La determinazione della tariffa del servizio idrico integrato: Aggiornamento e Revisione del MTN Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Contenuti generali Criteri di calcolo tariffari ante Legge Galli 1) La determinazione della tariffa di acquedotto 2) La determinazione della tariffa di fognatura e depurazione Il regime tariffario del Servizio idrico integrato (SII) Il metodo CIPE L’aggiornamento del MTN (CONVIRI 2008) La revisione del Metodo normalizzato (COVIRI 2002) Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Criteri di calcolo tariffari ante legge Galli La determinazione della tariffa di acquedotto La determinazione della tariffa di fognatura e depurazione Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La determinazione della tariffa di acquedotto 1 L’aggiornamento periodico percentuale correlato unicamente al tasso di inflazione; Nessun riferimento ai costi effettivi sostenuti dal gestore per il servizio. Fino al 1974 le tariffe idriche venivano direttamente determinate dal CIP, secondo il sistema dei prezzi amministrati. Trasferisce il controllo acqua potabile ai Comitati Provinciali Prezzi (CPP) Del. CIPE 26 giugno 1975 Provv. CIP n. 45 e n. 46 del 4 ottobre 1974 e n. 26 dell’11 agosto 1975 nuovo sistema per le tariffe idriche” e l’utente è chiamato al pagamento di una tariffa binomia; venne esplicitamente indicata la necessità di creare una correlazione tra tariffe e costi reali di gestione finalizzata al pareggio di bilancio dei fornitori del servizio. L’accertamento dei costi costituisce il punto di partenza per la determinazione di tariffe di vendita dell’acqua che siano a questi ultimi correlate. un’indagine sui costi delle aziende acquedottistiche da parte dei CPP un modello base per la rilevazione dei costi di esercizio, riferiti al personale, ai materiali per la manutenzione e l’esercizio, all’energia e agli ammortamenti una ristrutturazione tariffaria, basata su un principio di progressività “nuovo sistema per le tariffe idriche” tariffa binomia correlazione tra tariffe e costi reali di gestione Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La determinazione della tariffa di acquedotto 2 Tb = Ra/Mc av = Rn- Rd/Mc av Tb = tariffa base Rn = Ra+ Rd Ra = ricavi da realizzare con la vendita di acqua in applicazione delle nuove tariffe; Rd = ricavi diversi derivanti dall'applicazione delle quote mensili di utenza prevista sub 6) del provvedimento CIP n. 45/1974 e con altre entrate diverse da quelle conseguite per vendita di acqua (allacciamento, contributi vari, interessi attivi, etc). Provvedimenti CIP 45 e 46/1974 Provvedimento CIP 26/1975 Le modalità di calcolo della tariffa base, elemento cardine nell’elaborazione dell’intera articolazione tariffaria, furono emanate con il provvedimento CIP n. 26/75. Questo stabilì il principio secondo cui la tariffa base dovesse essere posta pari al costo medio, dividendo il costo totale (escluso i costi relativi a ricavi corrispettivi quali contributi di allacciamento, contributi vari, interessi attivi, canoni attivi per il noleggio di strumenti di misura) per l’erogazione complessiva annua. Con il provvedimento CIP n. 26 del 1975, veniva inoltre: rafforzato il ruolo dei CPP, specificando che ad essi compete la realizzazione delle istruttorie delle pratiche di adeguamento tariffario; stabilito un meccanismo di take or pay, prevedendo la fatturazione di un quantitativo minimo pari al consumo base, anche se non effettivamente consumato; rafforzato il principio di mutualità, già introdotto nei provvedimenti del 1974, stabilendo che la perdita di ricavi derivante dall’applicazione di una tariffa agevolata deve essere coperta dai maggiori introiti per i consumi in eccedenze. E’ evidente che questa norma, introdotta dal regolatore per surrogare in maniera anomala alla funzione della quota fissa, rappresenta un segnale che, di fatto, va nella direzione opposta dell’invito al risparmio, dato invece dalla tariffa crescente con i consumi. Infatti, finisce per essere diseducativa sia per l’utente singolo, che dovendola comunque pagare è portato a consumare sino a tale valore minimo, sia anche per gli altri utenti collegati sotto lo stesso contatore condominiale, che si potrebbero sentire in qualche modo “sussidiati” e che pertanto potrebbero assumere anche loro un comportamento non votato al risparmio. Altrettanto negativo è il segnale percepito dal gestore del servizio, che potrebbe non sentirsi particolarmente incentivato ad un’attenta gestione del parco contatori, considerato che una parte significativa del fatturato risulta affluire indipendentemente dalla precisione e dalla funzionalità della misurazione stessa. E’ per questi motivi che il CIPE ha previsto, con la delibera n. 52 del 4 aprile 2001, una procedura di progressivo superamento dei minimi impegnati applicati alle utenze domestiche, con la trasformazione del nolo contatore in quota fissa e la sua relativa rivalutazione per compensare la riduzione di fatturato conseguente alla riduzione del minimo di impegno. Riferimenti normativi tariffa acquedotto Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La determinazione della tariffa di acquedotto 3 Le modalità di calcolo della tariffa base, elemento cardine nell’elaborazione dell’intera articolazione tariffaria, furono emanate con il provvedimento CIP n. 26/75. Questo stabilì il principio secondo cui la tariffa base dovesse essere posta pari al costo medio, dividendo il costo totale (escluso i costi relativi a ricavi corrispettivi quali contributi di allacciamento, contributi vari, interessi attivi, canoni attivi per il noleggio di strumenti di misura) per l’erogazione complessiva annua. Con il provvedimento CIP n. 26 del 1975, veniva inoltre: rafforzato il ruolo dei