci e alla eccessiva cautela delle autorità preposte all’approvazione di nuove molecole per uso clinico. In realtà questa crisi è probabilmente dovuta anche alle strategie delle compagnie che hanno tolto risorse allo studio delle sostanze naturali per concentrarsi sulla sintesi combinatoriale. Dice Danishefsky: “ the decision on the part of several pharma companies to get out of the natural product business is gross foolishness. There are major teachings in these natural products that we would do well to consider. They may be reflecting eons of wisdom and refinement. The much maligned natural products collections did, after all, bring us to statin, b-lactam, aminoglycoside and macrolide blockbuster drugs. In fact, one of the most promising approaches in diversity chemistry is to produce diversity-chemistry-derived collections that benefit from or partake of the wisdom of natural products”.

E’ stato quindi dimostrato che i composti naturali svolgono ancora un ruolo chiave nella scoperta e nello sviluppo di nuovi leads. Molti ambienti naturali restano ancora da esplorare in particolare quello marino e quello dei microrganismi. Un approccio di tipo multidisciplinare per la scoperta di nuovi farmaci che prevede la generazione di collezioni di prodotti caratterizzati da elevata diversità basati su prodotti ottenuti da fonti naturali accoppiata con metodologie di sintesi classiche e combinatoriali, è probabilmente la soluzione alla crisi di produttività dei reparti di ricerca e sviluppo delle grandi compagnie farmaceutiche. I prodotti naturali sono punti di partenza validati biologicamente per la costruzione di librerie di qualità superiore rispetto a quelle classiche che portano ad una probabilità più alta di trovare strutture attive. La speranza che la produzione di librerie di milioni di composti potesse portare all’aumento di leads e quindi alla risoluzione della crisi dell’industria farmaceutica è stata disillusa.

Molte di queste librerie non contenevano nessuna struttura che potesse diventare un composto da sviluppare con rilevante attività biologica e proprietà farmacocinetiche adatte. Si è presto scoperto che il numero dei composti non determina la qualità di una libreria; la qualità è determinata dalla diversità molecolare e dalla proprietà dei membri che devono essere compatibili con l’utilizzo sei composti come farmaci. Dalla disillusione nei confronti delle tecniche combinatoriali, è nato il bisogno di trovare nuovi principi guida per migliorare la qualità delle librerie. La tendenza che è emersa è quella di identificare composti che rappresentino dei validati punti di partenza, trovare una via sintetica che sia compatibile con la sintesi combinatoriale e poi progettate librerie incentrate su queste strutture che possiedono attività biologiche interessanti. Il punto chiave in questa strategia è l’utilizzo di prodotti naturali biologicamente attivi, che hanno subito un’evoluzione per essere leganti di specifici domini proteici.

I prodotti naturali spesso costituiscono delle strutture privilegiate perché sono sintetizzati o modificati da proteine e la loro funzione prevede l’interazione con proteine, quindi devono necessariamente essere in grado di legarsi ad esse. La domanda che sorge spontanea è: perché i prodotti naturali provenienti da altri organismi dovrebbero interagire con le proteine umane? Perché il numero di lead che emergono dalle librerie di composti naturali è notevolmente più alto rispetto a quello delle altre librerie? Le risposte possono essere due: I composti naturali si legano per caso alle proteine umane; I composti naturali sono stati selezionati dal processo evolutivo per legarsi a proteine simili a quelle umane. La seconda risposta è probabilmente la più attendibile vista la stretta somiglianza tra i genomi degli organismi viventi. Inoltre si può presumere che almeno la maggior parte delle sostanze sintetizzate abbiano una funzione all’interno dell’organismo che le produce;

