Già a metà degli anni Quaranta gli studi di Kuznets (come quelli di Brady e Friedman) dimostrarono che l’idea di un trend crescente del risparmio rispetto.

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Transcript della presentazione:

Già a metà degli anni Quaranta gli studi di Kuznets (come quelli di Brady e Friedman) dimostrarono che l’idea di un trend crescente del risparmio rispetto al reddito era inadeguata a rappresentare la realtà, data la stabilità del saggio di risparmio rispetto al reddito nel lungo periodo. Il risultato finale è che nei primi anni Cinquanta si osserva la cosiddetta “ipotesi Modigliani-Duesenberry”, la cui idea di base consiste nel rilevare che il consumo, se influenzato come si presume anche dal livello massimo di reddito raggiunto nel passato, sia da collegare con il “reddito transitorio”, inteso come la differenza tra fra il reddito corrente ed il reddito massimo passato. Ecco perché la quota di risparmio può anche non seguire un trend crescente rispetto al reddito, ma subire delle variazioni, facendo diminuire l’attenzione sulle teorie basate sull’idea del risparmio come bene di lusso (crescente all’aumentare del reddito corrente). Secondo Modigliani e Brumberg, un individuo cerca, nel corso della vita, di assicurarsi un livello medio di consumo ed è in base a questo assunto comportamentale che nasce la Teoria del Ciclo vitale del Risparmio, la quale si riferisce all’ammontare complessivo di risorse accumulabili ed esauribili nell’intera esistenza (Ciclo vitale del reddito e del consumo) e tiene conto del fatto che esistono per tutti gli individui periodi economicamente favorevoli e non.

Il periodo cruciale cui è necessario porre maggiore attenzione è il periodo del pensionamento. Poiché, a partire da quel momento, il reddito diminuisce con il cessare della vita attiva, dovranno necessariamente essere i risparmi accumulati in passato a consentire i consumi attuali. L = N + M dove L sono gli anni di vita attesi, N sono gli anni di vita attiva (in cui si lavora e si guadagna un reddito costante annuo ӯ che permette un risparmio positivo) ed M gli anni di vecchiaia. Se l’individuo non intende trasferire ai propri successori parte della ricchezza accumulata (come è successo al soggetto medesimo) e se desidera consumare beni ad un tasso costante (pari al reddito medio vitale) per tutta la sua vita, il suo consumo C sarà pari a

mentre il risparmio sarà pari a durante la vita attiva, per poi diventare negativo ed eguagliare il consumo di ciascuno dei periodi precedenti. Il risultato originale di Modigliani e Brumberg consiste nell’osservazione che in un’economia in stato stazionario (in assenza di crescita economica) ed a generazioni sovrapposte (overlapping generations), il risparmio pro-capite ed aggregato non dipende dal reddito pro-capite e nazionale, poiché tutto ciò che si percepisce si consuma, divenendo nullo. Il risparmio dell’età lavorativa servirebbe quindi per stabilizzare il consumo nel momento in cui il reddito percepito varia (pensionamento), quindi senza considerare l’ipotesi di trasmissione intergenerazionale di capitali, sotto qualsiasi forma [prima di questa teoria il risparmio, considerato nella categoria dei beni di lusso, poteva giustificarsi con il movente dell’orgoglio keynesiano (dotare i figli di beni per la loro vita)]. Il modello in analisi, anche se di origine neoclassica, considera le scelte di consumo da effettuarsi per tutto l’arco di vita di un individuo, spostando il vincolo di bilancio da una configurazione di reddito temporaneo ad una di tipo vitale.