CPP, specificando che ad essi compete la realizzazione delle istruttorie delle pratiche di adeguamento tariffario; stabilito un meccanismo di take or pay, prevedendo la fatturazione di un quantitativo minimo pari al consumo base, anche se non effettivamente consumato; rafforzato il principio di mutualità, già introdotto nei provvedimenti del 1974, stabilendo che la perdita di ricavi derivante dall’applicazione di una tariffa agevolata deve essere coperta dai maggiori introiti per i consumi in eccedenze. E’ evidente che questa norma, introdotta dal regolatore per surrogare in maniera anomala alla funzione della quota fissa, rappresenta un segnale che, di fatto, va nella direzione opposta dell’invito al risparmio, dato invece dalla tariffa crescente con i consumi. Infatti, finisce per essere diseducativa sia per l’utente singolo, che dovendola comunque pagare è portato a consumare sino a tale valore minimo, sia anche per gli altri utenti collegati sotto lo stesso contatore condominiale, che si potrebbero sentire in qualche modo “sussidiati” e che pertanto potrebbero assumere anche loro un comportamento non votato al risparmio. Altrettanto negativo è il segnale percepito dal gestore del servizio, che potrebbe non sentirsi particolarmente incentivato ad un’attenta gestione del parco contatori, considerato che una parte significativa del fatturato risulta affluire indipendentemente dalla precisione e dalla funzionalità della misurazione stessa. E’ per questi motivi che il CIPE ha previsto, con la delibera n. 52 del 4 aprile 2001, una procedura di progressivo superamento dei minimi impegnati applicati alle utenze domestiche, con la trasformazione del nolo contatore in quota fissa e la sua relativa rivalutazione per compensare la riduzione di fatturato conseguente alla riduzione del minimo di impegno. Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Struttura tariffaria ai sensi delle delibere Cipe 45 e 46/ 74 Il sistema tariffario del settore fognature e depurazione trova la sua fonte normativa, in Italia, nella legge 10 maggio 1976, n. 319 “Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”, che stabilisce per gli scarichi degli insediamenti produttivi limiti di accettabilità al conseguimento dei quali viene subordinata l’autorizzazione allo scarico. Questa legge, al primo comma dell’articolo 16 (così sostituito dall’articolo 3 del d.l. 28 febbraio 1981, n. 38 convertito con modifiche nella legge 23 aprile 1981, n. 153 e non modificato per effetto dell’entrata in vigore della nuova legge sulle acque) stabilisce che “per i servizi relativi alla raccolta, l’allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto provenienti dalle superfici e dai fabbricati privati e pubblici, ivi inclusi stabilimenti e opifici industriali, a qualunque uso adibiti, è dovuto agli enti gestori dei servizi da parte degli utenti il pagamento di un canone o diritto secondo apposita tariffa”. La tariffa in questione è formata dalla somma di due parti, corrispondenti rispettivamente al servizio di fognatura e a quello di depurazione (art. 16, comma 2). Qualora questi servizi siano gestiti da enti diversi da quello che gestisce il servizio di acquedotto, il canone è pagato da quest’ultimo ente con obbligo di rivalsa nei confronti dell’utente. La legge, nella sua impostazione originale, stabilì che un Comitato di Ministri, integrato dal Ministro delle finanze, doveva predisporre le formule tipo per la determinazione del canone e l’applicazione della tariffa. Questa nella sua prima parte, quella relativa alla fognatura, doveva essere determinata in rapporto alle quantità di acqua effettivamente scaricate mentre nella parte relativa alla depurazione doveva essere calcolata in rapporto alla quantità e qualità delle acque scaricate. Le formule da applicare, distinte per le acque provenienti da utilizzazioni per usi civili e per quelle provenienti da utilizzazioni per usi industriali, vennero pubblicate nel d.p.r. 24 maggio 1977 e costituivano la base per l’elaborazione, da parte delle Regioni, delle singole tariffe per le diverse categorie di utenti, con determinazione dei massimali vincolanti per gli enti erogatori dei servizi. Nel 1981 il sistema di tariffazione degli scarichi civili fu modificato: nella determinazione della tariffa relativa alla depurazione venne escluso il riferimento alla qualità dell’acqua scaricata e il precedente meccanismo venne sostituito da un importo fisso sia per il canone di fognatura che per il canone di depurazione che, determinato nel limite massimo da leggi finanziarie o leggi in materia di finanza locale, veniva assimilato ad un’imposta e perdeva qualsiasi relazione con i costi sostenuti per la fornitura del servizio. Al momento attuale i limiti massimi dei canoni di fognatura e depurazione dell’utenza civile, da applicare al 100% del quantitativo di acqua potabile erogata, sono rispettivamente 170 e 400 lire al metro cubo. Il sistema di tariffazione degli scarichi industriali invece rimase quello originario, ma sempre nel 1981 si stabilì di affidare alle Regioni il compito di determinare il limite massimo e minimo delle singole tariffe relative alle diverse categorie di utenti (art. 17-bis introdotto con d.l. n. 38/81). Cfr. per questo il punto 5 del par. 1 del cap. 4. Il quadro tariffario e finanziario della legge n. 319/76 prevede inoltre: - il rispetto, a proprie spese, delle norme di accettabilità degli scarichi stabilite al titolo IV da parte di coloro che non si avvalgono degli impianti pubblici; - il pagamento di un’imposta transitoria, valida fino all’attivazione degli impianti privati e pubblici per il conseguimento degli obiettivi finali di risanamento degli scarichi, da parte di tutti i complessi produttivi legittimati a raggiungere