Appunti per una lezione sulla termoluminescenza F.Lacava Appunti per una lezione sulla termoluminescenza applicata alle datazioni archeologiche Corso di Fisica per i Beni Culturali - A.A. 2004-05 Lezioni del 13 e 17-6-2006
Introduzione Il fenomeno della termoluminescenza è largamente usato per misure integrali della dose di radiazione assorbita in zone sotto controllo da radiazione (in studi radiologici, dove sono usate sorgenti radioattive, in prossimità di acceleratori di particelle). E’ essenzialmente una tecnica molto semplice basata sul fatto che la radiazione ionizzante attraversando certi materiali (dosimetri) che presentano il fenomeno della termoluminescenza, provoca l’intrappolamento di elettroni e lacune in livelli energetici metastabili di lunga vita media. Il numero totale di elettroni (lacune) intrappolati è proporzionale alla dose totale di radiazione assorbita. La lettura di questi dosimetri consistenti in piccoli cristalli termoluminescenti avviene riscaldando opportunamente i cristalli e misurando la luce emessa dagli elettroni intrappolati che vengono liberati per effetto del riscaldamento. Questa tecnica può essere utilizzata anche per la datazione di materiali archeologici (ceramiche, strumenti litici, ecc.) misurando la dose di radiazione assorbita dai materiali termoluminescenti presenti nei reperti. Questa radiazione è originata dalle piccole percentuali di elementi radioattivi naturali (U, Th, K etc.) sempre presenti nei materiali in studio o nel terreno circostante oppure prodotta dai raggi cosmici.
Fenomeni di luminescenza Con il termine luminescenza si indica il fenomeno di emissione luminosa, non causata da incandescenza da parte di una certa sostanza. L’emissione rappresenta il rilasco dell’energia immagazzinata dal materiale in seguito ad una precedente eccitazione del suo sistema elettronico. Tipo Eccitazione bioluminescenza reazioni biochimiche catodoluminescenza raggi catodici / elettroni chemiluminescenza reazioni chimiche elettroluminescenza campi elettrici fotoluminescenza luce visibile, U.V. piezoluminescenza pressione (10 tons /m2) triboluminescenza frizione fluorescenza di vario tipo fosforescenza di vario tipo termoluminescenza di vario tipo Gli ultimi tre processi sono caratterizzati dalle diverse durate dei tempi durante i quali ha luogo l’emissione di luce.
Fluorescenza, fosforescenza, termoluminescenza. Ee Eo Fluorescenza Ee Em Eo Fosforescenza Nella fluorescenza si ha emissione finchè continua l’eccitazione. Inoltre il tempo di emissione non dipende dalla temperatura. Nella fosforescenza si ha emissione di luce anche dopo aver rimosso l’eccitazione. Il tempo di emissione dipende dalla temperatura. L’elettrone dallo stato fondamentale è portato in uno stato metastabile dal quale l’elettrone non può far ritorno nello stato iniziale poichè la transizione è proibita dalle regole di selezione. Se però l’elettrone è portato dall’agitazione termica nel livello eccitato Ee, può poi ritornare nello stato fondamentale Eo con il rilascio di radiazione. In questo caso il tempo di emissione dipende dalla temperatura. Quando l’emissione di fosforescenza si ha in seguito al riscaldamento forzato (e spesso rapido) del campione, si dice che si osserva il fenomeno della termoluminescenza.
Cristalli e difetti. Materiali di interesse per la termoluminescenza sono materiali isolanti nei quali gli elettroni di conduzione sono dovuti all’assorbimento di radiazione (p.es. ionizzante). Per es. i sali alcalini LiF e NaCl . In un cristallo la cella elementare di atomi si ripete periodicamente nello spazio per traslazione (cristallo ideale). In realtà gli atomi vibrano intorno alle loro posizioni di equilibrio (cristallo perfetto). Un cristallo di dimensioni finite e con altri difetti della struttura cristallina è un cristallo reale. Difetti intrinseci: assenza di uno ione positivo o negativo (difetto Schottky) presenza di uno ione fuori posto nel reticolo (difetto Frenkel) Difetti estrinseci: un atomo (impurità) si sostituisce ad uno ione del reticolo oppure si inserisce in una posizione non appartenente al reticolo. + – + – + – + – + – + – + – + – + – + – + – + – + – + – + – + Cristallo ideale Difetti Schottky Difetto Frenkel Mancanza di ione alcalide Presenza di uno ione fuori posto.
