INSEGNANTI! Ricordate sempre che…

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Transcript della presentazione:

INSEGNANTI! Ricordate sempre che… …se sento, dimentico. …se vedo, ricordo. …se faccio, CAPISCO!!!

Intervento didattico per allievi della scuola secondaria SCUOLA INTERATENEO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLE SCUOLE SECONDARIE SIS Piemonte Anno accademico 2004-5 Corso di FISICA NUCLEARE Prof. Maina Prof.sa Arnaldi-Suria I neutrini Intervento didattico per allievi della scuola secondaria Specializzandi: BRAVI Carlo EMERIGLIO Sara Lunedì 11 aprile 2005

contesto L’intevento ha più livelli di approfondimento e di difficoltà: può quindi essere proposto a qualsiasi classe di un triennio di scuola secondaria superiore. Al livello più approfondito può essere adatto ad una ultima classe di Liceo scientifico (meglio se tecnologico) o I.T.I. (meglio se a indirizzo “nucleare”)

prerequisiti Per il livello base: idee fondamentali di fisica classica e moderna Per il livello avanzato: Fisica classica Fisica quantistica Fisica atomica, nucleare e delle particelle elementari (fondamenti) Cosmologia (fondamenti)

Obiettivi (scopo dell’unità didattica) principi di conservazione in fisica, in particolare: della massa-energia dell’impulso lineare (NB massa-energia + impulso lineare costituiscono insieme il “quadrimpulso”) dell’impulso angolare del numero leptonico, Importanza fondamentale di tali principi, anche per scoprire nuove particelle (analogia con la scoperta dei pianeti del sistema solare a partire dalle perturbazioni che causavano sul moto degli altri già noti) Neutrini ingredienti fondamentali del Modello standard Neutrini – se hanno massa – candidati naturali a costituire la “massa mancante” dell’universo, Neutrini – se hanno massa – decisivi per sapere se il nostro universo è “chiuso” o “aperto”

Perché si parla poco di neutrini? “piccolo è bello?” hanno una massa estremamente piccola, se non nulla. “chi l’ha visto?” sono estremamente difficili da rivelare, e quindi da studiare. Il loro ruolo non appare chiaro al grande pubblico: non sono né bosoni mediatori di interazione, né particelle elementari costituenti gli atomi, … Al tempo stesso sono ancora carichi di mistero e di domande scientifiche irrisolte…

Perché parlare di neutrini? Perché “forse” costituiscono il 90% della massa dell’Universo, e possono deciderne il tipo di “morte” (universo ‘chiuso’ o ‘aperto’) Perché sicuramente costituiscono il 99,9999999% delle particelle dell’Universo: per ogni barione vi sono ben 109 neutrini! sono estremamente “sfuggenti”, ma proprio per questo quei pochissimi che si riesce a “fermare” possono dire molto su quello che avviene al centro delle stelle o della terra…

La “foto di famiglia” ovvero, i neutrini nell’ambito del modello standard quark mediatore dell’intera-zione… mediatori delle interazioni fondamentali u antiu (= up) c antic (=charm) t antit (= top) gravita-zionale ? (= gravitone) d antid (= down) s antis (= strange) b antib (= bottom o beauty) elettro-magnetica g (= fotone) “flavour” (= “sapore”) elettronico “flavour” (= “sapore”) muonico “flavour” (= “sapore”) tauonico nucleare debole… con e… W± Leptoni carichi e-, e+ m-, m+ t-, t+ senza cambiamento di carica Z0 Leptoni neutri ne,antine nm,antinm nt,antint nucleare forte g (= gluone)

“ingrandiamo” la “foto di famiglia”: simbolo del leptone nome del leptone massa carica elettrica spin (=momento angolare intrinseco) numero leptonico elettronico numero leptonico muonico numero leptonico tauonico e- elettrone +1 e+ positrone -1 m- muone m+ anti muone t- tauone t+ anti tauone simbolo del leptone nome del leptone massa carica elettrica spin (=momento angolare intrinseco) numero leptonico elettronico numero leptonico muonico numero leptonico tauonico ne neutrino elettronico +1 antine anti neutrino elettronico -1 nm neutrino muonico antinm anti neutrino muonico nt neutrino tauonico antint anti neutrino tauonico

