Giornalismo nell’era dei totalitarismi L’Italia e il fascismo La Germania di Hitler Il comunismo in Russia Giornalismo e Seconda guerra mondiale Italia ,Germania e Unione Sovietica Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti
Il giornalismo negli anni del fascismo L’Italia fu il primo Paese a sperimentare forme di potere autoritario in cui i mezzi di comunicazione svolgevano un ruolo di primo piano, per due motivi: Editori “non puri” Dipendenza dell’editoria dai poteri economici privati (es. Perrone-Ansaldo, già proprietari “Secolo XIX”, acquisirono “Il Messaggero” e foraggiarono il “Popolo d’Italia” diretto dal fratello di Mussolini).
Il giornalismo negli anni del fascismo Ruolo fondamentale delle squadracce fasciste Nel 1919 un gruppo di fascisti devastò la sede milanese dell’“Avanti!” Nel 1921 subirono la stessa sorte ventisette redazioni Negli stessi anni molti giornalisti critici nei confronti del fascismo subirono intimidazioni e alcuni vennero picchiati
Il giornalismo negli anni del fascismo La questione “Corriere della Sera” Tra il 1921 e il 1922 il quotidiano dedicò scarso rilievo alle vicende delle camicie nere e, così facendo, assecondò l’ascesa di Mussolini. In questi anni, pur deplorando il metodo usato dai fascisti, il “Corriere della Sera” accettò i risultati a cui esso voleva giungere. Solo in un secondo momento, mentre il fascismo si consolidava al governo e assumeva atteggiamenti sempre più antidemocratici, il giornale prese le distanze. Mussolini dalle colonne de “Il Popolo d’Italia” minaccia Albertini, fino a che nel 1925 Crespi induce Albertini ad abbandonare la direzione del giornale.
Il giornalismo negli anni del fascismo A contrastare l’ascesa del fascismo sul fronte giornalistico fu la cosiddetta “stampa rossa” (“Avanti!”, “l’Unità” e “Ordine Nuovo”) Nel 1926 la stampa critica venne dichiarata fuori legge e iniziò un periodo di clandestinità. Tuttavia, non tutti i giornali erano fascisti: molti scelsero, ad esempio, di mantenere una posizione “neutra” nei confronti del regime. L’”Osservatore Romano”, ad esempio, godette di una condizione privilegiata, in quanto, tecnicamente, era organo di un altro Stato.
Il giornalismo negli anni del fascismo I giornalisti antifascisti non ebbero vita facile: Antonio Gramsci (“l’Unità”, “Ordine Nuovo” ) venne imprigionato e morì per i disagi del carcere Giovanni Amendola (“Quarto Stato” e “Non Mollare”) aggredito e picchiato dai fascisti,morì in Francia a seguito delle lesioni riportate Pietro Gobetti (“Ordine Nuovo” e “Beretti”) già in salute precaria, venne aggredito e morì in Francia nel 1926 Fratelli Rosselli (“Quarto Stato” e “Non Mollare”) Furono costretti all’esilio
Il giornalismo negli anni del fascismo Il processo di “fascistizzazione” si basò, dunque, su: violenza e intimidazione fisica messa fuorilegge dei partiti diversi da quello fascista chiusura dei giornali di opposizione cambio nelle direzioni dei quotidiani Il tutto, come detto, venne facilitato dall’esistenza di editori “non puri”, che assecondavano il regime per ottenere benefici. (es. Agnelli). Inoltre, nel 1925 un decreto dispose l’eliminazione della figura del gerente (responsabile dal punto di vista giuridico dei contenuti del giornale, una sorta di “parafulmine” per il direttore), e la sostituì con quella del direttore responsabile. Nel 1926 fu istituito l’Albo dei Giornalisti (in teoria, semplice strumento per ufficializzare lo statuto professionale dei giornalisti; in pratica, dal momento che per esservi iscrittiuti occorreva un certificato di “buona condotta”, utile mezzo per escludere dalle redazioni Persone non gradite al governo.)
Il giornalismo negli anni del fascismo Dal 1928 furono convocati periodicamente i direttori dei quotidiani per pianificare come manipolare l’informazione. In questo periodo un ruolo fondamentale ebbero l’agenzia “Stefani” e il Ministero per la Stampa e la Propaganda (Minculpop).
