Il valore del bene culturale: i criteri di valutazione

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Il valore del bene culturale: i criteri di valutazione Un’applicazione a Napoli Musei Aperti

La valutazione La rilevazione della domanda nel settore culturale è molto complessa: le preferenze infatti si stimano in diverse modalità, talvolta indirette, non sempre agevoli da conteggiare e misurare. Non esistono un valore monetario ed un mercato attraverso cui stimare le preferenze degli individui rispetto all’offerta di beni culturali (scelta di lavorare in un’area con attrattive culturali, per un reddito inferiore, differenziale nei prezzi degli immobili, restauro di un bene per il quale non è previsto un prezzo di ingresso, ecc…). La moneta è l’unico modo di procedere alla valutazione economica. Il bisogno di assegnare valori monetari alle preferenze è dovuto al fatto che esse misurano il grado di interesse per i beni culturali. Diventa tuttavia necessario, ai fini della comprensione del grado di interesse per certi beni culturali, trovare delle forme di “monetizzazione” della disponibilità a pagare (DAP, che esprime la preferenza e l’intensità di quella preferenza) per la tutela e la valorizzazione dei beni esistenti. Tale necessità si presenta anche laddove si debbano effettuare dei confronti tra diverse alternative di investimento che presentano benefici monetari e per essere più convincenti nei confronti di decisori politici e burocrati.

Il valore economico dei beni culturali Valore d’uso: utilizzo effettivo del bene culturale (es.visita al museo); tale valore può essere anche indiretto (spettatore di documentari cinematografici sui beni culturali); Valore d’opzione: valore del bene come beneficio potenziale in luogo dell’effettivo valore d’uso attuale (valore potenziale del centro storico, laddove non fosse più consentito il transito delle autovetture – espressione di una disponibilità a pagare per la conservazione in previsione di una qualche possibilità di utilizzazione futura). Esprime la disponibilità a pagare per la conservazione in previsione di una qualche possibilità di utilizzazione futura. Valore di esistenza o di “non uso”: interesse e rispetto per quel bene, indipendentemente dall’uso effettivo che se ne farà in prima persona o che ne faranno gli altri (Krutilla). Valore totale del bene culturale: somma delle 3 voci precedenti Il valore del bene culturale – e le conseguenti difficoltà di valutazione – deriva anche da tre caratteristiche del bene in questione: irreversibilità, incertezza, unicità.

Criteri di valutazione Si distinguono in criteri diretti ed indiretti: Diretti: considerano i benefici derivanti da un investimento (es., possibile fruizione di un bene prima inaccessibile, prestigio nazionale) e ne misurano direttamente il valore monetario: Tecnica della Valutazione contingente; Indiretti: il beneficio viene valutato attraverso una relazione “stimolo-risposta”, tra, per esempio, il degrado del bene culturale e qualche suo effetto, per poi misurare la preferenza per quell’effetto. Tali criteri non costituiscono un metodo di stima della disponibilità a pagare: approccio dei mercati succedanei: individuazione dei mercati in cui sono scambiati beni e constatazione che i benefici o i costi sono attributi dei beni che si vogliono valutare (metodo del costo del viaggio, metodo dei prezzi edonici). Altra differenza: preferenze rivelate (in riferimento a comportamento passato) e preferenze dichiarate (ipotesi sul comportamento futuro).

Criteri di valutazione indiretti Metodo del costo del viaggio (trasporto, soggiorno): consiste nel desumere il valore economico del bene culturale (valore netto positivo) dal costo sopportato per poterlo visitare (solo per visita ricreativa: non è utilizzabile laddove non sia presente domanda turistica). Si considerano (attraverso interviste) i visitatori di un determinato bene culturale, provenienti da luoghi diversi e diversamente distanti dal sito oggetto della valutazione; viene calcolato il prezzo totale della visita moltiplicando la distanza per il costo medio del viaggio (euro/km) ed aggiungendo l’eventuale prezzo di ingresso; Esistono due tipi di modelli di costo del viaggio: Il primo tipo prende in considerazione quante volte un individuo (o un gruppo di individui simili) visita un determinato sito (visitation frequency model) Il secondo tipo si riferisce al criterio di scelta dei siti da parte dei visitatori in una determinata occasione (site choice model)

