L’ORIENTAMENTO PROFESSIONALE Corso formazione docenti Progetto “ALTER SCUOLA” Dott.ssa Luisa Latorre Contenuti: La competenza professionale Il Bilancio di Competenze Il colloquio di orientamento Tecnica del colloquio
LA COMPETENZA PROFESSIONALE: “Il risultato di una complessa e dinamica articolazione di conoscenze, abilità, atteggiamenti, immagini di sé, motivazioni e caratteristiche di personalità che permette all’individuo di comprendere le richieste e porre in atto comportamenti professionali adeguati per rispondere alle esigenze lavorative nel contesto organizzativo” (Battistelli, 1996). Concetto multidimensionale che comprende tre differenti contenuti: - il “sapere cosa”, cioè il bagaglio di conoscenze sul lavoro, i metodi, l’azienda, ecc. (conoscenza dichiarativa); - il “sapere come”, cioè le conoscenze sulle procedure e le regole relative al contenuto del sapere (conoscenza procedurale); - le “disposizioni individuali” nei confronti del lavoro, cioè: attitudini, valori, motivazioni, rappresentazioni, fattori connessi all’identità personale e all’immagine di sé, ecc.
La prestazione competente: Dato che la competenza professionale è un costrutto, se ne possono osservare solo le manifestazioni, ovvero i comportamenti professionali e le performances realizzate dal soggetto (es. studi sull’expertise, in cui esperti e novizi venivano confrontati. Gli esperti sono apparsi più efficienti dal punto di vista procedurale e non dichiarativo, ovvero nella ri-organizzazione del problema in sotto-problemi più semplici). La competenza è stata definita una caratteristica intrinseca individuale, che avrebbe valore prognostico rispetto alle prestazioni, determinata da: motivazioni-tratti-immagine di sé-ruolo sociale-conoscenze-capacità (tutte queste caratteristiche si influenzano tra di loro e sono influenzate dal contesto in cui la persona è inserita). Nel processo di selezione si parte dall’identificazione delle competenze necessarie per una data mansione e si scelgono solo i candidati che raggiungono almeno il “valore soglia”. Quelli che lo superano ampiamente avranno con maggiore probabilità prestazioni superiori e quindi più successo.
Lo sviluppo della competenza professionale: Nello sviluppo della competenza è importante che il soggetto apprenda che l’obiettivo ultimo della formazione è accrescere la consapevolezza delle risorse personali che mette in atto in base alle richieste del mondo esterno, nonché imparare ad utilizzare queste stesse risorse in altri contesti, cioè in “senso trasversale”. Le competenze trasversali sono dette anche “trasferibili” appunto perché sono tutte quelle capacità che possono essere applicate a svariati ambienti (es: “learning ability, cioè la capacità di apprendere professionalmente dal proprio lavoro, “team work”, cioè la capacità di lavorare in gruppo, “relationship”, cioè le abilità relazionali e comunicative). Definizione puntuale degli obiettivi da raggiungere, consapevolezza del proprio livello di competenza, feedback continui da parte del supervisore.
Metodologie utilizzate: Mastery learning: responsabilizzazione dei soggetti, che definiscono obiettivi e strategie per il loro raggiungimento. Discovery learning: gli allievi cercano e organizzano le informazioni e successivamente traggono le dovute conclusioni. Insegnamento delle abilità sociali. Cooperative learning: lavoro di gruppo. Educazione adulta: apprendimento delle competenze di lavoro specifiche attraverso il role-playing (gioco di ruoli) e il business games (simulate in cui si distribuiscono i ruoli aziendali). Apprendistato ed addestramento interno: istruzione sul posto di lavoro.
IL BILANCIO DI COMPETENZE (1): Si caratterizza come un percorso di consulenza orientativa che supporta gli utenti nel processo di decisione in merito al proprio avvenire professionale. Ciò si realizza permettendo loro di approfondire la conoscenza delle proprie risorse e potenzialità al fine di indirizzarle verso la realizzazione di un progetto di sviluppo professionale. Concezione dell’individuo come “soggetto attivo” del proprio progetto formativo, nonché nel processo di socializzazione lavorativa (interazione tra soggetto e contesto organizzativo), che lo porterà ad assumere la propria identità professionale (insieme delle autorappresentazioni che il soggetto sviluppa in rapporto alla sua attività lavorativa). Si può attuare più volte nel corso della vita, ogni volta che il soggetto si trova in una fase di transizione ed è disorientato perché non riesce a fronteggiarla con le sue solite strategie di risoluzione dei problemi.