Dove e come vengono prodotti i neutrini? Foto terra …e poi ci sono i reattori nucleari a fissione e le bombe termonucleari…

Dove e come vengono prodotti i neutrini? In natura: Nel big-bang (‘neutrini fossili’, arrivati fino a noi da quell’esplosione iniziale) nelle reazioni termonucleari delle stelle (e quindi del sole) Nelle esplosioni delle supernovae (es. nel 1987) All’interno del pianeta terra nell’urto dei raggi cosmici con le molecole dell’atmosfera Artificialmente: Nelle centrali atomiche a fissione Negli acceleratori di particelle

Interazioni tra neutrini e materia: a. il decadimento beta (1) Nel decadimento beta un protone (o meglio, un quark u = “up” che costituisce un protone) decade in: un neutrone (o meglio, in un quark d = “down” che costituisce un neutrone), un positrone e un neutrino In simboli, p → n + e+ + ne Il processo è mediato dal bosone carico W+, mediatore dell’interazione elettrodebole, scoperto sperimentalmente negli anni ’90 da Rubbia & Co.

Interazioni tra neutrini e materia: a. il decadimento beta (2) Fu nello studio del decadimento beta, (esperimento di Chadwich, intorno al 1930), che Wolfang Pauli, di fronte alla violazione di ben 4 principi di conservazione: dell’energia dell’impulso dello spin del numero leptonico ipotizzò per primo l’esistenza di una nuova particella. Tale particella ‘fantasma’ doveva necessariamente avere: Massa nulla o quasi nulla Impulso ed energia piuttosto consistenti Sezione d’urto estremamente ridotta, dato che non era mai stata rivelata (e lo sarà con estrema difficoltà solo decenni più tardi) Carica elettrica zero (da cui il nome) Spin ½ Numero leptonico +1

La scoperta dei neutrini 1930 esperimento di Chadwich: nel decadimento beta ‘mancava’ qualcosa rispetto al principio di conservazione dell’energia (4° componente del quadrimpulso). Esempio della ceramica preziosa che si rompe: nel tentativo di ricomporla con una colla potente, si cercano tutti i pezzi per riattaccarli, ma si scopre che ne manca uno non grande, ma importante. Energia del protone ??? Energia mancante ??? Energia del positrone Energia del neutrone

Interazioni tra neutrini e materia: a. il decadimento beta (3) Fu Enrico Fermi che a partire dal 1934 affrontò il problema della nuova particella, che egli chiamò neutrino, cioè “piccolo neutrone” Per ‘spiegare’ le modalità di azione del neutrino Fermi elaborò una teoria che prevedeva la presenza di una forza capace di trasformare protoni in neutroni e viceversa, all’interno del nucleo atomico. Quando un neutrone si fosse trasformato in protone vi sarebbe stata l’emissione di un elettrone e di un neutrino (anzi, come si vedrà in seguito, di un antineutrino) mentre nella trasformazione di un protone in un neutrone si sarebbe verificata l’emissione di un positrone e di un neutrino vero e proprio. Neutrino ed antineutrino avrebbero avuto la funzione di garantire il rispetto dei principi di conservazione fondamentali della fisica.

Interazioni tra neutrini e materia: b. il decadimento “beta inverso” In simboli, n → p + e- + antine Il mediatore è il bosone carico W-, l’altro (insieme allo W+) mediatore dell’interazione elettrodebole, anch’esso scoperto sperimentalmente negli anni ’90 da Rubbia & Co.

