Semplicità / semplificazione Semplicità: scelte stilistiche improntate a chiarezza, precisione, regolarità al fine di favorire la leggibilità Semplificazione: impoverimento lessicale e sintattico, appiattimento delle differenze di registro, confusione di generi e voci
Forme di vivacizzazione Cfr. Dardano, La lingua dei media, in Castronovo e Tranfaglia, La stampa italiana nell’età della Tv, 1994: Indicazione di personaggi famosi con il semplice nome o con varie qualifiche (Giulio, Silvio, l’Avvocato, il Cavaliere, Mario, Supermario, Renata) Congiunzione giornalistica iniziale (E, Ma, Poiché) Citazioni Traslati e metafore sportive (Dopo le elezioni, palla al centro; un dribbling con la vita; processo Parmalat ai calci di rigore) Stile sincopato e incremento dello stile nominale Scelte espressive nel lessico (ricorso a forme iperboliche, forme colloquiali e gergali) Ripetizioni: sul piano sintagmatico (anafore e catafore: riprese e rinvii in avanti) e sul piano paradigmatico (citazioni) Dislocazioni Titoli obliqui-ironici vs titoli sostanziali-referenziali Messa in scena Ampio spazio concesso al discorso diretto
Limiti della vivacizzazione Eccesso di spettacolarizzazione Scivolamento nel pathos Rischio di protagonismo (il giornalista sostituisce ai fatti le proprie emozioni) Enfasi sul ritmo, la coloritura, le metafore La scrittura soggettiva è un’arma a doppio taglio: cattura l’attenzione del lettore con la forza della suggestione, ma tende ad annullare il suo senso critico (cfr. Werlich, su narrazione e commento)
E e Ma all’inizio del titolo E quella notte scomparve l’Urss Ma la Borsa argentina vola (La Repubblica 21.12.2001) Ma i falchi del Cavaliere ora agitano lo spettro del ‘94 (la Repubblica, 30.12.2001) E lunedì scioperano i bancari E adesso si salvi chi può (Il manifesto 5.1.2002) E in Italia vacilla il secondo pilastro (La Repubblica, Affari e finanza 24.11.08) Ma in questa crisi ha fallito lo Stato
E e Ma all’inizio di un periodo svolgono la funzione di congiunzioni testuali (Sabatini 1997:127): artificio retorico volto a stabilire una continuità del detto con il non detto (Contini 1968:279). A prima vista sembra mirato a vivacizzare e svecchiare le forme stilistiche. In realtà ha un risvolto strutturale e ideologico (Loporcaro 2005:67): “equivale a segnalare, testualmente, adesione all’idea della notizia come mito”, come “racconto che intrattiene e rinarra sempre la stessa storia, entro un flusso continuo”. Lule (2001:191): “In quanto mito, le storie dei notiziari perlopiù servono a preservare l’ordine sociale”
Stile sincopato Periodare monoproposizionale, giustapposizione di periodi brevissimi (andamento brachilogico e serrato). Mortara Garavelli parla di “triturazione sintattica”. È causato: dalla ricerca di chiarezza e incisività tipica della scrittura giornalistica (finalità denotativa), cioè da esigenze di focalizzazione dell’informazione e di valorizzazione di contenuti informativi Da finalità espressive, connotative «Pubblico», 16.10.2012: «Rottamazione? Ma anche no. Silvio Sircana ha fatto una battuta cult: «Mi metterò una t-shirt per rispondere a Renzi: Ave Matteo, rottamaturi te salutant»
Esempio 1 Tit.: E il cavaliere arruolò tutti i duri (per durare) «Questo governo durerà anni e anni». Parole di Umberto Bossi. Ma non di ieri, quando il leader leghista, rimosso «il camion di carta igienica tricolore» che diceva di aver ordinato, ha giurato fedeltà alla Repubblica. La solenne promessa la fece un attimo prima d’aprire la guerra all’altro governo del Polo, nel ‘94. Se vuole, la sinistra bastonatissima, può attaccarsi alla speranza di un replay. Se si illude, però, sta fresca. Quello che è appena nato ha infatti tutta l’aria di essere un governo che può durare. Fateci caso: salvo eccezioni, è una squadra