IL BILANCIO DI COMPETENZE (2): Presupposti: concetto di formazione continua, in base al quale si introduce l’idea che la formazione non termina con l’acquisizione di un certo bagaglio di conoscenze, ma diventa “permanente”, cioè si arricchisce nel corso di tutta la vita attraverso le esperienze lavorative e non e contribuisce allo sviluppo di competenze. Il Bilancio di Competenze è uno strumento di riconoscimento delle capacità, potenzialità e competenze che l’individuo ha acquisito nel corso della sua vita personale, professionale e formativa (tecnica del “portafoglio di competenze”). Quindi può essere utile anche per l’acquisizione delle “certificazioni”, in quanto rende la persona più consapevole delle proprie risorse. Esso si colloca a metà tra il concetto di Orientamento e quello di Valutazione, perché da un lato consente al lavoratore di passare in rassegna tutte le sue attività professionali allo scopo di riflettere sulle sue esperienze, competenze, risorse ed elaborare un progetto professionale e personale, dall’altro si basa comunque su una valutazione oggettiva delle competenze possedute.
IL BILANCIO DI COMPETENZE (3): Si configura come una tecnica di “counseling”, in cui viene data la centralità al soggetto, che deve essere motivato e collaborativo. Deve concludersi con un “Documento di sintesi”, in cui vengono riassunte le competenze dell’individuo e viene elaborato un progetto professionale preciso e realistico, da realizzare sulla base di quanto emerso dalla valutazione stessa. Fasi: - preliminare-esplorativa, individuale o di gruppo, in cui viene stipulato il contratto e indagate la partecipazione e motivazione del soggetto; - investigativa, in cui si valuteranno le competenze, risorse, tratti di personalità, competenze, ecc. Gli strumenti utilizzati sono: colloqui, questionari, verifiche individuali o di gruppo, laboratori, ecc. - conclusiva, in cui si ha la restituzione dei dati raccolti e del Documento di sintesi; - accompagnamento, in cui c’è la verifica o l’attuazione del progetto elaborato nella fase precedente.
IL COLLOQUIO DI ORIENTAMENTO (1): E’ un tipo di colloquio psicologico finalizzato a fornire un sostegno a chi deve elaborare una decisione, pertanto viene definito genericamente “un incontro intenzionale tra due persone, in un tempo e luogo ben definiti, volto a far sì che uno dei due individui possa arricchire la propria conoscenza dell’altro”. E’ costituito da un aspetto informativo, uno relazionale-affettivo e uno formativo (in quanto mira a far sì che il soggetto impari da solo a prendere le sue decisioni). Avviene generalmente nella parte conclusiva del processo di orientamento, dopo che sono stati raccolti tutti i dati del soggetto e somministrati strumenti diagnostici. Il colloquio di orientamento vero e proprio è il momento di riflessione finale, quello in cui si individua un progetto personalizzato per l’utente, che deve diventare consapevole delle sue capacità, aspirazioni, motivazioni, interessi, stereotipi, situazione familiare e sociale, ecc.
IL COLLOQUIO DI ORIENTAMENTO (2): La motivazione del soggetto è intrinseca (a differenza dell’intervista), anche se a volte possono esserci pressioni dall’ambiente familiare, scolastico o lavorativo. A tal fine è meglio un colloquio semi-strutturato o libero piuttosto che uno rigidamente strutturato. Importanza per lo scambio di informazioni sia della comunicazione verbale che di quella non verbale (comportamento spaziale, espressioni del volto, gestualità, paralinguaggio, silenzio). Conduttore del colloquio: psicologo o educatore, dotati di un maggior distacco emotivo rispetto a quelli che sono stati definiti “orientatori naturali” (genitori e insegnanti) e per questo forse più oggettivi.
TECNICA DEL COLLOQUIO: 3 fasi: - introduzione (accoglimento-motivo-obiettivo); - svolgimento (raccolta di informazioni); - conclusione (sintesi e pianificazione). 3 momenti: - progettazione (della strategia di intervento attraverso l’analisi della persona con cui avverrà l’incontro, l’individuazione degli obiettivi, della metodologia e dei contenuti da affrontare, nonché del materiale da usare); - conduzione (importanza del prendere appunti); - verifica a posteriori (autovalutazione).
Tecniche di conduzione del colloquio: Le domande (linguaggio condiviso, iniziare dalle superficiali fino ad arrivare alle complesse, cambio d’argomento). Problema dell’induzione delle risposte, dei comportamenti e degli atteggiamenti. No interpretazione, bensì riformulazione (Rogers: riformulazione-riflesso; rovesciamento del rapporto figura-sfondo; riformulazione-chiarificazione).