CHIMERA E ISOTTEO: L’ESTETISMO DANNUNZIANO (a cura di Renato Mastro)

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Transcript della presentazione:

CHIMERA E ISOTTEO: L’ESTETISMO DANNUNZIANO (a cura di Renato Mastro) La poesia non nasce dall’esperienza vissuta ma da altra letteratura Recupero delle forme poetiche quattrocentesche Esercizio raffinato ed estetizzante Il verso è tutto La vita si sottrae alle leggi del bene e del male L’unica legge è quella del bello (vita come opera d’arte) Femminilità fatale e distruttrice L’artista si isola in un mondo rarefatto e sublimato di pura arte e bellezza (nella vita come nella produzione letteraria) Il personaggio dell’esteta è una forma di risarcimento immaginario alla degradazione dell’artista (vuole vivere nella realtà come quei personaggi) Costruzione debole Risposta ideologica ai processi reali dell’Italia postunitaria che tendono a declassare ed emarginare l’artista D’Annunzio, appartenente al ceto medio provinciale, non vuole essere schiacciato, vuole successo e fama, il lusso aristocratico

Il protagonista è un esteta, Andrea Sperelli, un dandy Il Piacere: espressione e agonia dell’ideale aristocratico di bellezza. Il protagonista è un esteta, Andrea Sperelli, un dandy Giovane aristocratico, artista figlio d’artisti Vuole «fare lare la propria vita come si fa un’opera d’arte» Impregnato d’arte “Egli era per così dire tutto impregnato d’arte, […] poté compiere la sua straordinaria educazione estetica sotto la cura paterna, […]. Dal padre appunto ebbe il culto delle cose d’arte, il culto spassionato della bellezza, il paradossale disprezzo de’ pregiudizi, l’avidità del piacere. […] fin dal principio egli fu prodigo di sé; poiché la grande forza sensitiva, ond’egli era dotato, non si stancava mai di fornire tesori alle sue prodigalità. Ma l’espansione di quella forza era in lui la distruzione di un’altra forza, della forza morale che il padre stesso non aveva ritegno a reprimere. [...] Il padre gli aveva dato, tra le altre, questa massima fondamentale: bisogna fare la propria vita come un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui”. Andrea Sperelli - come il Barone Des Esseintes di Joris Karl Huysmans o il Dorian Gray di Oscar Wilde - seguendo la tradizione di famiglia, ricerca il bello e disprezza il mondo borghese, conduce una vita eccezionale e rifiuta le regole del vivere morale e sociale.

L’arte come fondamento della vita Il verso è tutto Nel Piacere tutto è filtrato attraverso l’arte: citazioni letterarie vicenda che si svolge tra ville storiche, sale affrescate, concerti, preziosi oggetti di antiquariato Tutto ciò lo allontana dalla realtà Andrea è poeta e incisore Dà importanza alla metrica e alla tecnica dell’incisione Ha uno spirito formale e si ispira ai poeti stilnovistici e ai pittori precursori del Rinascimento per iniziare è necessaria un’intonazione musicale data da un altro poeta

Aspirazioni di Andrea Sensualità: subordina tutte le sue facoltà alla sensualità Fare la vita come un’opera d’arte: criteri estetici sostituiti a quelli morali Maria Ferres, la donna pura, che rappresenta l’occasione di un riscatto e di una elevazione spirituale. Elena Muti, la donna che incarna l’erotismo lussurioso e perverso (donna fatale) Ambiguità Tema del doppio Fallimento dell’esteta Andrea trasforma Maria nel sostituto di Elena ma finisce per tradirsi Queste aspirazioni finiscono per svuotare il protagonista, per distruggerne le qualità migliori

Impianto narrativo il romanzo risente ancora del realismo ottocentesco e del verismo, che conservava in quegli anni vitalità (nello stesso ‘89 esce il Gesualdo di Verga). Sono evidenti le ambizioni a costruire un quadro sociale, di costume, popolato di figure tipiche di aristocratici oziosi e corrotti. Ma si tratta di un nuovo romanzo psicologico in cui, più che gli eventi esteriori dell’intreccio, contano i processi interiori del personaggio, complessi e tortuosi, indagati con sottile indugio analitico Rinuncia all’impassibilità del narratore Riduzione della trama (descrizioni prevalenti sulla narrazione) Musicalizzazione della scrittura

