Conciliazione dei tempi di vita: a che punto siamo?

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Conciliazione dei tempi di vita: a che punto siamo? Facciamo il punto! Welfare in azienda: tra conciliazione, benessere e produttività Conciliazione dei tempi di vita: a che punto siamo? Linda Laura Sabbadini Direttore Dipartimento Statistiche sociali e ambienali ISTAT

Le donne hanno dato molto al Paese ma hanno ricevuto poco E’ questo un primo dato che emerge dalle analisi dell’Istat Il percorso lavorativo: le donne partono meglio e finiscono peggio. UN VERO PERCORSO A OSTACOLI. Investono negli studi, ma più difficoltà di ingresso, permanenza e carriera. Scarse sono state le politiche di conciliazione E soprattutto sono arrivate con molto ritardo Nei Paesi Nordici fin dagli anni ’50 la crescita del lavoro femminile era stata affiancata da politiche di sviluppo dei servizi e di conciliazione I traguardi raggiunti a oggi sono più frutto delle strategie individuali di cui si sono dotate le donne che delle politiche adottate ___________________________________________________________________

Difficoltà nei percorsi di carriera Una forte barriera nei percorsi di carriera Durante tutto il percorso della vita lavorativa le donne più sottoutilizzate, specialmente se laureate (40% vs. 31% dei maschi) Poche donne nei luoghi decisionali, nonostante il merito Imprenditrici (19%) Dirigenti (27%) Libere professioniste (29%) Dirigenti medici di strutture complesse (13,2%) Prefetti (20,7%) Professori ordinari (18,4%) Direttori enti di ricerca (12%) Ambasciatrici (3,8%) Nessuna donna a vertici della magistratura La situazione migliora ma molto lentamente ___________________________________________________________________

Il lavoro di cura informale: risorsa per il paese, carico per le donne La difficile situazione nel mercato del lavoro va di pari passo con il sovraccarico di lavoro familiare delle donne. L’Italia è un Paese che negli ultimi decenni ha costruito un sistema di welfare che vede nel lavoro non retribuito delle donne un pilastro fondamentale. Questo è un elemento cruciale per garantire il benessere delle persone. Man mano che le donne sono entrate nel mercato del lavoro questo modello è diventato sempre più insostenibile e ha reso difficile garantire la conciliazione dei tempi di vita se non a caro prezzo per le donne I flussi di aiuto informale raggiungono i segmenti di popolazione piu’ bisognosi, ma c’è il rischio che non possano più essere adeguati ai bisogni, perché le donne sono sempre più sovraccariche e stanno tagliando sul lavoro di cura erogato. PER QUESTO E’ NECESSARIA UNA RIFLESSIONE SERIA SULLE POLITICHE ___________________________________________________________________

il sovraccarico di lavoro delle donne L’asimmetria nel lavoro di cura L’Italia è un Paese che presenta una forte asimmetria di genere nella divisione dei ruoli nella coppia e nell’organizzazione dei tempi delle persone. Tale asimmetria permane in tutte le fasi del ciclo di vita Per le donne avere un lavoro e dei figli vivendo in coppia si traduce in un tale sovraccarico di lavoro totale (tempo dedicato al lavoro retribuito e al lavoro familiare), che le ha spinte, negli anni, a far fronte alla difficoltà di conciliare il lavoro e la famiglia comprimendo il tempo dedicato al lavoro familiare Per gli uomini, invece, la partecipazione al lavoro familiare continua a essere marginale, sebbene si registri qualche segnale di maggiore coinvolgimento rispetto al passato. ___________________________________________________________________

Il lavoro totale è maggiore per le donne – (25-44 anni) Nelle coppie di occupati con donna tra 25 e 44 anni, in un giorno medio settimanale la donna lavora in totale (tra lavoro retribuito e lavoro familiare) 53’ in più del suo partner (9h08’ delle donne contro le 8h15’ degli uomini). Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo (dati provvisori) A farne le spese è il tempo libero delle occupate, che si attesta a 2h35’ contro le 3h29’ dei loro partner (-54’) Asimmetria dei ruoli elevata 71,9% ___________________________________________________________________