Interazioni tra neutrini e materia: c. scattering e-neutrino Un terzo tipo di reazione in cui entrano in gioco i neutrini è quella e- + ne → e- + ne mediata dalla particella neutra Z0, in cui non si ha trasferimento di carica

I neutrini: una particella… “autistica”? Foto terra (Quando l’interazione è davvero quasi nulla…)

I neutrini: una particella… “autistica” I neutrini: una particella… “autistica”? (Quando l’interazione è davvero quasi nulla…) I neutrini non interagiscono quasi per nulla con la materia: basti pensare che… …In ogni secondo il nostro corpo è attraversato da milioni di neutrini (calcolare il numero ‘esatto’) senza che avvenga la minima interazione con il nostro corpo, salvo (in media) 1 all’anno. Questo pone un serio problema di rivelazione: ipotizzati nel 1930, i neutrini sono stati infatti ‘visti’ solo nel 1956 (esperimento di Reines e Cowan, cf. più oltre) Ancora oggi, effettuare esperimenti sui neutrini comporta l’esame di migliaia di tonnellate di materiale alla ricerca di poche decine o centinaia di interazioni ‘prova’ della presenza di un neutrino.

La rivelazione del primo antineutrino: l’esperimento di Reines e Cowan (1956) I fisici si misero quindi alla ricerca del neutrino convinti ormai della sua esistenza. In generale, affinché sia possibile localizzare una particella è indispensabile che la particella da individuare interagisca con qualcos’altro; inoltre occorre anche che l’interazione una volta avvenuta sia riferibile, senza ombra di dubbio, alla particella in oggetto e non a particelle o eventi di altro tipo. Nel 1953 Fred Reines e il suo collaboratore Clyde Cowan, sfidando il parere contrario di Fermi, montarono un rivelatore di grandi dimensioni, progettato appositamente per lo scopo, nei pressi di un reattore nucleare a fissione, in funzione a Savannah River nel South Carolina (USA), che rappresentava una ricca sorgente di neutrini. A causa della sezione d’urto estremamente bassa, i singoli neutrini attraversano la materia senza praticamente incontrare ostacoli, però, se queste minuscole particelle fossero tante e l’osservazione venisse protratta per un periodo di tempo molto lungo, potrebbe darsi che almeno una di esse venisse catturata e identificata consentendo la verifica della sua effettiva esistenza. Così fra tanti neutrini vi erano sempre alcuni che intercettavano i nuclei degli atomi presenti nel rivelatore dando prova della loro presenza. In un reattore nucleare a fissione avviene la scissione di nuclei di uranio che si dividono in due frammenti più piccoli più alcuni neutroni. Questi neutroni liberi, come abbiamo già visto, decadono spontaneamente in protoni emettondo nello stesso tempo elettroni ed un numero cospicuo di antineutrini. Se ora gli antineutrini che transitano nel rivelatore colpissero i protoni presenti in esso, questi espellerebbero positroni e si trasformerebbero in neutroni. Il positone appena formato inevitabilmente incontrerebbe nelle vicinanze un elettrone producendo il reciproco annichilamento con formazione di raggi gamma di energia equivalente a quella della massa delle due particelle scomparse. Il rilevamento di questa radiazione rappresenterebbe un primo segnale dell’avvenuta reazione. Un secondo segnale verrebbe dalla cattura del neutrone appena formato da parte del nucleo di un atomo particolare il quale, nel momento stesso in cui assorbe il neutrone, emette alcuni fotoni di precisa energia. Questi due segnali successivi sono tipici di queste specifiche reazioni e di nessun’altra. Il rivelatore costruito dai due ricercatori americani nei pressi del reattore a fissione di Savannah River conteneva grandi quantità d’acqua le cui molecole (H2O) sono ricche di protoni (i nuclei degli atomi di idrogeno) e nella quale era sciolto del cloruro di cadmio che aveva il compito di catturare i neutroni. All’esterno, ovviamente, vi erano apparecchi capaci di rilevare la presenza dei fotoni gamma e di determinare le loro energie e la direzione del loro movimento. Nel 1956, ventisei anni dopo che Pauli escogitò l’espediente del neutrino per difendere una delle leggi fondamentali della fisica, venne annunciato l’avvistamento del primo antineutrino. In seguito risultò che la corrispondenza fra osservazione e teoria era stata in realtà un colpo di fortuna in quanto le predizioni teoriche su cui si erano basati gli sperimentatori erano, seppur leggermente, sbagliate. Tuttavia altri scienziati successivamente si cimentarono nello stesso esperimento, modificando in parte le apparecchiature e confermando l’osservazione delle particelle fantasma.