Molte piante sintetizzano alcaloidi per proteggersi dagli animali che le mangiano, in particolare dai mammiferi. Gli alcaloidi, perciò si sono evoluti per legarsi alle proteine dei mammiferi e per essere velenosi per l’organismo. Questi alcaloidi includono molecole come la morfina, la nicotina, l’efedrina, la stricnina, la chinina e l’atropina. Altri esempi sono i veleni dei serpenti, delle rane e dei ragni che si sono evoluti per paralizzare i mammiferi. Molecole come la ciclosporina e la ripamicina sono probabilmente sintetizzate come difesa per l’organismo che le produce; ci sono proteine che sono omologhe alle proteine umane coinvolte nei fenomeni di immunosoppressione, perciò non è casuale che queste sostanze siano attive contro le proteine umane, anche se con una funzione differente. Un composto naturale può avere una struttura privilegiata per interagire con le proteine, ma spesso è necessario ottimizzarne la struttura per migliorare sia le caratteristiche di affinità che di selettività.

Inoltre molte sostanze naturali possiedono già caratteristiche farmacocinetiche adeguate. Questo è logico perché vengono prodotte e devono raggiungere il target in un ambiente biologico. I composti naturali quindi costituiscono una ottima base di partenza per lo sviluppo di librerie mirate che possono fornire modulatori dell’attività proteica con un alto numero di hits ed un numero ridotto di componenti. L’approccio descritto è uno dei nuovi metodi per trovare strutture attive. Un altro tipo di approccio correlato alla produzione di librerie basate su prodotti biologici è la diversità oriented synthesis.

Lo studio dei prodotti naturali consiste nella delucidazione della loro struttura, della via biosintetica attraverso la quale si formano, della loro funzione nell’organismo che li produce e del loro potenziale utilizzo in altri campi. I prodotti naturali devono essere puri e ben caratterizzati. In passato a causa della mancanza di tecniche analitiche adeguate i prodotti naturali venivano isolati tramite semplici tecniche come la distillazione, l’estrazione acido-base. Infusi o decotti (estratti acquosi) o tinture ed elisir (estratti alcolici) erano utilizzati per preparare e somministrare rimedi vegetali. Questi estratti sono generalmente il punto di partenza per l’isolamento dei principi attivi.

Oggi una volta che i prodotti naturali vengono estratti, sono poi sottoposti ad un processo di purificazione che generalmente prevede l’utilizzo di tecniche cromatografiche. Fino agli anni ’50 la struttura dei composti di origine naturale veniva determinata mediante tecniche di degradazione e la struttura non era confermata fino a che il prodotto non era risintetizzato in maniera univoca. Attualmente le strutture sono investigate mediante sofisticate tecniche spettroscopiche.

Uno dei primi casi di sviluppo di un farmaco è stata l’aspirina: Nel papiro di Ebers e nei trattati medievali era descritto l’uso delle foglie di salice come rimedio contro la febbre; seguendo questa indicazione i chimici cominciarono a cercare di isolare i composti responsabili di questa attività. Fu così isolata la salicina che fu poi trasformata in acido salicilico, un efficace antipiretico; l’uso di acido salicilico porta però a elevata tossicità gastrointestinale. Per superare questo problema fu così sintetizzato l’acido acetilsalicilico commercializzato dalla Bayer con il nome di aspirina.

In questi ultimi anni si è verificata una riscoperta dei rimedi vegetali. Gli estratti a base di erbe, contrariamente alle medicine moderne, che contengono un solo principio attivo, sono costituiti da più componenti attivi che possono agire in maniera sinergica all’interno del corpo. Si è infatti tentato di isolare i singoli principi attivi contenuti in una pianta, Ma si è visto che i principi attivi isolati si comportano, il più delle volte in modo differente rispetto alla pianta da cui sono estratti Una pianta contiene sempre diverse centinaia di molecole differenti ed esercita un effetto terapeutico più compiuto e globale, potendo interagire con più metabolismi perturbati. Perciò l’azione di una pianta è dovuta al suo fitocomplesso e non si riduce mai a quella del suo costituente attivo principale o semplicemente alla somma degli effetti dei vari principi attivi contenuti Fitocomplesso: attività biochimica complessa e polimorfa che rappresenta l’unità farmacologica integrale della pianta medicinale.