L’incontro con Nietzsche Dalle opere di Nietzsche trae, fraintendendolo in gran parte, l’ideale del superuomo in senso estetico: rifiuto del conformismo borghese e dei principi egualitari che schiacciano e livellano la personalità; esaltazione dello spirito «dionisiaco» (Dioniso = dio greco dell’ebbrezza), cioè di un vitalismo gioioso, libero dalla morale comune; rifiuto dell’etica della pietà, dell’altruismo, eredità della tradizione cristiana, che mascherano l’incapacità di godere la gioia dionisiaca del vivere; esaltazione della «volontà di potenza», dello spirito della lotta e dell’affermazione di sé

D’Annunzio dà a questi motivi un’accentuata coloritura aristocratica, reazionaria, imperialistica. È contro la realtà borghese del nuovo stato unitario, i principi democratici ed egualitari, il parlamentarismo, lo spirito affaristico che contaminano il senso della bellezza, l’energia violenta, il gusto dell’azione eroica e del dominio (propri delle passate élites dominanti). Vagheggia l’affermazione di una nuova aristocrazia, che sappia tenere schiava la moltitudine degli esseri comuni ed elevarsi a superiori forme di vita.

Il motivo nietzschiano del superuomo è interpretato da D’Annunzio nel senso del diritto di pochi esseri eccezionali ad affermare se stessi, sprezzando le leggi comuni del bene e del male. Tale dominio deve tendere ad una nuova politica aggressiva dello Stato italiano, che strappi la nazione alla sua mediocrità e la avvii verso destini imperiali, di dominio sul mondo, come l’antica Roma.

Il superuomo ingloba la precedente immagine dell’esteta, conferendole una diversa funzione. l’estetismo non sarà più rifiuto sdegnoso della realtà, ma strumento di una volontà di dominio sulla realtà. l’artista-superuomo assume la funzione di” vate”, di guida in questa realtà, ed anche compiti più pratici, attivi, una missione politica, seppur per ora vaga Tale soluzione può accordarsi con le tendenze profonde dell’età dell’imperialismo, del militarismo aggressivo, del colonialismo.

I romanzi del superuomo Trionfo della morte (1894) Le Vergini delle rocce (1895)

Trionfo della morte (1894) Non realizza la nuova figura mitica, ma rappresenta una ricerca frustrata di soluzioni. L’eroe, Giorgio Aurispa, è ancora un esteta, ma travagliato da un’oscura malattia interiore in conflitto con il padre e con le nevrosi della famiglia tenta di riscoprire le radici della sua stirpe: insieme con la donna amata, Ippolita Sanzio, si ritira in un villaggio abruzzese sulle rive dell’Adriatico, e qui riscopre il volto primordiale della sua gente, i suoi arcaici costumi, le credenze magico-superstiziose, il fanatismo religioso esaltato. l’eroe non è in grado di realizzare il progetto; si oppongono le forze oscure della sua psiche, che si estrinsecano nelle sembianze della donna, Ippolita: la lussuria consuma le sue forze, gli impedisce di attingere all’ideale superumano a cui aspira. egli al termine del romanzo si uccide, trascinando con sé nel precipizio la «Nemica». barbarico dionisiaco

Le Vergini delle rocce (1895), detto da Salinari «il manifesto politico del Superuomo», segna una svolta ideologica radicale. D’A. non vuole più proporre un personaggio debole, tormentato, incerto, ma un eroe forte e sicuro, che va senza esitazioni verso la meta. Espone qui le proprie teorie aristocratiche, reazionarie e imperialistiche L’eroe, Claudio Cantelmo, sdegnoso della realtà borghese contemporanea, del liberalismo politico e dell’affarismo dell’Italia postunitaria, vuol realizzare in sé «l’ideal tipo latino», concentrare in una sola e suprema opera d’arte l’essenza del suo spirito e la sua visione del mondo generare il superuomo, il futuro re di Roma che guiderà l’Italia a destini imperiali.

Elementi di crisi alla ricerca di una compagna degna di lui, entra in una famiglia decadente della nobiltà borbonica, i Montaga, minata dalla malattia e dalla follia, che vive isolata in un’antica villa in sfacelo, convinto che proprio dall’immersione nella «putredine» potrà trarre nuove energie. la scelta finisce su Violante, che si uccide lentamente distillando veleni, incarnazione di un mito ossessivo di D’Annunzio, quello della cupa, distruttiva donna fatale

Le nuove forme narrative. Questi romanzi si allontanano dal modello naturalistico ancora presente nel Piacere. La narrazione sfuma in un clima mitico e favoloso, lontano da ogni riferimento realistico Sono incentrati sulla visione soggettiva del protagonista, sull’esplorazione della sua coscienza travagliata L’intreccio dei fatti si fa scarno, sostituito dalla dinamica dei processi interiori