Progettazione Integrata per lo Sviluppo Locale

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Progettazione Integrata per lo Sviluppo Locale Raffaele Colaizzo Piano di formazione per il personale della Regione Campania Terzo Modulo – L’integrazione nei programmi/progetti di sviluppo locale: significati ed interpretazioni possibili Arco Felice, 19-20 giugno 2003

Che cos’è l’integrazione? Parlando di sviluppo locale, il concetto di integrazione può essere riferito ad ambiti diversi: l’integrazione funzionale si stabilisce fra interventi di natura diversa che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo; l’integrazione fra risorse riguarda differenti fonti di finanziamento che vengono utilizzate per un programma/progetto unitario; l’integrazione (in senso sia verticale che orizzontale) fra attori e reti decisionali comporta la partecipazione di soggetti diversi al conseguimento di un obiettivo condiviso di sviluppo del territorio; l’integrazione fra politiche riguarda la sintesi, in un contesto e un orizzonte condivisi, di una pluralità di strategie, che originariamente appartengono a settori e a livelli decisionali.

L’integrazione nel nuovo ciclo dei FS: il documento di “Orientamenti” (1) “La scelta degli assi privilegia già nella fase “alta” della programmazione, un approccio integrato nel quale l’apporto specifico dei singoli settori di intervento convergono verso la valorizzazione e la mobilitazione, a fini di sviluppo, delle risorse del Mezzogiorno” [cap. 3, pagina 33]. Cfr. su questo tema anche il Regolamento 1260, cons. 32 e 33, articolo 9.

L’integrazione nel nuovo ciclo dei FS: il documento di “Orientamenti” (2) “Più i progetti saranno assimilabili a pacchetti di azioni aventi una loro specifica identità (un nome, come si è detto, e un’articolazione definita), più facile sarà contrastare le spinte alla destrutturazione dei progetti, alla sostituzione non coerente degli interventi o alla loro parcellizzazione in una serie di iniziative “a pioggia” …Non sfugge naturalmente alle Regioni che la scelta di procedere per progetti integrati concentrati non è ovvia né facile. Significa scegliere fra aree, decidere di puntare sulla crescita di alcuni contesti ritenuti promettenti a scapito di una distribuzione di risorse che ‘accontenti un po’ tutti’” [cap. 3 pag. 37].

Definizione e programmazione dei Progetti Integrati nell’Obiettivo 1: i documenti di base Quadro Comunitario di Sostegno (2000-2006) per le regioni italiane dell’Obiettivo 1, e successive Linee Guida del MEF Programmi Operativi Regionali (2000-2006) di Molise (in sostegno transitorio), Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna Complementi di Programmazione dei POR Linee Guida prodotte dalle Amministrazioni Regionali per orientare i proponenti nella fase di predisposizione e presentazione delle proposte di Progetti Integrati

I Progetti Integrati nel QCS I paragrafi 3.10 (Progetti Integrati) e 6.4.7 (Specificità di attuazione dei Progetti Integrati) del QCS contengono gli elementi identificativi ed i criteri generali di attuazione dei PI La definizione dei PI nel QCS è “un complesso di azioni intersettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo del territorio e giustificano un approccio attuativo unitario”. Queste azioni non danno luogo ad “articolazioni ulteriori” rispetto ad Assi e Misure dei POR I concetti chiave richiamati dal QCS con riferimento ai PI sono: (i) integrazione, concentrazione e territorialità, (ii) idea guida come garanzia di integrazione e concentrazione, (iii) “adeguati poteri” dei soggetti responsabili per garantire unitarietà ed efficienza alla gestione, (iv) unicità di intervento della Regione, (v) monitoraggio. L’approccio ai PI del QCS è stato chiarito e dettagliato da successive Linee guida del MEF (vedi Bibliografia).