Composizione di una pianta fresca o secca Principi attivi Composti chimici che hanno effetto terapeutico, cioè che sono attivi sui tesuti Sostanze secondarie Sostanze chimiche che modificano l’azione dei principi attivi (sinergismo), laloro biodisponibilità o tossicità Sostanze inerti Sostanze solubili nei solventi utilizzati per l’estrazione prive di attività terapeutica Sostanze di sostegno dei vegetali Cellulosa, lignina, ecc. in genere non solubili nei solventi di estrazione

Esistono ampi studi di tipo chimico, farmacologico, tossicologico e clinico che rivelano come l’azione terapeutica della droga o dei suoi preparati, che contengono almeno le prime due categorie di sostenze, è più completa di quella dei principi attivi isolati o di sintesi. Le sostanze secondarie di una pianta agiscono in sinergia con i principi attivi e possono influenzarli rinforzandone l’azione, assicurandola con un certo ritardo o ancora contrastandola. Quello che si desidera estrarre da una pianta è pertanto il fitocomplesso ovvero la totalità dei principi attivi contenuti, o almeno le prime due categorie di sostanze, solo così si avrà un estratto in grado di esplicare la sua attività. E’ ampiamente documentato l’attività di una pianta dipende dal metodo di estrazione applicato, perciò soltanto usando la tecnica estrattiva corretta, a partire dalla scelta della pianta di partenza fino alla conservazione dell’estratto finale, è possibile ottenere un prodotto che contenga l’intero fitocomplesso.

METODI DI ESTRAZIONE LA MACERAZIONE I prodotti naturali tra cui si trovano non soltanto composti ad attività farmacologica, ma anche composti che vengono utilizzati nel campo degli aromi alimentari e dei profumi possono essere estratti mediante varie tecniche. LA MACERAZIONE Metodo estrattivo condotto a temperatura ambiente in cui la pianta, ben pulita e opportunamente sminuzzata o contusa viene posta insieme al solvente in un recipiente di dimensioni opportune. In tali condizioni si tiene per un tempo variabile avendo cura di scuotere energicamente il recipiente almeno tre volte al giorno. Alla fine del tempo previsto si cola il liquido e si torchia il residuo della pianta ancora imbevuto di solvente. Le due parti di liquido vengono miscelate e messe a decantare per 24-48 ore e poi filtrate.

La buona riuscita della macerazione dipende da una serie di parametri: granulometria della droga solvente di estrazione quantità di agitazione tempo di contatto droga/solvente temperatura di estrazione additivi Granulometria della droga La droga andrebbe polverizzata per ottenere una superficie di contatto con il solvente più ampia possibile e una migliore estrazione dei principi attivi. Una granulometria così fine però rende difficoltosa la separazione delle particelle in sospensione (filtrazione). Si cerca perciò di tagliare, frantumare, macinare o contundere la droga in modo opportuno senza mai polverizzarla. Si conviene che: erbe, fiori e foglie di dimensioni più grandi vanno tagliate grossolanamente; radici, cortecce e legni vanno tagliati in piccoli pezzi; semi e frutti vanno contusi.

Solvente di estrazione Deve essere scelto in modo che sia in grado di estrarre i principi attivi della droga e in base all’uso a cui è destinato l’estratto. Solvente Tipo di estratto Olio (oliva, mandorle dolci, soia) Oleolito Vino Enolito Aceto Acetolito Alcool etilico + acqua Tintura (pianta secca) Tintura madre (pianta fresca) Alcool etilico + glicerina + acqua Macerati glicerinati Propilenglicole + acqua Estratti glicolici