Il giornalismo negli anni del fascismo Negli anni ‘30 ci furono cambiamenti innovativi per la stampa: Più foliazione Distinzione pagine per argomenti Titolazione e impaginazione più dinamiche Più fotografie, con funzione di informazione La Rizzoli e la Mondadori mossero i primi passi. Nacquero, così, i primi periodici umoristici (ma con satira inoffensiva) e i rotocalchi generalisti-femminili
Radio Cinema Il giornalismo negli anni del fascismo Nel 1924 il governo impose l’unificazione delle varie aziende radiofoniche italiane Nell’Uri (Unione radiofonica italiana), che divenne nel 1928 l’Eiar (Ente italiano audizioni radiofoniche) Cinema Nel 1924 fu fondato Istituto Luce (L’unione per la cinematografia educativa), con La funzione specifica di “educare” i nuovi cittadini fascisti. L’informazione di regime trovò il suo primo pericoloso concorrente in Radio Londra.
La propaganda nella Germania nazista Dopo la Prima guerra mondiale in Germania c’era molto fermento intellettuale e seguì una stagione più libera e pluralista. Come in Italia, ci fu un progressivo aumento di editori “non puri” Nel 1933 Hitler salì al governo e iniziò a manipolare l’informazione. Concepì la stampa come strumento “al servizio della nazione” in grado di contribuire all’”educazione politica delle masse”. Seguirono ondate repressive, vennero sospese le libertà di stampa, vennero dichiarate fuorilegge le pubblicazioni comuniste, si perseguitarono le testate e i giornalisti nemici, venne bandita la stampa “scandalistica”, vennero espulsi gli ebrei dalle redazioni e imposti certificati di “arianità”. Anche in Germania ci fu un’ondata di “modernizzazione” (fotografie, rotocalchi).
La propaganda nella Germania nazista Nel 1933 fu istituito il Ministero dell’educazione e della propaganda, con a capo Goebbes. L’apparato di propaganda tedesco era più efficace e persuasivo. Ebbe un ruolo fondamentale la radio, attraverso la quale non si faceva informazione, ma esclusivamente propaganda. Il cinema venne completamente manipolato (vedi Documentari Leni Riefenstahl) Ma non raggiunse tutti gli obiettivi. Fu inefficace per: Imporre potere Oscurare capacità critica dei tedeschi Annullare scetticismo
L’Unione Sovietica Anche in Russia la diffusione dell’informazione ebbe una drammatica impennata Per i teorici socialisti la “libera stampa” era concepita come strumento ideologico, Funzionale al potere delle classi egemoni, al controllo e allo sfruttamento delle Masse proletarie. I mezzi di informazione si videro assegnare una precisa funzione: Non offrire informazione pluralistica ed autonoma, ma formare la coscienza politica del proletariato. Nel 1917 furono vietate tutte le pubblicazioni “di opposizione” e seguì una Centralizzazione dell’informazione (“Pravda” e “Izvestia”) Fu creata un’apposita sezione per l’Agitazione e la Propaganda (Agitprop). Venne magnificato il reportage. Ruolo centrale della radio.
Giornalismo e Seconda guerra mondiale Il giornalismo della Seconda guerra mondiale fu dominato da censura, Propaganda, manipolazione e disinformazione, nei Paesi totalitari, come nelle Nazioni democratiche. La guerra di Spagna ne fu un esempio. Durante il conflitto, in cui si scontravano due ideologie contrapposte, su ambedue i fronti l’informazione fu piegata alle esigenze di parte. E’ convinzione comune che, nonostante le direttive e le pressioni di regimi e governi, i giornalisti si trovarono di fronte ad un guerra di così grandi proporzioni che non sarebbero comunque riusciti a darne conto, se non in modo parziale e sfuocato. Nonostante l’informazione fosse di parte e manipolata, il pubblico imparò presto a leggere “tra le righe”. In questo senso, un ruolo fondamentale ebbe Radio Londra, Canale in lingua italiana prodotto dalla Bbc.
Giornalismo e Seconda guerra mondiale La Germania non informò mai i cittadini tedeschi delle stragi orrende che i loro Soldati stavano compiendo. In URSS venne fatta una straordinaria opera di propaganda. La stampa francese visse una stagione di grigiore e meschinità, dovuta soprattutto alla divisione del Paese in zona Nord (occupata dai nazisti) e zona Sud (governata dal regime collaborazionista di Vichy). Gran Bretagna e Stati Uniti, anche se conobbero censura e propaganda, negare del tutto la libertà di stampa avrebbe significato andare contro ai valori democratico-liberali per cui gli alleati combattevano. Verso la fine della guerra, tuttavia, il giornalismo riacquistò un certo atteggiamento polemico nei confronti delle autorità.