Il trasferimento intergenerazionale (mortis causa o inter vivos) può essere generato da un sentimento di altruismo o, come afferma Kotlikoff, da una sorta di contratto che lega genitori e figli nella condivisione dei rischi (implicit risk sharing arrangement). Può, inoltre, derivare dall’incapacità di consumare quanto accumulato (alta propensione al risparmio, non adeguamento ai ritmi del consumismo delle società moderne, errata stima della propria morte o speranza di vita). Non è più, quindi, solo il risparmio del ciclo vitale a costituire il patrimonio globale, ma anche il capitale dinastico (eredità), il quale complica notevolmente il quadro d’indagine fin qui proposto (modalità di trasmissione ed influenza sul consumo del capitale dinastico, influenza del medesimo sulla crescita e sullo sviluppo di una società civile, il trattamento fiscale delle eredità e delle donazioni, cambiamenti della struttura del consumo e del risparmio aggregati, ecc.).

Per quanto concerne il capitale intergenerazionale si contrappongono due scuole di pensiero: la teoria del ciclo vitale del risparmio e quella del modello dinastico. Entrambe arrivano alla cosiddetta “legge 20\80%”: quella di Modigliani e degli economisti del MIT, per la quale la quota di trasferimento intergenerazionale nel patrimonio complessivo si aggira attorno al 20%; quella di Kotlikoff e Summers, che sostengono, invece, che il peso del capitale intergenerazionale sia ben più rilevante, arrivando all’80%.

Partendo dal contributo di Kotlikoff e Summers, essi individuano due modalità di stima dell’entità del flusso di trasferimenti intergenerazionali: il metodo “residuale”, mediante il quale si calcola direttamente la ricchezza del ciclo vitale, come sommatoria per ogni età della differenza fra reddito e consumo, e come residuo l’ammontare di ricchezza trasferibile, che scaturisce dalla differenza fra ricchezza totale e ricchezza del ciclo vitale; il metodo dei “flussi di eredità”, mediante il quale si esaminano una serie di dati riguardanti le caratteristiche e le determinanti fondamentali dei flussi di eredità di un certo periodo di tempo ed arrivano ad una particolare relazione tra il flusso di trasferimenti e stock complessivo di ricchezza trasferibile.

Secondo Kotlikoff e Summers, il metodo dei flussi di eredità sovrastimerebbe la ricchezza del ciclo vitale, a causa della carenza di dati utilizzabili sull’ammontare effettivo del trasferimento intergenerazionale, anche se comunque entrambe le metodologie dimostrano la preponderanza della ricchezza intergenerazionale sul risparmio del ciclo vitale per quanto riguarda lo stock complessivo di capitale disponibile in un certo momento. Modigliani accogli polemicamente i risultati degli autori sopra citati, sostenendo che la quota di trasferimenti intergenerazionali non può superare il 25-30% del patrimonio complessivo di un individuo o di una nazione; i differenti risultati sono imputabili ad una diversa definizione di ciclo vitale e di trasferimento della ricchezza, nonché ad evidenti errori di calcolo ( con gli stessi dati egli affermò di giungere ad un ammontare di ricchezza trasferibile di un po’ inferiore al 20%). La considerazione importante che egli trae è comunque un’altra: quando l’individuo muore, come si può stabilire con precisione se la ricchezza ancora trattenuta è motivata dalla volontà di trasmetterla ai propri discendenti oppure per motivi precauzionali?

La controversia tra Modigliani e Kotlikoff-Summers non è ancora conclusa, comunque sicuramente entrambe le componenti della ricchezza (quella precauzionale e quella intergenerazionale) hanno un peso rilevante nella determinazione della ricchezza totale di un individuo o di un paese. Comunque, per ottenere risultati attendibili, è necessario arrivare ad una definizione e misurazione univoche dei concetti di ricchezza, consumo, risparmio e ciclo vitale, nonché ad una rilettura dei risultati raggiunti alla luce delle individualità sociali, politiche e culturali che caratterizzano la regione sottoposta ad analisi (per es. Modigliani basa tutti i dati sulla situazione statunitense, sicuramente diversa da quella italiana, inclusa nei paragrafi successivi del libro e non schematizzati).