La rivelazione del primo antineutrino: l’esperimento di Reines e Cowan (1956) Rivelatore con H2O (ricca di protoni, in quanto nuclei dell’H) e Cloruro di Cadmio (per catturare i neutroni) in prossimità di un reattore nucleare a fissione: U → ½ U + ½ U + n n → p + e- + anti ne anti ne + p → n + e+ Nel rivelatore vengono osservati i fenomeni: e+ + e- → g1 + g2 n + N → Sigi Fermi era contrario: sezione d’urto troppo bassa, impossibile da rivelare l’antin

La rivelazione del primo neutrino: l’esperimento di Davies (1960s) Gli antineutrini, come abbiamo visto, si formano all’interno dei reattori nucleari di fissione dove avviene la trasformazione dei neutroni in protoni; a rigor di logica i neutrini dovrebbero formarsi a seguito della trasformazione contraria, cioè di protoni in neutroni. Questa trasformazione avviene nelle reazioni di fusione nucleare dove l’idrogeno si trasforma in elio, ma a tutt’oggi non esistono reattori di fusione funzionanti che ci possano fornire flussi di neutrini. Nelle reazioni di fusione nucleare quattro nuclei di idrogeno, ossia quattro protoni, vengono convertiti in un nucleo di elio formato da due protoni e due neutroni. Nel processo si formano anche due positoni e due neutrini. Questo tipo di reazione avviene in modo incontrollato nell’esplosione della bomba a idrogeno alla quale è prudente tuttavia non avvicinarsi troppo, nemmeno per motivi di studio, ma la stessa reazione avviene anche nel Sole che può essere considerato un’enorme bomba H in continua esplosione posta però a notevole distanza da noi. Il Sole emette una quantità incredibile di neutrini parte dei quali raggiunge la Terra. Nel nucleo del Sole, dove avviene la fusione, i protoni si convertono in neutroni emettendo positoni e neutrini i quali attraversano l’astro viaggiando a velocità prossime a quelle della luce senza incontrare ostacoli e quindi in pochi minuti giungono fino a noi portando con sé informazioni relative alle condizioni esistenti nel centro della nostra fonte di luce e calore. Anche la stessa luce, in verità, potrebbe fornirci analoghe informazioni, ma i fotoni che si formano nel centro del Sole devono aprirsi a fatica la via per portarsi dal luogo in cui sono prodotti alla superficie e quindi procedere verso Terra. Durante questo percorso tortuoso e accidentato subiscono delle modificazioni dovute alle loro interazioni con le particelle materiali sì che giungono a noi privi di quelle informazioni dirette che ci consentirebbero di conoscere la costituzione interna del Sole. Per i neutrini invece il discorso è diverso perché questi corpuscoli non interagiscono con la materia e quindi rappresentano dei messaggeri eccezionali e veloci delle condizioni che regnano all’interno del Sole. Scoprire i neutrini solari vuol dire quindi non solo provarne l’esistenza, ma anche indagare sui fenomeni che avvengono all’interno del nostro prezioso astro del giorno. Anche in questo caso, per evidenziare i neutrini, dovremmo servirci di un’interazione fra particelle che è il contrario di quella usata per scoprire gli antineutrini, per ottenere i quali, come si ricorderà, fu necessario fare in modo che questi colpissero i protoni con produzione di neutroni e positoni. Per scoprire i neutrini, ora sarà necessario fare in modo che questi colpiscano i neutroni per produrre protoni ed elettroni. Se quindi per scoprire gli antineutrini fu necessario predisporre un bersaglio ricco di protoni come è quello formato da molecole d’acqua, per evidenziare i neutrini sarà necessario scegliere un bersaglio ricco di neutroni. Il metodo per rivelare la presenza dei neutrini fu suggerito da un fisico italiano dalla vita romanzesca segnata da scelte coraggiose e anticonformiste. Il personaggio risponde al nome di Bruno Pontecorvo morto in Russia nel 1993 all’età di ottanta anni dopo lunga malattia (soffrì per più di dieci anni del morbo di Parkinson). Pontecorvo era uno dei