di duri […]. Quel che è sicuro è che un governo così non può galleggiare. O fila nel vento o affonda. Certo, rispetto all’altra volta, non c’è più quel Cesare Previti che veniva coccolato dal Cavaliere come «il nostro stratega» e mostrava i bicipiti manco fosse «Grenetto er Monticiano». […] Di muscolari, però, il Cavaliere ha fatto il pieno. Ed ecco Gianfranco Fini, che spiega ai giovani di AN che devono «fare provocazioni intelligenti e non parlare da moderati perché così fanno ridere» («Quel ruolo lasciatelo a me») ma quando è il momento, come gli capitò nel ‘99 dà rasoiate tremende: «AN è diventata un carrierificio e la sua anima l’ha strappata il rampantismo diffuso» (Gian Antonio Stella, “Corriere della Sera”, 12.6.2001, p. 12)
Esempio 2 È incominciato alle tre del mattino, in pieno coprifuoco, quando ci hanno svegliato quei colpi: l’ambasciata americana è nel viale Thong Nhut, vicinissima alla zona degli alberghi. All’improvviso si sono uditi quei tre colpi, ma forti, quasi le esplosioni di tre bombe, e le finestre si sono accese, qualcuno si è messo a gridare «Gli aerei, gli aerei». Siamo corsi fuori e da una camionetta è uscito un urlo «The Embassy, the embassy».[…] Domani lasciamo il Vietnam. Ci sembra quasi un assurdo rientrare in un mondo dove si piange per un morto solo e non si sente sparare i cannoni. In un certo senso, ci sembra di fuggire, di disertare. Proviamo come una colpa, un rimpianto. Comprendiamo coloro che sono qui da mesi, da anni, a rischiare la pelle: c’è qualcosa di magico in questo Paese, in questa città. Forse la stessa tragedia: lo spettacolo della morte ti fa sentire così vivo quando sei vivo. Dinanzi alla morte, ogni momento, ogni oggetto, ogni gesto diventano preziosi. E il cibo è più buono, l’amicizia più allegra. (Oriana Fallaci, ultimo réportage da Saigon, “L’Europeo”, 6, 1968; in Cardinale 2011: 36-7).
In apertura dell’articolo di Fallaci: ellissi cataforica del tema Alle radici di tale procedura stanno le tecniche narrative della suspense. Prevedibile il loro impatto su un modo di presentare le notizie che insegue con accanimento modelli narrativi sempre più lontani dall’anonimato dei dispacci di agenzia e dal compromesso burocratismo della ‘scrittura di regime’ (Mortara Garavelli, Strutture testuali e retoriche, 1993:384)
Esempio 3 Il container dondolava mentre la gru lo spostava sulla nave. Come se stesse galleggiando nell’aria, lo sprider, il meccanismo che aggancia il container alla gru, non riusciva a domare il movimento. I portelloni mal chiusi si aprirono di scatto e iniziarono a piovere decine di corpi. Sembravano manichini. Ma a terra le teste si spaccavano come fossero crani veri. Ed erano crani. Uscivano dal container uomini e donne. Anche qualche ragazzo. Morti. Congelati, tutti raccolti, l’uno sull’altro. In fila, stipati come aringhe in scatola. Erano i cinesi che non muoiono mai. (Saviano, Gomorra, 2006, attacco)
Stile nominale e deverbali Il linguaggio giornalistico fa ampio uso di frasi nominali, cioè senza verbo in posizione di predicato, che consentono brevità, incisività, pregnanza semantico-informativa. Più diffuse nei titoli, ma anche in apertura di un articolo, soprattutto di cronaca e di sport. Meno presenti nei brani argomentativi. Sciopero degli universitari contro il ministro Gelmini Colpite le postazioni italiane a Bassora Svolta nell’inchiesta sul Lazio (CdS, 2.10.2012) Insufficienza di prove per le SS di Sant’Anna (CdS, 2.10.2012) Subito il decreto taglia-Province (RE, 2.10.2012) Effetto domino Una legge anti mummie («Pubblico», 16.10.2012) Rientrano nello stile nominale le nominalizzazioni, cioè la preferenza per sostantivi astratti (deverbali: es. intervento, rialzo, debutto, ecc.) al posto di frasi verbali (frequente negli articoli di economia).