gradualmente i suddetti obiettivi (anche in aggiunta al canone dell’art. 16 in caso di scarichi afferenti ad impianti collettivi pubblici); - la possibilità per le Regioni di erogare contributi in conto interessi e in conto capitale ai Comuni e ai Consorzi intercomunali (art. 19) nonché alle imprese con impianti già in servizio alla data del 1 gennaio 1975. Cfr. Paolo Peruzzi, Le tariffe dei servizi idrici, cit. p. 9. Cfr. Legge n. 153 del 23 aprile 1981. Il fatto che l’adeguamento dei canoni sia avvenuto attraverso leggi per la finanza locale o finanziarie fa supporre che la motivazione di tali adeguamenti sia nata più dall’esigenza di finanziare genericamente la spesa pubblica che non da considerazioni circa la corrispondenza tra l’evoluzione del costo del servizio e l’adeguatezza della tariffa. Bisogna comunque precisare che per alcune imprese idriche i canoni massimi imposti possono essere inferiori ai costi per la fornitura del servizio attribuibili a ciascun utente e, quindi, non consentendo una copertura del costo complessivo sostenuto, possono provocare dei disavanzi di gestione. L’applicazione del canone al 100% dell’acqua potabile erogata è una norma che risale all’inizio del 1996. In precedenza i canoni di fognatura e depurazione venivano applicati all’80% del volume di acqua prelevata. Questo potere delle Regioni di fissazione del limite non solo superiore ma anche inferiore dei canoni sembra, come nel caso precedente, strettamente correlato alla necessità di copertura della spesa pubblica. Cfr. Maria Grazia Colombo, La struttura tariffaria dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, cit., pp. 5-7. La nuova legge sulla acque (l. 36/94), all’art. 14, comma 4, prevede che la quota di tariffa relativa alle utenze industriali vada calcolata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e, all’art. 32, abroga l’art. 17-bis. Successivamente, però, l’art. 7 del “Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, emanato con d.m. 1° agosto 1996, introduce qualche elemento di incertezza. Esso, infatti, conferma il sistema in vigore, cioè quello previsto dall’art. 17-bis, che la l. 549/95 aveva nel frattempo fatto rivivere. Il successivo d.lgs. 152/99 abroga poi esplicitamente l’intera l. 319/76, anche se con l’art. 62, comma 5, vengono limitati gli effetti abrogativi per l’art. 17 che sarebbe dovuto restare in vigore fino al momento dell’applicazione della tariffa del servizio idrico “di cui agli articoli 13 e seguenti della legge 5 gennaio 1994, n. 36”. Il recente d.lgs. 258/2000 sembra aver fatto chiarezza, poiché con l’art. 24 sopprime il comma 5 dell’art. 62 mentre con l’art. 16, commi 3 e 6, conferma che alle acque reflue si applica la tariffa prevista dall’art. 14 della l. 36/94. A questo punto, il richiamo dell’art. 7 del Metodo alla legislazione vigente non consente però il collegamento a norme appositamente predisposte. In pratica, comunque, fino all’adeguamento del Metodo o fino all’emanazione di un d.m. modificativo del Metodo stesso, resta in vigore il sistema attuale per cui la tariffa va determinata ancora sulla base dei provvedimenti regionali antecedenti all’abrogazione dell’art. 17-bis da parte dell’art. 32 della l. 36/94. In ogni caso, anche se le regioni avessero emanato provvedimenti successivi all’entrata in vigore della l. 36/94, questi andrebbero considerati vigenti vista la confusione normativa ingenerata dal Metodo e dalla l. 549/95. Per un approfondimento su questo tema e per un’analisi della formula per la determinazione della tariffa per le acque ad uso industriale, vedi Comitato per Vigilanza sull’uso delle risorse idriche, Documento di consultazione sulla revisione del Metodo normalizzato per la tariffazione del servizio idrico, Roma, novembre 2001, pp. 33-35. Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Una formalizzazione della tariffa T = T1 + T2 + T3 Ove: T1 = quota fissa per utente; T2 = taVa + tb(Vi − Va) corrispondente alla parte della tariffa che rappresenta quella fascia di consumi a tariffa agevolata (ta) e a tariffa base (tb) all’interno dei volumi impegnati Vi; T3 = (p1 S1 + p2 S2 + ... + pn Sn) corrispondente al termine proporzionale al consumo eccedente il volume impegnato Vi; consumo questo che deve essere articolato per scaglioni di tariffe crescenti, con Sn che rappresenta appunto gli scaglioni di consumo e pn le tariffe relative. Il sistema tariffario del settore fognature e depurazione trova la sua fonte normativa, in Italia, nella legge 10 maggio 1976, n. 319 “Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”, che stabilisce per gli scarichi degli insediamenti produttivi limiti di accettabilità al conseguimento dei quali viene subordinata l’autorizzazione allo scarico. Questa legge, al primo comma dell’articolo 16 (così sostituito dall’articolo 3 del d.l. 28 febbraio 1981, n. 38 convertito con modifiche nella legge 23 aprile 1981, n. 153 e non modificato per effetto dell’entrata in vigore della nuova legge sulle acque) stabilisce che “per i servizi relativi alla raccolta, l’allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto provenienti dalle superfici e dai fabbricati privati e pubblici, ivi inclusi stabilimenti e opifici industriali, a qualunque uso adibiti, è dovuto agli enti gestori dei servizi da parte degli utenti il pagamento di un canone o diritto secondo apposita tariffa”. La tariffa in questione è formata dalla somma di due parti, corrispondenti rispettivamente al servizio di fognatura e a quello di depurazione (art. 16, comma 2). Qualora questi servizi siano gestiti da enti diversi da quello che gestisce il servizio di acquedotto, il canone è pagato da quest’ultimo ente con obbligo di rivalsa nei confronti dell’utente. La legge, nella sua