. Effetto delle radiazioni sui difetti cristallini. L’esistenza dei difetti nei cristalli ha un importante conseguenza quando il cristallo è sottoposto a radiazione ionizzante. I difetti possono infatti agire come trappole per i portatori (elettroni e lacune) generati dalle particelle secondarie prodotte nell’irraggiamento. I sistemi formati da difetto + portatore hanno livelli energetici discreti e sono centri di assorbimento e di emissione di appropriata energia che determinano la diversa colorazione dei cristalli ionici (centro di colore). La mancanza nel reticolo di uno ione negativo determina un eccesso locale di carica positiva che può agire come trappola per gli elettroni (centro F). La mancanza di uno ione positivo è una trappola per lacune (centro V). Una lacuna può essere catturata da una coppia di ioni negativi (centro Vk) o da uno ione interreticolare negativo (centro H). Inoltre si può avere una molecola sostituita a uno ione e con due lacune intrappolate (centro V3). ° + – + – + – + – + – . – + = + – Centro F Centro V Centro Vk Centro H Centro V3
Termoluminescenza. ° ° Cristallo isolante perfetto Cristallo isolante con difetti di struttura Banda di conduzione Banda di valenza Banda di conduzione Gli stati connessi alle trappole tra la BV e la BC sono stati metastabili con una certa vita media. Banda di valenza . . . Sotto irraggiamento: a) Elettroni in trappola o in centro luminescente, b) Elettrone che ritorna in banda di valenza, c) Elettrone che va a disattivare un centro luminescente attivato da una lacuna a causa della radiazione (radioluminescenza) B. C. Irraggiamento b) ° a) c) B. V. . . . . B. C. Sotto riscaldamento l’elettrone nella trappola è portato nella banda di conduzione E può: a) essere rintrappolato, b) può andare radiativamente o no nella banda di valenza, c) può andare a ricombinarsi con centri luminescenti attivati da lacune. In questo caso si ha emissione luminosa e si parla di termoluminescenza. Riscaldamento b) ° a) c) B. V. Situazioni analoghe si hanno per le lacune prodotte dalla radiazione.
Modello matematico della emissione di termoluminescenza in funzione della temperatura Il fenomeno della termoluminescenza si può discutere matematicamente sviluppando dei modelli matematici che permettono di determinando dei parametri che caratterizzano i centri intrappolatori. Lo studio sperimentale avviene riscaldando il materiale termoluminescente e misurando l’intensità I(t) della luce emessa in funzione della temperatura del campione. Nel caso di un solo tipo di trappola – come ora considereremo – si ottiene una curva caratteristica a campana detta glow-curve. . B.C. B.V. E L’energia di attivazione termica E necessaria per liberare un elettrone intrappolato e portarlo nella B.V. è detta profondità della trappola.
La probabilità per unità di tempo che un elettrone nel materiale alla temperatura T passi nella banda di conduzione è data dal fattore di Boltzmann: dove E è la profondità della trappola, s (s-1) è la frequenza con sa quale l’elettrone prova a sfuggire dalla trappola pensata come una buca di potenziale, T la temperatura assoluta (°K). La vita media dello stato metastabile è quindi: per una trappola sufficentemente profonda (E~1,5 eV) la vita media può arrivare a un milione di anni. Nell’ipotesi che l’elettrone liberato non venga rintrappolato il numero n di elettroni intrappolati diminuisce nel tempo come: e sostituendo a p l’espressione precedente: Se si considera che l’elettrone liberato può poi essere rintrappolato è necessario sostituire alla precedente un’espressione del tipo: b è detto ordine cinetico. b=1 per assenza di intrappolamento, b=2 reintrappolamento predominante, 1<b<2 casi intermedi
Limitandoci al primo ordine cinetico (assenza di reintrappolamento): dove n0 è il numero di elettroni intrappolati al tempo t0=0 Se si riscalda il campione a velocità di riscaldamento costante l’equazione precedente diventa: e integrando:
L’intensità I (T) di luce di TL emessa in funzione della temperatura T è proporzionale al numero di elettroni che sfuggono dalle trappole quindi: con c una costante che possiamo porre uguale a 1 (nel seguito si usano unità arbitrarie). Quindi infine per un riscaldamento a velocità costante: I(T) Quest’epressione si può valutare numericamente e dà una curva a forma di campana (glow-curve) con un massimo alla temperatura TM. TM T(°K)
L’integrale di I (T) corrisponde alla luce totale emessa e risulta chiaramente uguale al numero totale di elettroni intrappolati: La temperatura TM del massimo della glow-curve è legata alla profondità della trappola dalla relazione: A riscaldamento costante il valore di TM aumenta al crescere di E e al decrescere di s, per una data trappola (E fissato) il massimo si sposta a temperature maggiori a velocità di riscaldamento maggiori. Dall’analisi di curve di riscaldamento e usando la relazione data per TM è possibile determinare la profondità E della trappola e ricavare altre informazioni sulle sue caratteristiche (per es. l’ordine cinetico).
