RECESSIONE, DISOCCUPAZIONE E STRATEGIE DI FLEXICURITY

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Transcript della presentazione:

RECESSIONE, DISOCCUPAZIONE E STRATEGIE DI FLEXICURITY Seminario per il corso ISTITUZIONI E POLITICHE DEL LAVORO RECESSIONE, DISOCCUPAZIONE E STRATEGIE DI FLEXICURITY Massimo MANCINI ISTAT Perugia, 23 maggio 2011

Outline dell’Intervento La recessione in Europa: gli effetti sull’occupazione Strategia di Flexicurity e concetto di flessibilità interna Gli Short Time Work schemes: obiettivi, efficacia Cenno al caso dell’Italia. Conclusioni: gli STW sono compatibili con la flexicurity?

L’IMPATTO DELLA CRISI SUL MERCATO DEL LAVORO : L’unione Europea La Grande Recessione che ha investito tutte le economie mondiali nel biennio 2008-2009 ha causato un notevole riduzione dei posti di lavoro in tutta L’Unione Europea (-1,8% nel 2009) e un forte incremento della disoccupazione. In media nei paesi OCSE il tasso di disoccupazione è aumentato di tre punti. Solo nel 2010, Le tendenze negative hanno iniziato ad attenuarsi: La riduzione degli occupati è rallentata rispetto al 2009 (-0,5% nella media dei 27 paesi nelle stime di contabilità nazionale).

L’IMPATTO DELLA CRISI SUL MERCATO DEL LAVORO : L’unione Europea L’aggiustamento dei mercati del lavoro europei a seguito della recessione è avvenuto, oltre che con la contrazione del numero di occupati, anche attraverso la riduzione degli orari medi di lavoro – ore lavorate. Le imprese europee, si sono avvalse di strumenti riconducibili flessibilità interna all’ impresa, secondo le possibilità offerte dalle regole normative e contrattuali previste in ciascun paese. In tutta Europa la riduzione degli orari medi di lavoro è stata favorita anche dall’incremento del lavoro a tempo parziale l’unica forma contrattuale che non è mai diminuita durante la crisi.

L’IMPATTO DELLA CRISI SUL MERCATO DEL LAVORO : La Spagna La crisi della ha avuto un impatto molto eterogeneo sui mercati del lavoro europei. La situazione peggiore si è verificata in Spagna Recessione pesante - rilevante crollo del prodotto, Crollo settore immobiliare Grande percentuale di contratti flessibili che ha presumibilmente elevato di molto l’elasticità rispetto all’output. La Spagna è anche il paese dove gli effetti negativi perdurano: i posti di lavoro continuano a diminuire a ritmi piuttosto elevati

UN CONFRONTO CON ALCUNI PAESI EURO: L’OCCUPAZIONE (Dati trimestrali destagionalizzati; indice I trim.2000 = 100)

UN CONFRONTO CON ALCUNI PAESI EURO: LA DISOCCUPAZIONE (Dati trimestrali destagionalizzati)

L’IMPATTO DELLA CRISI SUL MERCATO DEL LAVORO : La Germania A fronte di una rilevante caduta del prodotto il mercato del lavoro ha sostanzialmente tenuto: si è parlato di miracolo tedesco. Mentre la disoccupazione è rimasta sostanzialmente stabile gli ultimi dati mostrano come essa stia scendendo velocemente. Si è evitato di espellere lavoratori dal processo produttivo, Con ricorso alla c.d. flessibilità interna. Qui la riduzione degli orari medi di lavoro è stata favorita Kurzarbeit, Taglio del lavoro straordinario e Gestione efficiente della flessibilità di orario con strumenti quali banche delle ore (Arbeitzeitkonten). Hoegrefe e Roll calcolano l’apporto di ogni singolo fattore.

L’impatto della crisi sul mercato del lavoro in Italia In Italia, le tendenze non sono state molto diverse da quelle della media dell’Unione Europea: in confronto alla caduta del reddito, l’impatto sul mercato del lavoro è stato relativamente modesto ed è avvenuto con un certo ritardo. L’occupazione aveva continuato a crescere fino al secondo trimestre dell’anno, mentre gli effetti sull’occupazione si sono registrati nel 2009 (-1,6% -380 mila unità). È noto che l’impatto in termini di input di lavoro è stato in Italia più marcato a causa dell’esplosione della Cassa Integrazione (nelle sue varie forme CIG-CIGS-in deroga) (-2,6%, 632.000 unità) (-3,6% in termini di ore lavorate).