mitici “ragazzi di via Panisperna”, il più giovane del gruppo di cui facevano parte Fermi, Amaldi, Majorana, D’Agostino, Segrè e Rasetti (l’unico ancora vivente con i suoi cent’anni compiuti da poco NDR è poi morto nel 2001 pochi mesi dopo aver passato il secolo di vita) e partecipò a molte ricerche di fisica riguardanti soprattutto le particelle elementari. Nel 1936 si trasferì a Parigi dove lavorò all’Istituto del radio con Frederick Joliot-Curie e lì ebbe modo di frequentare gli uomini dell’antifascismo italiano fra i quali vi era Emilio Sereni, suo cugino, dirigente del partito comunista. Dopo una serie di altre esperienze all’estero, tornato in Italia, nel 1950 decise improvvisamente e misteriosamente di fuggire nella Unione Sovietica dove avrebbe vissuto, se si eccettuano brevi visite alla sua terra natale, ininterrottamente fino alla morte. Il motivo che spinse lo scienziato italiano, di religione ebraica, a fuggire al di là della cortina di ferro, non aveva nulla a che fare con lo spionaggio come in un primo tempo molti avevano temuto, ma fu, per sua stessa ammissione, una scelta di campo dettata da una fede incrollabile nell’ideale comunista che egli, insieme con la moglie Marianne, di nazionalità svedese, aveva abbracciato con convinzione. La sua fuga tuttavia mise in allarme tutto il mondo occidentale, che temeva il trasferimento nei paesi comunisti di importanti segreti atomici. Bruno Pontecorvo era soprannominato il “signor neutrino” per l’impegno e le energie che profuse in questo campo della ricerca. Oltre a suggerire il metodo più adatto per rivelarne la presenza, fu anche colui che per primo intuì l’oscillazione di queste elusive particelle ossia la loro capacità di cambiare aspetto e trasformarsi lungo il trasferimento da un luogo ad un altro. Di ciò si parlerà in seguito. Per quanto riguarda il bersaglio più adatto per registrare la presenza di neutrini allo stato libero, Pontecorvo propose di utilizzare un isotopo del cloro, il cloro-37, che possiede il nucleo particolarmente ricco di neutroni. Se nel nucleo dell’atomo di cloro-37 riuscisse a penetrare un neutrino in grado di produrre l’emissione di un elettrone, il neutrone si trasformerebbe in protone. Il cloro-37, con un neutrone in meno e un protone in più, diventerebbe Argo-37 che è un elemento radioattivo e quindi potrebbe essere identificato con relativa facilità. A partire dalla metà degli anni sessanta anche il fisico americano Raymond Davis si mise all’opera per scoprire i neutrini solari. Egli utilizzò come rivelatore un enorme recipiente colmo di tricloroetilene (un solvente assai comune usato per la pulitura a secco degli indumenti e noto anche con il nome di trielina). L’osservatorio di neutrini venne quindi sistemato all’interno di una miniera abbandonata per schermarlo dalla radiazione di fondo ossia da tutte quelle radiazioni provenienti dallo spazio che la roccia e il terreno sovrastante avrebbero assorbito. Restavano alcune radiazioni provenienti da materiale radioattivo contenuto nelle rocce che circondavano il sito dell’esperimento e, naturalmente, i neutrini che passano senza difficoltà attraverso tutti i materiali. L’osservatorio dei neutrini ha fornito un dato sconcertante: il numero di neutrini provenienti dal Sole era solo un terzo di quello che avrebbero dovuto essere considerando le teorie riguardanti i processi di fusione nucleare che avvengono all’interno delle stelle (si trattava del cosiddetto problema dei neutrini mancanti). Secondo alcuni scienziati la mancata concordanza fra teoria e osservazione poteva significare una diminuzione dell’attività solare che avrebbe potuto portare, in breve tempo, ad una nuova era glaciale. Altri tentarono invece una spiegazione meno radicale del fenomeno, basata su un processo chiamato “mixing” (neutrino mixing), l’oscillazione dei neutrini da una forma all’altra, intuita alcuni anni prima da Pontecorvo.

