L’Europa nell’età dell’imperialismo

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Transcript della presentazione:

L’Europa nell’età dell’imperialismo La Germania

Politica interna bismarckiana Il II Reich è federale e democratico ma vi predominano la Prussia e Bismarck. Tra 1871 e 1878 Bismarck conduce una politica anticlericale (Kulturkampf) contro l’autonomismo dei cattolici del Sud e del partito del Zentrum. Dopo il 1878 il nemico è il socialismo, combattuto con la repressione e un’avanzata legislazione sociale.

Politica estera Obiettivi di Bismarck: Garantire una pace europea che consenta di consolidare il primato tedesco. Scoraggiare il revanchismo della Francia indirizzandola verso le colonie. Impedire l’alleanza Francia-Russia. Primo risultato, nel 1873, il “Patto dei tre imperatori” (Germania, Austria e Russia)

Il Congresso di Berlino (1878) Carta Il Congresso di Berlino (1878) Una nuova guerra russo-turca (1877) mina l’equilibrio nei Balcani. Bismarck offre la sua mediazione: Sono ridimensionate le pretese della Russia. Compensi per Inghilterra (Cipro), Francia (Tunisia), Austria (Bosnia) Indipendenza per Romania, Serbia e Montenegro, autonomia per la Bulgaria. E l’Italia? Nulla.

Gli ultimi successi Non potendo consolidare il patto con la Russia, Bismarck vara nel 1882 la Triplice Alleanza (difensiva) con l’Austria e l’Italia desiderosa di uscire dal suo isolamento. Nel 1887 la Triplice è rinnovata con condizioni più favorevoli per l’Italia. e la Germania firma con la Russia il Patto di controassicurazione (neutralità nel caso di attacco di una terza potenza).

L’età guglielmina Nel 1888 diventa imperatore Guglielmo II, poco disposto a sopportare un cancelliere ingombrante come Bismarck. Nel 1890 l’SPD diventa il primo partito tedesco: il fallimento della sua politica antisocialista lo costringe alle dimissioni. Sotto la guida di Guglielmo la Germania si consolida internamente e intraprende una politica estera più aggressiva.

L’Europa nell’età dell’imperialismo La Francia

La resa della Francia La “terza repubblica”, nata all’indomani della sconfitta di Sedan, non è in grado di difendere la Francia dai Prussiani. Le elezioni (1871) premiano i moderati. Capo del governo è il liberale A. Thiers che firma la pace con la Germania (1871: cessione di Alsazia e Lorena; indennità di 5 miliardi di Franchi; occupazione militare)

La Comune (III-V 1871) Parigi, più politicamente avanzata della Francia, non può accettare l’umiliante sconfitta e il governo filomonarchico. In marzo si forma un comune rivoluzionario guidato da forze socialiste e repubblicane, che attua provvedimenti democratici ed egalitari (parità degli stipendi, controllo dei prezzi, tutela del lavoro, laicità dello stato.)

La normalizzazione L’azione repressiva, organizzata dal governo con il consenso della Germania, produce pesanti conseguenze (20.000 morti, 10.000 deportati, varie distruzioni). Negli anni successivi la Francia salda il debito con la Germania e fa la sua scelta repubblicana (1875: costituzione; 1879: J. Grévy, primo presidente repubblicano).

La “repubblica dei corrotti” Il nuovo governo (J.Ferry) persegue all’esterno il colonialismo, mentre all’interno si intrecciano anticlericalismo e collusioni con gli interessi finanziari e industriali. Il Generale Boulanger tra 1886 e 1889 ottiene i consensi degli scontenti (cattolici monarchici, nazionalisti). Sospettato di un colpo di stato, che non è in grado di attuare, sceglie l’esilio.

L’affaire Dreyfus 1894: il capitano di origine ebraica A. Dreyfus viene arrestato e condannato per spionaggio a vantaggio della Germania. Le prove della sua innocenza vengono insabbiate per non compromettere il prestigio dell’esercito, finché lo scrittore Émile Zola, denuncia il fatto pubblicamente (“J’accuse”,1898), suscitando un enorme scandalo.

Il radicalizzarsi dello scontro politico Cresce la tensione tra la destra (clericale, militarista, antisemita) e la sinistra (laica, e radicale) che riesce a liberare Dreyfus. Dal 1902 la sinistra radicale conquista il governo inaugurando una politica anticlericale (abolizione del concordato). La destra si riorganizza attorno all’Action Française, movimento che esalta i valori della Francia cattolica e rurale.

L’Europa nell’età dell’imperialismo L’Inghilterra

L’apogeo vittoriano Il primato inglese si basa, oltre che su ragioni economiche e di potenza, sulla stabilità politica. Dopo la morte del liberale Palmerston (1865) si alternano governi conservatori (Disraeli) e liberali (Gladstone). Ciò non mina la continuità dell’iniziativa riformatrice che caratterizza anche i conservatori.

Quali riforme? Il diritto di voto viene progressivamente ampliato (1867: 30% 1884: 70%). Vengono rammodernati: esercito, amministrazione, scuola. In campo sociale si introducono: libertà sindacale e di sciopero e altre tutele per le classi più deboli. Anche per questi motivi il socialismo rivoluzionario non ha molto successo in Inghilterra.

La questione irlandese Nel 1800 era stato abolito il parlamento di Dublino (Act of Union). La protesta alimenta la cospirazione clandestina (Fenians 1865) e il movimento per l’autogoverno guidato da Ch. Parnell. Gladstone, incerto, finirà con il proporre l’Home Rule Bill provocando la secessione dei liberali unionisti (1886).

La fine dell’età vittoriana Liberali unionisti e Conservatori controllano il governo dal 1886-1906, rilanciando la politica coloniale. L’Inghilterra risente della depressione e di un sistema produttivo invecchiato (Chamberlain progetta una politica protezionistica). Nell’opposizione compare anche il Partito Laburista, socialista riformista (1900).

Il ritorno dei liberali Il nuovo secolo vede il prevalere di liberali e laburisti (Asquith, Lloyd George) che rilanciano la politica riformista: Colonia del Capo e Nuova Zelanda diventano “dominions” (autonomi) come il Canada. Legislazione sociale (pensioni, assicurazioni). Riduzione del potere di veto dei Lord (1911). Home rule per l’Irlanda (1914) dove i cattolici puntano ormai all’indipendenza.