impostazione originale, stabilì che un Comitato di Ministri, integrato dal Ministro delle finanze, doveva predisporre le formule tipo per la determinazione del canone e l’applicazione della tariffa. Questa nella sua prima parte, quella relativa alla fognatura, doveva essere determinata in rapporto alle quantità di acqua effettivamente scaricate mentre nella parte relativa alla depurazione doveva essere calcolata in rapporto alla quantità e qualità delle acque scaricate. Le formule da applicare, distinte per le acque provenienti da utilizzazioni per usi civili e per quelle provenienti da utilizzazioni per usi industriali, vennero pubblicate nel d.p.r. 24 maggio 1977 e costituivano la base per l’elaborazione, da parte delle Regioni, delle singole tariffe per le diverse categorie di utenti, con determinazione dei massimali vincolanti per gli enti erogatori dei servizi. Nel 1981 il sistema di tariffazione degli scarichi civili fu modificato: nella determinazione della tariffa relativa alla depurazione venne escluso il riferimento alla qualità dell’acqua scaricata e il precedente meccanismo venne sostituito da un importo fisso sia per il canone di fognatura che per il canone di depurazione che, determinato nel limite massimo da leggi finanziarie o leggi in materia di finanza locale, veniva assimilato ad un’imposta e perdeva qualsiasi relazione con i costi sostenuti per la fornitura del servizio. Al momento attuale i limiti massimi dei canoni di fognatura e depurazione dell’utenza civile, da applicare al 100% del quantitativo di acqua potabile erogata, sono rispettivamente 170 e 400 lire al metro cubo. Il sistema di tariffazione degli scarichi industriali invece rimase quello originario, ma sempre nel 1981 si stabilì di affidare alle Regioni il compito di determinare il limite massimo e minimo delle singole tariffe relative alle diverse categorie di utenti (art. 17-bis introdotto con d.l. n. 38/81). Cfr. per questo il punto 5 del par. 1 del cap. 4. Il quadro tariffario e finanziario della legge n. 319/76 prevede inoltre: - il rispetto, a proprie spese, delle norme di accettabilità degli scarichi stabilite al titolo IV da parte di coloro che non si avvalgono degli impianti pubblici; - il pagamento di un’imposta transitoria, valida fino all’attivazione degli impianti privati e pubblici per il conseguimento degli obiettivi finali di risanamento degli scarichi, da parte di tutti i complessi produttivi legittimati a raggiungere gradualmente i suddetti obiettivi (anche in aggiunta al canone dell’art. 16 in caso di scarichi afferenti ad impianti collettivi pubblici); - la possibilità per le Regioni di erogare contributi in conto interessi e in conto capitale ai Comuni e ai Consorzi intercomunali (art. 19) nonché alle imprese con impianti già in servizio alla data del 1 gennaio 1975. Cfr. Paolo Peruzzi, Le tariffe dei servizi idrici, cit. p. 9. Cfr. Legge n. 153 del 23 aprile 1981. Il fatto che l’adeguamento dei canoni sia avvenuto attraverso leggi per la finanza locale o finanziarie fa supporre che la motivazione di tali adeguamenti sia nata più dall’esigenza di finanziare genericamente la spesa pubblica che non da considerazioni circa la corrispondenza tra l’evoluzione del costo del servizio e l’adeguatezza della tariffa. Bisogna comunque precisare che per alcune imprese idriche i canoni massimi imposti possono essere inferiori ai costi per la fornitura del servizio attribuibili a ciascun utente e, quindi, non consentendo una copertura del costo complessivo sostenuto, possono provocare dei disavanzi di gestione. L’applicazione del canone al 100% dell’acqua potabile erogata è una norma che risale all’inizio del 1996. In precedenza i canoni di fognatura e depurazione venivano applicati all’80% del volume di acqua prelevata. Questo potere delle Regioni di fissazione del limite non solo superiore ma anche inferiore dei canoni sembra, come nel caso precedente, strettamente correlato alla necessità di copertura della spesa pubblica. Cfr. Maria Grazia Colombo, La struttura tariffaria dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, cit., pp. 5-7. La nuova legge sulla acque (l. 36/94), all’art. 14, comma 4, prevede che la quota di tariffa relativa alle utenze industriali vada calcolata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e, all’art. 32, abroga l’art. 17-bis. Successivamente, però, l’art. 7 del “Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, emanato con d.m. 1° agosto 1996, introduce qualche elemento di incertezza. Esso, infatti, conferma il sistema in vigore, cioè quello previsto dall’art. 17-bis, che la l. 549/95 aveva nel frattempo fatto rivivere. Il successivo d.lgs. 152/99 abroga poi esplicitamente l’intera l. 319/76, anche se con l’art. 62, comma 5, vengono limitati gli effetti abrogativi per l’art. 17 che sarebbe dovuto restare in vigore fino al momento dell’applicazione della tariffa del servizio idrico “di cui agli articoli 13 e seguenti della legge 5 gennaio 1994, n. 36”. Il recente d.lgs. 258/2000 sembra aver fatto chiarezza, poiché con l’art. 24 sopprime il comma 5 dell’art. 62 mentre con l’art. 16, commi 3 e 6, conferma che alle acque reflue si applica la tariffa prevista dall’art. 14 della l. 36/94. A questo punto, il richiamo dell’art. 7 del Metodo alla legislazione vigente non consente però il collegamento a norme appositamente predisposte. In pratica, comunque, fino all’adeguamento del Metodo o fino all’emanazione di un d.m. modificativo del Metodo stesso, resta in vigore il sistema attuale per cui la tariffa va determinata ancora sulla base dei provvedimenti regionali antecedenti all’abrogazione dell’art. 17-bis da parte dell’art. 32 della l. 36/94. In ogni caso, anche se le regioni avessero emanato provvedimenti successivi