OCCUPAZIONE E DISOCCUPAZIONE IN ITALIA DAL 2004 (dati mensili): Fonte: Istat, RCFL.

LA DINAMICA DELL’INPUT DI LAVORO RISPETTO A QUELLA DEGLI INDIVIDUI OCCUPATI (Dati destagionalizzati; variazioni % rispetto al trimestre precedente) Nota: Valore aggiunto a prezzi di base (valori concatenati); unità di lavoro equivalenti a tempo pieno. Fonte: ISTAT, Conti nazionali.

Le peculiarità dell’Italia: La questione degli scoraggiati e dei disoccupati di lunga durata La definizione di disoccupato (ILO, 90 eurostat) implica: disponibilità a lavorare entro le due settimane successive all’intervista almeno un’azione di ricerca di lavoro attiva (no chiamate o attesa) nelle quattro settimane precedenti la rilevazione. Da un punto di vista si tratta di una soluzione di compromesso tra la necessità di contare solo gli attivi e quella di che l’attività di ricerca di lavoro non è attività che si svolga continuamente (Gatto, Tronti). C’e un insieme di individui che non cerca lavoro perché ritiene di non trovarlo. A questo si aggiunge un’elevata quota di disoccupati di lunga durata (da più di 12 mesi)

Lo scoraggiamento nella ricerca di lavoro: un fenomeno particolarmente diffuso in Italia (quota di inattivi che non cercano lavoro perché pensano di non trovarlo ) Fonte:Eurostat

Le forze di lavoro potenziali: un fenomeno del Sud Italia (quota di inattivi disponibili che hanno cercato lavoro non attivamente-maschi) Fonte: ISTAT, RCFL.

DEFINIZIONE DI FLEXICURITY La flexicurity, può definirsi come una strategia di politica economica che cerca di conciliare le richieste di flessibilità provenienti dalle imprese, con un’elevata protezione dei lavoratori La protezione qui si ha attraverso strumenti di sostegno al reddito e con l’attuazione di politiche attive del lavoro che supportino e favoriscano le transizioni nel mercato del lavoro. Il termine nasce, a seguito di processi di riforma risolti con esiti favorevoli in Danimarca e in Olanda e descrive un’ambiziosa agenda di riforme del mercato del lavoro concepita a livello europeo

Gli elementi della Flexicurity (1) Flessibilità nel mercato del lavoro. Flessibilità esterna: poter variare lo stock di lavoratori in risposta a variazioni della domanda (licenziamenti non discriminatori, l’outsourcing e i contratti a termine) Flessibilità interna numerica: possibilità di modificare la quantità di lavoro utilizzata in un impresa senza ricorrere a variazioni del numero di lavoratori (variando gli orari di di lavoro (con contratti a orario ridotto, straordinari, orari atipici e flessibili). Flessibilità funzionale: organizzazione flessibile del lavoro (es. riallocare i lavoratori tra mansioni, multi tasking, Rotazioni etc.).

Gli elementi della Flexicurity (2) Flessibilità finanziaria che fa riferimento alla variabilità della retribuzione (salari collegati alla produttività). Un sistema di sicurezza sociale universale e generoso. Il sistema di strumenti di sostegno al reddito dei disoccupati dovrebbe: sostenere il reddito del lavoratore in caso di disoccupazione essere in grado di “supportare” validamente la persona che cerca un lavoro (ovvero finanziare la ricerca di lavoro) e un matching ottimale in modo da accrescere l’efficienza del sistema avere una seconda rete di sicurezza (safety net) condizionata alla prova dei mezzi.

Gli elementi della Flexicurity (3) Un sistema di sicurezza occupazionale collegato a politiche attive del lavoro con obblighi (reciproci) e sanzioni. Servizi per l’impiego efficienti in grado di: Garantire un informazione completa e diffusa e permettere l’incontro domanda-offerta. assicurare il rafforzamento della capacità di inserimento professionale (employability) Il tutto permetterebbe di accrescere la probabilità di trovare un’occupazione per chi non la possiede ma anche di cambiare rapidamente lavoro.