Caratteristiche dei 2 metodi Nei visitation frequency models si stima una “trip generating function”dove il numero di visite dipende dal prezzo totale di visita (insieme ad altre variabili esplicative come reddito, istruzione etc): tale funzione rappresenta la curva di domanda di visita al sito da cui l’analista è in grado di calcolare il surplus totale del consumatore generato dal sito Il secondo metodo (site choice model) suppone che esistano delle funzioni di utilità in grado di classificare i differenti siti, basate sulle caratteristiche di ciascun sito e sul costo totale di visita del sito. In ciascuna occasione, il potenziale visitatore calcola l’utilità per ciascun sito e sceglie di visitare quello che offre la maggiore utilità in quella circostanza

Criticità del metodo del costo del viaggio Rischi principali: presunzione che chi vive alla stessa distanza dal sito abbia preferenze identiche (come se il costo del viaggio rappresentasse l’unica discriminante in presenza di possibili alternative) e che il viaggio abbia un solo scopo (non si considera che, per chi si sposta da altre aree geografiche, il viaggio potrebbe essere stato intrapreso anche per altri scopi). Tale stima non considera i benefici di chi vive nelle vicinanze del bene in questione. Viene escluso ogni valore di non uso legato ad un sito

Criteri di valutazione indiretti Metodo dei prezzi edonici: il valore del bene viene stimato derivandolo dal valore di mercato di un bene diverso da quello del bene culturale stesso, ma ad esso legato; l’elemento culturale viene considerato una delle caratteristiche possedute da un bene oggetto di transazione su un mercato (mercato delle abitazioni, mercato del lavoro). Si identifica quanta parte della differenza nei valori della proprietà immobiliare è legata ad una specifica esternalità (ad es. presenza di attrattive culturali) e si inferisce quanto le persone sono disposte a pagare per tale esternalità. Si considerano 2 situazioni: quella in cui non c’è alcuna relazione con un bene non di mercato e quella in cui tale relazione esiste: l’eventuale differenza positiva nei prezzi viene attribuita alla presenza del bene non di mercato. L’assunzione di fondo è che il mercato operi perfettamente e che i prezzi riflettano esattamente la disponibilità a pagare per tutte le differenti caratteristiche dei beni (no effetti spillover). Aspetti come la qualità estetica appaiono altamente soggettivi e non hanno una scala di misurazione oggettiva da consentire una comparazione quantitativa.

Il meccanismo di definizione del prezzo In primo luogo l’analista raccoglie informazioni su un vasto numero di unità abitative. L’informazione include il prezzo di ciascuna unità (prezzo di vendita o di affitto), le caratteristiche fisiche dell’unità; e l’ubicazione dell’unità. Da tale posizione l’analista determina le caratteristiche del vicinato, incluso il livello del patrimonio culturale In secondo luogo l’analista usa tecniche di regressione statistica per stimare un modello che spieghi le differenze di prezzo tra le diverse unità abitative, ossia la funzione di prezzo implicita. Ad esempio, il modello potrebbe avere tale forma (i parametri delle pendenze rappresentano i prezzi marginali impliciti delle caratteristiche, sub ipotesi che DAP marginale eguagli il prezzo implicito):

La valutazione contingente Approccio sperimentale che simula l’esistenza di un mercato e colloca i soggetti in una posizione in cui possono esprimere le loro valutazioni individuali su modifiche (quantitative o qualitative, positive o negative) potenziali dell’offerta, attraverso l’impiego di questionari in cui si chiede la loro disponibilità a pagare (DAP). Le valutazioni così ottenute sono definite “contingenti” perché dipendono dall’esistenza di un mercato ipotetico e dalle circostanze simulate nello scenario di intervista: in sintesi, gli intervistati dichiarano la loro DAP qualora esistesse il mercato dove si scambia il bene o servizio in questione. Tale criterio è applicabile in ogni situazione in cui non esista il mercato.