Alcuni materiali termoluminescenti
La termoluminescenza applicata alle datazioni. Quando un materiale termoluminescente viene riscaldato gli elettroni negli stati metastabili sono rimossi e riportati nella banda di valenza. E’ come azzerare un cronometro. Da quel momento la radiazione ionizzante che lo raggiunge produce la cattura di elettroni negli stati metastabili. Quelli meno profondi tipicamente vengono facilmente svuotati per agitazione termica anche alla temperatura ambiente mentre quelli più profondi rimangono vincolati per tempi lunghi a sufficienza per poter essere osservati per la datazione dei reperti. La radiazione che raggiunge il pezzo da datare è emessa dagli elementi radiaottivi (Th, U, K ..) sempre presenti anche se in piccolissime percentuali nel reperto e nel terreno ad esso circostante durante la sua giacitura prima del rinvenimento e poi un contributo alla dose di radiadioattività assorbita è dato dai raggi cosmici (muoni) che lo raggiungono anche se sotterrato. Misurando la luce totale di termoluminescenza emessa durante il riscaldamento (integrale della glow-curve), se si può misurare la luce di TL per dose radioattività e la radiottività assorbita per anno dal campione in esame, l’età in anni del reperto resta determinata dalla semplice divisione:
di un qualche per cento da raggi cosmici. La dose naturale assorbita da una ceramica è una miscela di radiazione , e più un un contributo di un qualche per cento da raggi cosmici. Naturalmente le particelle , che producono una forte ionizzazione sono meno efficienti delle particelle e e dei raggi cosmici. La relazione precedente si deve quindi riscrivere come: Dove GN è la TL totale misurata, e sono le dosi di TL (per rad) per radiazione e , e D, D, D e D c sono le dosi annue (in rad) di radiazione , , e raggi cosmici. Definendo il rapporto k= / e la dose equivalente Q = GN / misurata si può scrivere: rad: unità di dose corrispondente all’assorbimento di 100 erg per grammo. Nel sistema SI l’unità di misura è il gray (Gy) definito come la dose che determina l’assorbimento di 1 J / Kg (1 Gy = 100 rad).
Dosi di radiazione in una ceramica e in un terreno tipici
Lettore di termoluminescenza
Plateau test - 1 La glow-curve da radiazione naturale in un campione di materiale estratto da un frammento di ceramica presenta la sovrapposizione di picchi corrispondenti alle trappole di varia profondità presenti nei diversi minerali inclusi nel reperto. Ci si deve aspettare che le trappole meno profonde siano state svuotate per effetto dell’agitazione termica ambiente durante il tempo trascorso. Ciò si può facilmente verificare irraggiando (radiazione artificiale) un campione dopo averlo riscaldato e svuotato della radiazione naturale (la dose storica). Il rapporto delle glow-curve (TL naturale) / (TL artificiale) presenta un plateau per temperature maggiori di circa 350 °K che può provare se le trappole associate a un certo range di temperature sono sufficientemente profonde per trattenere gli elettroni durante il tempo di antichità del reperto. Inoltre la presenza del plateau test può provare l’effettiva antichità del reperto.
Plateau test - 2
Preparazione dei campioni per la misura Tipicamente si prende il materiale ceramico e si frantuma finemente nei suoi componenti e poi si selezionano i granuli secondo la tecnica che si vuole seguire. Se si considera che una particella da radiazione naturale cammina nella materia per circa 25 m il contributo delle particelle si riduce alla sola parte più esterna nel caso dei granuli di maggior diametro. Questa difficoltà non si verifica per gli altri contributi. Ci sono due diversi approcci al problema. Nella fine-grain technique si selezionano granuli di dimensioni tali che l’attenuazione della dose sia trascurabile. I granuli sono separati facendoli depositare in acetone sfruttando il fatto che il tempo di deposizione dipende dal diametro. Tipicamente si selezionano granuli di dimensioni tra 1 e 8 m. Poi con una seconda deposizione in acetone i granuli si depositano su dischi di alluminio di 10 mm di diametro per uno spessore di 0,5 m preparando una dozzina di campioni. in questo modo si arriva a una riproducibilità del segnale di TL di circa il ± 5%. Nella quartz inclusion principle si selezionano granuli sufficientemente grandi (90-150 m) per avere assorbimento completo delle particelle nella parte più esterna ma non avere attenuazione delle ; successivamente queste particelle vengono attaccate con acido fluoridrico e la parte esterna viene rimossa eliminando così dalla misura il contributo della dose . Naturalmente ci possono essere difficoltà anche con queste tecniche (p.es. inclusioni che emettono all’interno dei granuli di quarzo).