I Progetti Integrati nei POR I POR hanno stabilito le linee essenziali per l’allocazione delle risorse finanziarie, i contenuti, le modalità di selezione e la gestione dei PI. Le caratteristiche principali della Progettazione Integrata che emergono dai POR sono: le Regioni hanno dato un rilievo molto ampio alla Progettazione Integrata. accanto ai Progetti Integrati Territoriali numerose Regioni hanno definito progetti “tematici” o di settore, generalmente di iniziativa regionale i modelli (processi) di progettazione sono caratterizzati da una notevole differenziazione fra le diverse regioni. La maggiore diversità riguarda la procedura di selezione: concorsuale (Molise, Sicilia, Sardegna) o negoziale (Campania, Puglia, Calabria, Basilicata). Tutte le Regioni danno comunque un ampio spazio alle attività di negoziazione e valutazione.

I Progetti Integrati nei CdP Coerentemente con le indicazioni generali contenute nei POR, i CdP hanno dettagliato (in ciascuna regione) le regole per la formulazione e l’attuazione dei PI. I CdP regolano principalmente: (i) l’identificazione dei contesti territoriali o tematici dei PI; (ii) obiettivi e strategie di intervento; (iii) l’ammontare delle risorse complessive destinate ai PI; (iv) le modalità di attivazione e formalizzazione delle partnership locali; (v) le procedure di progettazione, presentazione, approvazione e finanziamento dei PI; (vi) l’identificazione delle misure che contribuiscono alla realizzazione dei progetti integrati; (vii) le modalità ed i criteri per la selezione delle singole operazioni; (viii) l’identificazione del soggetto responsabile dei progetti integrati; (ix) le modalità di coordinamento fra i diversi centri di responsabilità.

Le Linee Guida delle Regioni Tutte le Regioni hanno prodotto linee guida e schemi per guidare i proponenti nel corso del processo di redazione e presentazione dei Progetti Integrati ( ad esempio le Linee Guida della Campania). Le linee guida dettagliano i contenuti del Complemento di Programmazione, anticipano o spiegano i contenuti dei bandi, fissano le scadenze, descrivono i sistemi gestionali e organizzativi, propongono formulari per la redazione delle proposte di Progetti Integrati.

Fasi “standard” del processo di costruzione e prima implementazione dei PIT (1 / 2) 1. Preparazione dei processi da parte delle Amministrazioni Regionali, con la chiara identificazione di meccanismi e procedure per la programmazione e l’implementazione dei PIT 2. Selezione delle aree, ovvero identificazione prima (eventualmente) delle macroaree e quindi degli specifici territori in cui si collocano i PIT 3. Identificazione, costruzione, valutazione e approvazione dei PIT 4. Predisposizione dell’assetto istituzionale, ovvero definizione e formalizzazione di tutte le relazioni istituzionali necessarie per la realizzazione dei PIT

Fasi “standard” del processo di costruzione e prima implementazione dei PIT (2/ 2) 5. Creazione e attivazione del sistema di gestione, ovvero definizione dei compiti e delle modalità operative di intervento dei soggetti gestori dei PIT e dei referenti tecnici all’interno delle Regioni; 6. Avvio delle realizzazioni delle singole operazioni 7. Avvio del monitoraggio finanziario, fisico e procedurale degli interventi 8. Produzione e presentazione delle prime rendicontazioni delle spese effettivamente sostenute

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (1 / 7) Basilicata. La regione è stata suddivisa in otto aree PIT, sulla base delle previsioni di territorializzazione del PRS (sistemi locali con caratteristiche omogenee). Le otto aree hanno formalizzato le Partnership Locali Istituzionali, le quali hanno individuato il soggetto capofila ed hanno attivato l’Ufficio Comune. Sono state costituite le Partnership Concertative Locali. I Progetti sono in avanzato stato di preparazione. La fase di programmazione si chiuderà con la stipula di un Accordo di Programma fra la Regione ed i soggetti locali. Un Accordo Normativo ha già permesso di identificare i “progetti di rapido avvio”, la ripartizione delle risorse fra tipologie di interventi, i criteri di selezione delle iniziative.

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (2 / 7) Calabria. La regione è stata suddivisa in 23 aree PIT, omogenee per identità economico-sociale. Le aree hanno formato le Conferenze dei Sindaci, le quali hanno nominato il Comitato di Gestione ed il Presidente, responsabili dell’attuazione del PIT. Sono state costituite le Consulte economico-sociali, organo del partenariato. Sono stati preparati i Quadri generali dei PIT, che espongono analisi sul contesto e sui fabbisogni, strategie ed idea guida del progetto. Il processo è stato fortemente rallentato nell’ultima fase e la Regione sta per emettere un documento di Linee Guida che sostituisce i precedenti.