Forme colloquiali e gergali Da sballo, il sesso elettronico / Ma vuoi mettere quello vero (Il Giornale, 8.5.1994, in Loporcaro 2004) La voce narrante della informazione assume spesso il punto di vista dello spettatore: E adesso passiamo alla cronaca, e purtroppo dobbiamo dire che è successo ancora: qualcuno ha investito un passante ed è fuggito senza prestare soccorso (Tg1 h 20.00, 23.1.2002) E con l’estate tornano a tormentarci le zanzare tigre (Tg1 h20.00, 27.6.2004) Macché saldare i debiti: nel provvedimento che alza (ancora!) le tasse, il governo ha messo una norma per impedire di ottenere giustizia a chi ha crediti con la pubblica amministrazione («Libero», 16.10.2012) Sprecano ma non pagano («Il Giornale», 16.10.2012) Se i babbioni crollano Matteo che cavolo fa? («Pubblico», 16.10.2012)
Gentese “Si è diffusa l’oralità di tono medio basso, più blaterata che parlata, hanno avuto corso parole a effetto (“macelleria mediatica”, “macelleria sociale”, “politica dei due forni”), spesso dialettali e informali: “remare contro”, “mettersi di traverso”, “tirare per la giacca” e “inciucio”, “ribaltone”. E qualche espressione colorita, al limite del volgare (il “celodurismo di Bossi” (Beccaria, Il mare in un imbuto, 2010:76-77). E qui possiamo anche aggiungere, tratto dal linguaggio dei tecnici della politica, ma ampiamente ripreso dai giornalisti: “una paccata di miliardi”
Identificazione del giornalista con il pubblico Il Noi inclusivo: voce della comunità; costruzione di un soggetto collettivo (fallacia nazionalistica: es. “noi italiani”). Fusione fra l’istanza narrante e il pubblico in un tutto indistinto che è l’opposto di quanto si richiederebbe per una informazione referenziale (Loporcaro 2005:126). Discorso complice e non critico (Calabrese e Volli, I telegiornali:istruzioni per l’uso, 1995: 234-35) Obiettivo: ribadire vincoli affettivi e ideologici
Noi Nei pronomi personali, il passaggio dal singolare al plurale non implica una semplice pluralizzazione: noi non è una molteplicità di oggetti identici, ma un congiungimento tra l’io e il non-io; in noi è sempre io che predomina in quanto non vi è noi che a partire da io, e questo io, per la sua qualità trascendente, si assoggetta l’elemento non-io. La presenza dell’io è costitutiva del noi. Noi si dice in un modo per me+voi (forma inclusiva) e in un altro per me+loro (forma esclusiva). In ognuna delle due forme ciò che predomina è una persona, io nell’esclusivo (che comporta il congiungimento con la non-persona, tu nell’inclusivo (che comporta il congiungimento della persona non soggettiva con io implicito… in noi inclusivo, che si oppone a lui, loro, è il tu a essere messo in rilievo, mentre nel noi esclusivo che si oppone a tu, voi, è sottolineato l’io (Benveniste, Struttura delle relazioni di persona nel verbo, in Problemi di linguistica generale I, pp. 278 sgg.)