Quantità di agitazione Le farmacopee prevedono di agitare i recipienti almeno tre volte al giorno, esistono poi maceratori dotati di agitatori a palette collegati ad un motore elettrico. Più frequente è l’agitazione migliore è l’estrazione, infatti solvente fresco che non era a contatto con la droga prende il posto, o almeno diluisce, il solvente saturo di principi attivi e permette di estrarne ancora. Tempo di contatto droga/solvente Estratto pianta Tempo di macerazione Tintura madre Fresca 21 gg Tintura Secca Enoliti 10-15 gg Acetoliti Oleoliti Secca/fresca 5-15 gg Macerati glicerinati Gemme, germogli Estratti glicolici

Temperatura di estrazione Aumentare la temperatura favorisce il movimento delle molecole di solvente, quindi l’estrazione è più veloce o, a parità di tempo, migliore. Chiaramente non è possibile aumentare la temperatura se nella pianta sono presenti principi attivi termolabili. Additivi Per facilitare l’estrazione a volte può essere utile utilizzare degli additivi: Acidi (citrico, lattico, tartarico) nell’estrazione di p.a. basici (alcaloidi) Basi (ipericina) nell’estrazione di p.a. acidi Antiossidanti (acido ascorbico) per estrarre composti facilmente ossidabili.

LA PERCOLAZIONE Metodo estrattivo condotto a temperatura ambiente in cui il solvente fluisce lentamente attraverso la droga opportunamente preparata. Questa tecnica estrattiva può portare al progressivo esaurimento della droga in quanto il solvente, man mano che fluisce, si carica sempre più di principi attivi e viene spinto via da altro solvente puro che viene continuamente aggiunto. I percolatori sono strumenti in acciaio o in vetro a forma di cilindro con un rubinetto all’estremità inferiore e un coperchio dotato di un foro per l’entrata del solvente. Al di sopra del rubinetto si trova un setto poroso che serve a sostenere la droga e funge da filtro in modo che non si intasi il rubinetto. La droga opportunamente sminuzzata, imbibita, premacerata, viene inserita nel percolatore, si apre il rubinetto in modo da far fuoriuscire il solvente carico di principi attivi goccia a goccia e se ne aggiunge altro dall’alto.

Si prosegue la percolazione fino all’esaurimento della droga, cioè fino a che il solvente che passa non preleva più principi attivi. Terminata la percolazione il residuo di droga, ancora imbevuto di solvente, viene estratto dal percolatore e torchiato, unendo il liquido ottenuto al percolato. La percolazione non può essere usata per droghe che tendono a rigonfiarsi molto, risulta invece conveniente per droghe costose o che contengono principi attivi particolarmente ricercati. La droga andrà opportunamente tagliata, sminuzzata o contusa, ma mai polverizzata e andrà caricata nel modo più uniforme possibile, pressandola leggermente senza compattarla troppo e senza lasciare spazi vuoti.

LA TORCHIATURA Al termine del processo di estrazione per macerazione o percolazione, la droga trattiene una certa quantità di solvente, che dipende dal suo potere assorbente, a volte così elevato da trattenere una quantità di liquido pari al doppio del peso secco. Si procede quindi a pressare il vegetale mediante appositi torchi. LA FILTRAZIONE L’estratto, qualunque sia il metodo di estrazione e il solvente utilizzato contiene in sospensione delle particelle solide che devono essere eliminate mediante filtrazione. Prima della filtrazione è opportuno far decantare l’estratto per evitare di intasare il filtro.

http://www.amphora-society.com/Activities/Soxhlet/Extractor/extractor.html

L’estrazione con Soxhlet è solitamente usata per estrarre i costituenti organici da tessuti vegetali secchi (es. corteccia, radici, foglie e semi). E’ utile effettuare estrazioni con una serie di solventi a diversa polarità. Solventi come etere di petrolio, etere e cloroformio sono utili per separare ad es. lipidi e terpenoidi, mentre etile acetato e etanolo consentono di estrarre composti più polari.