Ma nel tempo l’asimmetria nelle ore di lavoro familiare è diminuita Negli ultimi 20 anni l’asimmetria dei ruoli è diminuita soprattutto nelle coppie di occupati con figli (-12 punti percentuali) passando dall’80,6% del 1988-89 al 72,1% del 2008-09, questo perché: le madri hanno tagliato 37’ di lavoro familiare (da 5h48’ a 5h11’), i padri lo hanno incrementato di 26’ (da 1h34’ a 2h00’). I cambiamenti nei tempi del lavoro familiare si sono concentrati nelle coppie di occupati con figli, ovvero nelle situazioni in cui l’onerosità del carico di lavoro complessivo che ricade sulle donne impone una riorganizzazione dei tempi di vita. Ma anche in queste situazioni più gravose i mutamenti restano lenti e limitati e l’asimmetria nei carichi di lavoro familiare resta molto elevata. (25-44 anni). L’asimmetria è diminuita più perché le donne hanno tagliato sul lavoro di cura che perché gli uomini sono stati coinvolti di più ___________________________________________________________________

Il sovraccarico di lavoro delle donne nelle coppie 45-64 anni La disparità tra uomini e donne nei tempi di lavoro totale (retribuito + familiare) cresce con l’aumentare dell’età. Nelle coppie di occupati con donna tra 45 e 64 anni la donna lavora 1h33’ più del suo partner (9h10’ contro 7h37’). Fonte: Istat, Indagine Uso del tempo (dati provvisori) Sempre più disparità anche nel tempo libero, che si attesta a 2h58’ per le donne adulte contro le 4h08’ dei loro partner (-1h10’) ___________________________________________________________________

L’asimmetria nelle ore di lavoro familiare nelle coppie adulte Una conferma dell’asimmetria dei ruoli ancora più accentuata nelle coppie adulte è testimoniata dal fatto che il 75,3% delle ore dedicate al lavoro familiare (lavoro domestico, di cura e di acquisti di beni e servizi) dalle coppie di occupati è ancora a carico delle donne. Come per le coppie più giovani negli ultimi 20 anni l’asimmetria dei ruoli è diminuita soprattutto nelle coppie di occupati con figli (-10,4 punti percentuali) passando dall’86,2% del 1988-89 al 75,8% del 2008-09, questo perché: le madri hanno tagliato 42’ di lavoro familiare (da 5h23’ a 4h41’), i padri lo hanno incrementato di 26’ (da 1h04’ a 1h30’). Ma anche in questa fascia d’età i mutamenti restano lenti e limitati, sono dovuti più alle donne che agli uomini e l’asimmetria nei carichi di lavoro familiare resta sempre troppo elevata. ___________________________________________________________________

Le coppie anziane: le donne non vanno mai in pensione Entrando nelle età anziane si creano i presupposti per una maggiore condivisione del lavoro familiare per effetto dell’uscita dal mercato del lavoro di entrambi i partner Ma anche quando i due partner non lavorano più, le donne dedicano al lavoro familiare ben 3h36’ in più rispetto ai loro partner (6h04’ contro 2h28’). Mentre il tempo liberato dal lavoro per gli uomini si trasforma quasi totalmente in tempo libero. Solo gli uomini vanno in pensione, le donne no. I__________________________________________________________________ T

Anche le dirigenti imprenditrici e libere professioniste sono sovraccariche La donna lavora in totale (tra lavoro retribuito e lavoro familiare) 1h09’ in più del suo partner (9h13’ delle donne contro le 8h04’ degli uomini) Il divario cresce in presenza di figli (+1h15’): le madri lavorano più dei loro partner occupati: 9h32’ a fronte di 8h17’ dei padri L’asimmetria dei ruoli si conferma elevata a prescindere dalla posizione occupazionale: dal 70,9% delle impiegate al 72,0% dirigenti, imprenditrici e libere professioniste I__________________________________________________________________ T

La difficile conciliazione dei tempi di vita delle lavoratrici Fonte: Istat, Famiglie e soggetti sociali (dati provvisori) Il 22,4% delle donne con meno di 65 anni che lavorano o hanno lavorato in passato ha interrotto l’attività lavorativa per motivi familiari (matrimonio, gravidanza o altri motivi familiari), contro il 2,9% degli uomini. Tra le madri la quota sale al 30% e nel 15,1% dei casi l’interruzione è dovuta alla nascita di un figlio. ___________________________________________________________________

