Disturbi affettivi o dell’umore

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Transcript della presentazione:

Disturbi affettivi o dell’umore

Secondo il DSM IV-TR, la sezione dei disturbi dell'umore comprende tutti quei disturbi che hanno come caratteristica preminente un'alterazione dell'umore. Gli episodi di alterazione dell'umore sempre secondo il DSM sono: -Episodio Depressivo Maggiore, Episodio Maniacale, Episodio Misto Episodio Ipomaniacale.

Disturbi depressivi Disturbo depressivo maggiore; Disturbo distimico; Disturbo depressivo non altrimenti specificato. Disturbi bipolari Disturbo bipolare I; Disturbo bipolare II; Disturbo bipolare non altrimenti specificato.

Si tratta di malattie fortemente influenzate da fattori genetici e biologici. Eziologia: eventi stressanti uniti al significato che viene loro attribuito dal soggetto.

Secondo Gabbard vi sono tre categorie: Disturbo depressivo maggiore (asse I) complicato dall’esistenza di disturbi su asse II. Personalità depressiva. È una diagnosi di lunga tradizione psicoanalitica. È presente nella classificazione di Westen, ma nel DSM compare solo in appendice. Depressione caratterologica nel contesto di disturbi di personalità su asse II. Prevalentemente associata a disturbo borderline, è spesso caratterizza da sentimenti di rabbia e frustrazione che mancano nel disturbo depressivo maggiore.

Comprensione psicodinamica della depressione e della mania. Freud (1915) – Lutto e melanconia: differenza tra dolore legato ad un lutto e depressione malinconica. Lutto: elemento precipitante → perdita reale di una figura significativa, non vi è perdita del sé. Melanconia: perdita di un oggetto emozionale non reale. Perdita della stima di sé unita ad autoaccuse e senso di colpa. Svalutazione del sé → rabbia intensa rivolta verso l’interno. Identificazione del sé con l’oggetto perduto e introiezione come unico modo di cui dispone l’Io per rinunciare ad un oggetto. Super-Io severo.

Abraham (1924): riprende le idee di Freud. Sostiene che durante la loro infanzia, soggetti depressi hanno dovuto affrontare esperienze lesive per la propria autostima. Nuove esperienze di perdite o delusione durante l'età adulta possono indurre la depressione, evocando intensi sentimenti negativi nei confronti di figure significative appartenenti sia al passato che al presente, che hanno privato il soggetto del loro amore.

Melanie Klein (1940) – posizione depressiva Melanie Klein (1940) – posizione depressiva. Stati maniaco depressivi come riflesso di un fallimento infantile nello stabilire dei buoni oggetti interni. Lutto normale → riattivazione della posizione depressiva dovuta alla perdita di una persona amata. Superamento e rielaborazione con il ripristino della persona esterna perduta sotto forma di oggetto interno. Pazienti depressi → preoccupati di aver distrutto gli amati oggetti buoni dentro di sé e si sentono perseguitati dai restanti oggetti cattivi odiati.

Bibring: no ruolo centrale del Super-Io. Depressione come il risultato della tensione che si viene a creare tra gli ideali del soggetto e la realtà esterna. Tre aspirazioni narcisistiche altamente investite sono: 1. valere ed essere amato; 2. essere forte e superiore, 3. essere bravo e amorevole. Quando l’Io ritiene di non essere all’altezza di questi ideali, si produce depressione. In questo caso, l’aggressività rivolta verso l’interno, quando presente, viene a configurarsi quale fenomeno secondario. La mania viene spiegata come una reazione secondaria alla depressione oppure come l’esito del soddisfacimento fantastico delle aspirazioni narcisistiche.

Jacobson (1971):i soggetti depressi possono comportarsi come se fossero essi stessi l'oggetto d'amore perduto, privato del suo valore. L'individuo é in balia di un Super-Io sadico che nasce dalla trasformazione dell'oggetto cattivo interno. Mania: il Sé viene unificato al Super-Io che viene trasformato in una entità amorevole e totalmente buona. L'oggetto idealizzato viene proiettato all'esterno e consente di negare la distruttività e l'aggressività attraverso lo stabilirsi di relazioni idealizzate.

Arieti (1977) – ideologia preesistente “vivere non per se stessi ma per un’altra persona” → ALTRO DOMINANTE. I pazienti depressi si rendono conto di quanto il fatto di vivere per qualcuno o qualcosa non sia per loro conveniente ma si ritengono incapaci di cambiare. Blatt (1998): Depressione anaclitica: sentimenti di impotenza, solitudine e fragilità, correlati a croniche paure abbandoniche e mancanza di protezione. Intenso desiderio di essere accuditi. Depressione introiettiva: inutilità, fallimento, inferiorità, colpa. Pazienti autocritici, soffrono a causa di una paura cronica nei confronti della critica e disapprovazione da parte degli altri.

PSICODINAMICA DEL SUICIDIO Secondo Freud, l’Io può giungere ad uccidersi solo trattando se stesso come un oggetto: esito dello spostamento verso il sé di impulsi aggressivi diretti ad un oggetto interiorizzato. Con la formulazione della teoria strutturale: suicidio= Io vittima di un Super-Io sadico. Menninger (1933): tre desideri: il desiderio di uccidere (un’altra persona o un oggetto interno), il desiderio di essere ucciso e il desiderio di morire. Mezzo per distruggere i sopravvisuti (per es. coniuge). Fenichel (1945): suicidio come desiderio magico di riunione con un oggetto amato e perduto o unione narcisistica con un’amata figura superegoica.

Psicodinamica del suicidio Nella pratica clinica, per valutare il rischio di suicidio in un paziente, risulta necessario integrare i modelli teorci con indici predittivi del rischio di suicidio, tali indici vengono suddivisi in fattori di rischio a breve e lungo termine.

Fattori di rischio breve termine (entro un anno) Fattori di rischio lungo termine attacchi di panico ansia psichica grave perdita di piacere e interesse agitazione depressiva con rapidi passaggi di umore (da ansia a depressione ad aggressività, etc) abuso di alcol diminuita concentrazione insonnia totale disperazione (migliore predittore), associata al rigido mantenimento di un’immagine di sé. Arieti: impossibilità di modificare ideologia dominante o aspettativa verso l’altro dominante. ideazione suicidaria. Rischio maggiore se egosintonica intenzionalità suicidaria storia di tentativi precedenti

Attraverso delle ricerche e l'impiego di test proiettivi sono stati identificati quattro modelli del funzionamento dell'Io e di paradigmi di relazioni oggettuali interni che differenziano tentativi seri di suicidio da atti rappresentativi. I soggetti che hanno seriamente tentato il suicidio mostravano: incapacità a rinunciare a desideri infantili di nutrimento associata al conflitto nel riconoscere il bisogno di dipendenza; visione sobria ma ambivalente nei confronti della morte; aspettative verso se stessi eccessivamente alte; ipercontrollo dell'affettività, soprattutto dell'aggressività (questo indice di dimostra una variabile con alta capacità discriminante soprattutto nelle donne).