La rivelazione del primo neutrino: l’esperimento di Davies (1960s) Rivelatore con tetracloroetilene (la familiare trielina) dentro una miniera abbandonata per schermare i raggi cosmici (ma resta la radioattività delle rocce): p → n + e+ + anti ne Nel rivelatore vengono osservati i fenomeni: e+ + e- → g1 + g2 n + N → Sigi Pontercorvo consigliava di usare l’isotopo Cloro-37, ricco di neutroni Esperimento analogo ai laboratori del Gran Sasso Problema: solo 1/3 dei neutrini attesi: attività solare in drammatico crollo, o ‘neutrino mixing’?

La massa dei neutrini, problema aperto È uno dei principali problemi aperti della fisica Rilevante nel campo della fisica fondamentale: se i neutrini hanno massa, il modello standard è da cambiare (almeno in qualche parte): ma finora ha avuto un successo strepitoso Rilevante nel campo della cosmologia: se i neutrini hanno massa, sono un valido candidato per spiegare la massa mancante dell’universo, e possono dirci se lo stesso universo è ‘chiuso’ o ‘aperto’, ovvero ‘di che morte morirà’. Se i neutrini non hanno massa, non sono spiegabili le “oscillazioni di sapore” (“neutrino mixing”): e queste sono invece state più volte rivelate sperimentalmente Gli esperimenti finora realizzati hanno fornito più che altro ‘limiti superiori’ alle masse dei 3 ‘flavour’ di neutrini: Per il neutrino elettronico: Massa ne < 7 eV/c2 Per il neutrino muonico: Massa nm < 300 KeV/c2 Per il neutrino tauonico: Massa nt < 30 MeV/c2

‘massa mancante’, esempi didattici Esempio ‘corporeo’: una bilancia non equilibrata, e non si capisce perché. Altro esempio ‘corporeo’: un uomo attraversa l’aula con uno scatolone di cartone che si vede essere vuoto, ma l’uomo appare curvo sotto un peso insopportabile: come mai? Dov’è la causa di tale fatica? Risposta: c’è una ‘massa mancante’, da quello che vediamo la massa effettiva deve essere maggiore della massa che osserviamo.

Dov’è finita la massa mancante dell’universo? Anche nel cosmo accade qualcosa di simile: la velocità con cui ruotano le galassie a spirale è molto minore di quella che dovrebbero avere in base alla massa che riusciamo a vedere: deve esserci una ‘massa oscura’ che fa ‘tornare i conti’. Massa totale dell’universo (in base alla velocità con cui si muovono le braccia delle galassie a spirale) “massa mancante” (????Materia oscura?????) Massa visibile

I neutrini possibile materia oscura? Il neutrino è una delle particelle ‘candidate’ a spiegare perché non vediamo la massa che ‘deve esserci’ nell’universo, ma che non vediamo (per cui si parla di ‘materia oscura’) Risultati sperimentali al riguardo

Neutrini in… “crisi d’identità”? Le oscillazioni di sapore ‘Paradosso dei neutrini solari’: ai rivelatori sulla terra ne arrivano solo la metà di quelli che ci aspettiamo in base alle caratteristiche del sole. La spiegazione più accreditata è che i neutrini (elettronici) emessi dal sole cambino “sapore” (“flavour”) con una certa frequenza: si parla quindi di “oscillazioni di sapore” dei neutrini, in quanto cambia nel tempo la composizione di ‘flavour’ tra i 3 tipi di neutrini. Ecco spiegato il ‘paradosso dei neutrini solari’, in quanto ogni esperimento di rivelazione è ‘calibrato’ su un ben preciso tipo di ‘flavour’.