Noi come amplificazione Noi non è un io quantificato o moltiplicato, è un io dilatato oltre la persona in senso stretto, accresciuto e nello stesso tempo con dei contorni vaghi…da un lato, con noi l’io si amplia in una persona più massiccia, più solenne o meno definita; è il noi maiestatico. Dall’altro, l’uso di noi smorza l’affermazione troppo decisa di io in un’espressione più larga e diffusa; è il noi dell’autore e dell’oratore (noi di modestia)…l’abituale distinzione di singolare e plurale deve essere, se non sostituita, almeno interpretata nell’ordine della persona da una distinzione tra persona ristretta (=singolare) e persona amplificata (=plurale) (Benveniste, ivi, p. 280)
Applicazioni Nella comunicazione aziendale il ricorso alla I pers. plur. serve a enfatizzare gli sforzi degli amministratori e la positività dei risultati ottenuti, mentre i risultati meno positivi vengono presentati in modo impersonale (declinazione della responsabilità). L’uso della II pers. serve invece a stimolare un senso di appartenenza nel destinatario L’uso del passivo crea un’impressione di oggettività e di non responsabilità degli agenti (frequente nelle cronache sportive) oppure segnala un maggior distacco del narratore (giornalista) (cfr. Santulli, Il potere delle parole, le parole del potere, Angeli, 2005: 110)
Nel giornalismo: Fairclough (1989:127-8) segnala la frequenza della forma inclusiva del noi negli editoriali politici. Implicazioni: il giornalista ha l’autorità di dar voce ai cittadini; rafforzamento dell’ideologia collettiva che enfatizza l’unità anziché la rappresentazione di prospettive specifiche. Loporcaro: Il noi nel Tg è indicatore di complicità tra giornalista e spettatatore; il notiziario mira a presentarsi come voce della comunità, costruzione di un soggetto collettivo (noi inclusivo), manifestazione di un patto di reciproca appartenenza tra emittente e destinatario. Strategia che serve a ribadire vincoli affettivi e ideologici.
Titoli Crescente importanza dei titoli, anche in conseguenza della tendenziale assenza nell’incipit degli elementi informativi essenziali L’insieme dei titoli può essere considerato come un giornale in pillole, un giornale parallelo Il titolo è sempre riferito all’articolo, con cui intrattiene una triplice relazione: Sintattica (posizione del titolo rispetto all’articolo) Semantica (cosa dice il titolo dell’articolo) Pragmatica (funzione del titolo per il lettore)
Il titolo è la chiave dell’interpretazione, il codice dell’articolo (Eco 1971) Unica immagine-concetto carica di contenuti patetici, estetici, politici (Dorfles, 1981) Prevalente funzione illocutoria e perlocutoria (Proietti 1992)
Polarizzazione fondamentale Titoli oggettivanti vs titoli soggettivanti Cronachistico-indicativi (notizia) vs drammatico-brillanti (feature) (Murialdi 1975) Informativi vs emotivi (Eco 1971) Enunciativi vs paradigmatici (Papuzzi 1992) Tipologia proposta da Lorusso e Violi (2004) Narrativi (esplicativi, di sintesi informativa) Iconici (es. discorso diretto: effetto di realtà, presa diretta) Patemici Interpretativo-conoscitivi
Bibliografia essenziale sui titoli Tobagi e Zampolli, Le parole dei titoli, in W. Tobagi e Remeney, Il giornale e il non lettore: atti del convegno 15-17 giugno 1979, Sansoni, 1981 Proietti, “La vetrina del giornale”: funzioni comunicative e caratteri stilistico-grammaticali della titolistica dei quotidiani tra lingua e codice iconico, in Medici e Proietti (a cura di), Il linguaggio del giornalismo, Mursia 1992 Held, G., “Il titolo come strumento giornalistico: strutture, funzioni e modalità di un tipo di testo, esemplificate sulle forme del riuso linguistico in chiave comparativa”, «Etudes Romanes», 1999, 42: 173-189. De Benedetti, L’informazione liofilizzata. Uno studio sui titoli di giornale (1992-2003), Cesati, 2004;