Flexicurity e Grande Recessione Si è osservato (Tangian, Auer) che la Grande Recessione ha costituito una sorta di test per la flexicurity. Ci si è chiesti se tale strategia di Politica Economica possa contribuire a sostenere i paesi nei periodi di recessione e favorire la crescita economica nell’Unione Europea. La recessione ha accresciuto la disoccupazione e ridotto sensibilmente il numero delle opportunità lavorative (posti vacanti). La possibilità di facilitare le transizioni, agendo sulla Capacità di inserimento professionale dell’individuo è venuta a cadere. è venuto meno uno dei punti cardine del concetto di flexicurity, la mobilità tra occupazione e disoccupazione e la possibilità per il lavoratore di poter cambiare rapidamente lavoro

Flexicurity e Grande Recessione (2) Questo ha provocato una ridefinizione, almeno momentaneo, della strategia della flexicurity, verso la flessibilità interna. L’enfasi che prima era rivolta dapprima verso la possibilità di trovare un’occupazione in ogni stadio della propria vita attiva, almeno per ora si è trasferita sulla possibilità di variare la quantità di lavoro all’interno dell’impresa. Tale orientamento è stato definito in diversi documenti ufficiali Lo stesso Consiglio d’ Europa (2009) suggerisce di “mantenere l’occupazione ove possibile, con strumenti di gestione alternativi ai licenziamenti attraverso la flessibilità interna”.

Flessibilità interna e Short Time Work Vi sono un numero di strumenti per adattare l’input di lavoro alle normali fluttuazioni cicliche che includono: Vacanze obbligatorie, Chiusure temporanee, Uso della banca delle ore Riduzione dei tempi di lavoro (straordinari). Schemi di short time work: riduzione delle ore di lavoro layoff temporanei.

Flessibilità interna e Short Time Work (2) Gli schemi “short time work” sono definiti come dei benefici che compensano la perdita di salario derivante da: una riduzione parziale delle ore di lavoro per un periodo di tempo definito una prestazione di lavoro per periodi intermittenti (alcuni gg. Settimana) una vera e propria sospensione del contratto di lavoro. In tutti i casi il contratto di lavoro continua a sussistere e non si interrompe. In Italia nelle statistiche i lavoratori in CIG (anche a zero ore) sono classificati come occupati.

Gli “Short Time Work” schemes Diversi paesi dell’Unione Europea hanno una tradizione sviluppata di questi strumenti (Tra questi si annoverano l’Italia e Germania, Francia, Belgio, Austria). In altri paesi (i nuovi membri dell’Unione Europea) li hanno introdotti solo con la crisi. Questi strumenti permettono alle imprese di ridurre il costo del lavoro nel breve periodo senza ricorrere a licenziamenti costosi per le imprese in una prospettiva di ripresa dell’attività economica. Appaiono essenziali le prospettive.

Gli STW: vantaggi Rimanere al lavoro anche per poche ore al giorno evita il deteriorarsi delle capacità lavorative (skills). Minimizza il rischio di divenire di fuoriuscita dalla forza lavoro verso l’inattività (unattachment). Elimina (ma solo in parte!) lo stigma associato alla perdita del lavoro. Si evita una riduzione dei redditi del lavoratore che diviene disoccupato. L’effetto sul reddito atteso è minore rispetto al caso della perdita del lavoro. Inoltre è una meccanismo solidaristico che è alternativo ai licenziamenti (seniority based).  

Gli STW: vantaggi Perdere una forza lavoro ”formata” è costoso: Minore possibilità di aggiustare rapidamente l’input di lavoro a fluttuazioni cicliche (occorre reperirne di nuova, incontro domanda offerta)-effetto dell’invecchiamento della popolazione. Costi associati alla formazione (skilled workers) e capitale umano c.d. specifico. Costose e lunghe procedure di licenziamento (laddove esistono). Immagine pubblica e reputazione delle imprese che trattengono i lavoratori in periodi di recessione (imprese socialmente responsabili).