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (3 / 7) Campania. In Campania sono previsti: (a) PI promossi direttamente dalla Regione, che si assume la responsabilità del coordinamento, (b) PI promossi da Enti locali, per i quali il coordinamento viene svolto da un Ente Capofila scelto dai soggetti coinvolti. L’avvio della costituzione del PI avviene con l’identificazione dell’ambito di intervento (territoriale o tematico) e l’istituzione del Tavolo di concertazione istituzionale Sono finora stati individuati 51 progetti. L’elaborazione dei progetti viene curata dai Tavoli di concertazione. Il Nucleo di valutazione presso la Regione valuta ed approva le proposte. A conclusione del processo valutativo i soggetti aderenti firmano il protocollo di intesa, che dopo l’approvazione della Giunta permette di dare avvio all’attuazione.

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (4 / 7) Puglia. La programmazione regionale ha identificato già nel POR 10 aree in cui realizzare Progetti Integrati Territoriali, con le rispettive idee forza e gli ambiti territoriali. Le aree hanno caratteristiche, criticità e potenzialità comuni e coinvolgono tutti i settori produttivi con l’eccezione del turismo e dei beni culturali (oggetto di Progetti Integrati Settoriali). Il Presidente della Giunta Regionale individua i soggetti interessati alla preparazione e progettazione del PIT, che si costituiscono in Comitato per l’Accordo di Programma, che ha il compito di redigere il progetto e condurre a stipulare l’AdP. La Giunta Regionale ha nominato i Responsabili Interni dei PIT per l’Ente Regionale. In Puglia il processo di progettazione integrata è fortemente in ritardo.

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (5 / 7) Sicilia. La Sicilia ha scelto i PIT con una procedura a bando, nell’ambito di una territorializzazione delle risorse formulata su base provinciale ( bando). Le aree non sono però state delimitate preventivamente. I Progetti sono stati elaborati dai Tavoli di concertazione locali che hanno agito sulla base di protocolli di intesa. La Regione ha selezionato 28 progetti su 35 presentati. Per i PIT esclusi è stata prevista una modalità di “recupero”. Le idee forza dei progetti sono in gran parte imperniate su cultura, ambiente e turismo. La Regione ha stipulato Accordi di Programma con i soggetti coordinatori dei PI. I modelli di gestione sono stati imperniati in gran parte sulla costituzione di Uffici Unici. L’implementazione dei PI in Sicilia è già partita con la formulazione di bandi per la selezione delle operazioni e la loro individuazione.

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (6 / 7) Sardegna. Anche in Sardegna la selezione dei PIT è avvenuta sulla base di un bando pubblico, nell’ambito di una zonizzazione concordata con le quattro Provincie, che ha permesso di individuare 19 aree, collegate allo sviluppo di specifiche tematiche. La Regione (attraverso il Gruppo Regionale di Coordinamento) ha valutato positivamente 13 progetti dei 30 presentati dai partenariati locali (formatisi sulla base di protocolli di intesa). La Regione ha tuttavia corretto la struttura dei PI cancellando operazioni proposte ed inserendone di nuove. Stanno per essere sottoscritti gli Accordi di Programma. La Regione sta lanciando un secondo bando per finanziare l’inserimento di nuove operazioni nei PIT già approvati e per selezionare nuovi progetti. La gestione avviene tramite un Soggetto Responsabile.

Le differenze nei modelli regionali e la situazione dell’attuazione (7 / 7) Molise. La programmazione regionale ha identificato nel POR 4 aree, omogenee sul piano economico e sociale, in cui realizzare Progetti Integrati Territoriali. La Regione ha emesso un bando, dopo avere previsto l’allocazione delle risorse fra le quattro aree. I PI sono stati presentati alla Regione da un Soggetto Rappresentante dei Promotori, costituito da un soggetto pubblico o a maggioranza pubblica. Il Progetto costituisce parte integrante di un Accordo di PI fra la Regione ed il partenariato, in cui si individuano anche il referente regionale per il PI, il coordinatore, il Comitato di coordinamento. La Regione ha previsto anche un PI di supporto al Contratto d’area “Molise Interno”, che può sovrapporsi territorialmente agli altri Progetti. Il processo di progettazione integrata in Molise è fortemente in ritardo.