Ondelli («La messa in scena» delle notizie delle notizie nei titoli dei quotidiani. Una prospettiva linguistica, “Problemi dell’informazione”, XXI, 2, giugno, 1996) individua una varietà nei titoli basata sulla centralità di elementi diversi: Scena Il personaggio (Camilleri / la macchina per scrivere, Repubblica 19.4.09) Il dialogo (Berlusconi: troppe inchieste sui giornali / Napolitano: c’è stato sprezzo delle regole, Repubblica 19.4.09) Il parlato (Un bicchierino con Hemingway, Repubblica 19.4.09) -> rinvio ai titoli paradigmatici
Esempi di titoli enunciativi La terra trema anche in Piemonte Fini:”E’ giusto accertare le colpe” Sisma di 3,9 gradi nel Cuneese: panico ma niente danni. Il presidente della Camera d’accordo con Napolitano. Tremonti: niente nuove tasse La nave dei disperati attraccherà in Sicilia Il mercantile che giovedì ha tratto in salvo 140 migranti si dirige verso Porto Empedocle. Scontro aperto tra Italia e Malta. E Maroni prepara un dossier da presentare a Bruxells La Stampa online 19.4.09 In Sicilia la nave dello scontro Con Malta è ancora scontro Razzismo, L’Italia non parteciperà alla conferenza delle Nazioni Unite Corriere della sera online 19.4.09
«La Stampa», 16.10.2012 Detrazioni, il governo non cede Neve sulle Alpi. Niente emergenza a Roma «Il Fatto», 16.10.2012 Napolitano avverte i pm di Palermo «Repubblica», 2.10.2012 Subito il decreto taglia-Province Ikea cancella le donne dal catalogo per gli arabi «Corriere della Sera», 2.10.2012 Svolta nell’inchiesta sul Lazio
Titoli paradigmatici Carattere specifico: mimesi del parlato Condensazione in una metafora o in uno slogan (Dardano: “tra slogan e titolatura esistono aspetti comuni per quanto riguarda la dimensione semantica e la struttura sintattica”) Gioco di parole Ironia Citazione (intertestualità) Assalto alla dirigenza Terzo caso di "sequestro di dirigente" in Francia. E'accaduto a Grenoble, nella sede della Caterpillar. Sequestrati 4 dirigenti nell'ufficio del direttore dopo che l'azienda aveva annunciato il licenziamento di 733 operai «(il manifesto», 19.4.09) Il titolo paradigmatico evidenzia una delle funzioni del titolo: Interpretare e commentare la notizia.
Esempi di giochi di parole Da “il manifesto”: Non rompeteci la valle (17.11.2005) Il pastore tedesco (20.4.2005) Fecondo me (7.10.2010) Di botta e di governo (1°.8.2004) Voto a perdere (11.3.2004) Morattila (17.1.2004) Testimoni di Genova (25.7.2001) Fini giustifica i mezzi (2.8.2001) Furor di popolo (14.5.2001) Falce e mastella (18.12.1999)
«Pubblico»: Obtorto Call (18.9.2012) Arenata (25.9.2012)
Titolo e fotografia Nel quotidiano “il manifesto” il titolo è comprensibile solo in rapporto all’immagine (5 aprile 2009: Immagine della giornata della Cgil: Capolavoro), a sinistra: “Il cuore del problema”) (rapporto simbolico vs rapporto di complementarietà) L’immagine favorisce un approccio emozionale, timico, a scapito dell’approccio razionale, mediato dal discorso (logos: presa di distanza dalla immediatezza emotiva dell’esperienza) Rinvio al rapporto implicito/esplicito: l’espressione razionale (discorsiva) comporta il passaggio dalla simultaneità del pensiero alla articolazione lineare del discorso
Intertestualità del titolo Rapporto con i titoli delle altre testate Dialogo con gli altri testi Riuso di titoli di opere letterarie, film, canzoni ecc. : Cronaca di una morte annunciata (da García Márquez) A Sangue freddo (da Truman Capote) Relazioni pericolose (da S. Friars) Effetto notte (F. Truffaut, 1973) C’era una volta in america (S. Leone (1984) Tutti in fila per un posto al sole / Tavolino selvaggio Capi Rai, crescete e moltiplicatevi / Storie di ordinaria amministrazione (da Bukovski, Storie di ordinaria follia)
«Pubblico», 16.10.2012: Effetto domino Il piccolo principe «Pubblico», 2.10.2012 C’era una volta nelle primarie “L’Unità» Caos carceri: storie di ordinaria disperazione