all’entrata in vigore della l. 36/94, questi andrebbero considerati vigenti vista la confusione normativa ingenerata dal Metodo e dalla l. 549/95. Per un approfondimento su questo tema e per un’analisi della formula per la determinazione della tariffa per le acque ad uso industriale, vedi Comitato per Vigilanza sull’uso delle risorse idriche, Documento di consultazione sulla revisione del Metodo normalizzato per la tariffazione del servizio idrico, Roma, novembre 2001, pp. 33-35. l’ente responsabile dell’acquedotto deve definire gli scaglioni di consumo: fascia di consumi essenziali Va a cui applicare la tariffa agevolata ta lo scaglione dei consumi di base (Vi − Va) a cui applicare la tariffa base tb; le fasce dei consumi eccedenti i precedenti (Sn ) a cui applicare le tariffe crescenti pn Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La determinazione della tariffa di fognatura e depurazione La L. n. 319/76, al primo comma dell’articolo 16 stabilisce che “ per i servizi relativi alla raccolta, l’allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto (…), è dovuto agli enti gestori dei servizi da parte degli utenti il pagamento di un canone secondo apposita tariffa”. Il d.p.r. del 1977 indica le formule da applicare per il calcolo delle due tariffe distinte per usi civili ed industriali; La L. 153/81 modifica il sistema per gli scarichi civili prevedendo delle quote fisse da applicare inizialmente all’80% dell’acqua erogata e poi dal 1996 al 100%. Legge 10 maggio 1976, n. 319 D.p.r. 24 maggio 1977 Legge n. 153 del 23 aprile 1981 Il sistema tariffario del settore fognature e depurazione trova la sua fonte normativa, in Italia, nella legge 10 maggio 1976, n. 319 “Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”, che stabilisce per gli scarichi degli insediamenti produttivi limiti di accettabilità al conseguimento dei quali viene subordinata l’autorizzazione allo scarico. Questa legge, al primo comma dell’articolo 16 (così sostituito dall’articolo 3 del d.l. 28 febbraio 1981, n. 38 convertito con modifiche nella legge 23 aprile 1981, n. 153 e non modificato per effetto dell’entrata in vigore della nuova legge sulle acque) stabilisce che “per i servizi relativi alla raccolta, l’allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto provenienti dalle superfici e dai fabbricati privati e pubblici, ivi inclusi stabilimenti e opifici industriali, a qualunque uso adibiti, è dovuto agli enti gestori dei servizi da parte degli utenti il pagamento di un canone o diritto secondo apposita tariffa”. La tariffa in questione è formata dalla somma di due parti, corrispondenti rispettivamente al servizio di fognatura e a quello di depurazione (art. 16, comma 2). Qualora questi servizi siano gestiti da enti diversi da quello che gestisce il servizio di acquedotto, il canone è pagato da quest’ultimo ente con obbligo di rivalsa nei confronti dell’utente. La legge, nella sua impostazione originale, stabilì che un Comitato di Ministri, integrato dal Ministro delle finanze, doveva predisporre le formule tipo per la determinazione del canone e l’applicazione della tariffa. Questa nella sua prima parte, quella relativa alla fognatura, doveva essere determinata in rapporto alle quantità di acqua effettivamente scaricate mentre nella parte relativa alla depurazione doveva essere calcolata in rapporto alla quantità e qualità delle acque scaricate. Le formule da applicare, distinte per le acque provenienti da utilizzazioni per usi civili e per quelle provenienti da utilizzazioni per usi industriali, vennero pubblicate nel d.p.r. 24 maggio 1977 e costituivano la base per l’elaborazione, da parte delle Regioni, delle singole tariffe per le diverse categorie di utenti, con determinazione dei massimali vincolanti per gli enti erogatori dei servizi. Nel 1981 il sistema di tariffazione degli scarichi civili fu modificato: nella determinazione della tariffa relativa alla depurazione venne escluso il riferimento alla qualità dell’acqua scaricata e il precedente meccanismo venne sostituito da un importo fisso sia per il canone di fognatura che per il canone di depurazione che, determinato nel limite massimo da leggi finanziarie o leggi in materia di finanza locale, veniva assimilato ad un’imposta e perdeva qualsiasi relazione con i costi sostenuti per la fornitura del servizio. Al momento attuale i limiti massimi dei canoni di fognatura e depurazione dell’utenza civile, da applicare al 100% del quantitativo di acqua potabile erogata, sono rispettivamente 170 e 400 lire al metro cubo. Il sistema di tariffazione degli scarichi industriali invece rimase quello originario, ma sempre nel 1981 si stabilì di affidare alle Regioni il compito di determinare il limite massimo e minimo delle singole tariffe relative alle diverse categorie di utenti (art. 17-bis introdotto con d.l. n. 38/81). Cfr. per questo il punto 5 del par. 1 del cap. 4. Il quadro tariffario e finanziario della legge n. 319/76 prevede inoltre: - il rispetto, a proprie spese, delle norme di accettabilità degli scarichi stabilite al titolo IV da parte di coloro che non si avvalgono degli impianti pubblici; - il pagamento di un’imposta transitoria, valida fino all’attivazione degli impianti privati e pubblici per il conseguimento degli obiettivi finali di risanamento degli scarichi, da parte di tutti i complessi produttivi legittimati a raggiungere gradualmente i suddetti obiettivi (anche in aggiunta al canone dell’art. 16 in caso di scarichi afferenti ad impianti collettivi pubblici); - la possibilità per le Regioni di erogare contributi in conto interessi e in conto capitale ai Comuni e ai Consorzi intercomunali (art. 19) nonché alle imprese con impianti già in servizio alla data del 1 gennaio 1975. Cfr. Paolo