Fase 1. Definizione dell’idea forza L’idea forza costituisce un’ipotesi originale circa i possibili sentieri di sviluppo di un’economia territoriale, fondata su un uso innovativo e/o sull’incremento delle risorse locali disponibili Le determinanti dell’idea forza sono quindi, almeno originariamente, di natura induttiva, ed andranno verificate nelle fasi successive della costruzione del progetto integrato. L’idea forza esplicita inoltre un’indicazione di sintesi sul progetto o sui progetti di maggiore dimensione (il core project) intorno ai quali ruoterà il progetto integrato territoriale.

Come definire la qualità dell’idea forza? Capacità di innovare il percorso progettuale Capacità di agire sulle variabili di rottura Peculiarità, riconoscibilità e comunicabilità Chiara specificazione Immediata coerenza programmatica

Fase 2. Realizzazione dell’analisi di contesto L’analisi di contesto consiste in una descrizione delle principali variabili adatte a rappresentare il territorio in cui si colloca l’intervento. Tali variabili si riferiscono ad aspetti demografici, sociali, del lavoro, economici, territoriali, ambientali, culturali, infrastrutturali, etc. L’analisi del territorio viene condotta (anche) stimando degli indicatori di contesto, calcolati a partire da dati statistici di fonte diretta o indiretta.

Fase 3. Realizzazione dell’analisi SWOT L’analisi SWOT è una modalità di analisi strategica del territorio, particolarmente efficace quando si tratti di studiare problemi complessi in modo compatto e sintetico, concentrando il lavoro sugli elementi critici della situazione — ovvero sugli elementi determinanti per l'assunzione di decisioni. L’analisi SWOT prende le forme di una tavola a quattro quadranti, ciascuno dei quali è intestato ai quattro sistemi (punti di forza, punti di debolezza, opportunità e minacce) e contiene l'elenco degli elementi individuati. L’analisi SWOT deve essere coerente con i risultati dell’analisi di contesto.

Fase 4. Obiettivo generale e strategia L’obiettivo globale si riferisce al complesso del territorio e delle azioni che si intende perseguire. Consiste in un'indicazione (traducibile in termini quantitativi) sui traguardi che le comunità locali assumono per la realizzazione del progetto. La strategia di un progetto integrato territoriale è costituita dall’insieme delle scelte di fondo che vengono assunte.

Fase 5. Obiettivi specifici Gli obiettivi specifici costituiscono obiettivi “di secondo livello” rispetto all’obiettivo globale, il cui perseguimento è funzionale al raggiungimento di quest'ultimo. Gli obiettivi specifici sono quindi funzionali al raggiungimento dell'obiettivo globale e dettagliano la strategia prescelta. Gli obiettivi specifici vengono valutati in base: (a) alla loro coerenza con gli elementi dell’analisi SWOT, (b) alla loro coerenza interna ed esterna.

Fase 6. Obiettivi specifici ed interventi Il conseguimento degli obiettivi specifici individuati è affidato, sul piano operativo, alla realizzazione di interventi, che devono trovare collocazione nelle misure del Programma (o dei Programmi) di riferimento. A ciascuno degli obiettivi specifici sarà assegnato uno o più interventi. Gli interventi potranno comunque contribuire al raggiungimento di più obiettivi specifici. Gli interventi vengono valutati in base alla loro capacità di produrre effetti (realizzazioni, risultati ed impatti) e di conseguire gli obiettivi assunti.

Fase 7. Determinazione di interventi e misure Ciascun intervento del PIT deve essere assegnato ad una misura od azione del Programma di riferimento, verificando le procedure che caratterizzano tale misura o azione. Naturalmente, le misure del Programma destinate al finanziamento del PIT possono essere molteplici. Si tratta di verificare che il Complemento di Programmazione preveda effettivamente, per ciascuna delle diverse misure individuate, la finanziabilità di interventi proposti da Progetti Integrati e/o l’ammissibilità delle spese che tali interventi prevedono.