Altri esempi di citazioni Da “il manifesto”: Quello che il calcio (16.5.2004) Made in Italy (7.4.2004) Vengo anch’io (11.9.2002) Bello ciao (6.6.2002) La piccola vendetta lombarda (6.4.2001) C’eravamo tanto amati (30.6.2000)
Altri esempi di titoli basati su citazioni M’illumino d’incenso (La Stampa, 27.5.2010) Quattro cadaveri in cerca d’autore (CS, 11.5.1988) Cantami, o squalo, la crisi funesta (La Stampa, 21.6.2010) Arsenico e vecchi vizietti (Domenicale S24ore27.11.2010)
Citazione Anche le citazioni sono forme di ripetizione, repliche di enunciati in absentia. Dalla propaganda politica e dalla pubblicità, dai titoli giornalistici, dal parlato che ripete clichè della pubblicità televisiva o frasi famose, in molti casi si perde la paternità dell’espressione e persino la percezione della loro natura citazionale. Blanche-Benveniste descrive la struttura di citazione con una metafora teatrale: chi cita crea un attore, nel senso che nel suo discorso fa parlare un altro.
Saviano a Che tempo che fa http://www.youtube.com/watch?v=0lfgsx1u7tg Bin Laden e ’o sceriffo controllavano gli affari In cella cugino del defunto ‘formaggino’ Arrestato ’o cappotto Delitto Iovine,’o lupo e ‘nasone in tribunale Carcere duro per Peppe,’o Padrino Blitz dell’arma da ’o mussuto dopo l’agguato a ’u urpacchiello, in ballo il business del caffè Giustiziato sindacalista
Domanda di Saviano Perché quest’uso insistito di soprannomi invece del nome e cognome? Che cos’è il soprannome?
Nome e soprannome Nominare è il primo atto di conoscenza: “Nomen quasi notare quod res notas efficit” (Il nome ha ricevuto questa definizione perché rende noti gli oggetti e le cose), Isidoro di Siviglia. I nomi propri hanno comportamento autonomo rispetto alla categoria generale del nome comune, dal punto di vista morfologico e sintattico. A causa del loro valore referenziale specifico non sono sensibili alle categorie grammaticali del genere e del numero e non subiscono, pertanto, variazioni morfologiche desinenziali (Beccaria 1996:512) Il nome proprio non è preceduto dall’articolo (tranne che nelle varietà diatopiche settentrionali) Il soprannome è l’assunzione di un nome comune (morfologicamente variabile: genere, numero, caso) come nome proprio. Introduce una sfumatura semantica espressiva, affettiva: livello patemico del discorso Il ricorso al soprannome è tipico delle situazioni familiari e amicali (informali)
Effetti Punto di vista dell’amico, del familiare Richiamo affettivo, patemico Pervasività del livello passionale nel discorso giornalistico, anche dove le singole passioni non sono nominate: la passione si dice in molti modi e non è riducibile alla sola manifestazione linguistica di superficie o agli usi lessicali (Lorusso-Violi 2004: 121-122) L’enfatizzazione del livello emotivo varia nelle singole testate (è maggiore in quelle locali, è maggiore nei quotidiani che ricorrono allo stile soggettivante), ma non è mai eliminabile completamente
Polifonia Quando oggetto della parola è un’altra parola, altrui o propria, che si intreccia alla prima con forme e intenzioni diverse: Stratificazione del discorso dialogismo intertestualità e intratestualità discorso riportato (o citazione) Bachtin (Estetica e romanzo (1975), Einaudi, 1979) ha scoperto per primo che in una gran quantità di testi, soprattutto letterari, si devono riconoscere diverse voci, attribuite a soggetti che parlano simultaneamente. Ducrot (Le dire et le dit, Paris, 1984) ha sviluppato questa idea (anche sulla scia di Benveniste) mostrando che la pluralità delle voci è rintracciabile non solo in testi complessi, ma anche all’interno di un singolo enunciato. Ma Ducrot esclude dalla polifonia i casi di discorso riportato, che invece vengono ormai fatti rientrare a pieno titolo tra i fenomeni polifonici.