Peruzzi, Le tariffe dei servizi idrici, cit. p. 9. Cfr. Legge n. 153 del 23 aprile 1981. Il fatto che l’adeguamento dei canoni sia avvenuto attraverso leggi per la finanza locale o finanziarie fa supporre che la motivazione di tali adeguamenti sia nata più dall’esigenza di finanziare genericamente la spesa pubblica che non da considerazioni circa la corrispondenza tra l’evoluzione del costo del servizio e l’adeguatezza della tariffa. Bisogna comunque precisare che per alcune imprese idriche i canoni massimi imposti possono essere inferiori ai costi per la fornitura del servizio attribuibili a ciascun utente e, quindi, non consentendo una copertura del costo complessivo sostenuto, possono provocare dei disavanzi di gestione. L’applicazione del canone al 100% dell’acqua potabile erogata è una norma che risale all’inizio del 1996. In precedenza i canoni di fognatura e depurazione venivano applicati all’80% del volume di acqua prelevata. Questo potere delle Regioni di fissazione del limite non solo superiore ma anche inferiore dei canoni sembra, come nel caso precedente, strettamente correlato alla necessità di copertura della spesa pubblica. Cfr. Maria Grazia Colombo, La struttura tariffaria dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, cit., pp. 5-7. La nuova legge sulla acque (l. 36/94), all’art. 14, comma 4, prevede che la quota di tariffa relativa alle utenze industriali vada calcolata sulla base della qualità e della quantità delle acque reflue scaricate e, all’art. 32, abroga l’art. 17-bis. Successivamente, però, l’art. 7 del “Metodo normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, emanato con d.m. 1° agosto 1996, introduce qualche elemento di incertezza. Esso, infatti, conferma il sistema in vigore, cioè quello previsto dall’art. 17-bis, che la l. 549/95 aveva nel frattempo fatto rivivere. Il successivo d.lgs. 152/99 abroga poi esplicitamente l’intera l. 319/76, anche se con l’art. 62, comma 5, vengono limitati gli effetti abrogativi per l’art. 17 che sarebbe dovuto restare in vigore fino al momento dell’applicazione della tariffa del servizio idrico “di cui agli articoli 13 e seguenti della legge 5 gennaio 1994, n. 36”. Il recente d.lgs. 258/2000 sembra aver fatto chiarezza, poiché con l’art. 24 sopprime il comma 5 dell’art. 62 mentre con l’art. 16, commi 3 e 6, conferma che alle acque reflue si applica la tariffa prevista dall’art. 14 della l. 36/94. A questo punto, il richiamo dell’art. 7 del Metodo alla legislazione vigente non consente però il collegamento a norme appositamente predisposte. In pratica, comunque, fino all’adeguamento del Metodo o fino all’emanazione di un d.m. modificativo del Metodo stesso, resta in vigore il sistema attuale per cui la tariffa va determinata ancora sulla base dei provvedimenti regionali antecedenti all’abrogazione dell’art. 17-bis da parte dell’art. 32 della l. 36/94. In ogni caso, anche se le regioni avessero emanato provvedimenti successivi all’entrata in vigore della l. 36/94, questi andrebbero considerati vigenti vista la confusione normativa ingenerata dal Metodo e dalla l. 549/95. Per un approfondimento su questo tema e per un’analisi della formula per la determinazione della tariffa per le acque ad uso industriale, vedi Comitato per Vigilanza sull’uso delle risorse idriche, Documento di consultazione sulla revisione del Metodo normalizzato per la tariffazione del servizio idrico, Roma, novembre 2001, pp. 33-35. Riferimenti normativi tariffa di fognatura e depurazione Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Il regime tariffario del SII Si contemplano due ipotesi: 1) se l’affidamento del servizio idrico non è avvenuto, si applicano i criteri previsti dal Metodo Transitorio CIPE-NARS (Nucleo di consulenza per l’attuazione e regolazione servizi di pubblica utilità Del. Cipe n. 65/96) 2) se l’affidamento del servizio idrico integrato è stato effettuato, si applica il Metodo Normalizzato (DM LL. PP. 1/08/96) Il metodo CIPE L’aggiornamento Proposta di revisione del metodo normalizzato Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Impiego MTN e Cipe Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011 Elaborazioni proprie su dati CNEL 2007 Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Il metodo CIPE 1 Tn = Tn-1 ≤ (1 + P - x + q + K) Cipe 18 dicembre 1997, n. 259 Cipe 131/2002 Linee guida Nars Tn = Tn-1 ≤ (1 + P - x + q + K) C n + A n+ R n = C n-1 + A n-1 + R n-1 ≤ (1 + P - X + q + K ) aumenti tariffari coerenti con inflazione (P) incentivo ai guadagni di produttività (X) premio alla qualità “esplicita” (q) stimolo agli investimenti per (K) Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Il metodo CIPE 2 Premio tariffario/penalizzazione 0,2% Qualità esplicita Del. Cipe 131/2002 Premio tariffario/penalizzazione +/-1% Adozione carta del servizio + Cert. ISO Qualità implicita Premio tariffario max 2% in proporzione alla quota di investimenti Investimenti finalizzati a ridurre le perdite o a realizzare strumenti di misurazione Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Il metodo CIPE 3 Del. Cipe 131/2002 Del. Cipe 117/2008 Prevede i termini per l’adeguamento tariffario 30 giugno 2003 Del. Cipe 131/2002 La tariffa vigente al 30 giugno 2002, viene adeguata sino ad un massimo dello 0.5% (pari alla differenza tra il tasso di inflazione programmato 1,7% ed il tasso di crescita obiettivo della produttività 1,2%). Adeguamento tariffario 2003-2008 Del. Cipe 117/2008 ΔT= P-X +5*I Fino ad un massimo del 5% in relazione al coefficiente di interruzione del servizio Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Il metodo CIPE 4 ΔT= P-X +5*I tasso di variazione percentuale delle tariffe di acquedotto, fognatura e depurazione. P= tasso di inflazione programmata per il 2008: 1,7% X= variazione di produttività nel 2008 rispetto al 2007 I= rapporto tra investimenti realizzati e investimenti programmati nel periodo 1°luglio 2003-30 giugno 2008, rispetto al programma di investimenti approvato dall'ATO dall'ente locale competente [RO 08 /(CO 08– Cop 08)]- [RO 07/(CO 07– Cop 07)] Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