Interrompere il lavoro per la nascita di figli Fonte: Istat, (a) Indagini multiscopo "Uso del tempo" (dati provvisori) e (b) "Famiglie e soggetti sociali“ (dati provvisori) Oltre la metà delle interruzioni del lavoro per la nascita di un figlio non è il risultato di una libera scelta. Sono circa 800 mila (pari all’8,7% delle donne che lavorano o hanno lavorato) le madri che hanno dichiarato di essere state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere, nel corso della loro vita lavorativa, a causa di una gravidanza. I ___________________________________________________________________ T

Le reti informali di aiuto sulle spalle delle donne Aumentano i care giver 1983 20,8% 2009 26,8% Diminuiscono le famiglie aiutate 1983 23,3% 2009 16,9% Diminuiscono soprattutto le famiglie anziane aiutate dal 28,9% al 16,7% Le donne diminuiscono le ore di aiuto erogate da 37,3 in un mese a 31,1 in 11 anni __________________________________________________________

Le reti informali di aiuto invecchiano Aumenta l’età media dei care giver 1983 43,2 2009 50,1 Crescono i care giver della classe 65-74 ( dal 20,2 al 32,7) E anche quelli ultrasettantacinquenni (dal 9,3% al 16,3%) Meno famiglie vengono aiutate al Sud, pure in presenza di bisogni maggiori: maggiore povertà, più anziani in cattiva salute e più disabili __________________________________________________________

Cambiano le direttrici di aiuto Le famiglie con bambini fino a 13 anni e la madre che lavora passano dal 5 posto della graduatoria delle famiglie aiutate al 1 posto, quelle di ultraottantenni sono scese al terzo Modificata anche la distribuzione delle ore tra adulti e bambini Nel 98 era sostanzialmente uguale, nel 2009 adulti -4%, bambini+50% per 1 miliardo 322 milioni di ore di lavoro di cura Nel caso delle persone anziane con limitazioni gravi è cresciuto aiuto informale, pubblico e privato specie nel Nord est __________________________________________________________

Le dirigenti, imprenditrici e libere professioniste più attive nella rete Più care giver tra le dirigenti, imprenditrici e libere professioniste (47,5%) rispetto al 32,5% delle donne in media per un numero medio di ore più basso (18h contro 29h al mese). Come le altre donne fanno compagnia o accompagnano (28%), ma più delle altre danno aiuti economici (24% vs 16%), in cibo e vestiario (24% vs 17%) e prestazioni sanitarie (21% vs 12%) Famiglie con capofamiglia dirigente, imprenditrice e libero professionista ricevono più aiuti (39,7% vs 20,9% dei casi delle operaie): aiuti informali (24% vs 16%), aiuti privati (22% vs 1%), aiuti pubblici (4% vs 8%) ___________________________________________________________________

Le donne sono il pilastro della rete informale di aiuti tra le famiglie Ma il sistema è entrato in una crisi strutturale ormai non recuperabile…….. Vediamo perchè La donna nata nel 1940 a 40 anni può dividere il carico delle cure agli anziani e ai bambini con altri 9 adulti – ha almeno un anziano per 12 anni nella rete di parentela La donna nata nel 1960 a 40 anni può dividere il lavoro di cura con altri 5 adulti – ha almeno un anziano per 18 anni nella rete di parentela La donna nata nel 1970 a 40 anni può dividere il lavoro di cura con altri 5 adulti – ha almeno un genitore anziano per 22 anni nella rete di parentela La terza ha dunque più carichi, per un periodo più lungo ma meno tempo da dedicare alla cura perché lavora

Le nonne “sandwich” La donna del 1913 diventa nonna a 53 anni Dal punto di vista delle madri delle donne (nate nel 1913, 1934 e 1945) La donna del 1913 diventa nonna a 53 anni vive col coniuge, i 3 figli avuti sono usciti dalla famiglia e le daranno 6 nipoti, non ha più genitori anziani, e non ha grandi carichi per i nipoti perché 2 figlie/nuore su 3 sono casalinghe La donna del 1934 diventa nonna a 55 anni vive col coniuge, ha ancora un genitore anziano di cui occuparsi, ma le figlie e le nuore impegnate una su due col lavoro hanno maggior bisogno di aiuto più carico anche se meno figli e nipoti della precedente La donna del 1945 diventa nonna a 55 anni dei due figli avuti uno è ancora in casa, ha un madre 80enne nel 50% dei casi e un padre 83enne nel 17%. Presta aiuto per la cura dei nipoti. A questa età ancora il 23% è occupata Sulle nonne tende a concentrarsi un sovraccarico di lavoro di cura: benché con un minore numero di figli e nipoti rispetto alle donne nate nel 1934 e nel 1913 sono più spesso chiamate a sostenere figlie/nuore impegnate nel mondo del lavoro e ad assistere genitori molto anziani, gestendo al contempo, le esigenze dei familiari conviventi, e il loro lavoro