Polifonia del giornale Fisiologica: molteplicità di enunciatori delegati Direttore come primo enunciatore delegato Stile oggettivo: effetto trasparenza enunciativa: il direttore tende a scomparire come enunciatore delegato; il giornale sembra farsi da sé, riflettendo la realtà senza una esplicita istanza interpretativa -> strategia di neutralità del giornale L’assenza di firma ha la funzione esplicita di cancellare la distanza enunciativa che pur sempre separa un enunciatore specifico dall’enunciatore testata Stile soggettivo: in alcuni quotidiani (“il Foglio” di Ferrara, “la Repubblica” ancora legata al nome di Scalfari) il direttore in quanto enunciatore delegato ha una forte funzione coesiva; la sua presenza serve a ribadire l’orizzonte di valori a cui si richiama il quotidiano e così a riattualizzare il contratto tra enunciatore e enunciatario (vedi argumentum di autorità della retorica classica)
Le diverse voci, ciascuna dotata di un proprio stile enunciazionale, tendono a confluire in una voce coerente della testata (nel caso dei quotidiani agenda e attivisti) oppure a mantenere la propria specificità come prova della pluralità delle posizione (nel caso dei quotidiani istituzionali che applicano una strategia di neutralizzazione, es. del «Corriere della sera»)
Altro livello di polifonia: forme del discorso riportato
CdS, 18.3.2012 T. «Riforme condivise, alla politica serve moralità » T. Monti: basta veti sul lavoro C. «Tutti cedano qualcosa ». Ma imprese e Cgil: intesa lontana RE, 18.3.2012 T. Monti: “Sindacati cedete qualcosa” C. Gelo da Cgil, Cisl e UIL. Il premier: Fiat può investire dove vuole T. Napolitano, appello ai partiti “Moralità contro corruzione” St, 18.3.2012 T. Lavoro, Monti ai sindacati “Rinunciate a qualcosa” T. Napolitano, la scossa ai partiti “Comportamenti più trasparenti” Li T. Le nuove tasse di Monti St. Mario molla i sindacati: l’art. 18 si cambia in settimana. Ma sugli ammortizzatori rischia il posto
Altri esempi Berlusconi celebra “la libertà di tutti” / Franceschini: ritiri la legge su Salò (Libero online24.4.09) Berlusconi: ‘No equidistanza fra fascisti e partigiani’ /Il Pd: “Ritiri il ddl su Salò St:Celebrato il 25 aprile. A Onna il cavaliere riconosce il contributo dei comunisti e parla “del rispetto per chi lottò dalla parte sbagliata”. Poi dice: “Potrebbe diventare la Festa della libertà”. Franceschini: “Parole importanti ma il nome non si cambia”. Napolitano: “Pietà per tutti”. Folla a Milano, fischi a Formigoni. Roma, Alemanno non va. (RE online 25.4.09)
Berlusconi: 25 aprile di tutti / Pd: allora fermi il ddl su Salò St: Il premier prima all’Altare della Patria con Napolitano, poi a Onna: “Rispetto anche per chi fu dalla parte sbagliata, ma no alla neutralità: la resistenza valore fondante della nazione”. Il Capo dello Stato: “A nessun caduto di qualsiasi parte si può negare rispetto e pietà”. Franceschini: “No a equiparazioni tra repubblichini e partigiani” (Cs online, 25.4.09)
25 aprile, Napolitano: pietà per tutti i caduti Berlusconi: rispettare anche parte sbagliata St: Franceschini: Pdl ritiri il progetto che equipara repubblichini e partigiani Alemanno non va a Porta San Paolo: rischio contestazioni La Moratti diserta le celebrazioni a Milano /contestato Formigoni (ME online, 25.4.09)
Le piazze rubate del 25 aprile / Una resistenza troppo condivisa (il Manifesto online, 25.4.09) IL 25 aprile celebrato in tutto il Paese Berlusconi: “Diventi festa della libertà” Il premier a Onna: “Viva il 25 aprile, la festa di tutti gli italiani, festa che deve diventare di libertà. La Resistenza, come il Risorgimento, è un valore fondante”. In mattinata il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio hanno celebrato la Liberazione a Roma, al Milite Ignoto. Berlusconi: “Pietà anche per i repubblichini”. Stop di Franceschini. Napolitano: “Pietà per tutti”. Milano, fischiato il governatore Formigoni Franceschini: “Il nome della festa non si cambia” (Il giornale online, 25.4.09)