Datazioni archeologiche. La datazione con TL si estende a circa 50000 anni ma in alcuni casi anche oltre (milioni di anni). Poichè questo periodo di tempo si sovrappone al tempo coperto dalle misure con radiocarbonio si ha spesso la possibilità di un confronto tra i dati. I materiali datati per elezione sono tipicamente le ceramiche (frammenti fittili in generale) che riscaldati ad alta temperatura durante la cottura e l’uso (dal neolitico in poi) ma anche strumenti litici finiti in focolari (paleolitico) o materiali che si sono formati (conchiglie, stalattiti, etc.). Uno dei problemi principali è la stima delle dosi assorbite per anno durante la lunga giacitura. Oltre alla radioattività naturale presente nei pezzi (analisi chimica), è necessario stimare la radioattività del terreno circostante (per un raggio di circa 30 cm). A questo devono provvedere degli esperti posizionando dosimetri TL nel terreno. Anche con queste informazioni rimangono delle incertezze per la stima della dose annua: p.es. il contributo varia al variare del contenuto in acqua del terreno e dei reperti. Tipicamente si arriva a datazioni con errori di ± 10% , in qualche caso ± 5%.
Test di autenticità. Una semplice applicazione di misure di TL è il test di autenticità. Questoè in uso presso antiquari specializzati e case d’asta. Si preleva una minima quantità di materiale (50mg) facendo un piccolo foro in una parte non visibile del reperto. La risposta (un plateau test) non richiede la conoscenza della dose annua di radiazione e della dose TL per dose radiazione. E’ utile per smascherare dei falsi. Naturalmente si potrebbe ingannare questo test fabbricando reperti con materiale ceramico antico triturato e messo insieme con qualche collante. Se ci sono dubbi si possono fare misure di magnetismo residuo nel pezzo dopo la cottura. Poichè nel processo di ricostruzione i pezzi sono disordinati il magnetismo residuo totale viene annullato. Un caso piuttosto noto è la Glozel-controversy. A Glozel (presso Vichy in Francia) nel 1924 erano saltati fuori vari reperti: tavolette in ceramica che mostravano figure in rilievo e caratteri di una lingua non nota, frammenti con e senza iscrizioni etc. . Tutti questi pezzi non trovavano alcun confronto con reperti già noti e quindi gli archeologi dubitarono della loro autenticità. Anche la misure di TL sembravano provare l’antichità dei pezzi (2000 anni). In seguito una misura di magnetismo residuo escluse una datazione tra 1500 a.C. e 1500 d.C. e trovò un valore di campo magnetico vicino a quello attuale nella zona di rinvenimento..
Sopralinearità e sensibilizzazione del materiale. Per misurare la risposta in TL alla radiazione si possono irraggiare i campioni dopo il riscaldamento della prima glow-curve e misurare il segnale di termoluminescenza. Purtroppo col riscaldamento della glow-curve la trasparenza dei granuli cambia ed inoltre potrebbe anteriore al riscaldamento per la prima misura. Conviene invece irraggiare con varie dosi i campioni preparati e misurare poi la quantità di luce TL emessa in base all’irraggiamento effettuato.
Nel fare questo nasce il problema della dose iniziale Nel fare questo nasce il problema della dose iniziale. All’inizio dell’irraggiamento dei pezzi la quantità di luce TL / dose di radiazione non è proprozionale come per dosi maggiori. Tuttavia assumendo che la luce TL della prima dose nel primo irraggiamento sia la stessa degli irraggiamenti successivi si applica alla misura il valore trovato direttamente dopo che il campione è stato svuotato di luce TL.
Un po’ di bibliografia. Sul fenomeno della termoluminescenza: C.Furetta, Thermoluminescence processes – Theory and methods, Taiwan 1983. C.Furetta and Pao-Shan Weng, Operational thermoluminescence dosimetry, World Scientific, 1998. C.Furetta, Handbook of thermoluminescence, World Scientific, 2003. Applicazioni della termoluminescenza nelle datazioni: M.J.Aitken, Archaeological involvements of Physics, Physics Reports C 40, N. 5 (1978), 277. (un’introduzione semplice) M.J.Aitken, Thermoluminescence dating, Academic Press, 1985 (un testo esteso che discute tutti gli aspetti della datazione con TL)