La valutazione contingente I metodi diretti di valutazione dell’ambiente cercano di ricavare il valore del bene culturale come bene pubblico sommando le valutazioni delle diverse persone che lo usano; le valutazioni soggettive sono ottenute mediante indagini sul campo. CRITICHE: aleatorietà: non c’è garanzia che la soluzione individuata sia quella effettivamente desiderata; scarsa credibilità delle risposte: lo stato che l’intervistato è chiamato ad immaginare potrebbe risultare non vero o non ben percepito da questi. rischio free rider: dichiarazione di DAP troppo basse o troppo alte; rischio di eccessivo interesse per le DAP di altri intervistati. Sen: è il processo stesso di valutazione che crea i valori; il criterio è consistente se il pagamento è effettuato immediatamente ed è destinato a quel progetto.

La VC in Campania L’estensione della VC ai beni culturali è abbastanza recente ed il numero di applicazioni effettuate è modesto. In Italia diverse esperienze del genere sono state effettuate per alcuni beni del Piemonte e della Sicilia. Per la regione Campania è interessante l’applicazione di tale sistema di valutazione effettuata in relazione ai benefici individuali totali derivanti ai cittadini di Napoli dal mantenimento del programma “Napoli Musei Aperti” (NMA). NMA è un programma di valorizzazione che prevedeva, nel 1997, interventi di restauro, sorveglianza e pulizia su circa 29 chiese, 2 palazzi, 8 piazze ed 1 museo localizzati nel centro storico della città. L’iniziativa è costata al comune 4,3 miliardi in quell’anno, ossia circa 4.800 lire per abitante. Il bene è stato offerto gratuitamente e nel 1997 è stato visitato da circa 800.000 visitatori. Prima dell’iniziativa, i beni inclusi nel programma NMA erano inaccessibili, con scarsa manutenzione e poco conosciuti dagli itinerari turistici della zona. NMA è un bene soggetto a congestione, ma la capacità ricettiva è molto elevata e la congestione difficilmente si verifica. Quindi NMA può essere considerato un bene pubblico puro, con costi marginali nulli per utenti aggiuntivi.

Il questionario Il questionario utilizzato per la valutazione si divide in quattro sezioni: Nella prima si descrive il programma NMA e si chiede all’intervistato se e quante volte ha visitato in passato almeno uno dei siti del circuito culturale NMA; Nella seconda sezione viene domandato quante volte negli ultimi 12 mesi l’intervistato è andato al teatro, a concerti, a musei e al cinema. In base alle risposte viene calcolata la spesa destinata al consumo di attività culturali ed il vincolo di bilancio per l’intervistato da tenere presente al momento della dichiarazione della propria DAP. La terza sezione raccoglie informazioni sul contributo volontario per continuare l’offerta del programma NMA. In tale sezione viene ipotizzata la situazione in cui il Comune non possa più finanziare NMA a causa di esigenze più pressanti, e dunque il programma potrà continuare solo se saranno i cittadini a finanziarlo. La sezione finale del questionario è dedicata al profilo socio–economico dell’intervistato.

Le domande La forma della domanda per la valutazione economica del bene è essenziale (solitamente si adotta una strategia a più stadi): Una domanda preliminare (payment principle question) viene effettuata per verificare se gli intervistati sono d’accordo a finanziare volontariamente il programma NMA. Tale domanda serve ad identificare gli atteggiamenti di rifiuto ed a ridurre i comportamenti di protesta. Solo chi risponde “SI’” sarà ancora intervistato, con una domanda a scelta dicotomica in cui si chiede se si è disposti a pagare una determinata somma scelta da un vettore di 10 prezzi. Infine, nel questionario è inserita una terza domanda aperta con cui viene chiesto di specificare il massimo contributo annuo che si sarebbe disposti a versare volontariamente per NMA, prescindendo dalla risposta data alla precedente domanda discreta.