Gli indicatori grafici tradizionali vengono usati con molta libertà: Tendenza ad attenuare o addirittura a eliminare i confini tra contesto citante, discorso indiretto subordinato e non subordinato e stile indiretto libero Gli indicatori grafici tradizionali vengono usati con molta libertà: virgolette citazionali sia per gli enunciati che si vogliono far passare per autentici sia per quelli che sono chiaramente parafrasi (in forma diretta) degli originali discorsi diretti privi dei consueti indicatori grafici: il riconoscimento è affidato alla sola struttura sintattico-pragmatica (uso della I persona nelle frasi citate) (es.: “Manda un messaggio chiaro: non ci fermeremo, nessuno ci fermerà”, La Repubblica5.4.93)
Giornalismo e discorso riportato Il giornalismo è il luogo professionalmente deputato alla resa della parola altrui.
Che cos’è il discorso riportato? Il discorso riportato è discorso nel discorso, espressione nell’espressione, e allo stesso tempo è anche discorso sul discorso, espressione sull’espressione.[…] Il discorso riportato è considerato dal parlante come un’espressione appartenente a qualcun altro, un’espressione che era in origine totalmente indipendente, completa nella sua costruzione, e situata fuori del contesto dato. Ora, è da questa esistenza indipendente che il discorso riportato viene trasposto in un contesto di un autore mentre conserva il suo contenuto referenziale e per lo meno i rudimenti della sua integrità linguistica, della sua originale indipendenza di costruzione. L’espressione dell’autore, nell’incorporare l’altra espressione, fa entrare in gioco norme sintattiche, stilistiche e composizionali per la sua parziale assimilazione.[…] Il meccanismo di questo processo è situato non nell’anima individuale ma nella società. (Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio (1929), Dedalo, 1976: 199,200,202)
Forme del discorso riportato Quattro forme fondamentali: Discorso diretto Discorso indiretto Discorso indiretto libero Discorso diretto libero La tendenza oggi dominante a preferire schematizzazioni di tipo continuo (fuzzy sets) a schematizzazioni di tipo discreto, ha portato a considerare le diverse forme di discorso riportato come varietà comprese entro i due estremi della mimesi (discorso diretto) e della diegesi (discorso indiretto) del discorso originario o discorso primo, di cui le varie forme di discorso riportato sono una derivazione.
Mimesi e diegesi Sono le due dimensioni costitutive dell’organismo narrativo mimesi, ovvero dialogo, citazione o riproduzione di parole: “testo di personaggi” . La citazione della parola altrui è prima di tutto riproduzione della immagine che di essa ci si è fatta (Mortara Garavelli, La parola d’altri, 1985: 82). diegesi, cioè racconto, descrizione e avvenimenti: “testo di narratore”
Nella grammatica funzionale Il DD è un processo verbale di tipo paratattico Il DI è un processo mentale fondato sull’ipotassi, nel quale la parte proiettata non è una riproduzione letterale ma un significato (Halliday 1985: 250-73)
Criterio fondamentale per distinguere DD e DI La presenza di uno oppure di più centri deittici: distinzione tra diversi locutori e tra locutori ed enunciatori. Nel DI il centro deittico è sempre uno solo e rimanda sempre e soltanto al locutore dell’atto di enunciazione. Nel DD i centri deittici sono sempre almeno due.