Gli STW: svantaggi Sono inefficienti nel salvaguardare i posti di lavoro nel lungo periodo. Possono costituire un ostacolo alla riallocazione efficiente dei posti di lavoro tra occupazioni e settori-inefficienza a livello di sistema. Sono costosi per la fiscalità generale (e anche per le imprese-dipende dalle aliquote a carico del datore in italia molto diffrenziate secondo il settore). Nella misura in cui sono rivolti agli insiders si aggrava il dualismo nel mercato del lavoro: incentrati verso gli occupati e non considerano chi è fuori dal mercato del lavoro. Rischio di moral hazard.

Gli STW e L’Italia La rinnovata considerazione a livello europeo verso questo tipo di schemi ne ha favorito il potenziamento e il rafforzamento: Con le misure anti-crisi (Dl 185 2008), la Cassa Integrazione Guadagni è stata estesa oltre i settori tradizionali verso tipologie contrattuali in precedenza non tutelate si è confermata la disciplina degli ammortizzatori sociali in deroga.   Tuttavia il quadro generale del sistema di ammortizzatori sociali del nostro paese permane frammentato, Vi è eterogeneità nei requisiti di accesso e nell’entità dei trattamenti spettanti secondo differenti categorie di lavoratori e di aziende. Inoltre nella grande recessione le fasce di forza lavoro più colpite sono state quelle meno coperte dagli strumenti assicurativi di sostegno al reddito: giovani che non hanno misurato i requisiti per accedere Lavoratori a termine (con carriere discontinue). Collaboratori.

L’IMPATTO SULL’OCCUPAZIONE: ETA’ e GENERE (variazione dei tassi di occupazione IItrim 2007-II trim 2010)

L’EVOLUZIONE DELLA CASSA INTEGRAZIONE (3) ( totale in migliaia di ore; grezzi) Fonte: El. ISAE su dati INPS

La Cassa Integrazione e i tassi di disoccupazione La collocazione della Cassa Integrazione (per coloro che sono a zero ore) in parte nasconde la disoccupazione. È noto che la durata e la diffusione di Cigo-Cigs-Cig in deroga in parte "trattengono i tassi di disoccupazione, rinviandone l'esplicitazione (Anastasia). In parte li “nascondono”, quando la Cig si conclude positivamente con il ritorno al lavoro proprio perché l’attesa di riprendere il lavoro è però spesso “fondata” Coloro che usufruiscono del trattamento di CIG ordinario possono trovarsi nelle seguenti situazioni: Transitare verso la ripresa dell’occupazione (conclusione positiva) Entrare in CIGS (ordinarizzazione) oppure, in casi limitati, e quando la normativa lo permette verso la CIG in deroga (complessa normativa regionale). Entrare in mobilità (che interrompe il rapporto di lavoro). L’area di intervento della CIGS e della mobilità sono grosso modo le stesse ma la mobilità interrompe il rapporto di lavoro i lavoratori coinvolti sono inseriti tra i disoccupati (ma anche tra gli inattivi dipende dalla disponibilità a lavorare e dalle azioni della ricerca di lavoro

Strumenti di flexicurity? L’enfasi posta su questi strumenti teso a verificare se possano essere compatibili con la logica della flexicurity. Il concetto di flexicurity è relativamente sfuggente, sia perché le regolamentazioni di detti strumenti differiscono da paese a paese. Essi non appaiono finalizzati a creare nuovi posti di lavoro o a favorire la riallocazione tra occupazioni e settori, come previsto nella logica originaria della flexicurity e di quella della strategia di Lisbona, Sono incentrati verso gli occupati e non considerano chi è fuori dal mercato del lavoro, laddove la strategia di flexicurity prevede l’obiettivo di promuovere mercati del lavoro “inclusivi”

Strumenti di flexicurity? Tuttavia la capacità di inserimento professionale del lavoratore forse è favorita Almeno in teoria possono essere collegati a programmi di formazione, Evitano il c.d. “stigma” che deriva dall’essere rimasti disoccupati verso altri potenziali datori di lavoro. Favoriscono la flessibilità interna rafforzando, allo stesso tempo, la sicurezza dei posti di lavoro e quella del reddito del lavoratore, favorendo la coesione sociale e la stabilizzazione macroeconomica. In prima approssimazione essi sembrano soddisfare solo alcuni dei “requisiti” richiesti da un sistema orientato a principi di flexicurity.