Fase 8. Costruzione del Piano finanziario Il PIT è accompagnato da un piano finanziario, che ne illustra i fabbisogni per la realizzazione e suddivida i fondi per fonte di finanziamento. Si tratta in particolare: a) di stimare le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione di ciascun intervento o gruppo di interventi, coerentemente con gli indicatori di realizzazione quantificati; b) di aggregare i fabbisogni finanziari definiti per intervento a livello di misura; c) di disaggregare il fabbisogno finanziario nelle varie fonti (spesa pubblica comunitaria, nazionale, regionale, di altri enti; spesa privata), in coerenza con le disposizioni della misura.

Fase 9. Ipotesi di gestione La gestione del PIT deve essere programmata attraverso la ricognizione delle condizioni istituzionali, amministrative, organizzative ed operative necessarie alla realizzazione degli interventi, attraverso: (i) l’individuazione ed il coinvolgimento dei partner istituzionali, gestionali e finanziari coinvolti nel governo del Progetto; (ii) l’individuazione di strutture e procedure per la sorveglianza degli interventi; (iii) l’individuazione e l’implementazione di percorsi tecnici ed amministrativi adatti ad assicurare una rapida esecuzione degli adempimenti tecnici, amministrativi e procedurali

Unità di Coordinamento e Gestione L’assetto organizzativo per la gestione dei PIT: il caso della Basilicata Partnership Locale Istituzionale Partnership Concertativa Locale Comitato Pilotaggio Soggetto Responsabile del PIT Struttura Unica di Sorveglianza Responsabile Regionale di Collegamento PIT-POR N.R.V.V.I.P. Project Manager Responsabili di Misura del POR Unità Operativa Unità Operativa Unità Operativa Unità di Coordinamento e Gestione

Componenti del sistema organizzativo (1 / 3) Partnership istituzionale. Comprende le Amministrazioni Pubbliche ricadenti all’interno delle singole aree PIT. Essa sovrintende al processo di concertazione che si sviluppa sul territorio, individua l’amministrazione capofila quale soggetto responsabile della gestione ed attuazione del PIT, partecipa alla costituzione del tavolo di concertazione locale, promuove le azioni di coordinamento strategico. Partnership concertativa locale. È composta dai rappresentanti degli interessi collettivi sociali ed economici presenti ed operanti all’interno delle singole aree PIT. Essa segnala fabbisogni sociali ed istanze presenti sul territorio, formula indicazioni ed orientamento sulle proposte progettuali,vigila sul processo attuativo.

Componenti del sistema organizzativo (2 / 3) Soggetto responsabile. È costituito dal legale rappresentante dell’Amministrazione pubblica, titolare delle funzioni di “Amministrazione procedente”. Esso rappresenta la PLI, convoca le due partnership, attiva l’UCG del PIT, nomina il Project Manager, coordina la progettazione e la gestione. Unità di Coordinamento e Gestione. È costituito dall’Ufficio unico comune incardinato all’interno dell’Amministrazione Pubblica individuata come responsabile del PIT. Essa istruisce e redige la proposta PIT, supporta il SR ed il Project Manager, supporta la funzionalità delle partnership. Project Manager. È il dirigente titolare dell’UCG. Il PM assiste il SR nell’adempimento delle sue funzioni istituzionali e sorveglia l’andamento del PIT

Componenti del sistema organizzativo (3 / 3) Responsabile regionale del collegamento fra PIT e POR. È il dirigente regionale individuato tra i Responsabili di Misura del POR. Ha il compito di assicurare il raccordo e la coerenza fra il POR ed il processo di progettazione integrata. Comitato di Pilotaggio. È composto dall’Autorità di gestione, dai responsabili dei fondi strutturali nel POR, da rappresentanti delle maggiori istituzioni regionali. Il CP svolge la regia del processo di implementazione del PIT, sovrintende alla costituzione del tavolo di concertazione, cura i rapporti con le partnership, etc. Struttura unica regionale di sorveglianza. Coordina il processo di attivazione ed attuazione dei PIT, istruisce le proposte di PIT, individua i responsabili unici, predispone atti ed accordi per l’approvazione dei PIT.