Le reti informali: forte crisi strutturale Il ruolo ricoperto dalle nonne sarà sempre più difficile da sostenere In crisi un modello di welfare basato sull’aiuto tra generazioni di madri e di figlie, e sul lavoro non retribuito di cura delle donne. Le nonne sempre più schiacciate tra cura dei nipoti, carico di lavoro all’interno della propria famiglia e l’assistenza dei genitori anziani in molti casi non autosufficienti, carico del loro lavoro extradomestico In prospettiva: - calo della fecondità - aumento dell’occupazione femminile - aumento della durata media della vita questa situazione si aggraverà Il carico delle reti sulle donne e anche sulle nonne diventerà sempre più insostenibile

Ma le conseguenze di tutto ciò non ricadono solo sulle donne … ma anche sugli anziani, i disabili, le madri con figli piccoli e tutti coloro che sono assistiti dalle donne. Emergono situazioni critiche e bisogni non soddisfatti per quasi due milioni di persone, il 37,6 per cento delle quali risiede nel Mezzogiorno: 651 mila anziani gravemente limitati nello svolgimento delle attività quotidiane che non ricevono aiuti di nessun tipo e vivono in situazioni non adeguatamente protette all’interno della famiglia. 275 mila vivono soli, 300 mila con altre persone con limitazioni 941 mila anziani con limitazioni seppur meno gravi che in gran parte vivono soli (726 mila) oppure in famiglie dove sono presenti altre persone con limitazioni 332 mila adulti non anziani ma con gravi limitazioni, 83 mila delle quali vivono sole. 21

La situazione dei servizi è inadeguata la spesa dei Comuni per i servizi dedicati agli anziani, i attesta a soli 117 euro per ciascun residente anziano, con una forte sperequazione territoriale: al Sud si spendono 59 euro contro i 165 del Nord-est, quando al sud gli anziani stanno peggio in salute La spesa dei Comuni per i servizi dedicati ai disabili mediamente di 2.500 euro, ma oscilla tra i 658 euro del Sud a 5.075 del Nord-est La spesa per assistenza alle famiglie con figli si attesta in media a 115 euro anno per componente, 47 al Sud e 165 al Nord-est Gli asili nido e i servizi integrativi per la prima infanzia squilibri territoriali rilevanti: bimbi sotto il 10% in quasi tutte le regioni del Mezzogiorno e circa il 30% in altre regioni del Centro-Nord. In totale l’accesso ai nidi è pari solo al 18% del totale __________________________________________________________

Reti informali e servizi sociali in crisi: quale futuro? Se la rete informale non ce la fa più perché le donne sono sovraccariche Se i servizi sociali già scarsi e sperequati sul territorio non si sviluppano adeguatamente Chi si farà carico dei problemi di cura e dei bisogni dei soggetti più vulnerabili del nostro Paese? Se i servizi sociali non si svilupperanno adeguatamente perché non ci si investe o ci disinveste come si farà a valorizzare le risorse femminili schiacciate e sovraccaricate dal lavoro di cura? La situazione delle donne sul mercato del lavoro è peggiorata con la crisi partendo da una situazione già grave, i percorsi di carriera sono a ostacoli. O si redistribuisce il lavoro di cura tra i generi e nella società SVILUPPANDO UNA RETE DI SERVIZI AMPIA E FUNZIONANTE e forme di lavoro flessibili nell’ottica della conciliazione, facilitando anche la crescita dell’occupazione femminile nel settore dei servizi. O difficilmente potrà esserci futuro per l’occupazione femminile. I nodi del welfare fai da te sono venuti al pettine. E’ aperta la questione della necessità di rifondazione del sistema di welfare anche in quest’ottica. 23