Il campione I Risultati Le interviste dell’indagine presentata sono state effettuate nel 1997, contattando direttamente un campione rappresentativo di residenti napoletani adulti, estratti secondo uno schema casuale e stratificato (per sesso e per area della città) dalle liste elettorali del comune. Il tasso di rifiuto è stato del 25 %, sicché il campione finale comprendeva circa 468 cittadini. I Risultati I risultati hanno attestato che non tutti i cittadini hanno interesse a pagare per NMA: 48,3 napoletani su 100 hanno infatti dichiarato una disponibilità a pagare nulla (236 su 468). La DAP media ricavata dalla domanda aperta è di lire 16.995, mentre la DAP media ottenuta dai dati discreti è di lire 44.420. Tale disparità ha diverse cause, tra cui le maggiori incertezze derivanti dalle domande aperte che si traducono quasi sempre in sottostime della DAP, oltre al fenomeno di accondiscendenza nei confronti dell’intervistatore nelle domande discrete che porta ad una sovrastima della DAP.

I diversi sistemi regolativi delle attività culturali Un primo possibile sistema è quello delle regole di mercato, nel quale bisogna far “quadrare il bilancio” e sostenere i costi. Tuttavia ciò spesso non risulta possibile con le sole entrate del museo ed è necessario appellarsi ai finanziamenti pubblici. Perché allora, se i sussidi riescono a coprire buona parte dei costi, escludere con una tariffa d’ingresso i potenziali entranti, senza alcun criterio di giustizia distributiva? Gli altri due sistemi sono quelli dell’azione pubblica e della cooperazione etica collettiva – accesso gratuito con contribuzione volontaria – che riflettono un atteggiamento welfarista accondiscendente all’equità oltre che all’efficienza.

Scenario di mercato Il riferimento alla DAP individuale dei napoletani permette di trarre delle conclusioni in merito ai diversi sistemi regolativi ed alla loro equità: Il primo scenario, quello di mercato, prevede il pagamento di un biglietto per l’ingresso ad NMA. Il prezzo che massimizzerebbe il ricavo è di 50.000 lire, che sarebbe però pagato dal 15 % dei visitatori, escludendo l’85 % dei visitatori, compresi quelli disposti a pagare un prezzo positivo compreso tra 0 e 50.000 lire. Così facendo, si rinuncia alla realizzazione di un beneficio positivo a fronte di un costo tendenzialmente nullo, ossia quello sopportato per un ulteriore visitatore (aumento delle spese di pulizia, di vigilanza, di assicurazione e climatizzazione).

Scenario di azione pubblica Il secondo scenario, quello che prevede l’azione pubblica sostenuta dall’imposizione fiscale, prevede l’accesso gratuito e\o il pagamento di una tariffa che in ogni caso non coprirebbe i costi totali, coperti dalle entrate fiscali. La gratuità è generalmente il regime praticato per NMA. Tuttavia, il 48,3 % degli abitanti sarebbe costretto a pagare circa 4.800 lire di tassa obbligatoria pur avendo una DAP nulla. Questa è una forma implicita di esclusione, perché contraria alle preferenze dei cittadini.

Scenario di cooperazione etica collettiva Il terzo scenario è quello della cooperazione etica collettiva, fondato su contributi volontari e libertà di accesso: essa sembra la soluzione migliore, visto che l’aggettivo “etica” sta per contributo sincero e non frutto di comportamenti strategici. Il versamento volontario garantisce un ricavo totale pari alla somma delle disponibilità a pagare individuali (1.686.000 lire per 100 abitanti) ed è in grado di coprire il costo totale; l’ammontare del contributo volontario è superiore al ricavo totale massimo dello scenario del prezzo di mercato. Bisogna aggiungere che questo scenario può essere rinforzato dal contributo volontario di altri soggetti: mecenati, fondazioni di cultura e sponsor.