L’aggiornamento del MTN 1) Definire in maniera più adeguata le attività che fanno parte dei SII 2) Adeguata definizione delle regole che presidiano la revisione tariffaria periodica 3) Definire un nuovo sistema di articolazione tariffaria che superi i provvedimenti Cip 45 e 46/74 e 26/75 4) Conformemente alla direttiva 2000/60 CE, approntare una nuova politica tariffaria 5) Introdurre un meccanismo tariffario che risponda con penalità e premi al raggiungimento di obiettivi prefissati 6) Dare una diversa definizione degli ammortamenti per investimenti ammissibili in tariffa escludendo forme di ammortamento più brevi rispetto alla vita utile degli asset 7) Una più precisa definizione dei meccanismi per incentivare il gestore all’efficienza Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La revisione del metodo normalizzato 1 1) OBIETTIVO Definizione più adeguata del servizio idrico MOTIVAZIONE Evitare che l’utente del SII sussidi altre attività del gestore Presente nella proposta di aggiornamento del Conviri e già contenuta nella PRMTN L’art. 1 lett. t, PRMTN fornisce una definizione più analitica delle attività da ricomprendere nel SII REVISIONE Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La revisione del metodo normalizzato 2 2) OBIETTIVO Adeguata definizione delle regole che presidiano la revisione tariffaria periodica MOTIVAZIONE Rispetto del disincentivo a vendere più acqua; trasferire il recupero dell’efficienza all’utente; Legare in modo più diretto gli incrementi tariffari al miglioramento delle prestazioni del gestore Presente nella proposta di aggiornamento del Conviri e già contenuta nella PRMTN L’art. 21 comma 1 e 2 PRMTN stabilisce una prima revisione dopo 3 anni e le successive ogni 5 cosicchè l’allungamento dei tempi consenta di incentivare maggiormente il gestore spingendolo ad operare con maggiore efficienza per appropriarsi del margine costi- ricavi REVISIONE Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La revisione del metodo normalizzato 3 3) OBIETTIVO Definire un nuovo sistema di articolazione tariffaria che superi i provvedimenti Cip 45 e 46/74 e 26/75 Rendere più efficace la tutela degli utenti e riequilibrare le tariffe per i vari usi MOTIVAZIONE Presente nella proposta di aggiornamento del Conviri e già contenuta nella proposta di revisione del MTN Coviri (2002) Artt. 13, 14, 15 PRMTN propongono una definizione delle utenze oggetto di articolazione tariffaria; i proventi annuali derivanti dall’articolazione devono corrispondere ai costi totali; la tariffa è binomia; le tariffe variabili sono costituite da una tariffa base e da una di penalizzazione applicata al consumo superiore ad un ammontare prefissato (calcolato sulla base del consumo medio); eliminazione della tariffa agevolata e introduzione dell’ISEE. REVISIONE Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
La revisione del metodo normalizzato 4 4) OBIETTIVO Conformemente alla direttiva 2000/60 CE, approntare una nuova politica tariffaria Raggiungere nel SII gli obiettivi indicati nella direttiva (full cost pricing) MOTIVAZIONE Presente nella proposta di aggiornamento del Conviri e già contenuta nella PRMTN Art. 3 comma 1 Tariffa di riferimento e dinamica tariffaria; Art. 8 Costi operativi; Art. 9 Ammortamenti; Art. 10 Remunerazione del capitale investito; Art. 11 Canone di concessione. REVISIONE Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Tariffa di riferimento e dinamica tariffaria il canone di concessione ha una indicazione separata al di fuori dei costi operativi Tn = C n + A n +R n + CC n Quote annuali di interesse NUOVA COMPONENTE Rimborso capitale di debito sui cespiti conferiti in uso al gestore Remunerazione delle opere realizzate in autofinanziamento dalle società di capitali e/o aziende speciali preesistenti al gestore Tale quota è determinata riconoscendo al capitale investito in autofinanziamento le quote di ammortamento e remunerazione previste dalla PRMTN Canone di concessione Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Costi operativi Tn = C n + A n +R n + CC n L’art. 8 presenta una migliore elencazione delle voci del conto economico che compongono la componente tariffaria dei C n Tn = C n + A n +R n + CC n Viene introdotta la voce B10d svalutazione attivo circolante e dei crediti a breve NUOVA DEFINIZIONE Comprende gli accantonamenti e le svalutazioni dei crediti commerciali e diversi iscritti nell’attivo circolante C n deve essere stimata al netto dei costi capitalizzati e dei costi dei materiali per costruzioni in economia I costi capitalizzati sono quei costi sostenuti dall’impresa all’interno dell’esercizio che però vengono portati all’attivo dello stato patrimoniale e non all’interno del conto profitti e perdite in quanto non di competenza esclusiva dell’esercizio Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Ammortamenti 1 6) OBIETTIVO MOTIVAZIONE Diversa definizione degli ammortamenti per investimenti ammissibili in tariffa escludendo forme di ammortamento più brevi rispetto alla vita utile degli assets MOTIVAZIONE Evitare forme di ammortamento che comportano incrementi tariffari, iniquità intergenerazionale e contribuire al contenimento delle tariffe Presente nella proposta di aggiornamento del Conviri e già contenuta nella PRMTN Previsione del MTN esclusa dalla PRMTN L’ art. 69 del DPR 22 dicembre 1986 n. 917 prevede al comma 1, per i beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione, in luogo dell'ammortamento di cui agli artt. 67 e 68, la deduzione di quote costanti di ammortamento finanziario. Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Ammortamenti 2 La PRMTN non consente né ammortamenti anticipati né finanziari La stima degli A dipende dalla nozione impiegata: Ammortamento economico: come è cambiato rispetto al periodo precedente il valore del bene capitale? Ammortamento finanziario o contabile: come allocare il costo di un bene capitale sull’arco della sua vita? La seconda nozione è solitamente impiegata e si basa sul costo storico del bene Ogni anno della vita utile del bene verrà gravato di una quota di A, commisurata alla contribuzione che il bene apporta alla produzione in tutti gli anni della sua vita utile, quota dedotta dal prezzo originale di acquisto: Bene z (costo )= 20000 Vita utile = 5 A lineare = 20000/5 = 4000 Il valore del bene diminuirà nello Stato Patrimoniale ogni anno di questa quota Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Ammortamenti 3 Esclusa a causa dei problemi di asimmetria informativa Nozione economica di ammortamento Gli assets valutati al prezzo di acquisto dovrebbero essere rivalutati ai costi di rimpiazzo (impiegando i prezzi di mercato ai quali è possibile comprare assets equivalenti) In tal modo sarebbe possibile riflettere gli aumenti di efficienza dei nuovi capitali rispetto ai vecchi L’ A dovrebbe riflettere il costo atteso nei costi di rimpiazzo L’impiego dell’ammortamento contabile offre risultati accettabili finché il costo storico del bene non si allontana troppo dal valore funzionale dello stesso, cose che accade molto di frequente nei servizi infrastrutturali: Beni con vita fisica molto lunga Scarto tra epoca di acquisto e impiego I costi storici diventano simbolici e inferiori al valore funzionale Obsolescenza della tecnologia Valutazione difficile di quei beni come acquedotti o dighe che se mantenuti in efficienza restano in perpetuo Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Ammortamenti ed effetti distorsivi L’ammortamento finanziario non rappresenta adeguatamente il valore del bene: HP 1): Se il valore di rimpiazzo cresce progressivamente nel tempo la sopravalutazione del reddito che ne deriva può portare alla distribuzione di risorse solo apparentemente disponibili, continuando a distribuire dividendi l’azienda alla fine non sarà in grado di ricomprare il bene equivalente; HP 2): Se il costo di rimpiazzo è progressivamente inferiore al costo storico manterrebbe intatto il capitale, ma porterebbe ad una sovrastima dei costi di produzione. SOLUZIONE LETTERATURA ECONONOMICA Approccio Capital Maintenance SOLUZIONE PRMTN Sostituire il costo storico degli assets con il loro valore di rimpiazzo Non esplicitata Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Remunerazione del capitale investito 1 R = Reddito operativo/Capitale investito R= R – C/ Immobb materiali e immateriali - A R = CIn*r R= (V0 + V1)/2 Il valore della remunerazione del capitale investito è desunto dal piano d’ambito (art. 22 PRMTN) come media dei valori del capitale inziale e finale dell’esercizio r (tasso di remunerazione del capitale) r = 7% è al loro delle tasse al netto equivale circa al 4% r = 7% (MTN) r = Interest Rate Swap a 15 anni + 3,5% Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Remunerazione del capitale investito 2 Tasso del 7% Tariffe insufficienti a generare flussi di cassa aggiuntivi per finanziare gli investimenti le nuove opere devono essere coperte con apporto del capitale di rischio da parte di azionisti o a debito mediante prestiti bancari Recupero al lordo degli oneri finanziari del capitale preso a prestito r = Interest Rate Swap a 15 anni + 3,5% Tasso del 4% gli elementi della domanda aggregata (Investimenti, Consumi) sono influenzati soprattutto da variazioni dei tassi reali di lungo periodo: questo perchè gli imprenditori prendono a prestito a lungo periodo al fine di non trovarsi nella spiacevole condizione di restituire denaro alle banche in una fase in cui il loro progetto non ha ancora dato i frutti sperati. Una impresa può essere interessata ad un contratto IRS per eliminare l'incertezza di un debito contratto a tassi variabili (operazione di copertura). Una azienda che stipula un interest rate swap, preferisce avere la certezza di quanto dovrà pagare per motivi di politica aziendale ovvero perché ipotizza un rialzo dei tassi. Lo scopo della banca è invece quello di incrementare i propri profitti, ottiene infatti subito un incremento di profitti derivante dalla intermediazione del prodotto derivato. Gli swap sono contratti a termine; essi prevedono lo scambio a termine di flussi di cassa, calcolati con modalità stabilite alla stipulazione del contratto. Questo sistema può permettere di annullare il rischio connesso per esempio alle fluttuazioni dei tassi di interesse o di cambio. L'interest Rate Swap è il contratto swap più diffuso, con il quale due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti, applicati ad un capitale nazionale. Da sottolineare che non c'è scambio di capitali, ma solo di flussi corrispondenti al differenziale fra i due interessi (di solito uno fisso ed uno variabile). Swap è un contratto a termine acquirente si obbliga a pagamenti a tasso fisso e riceve quelli a tasso variabile Le aziende scelgono IRS per eliminare l'incertezza di un debito contratto a tassi variabili Risulta basso e poco attraente per il capitale di rischio Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Miglioramento dell’efficienza 1 Una più precisa definizione dei meccanismi per incentivare il gestore all’efficienza 7) OBIETTIVO Consentire il trasferimento di almeno una parte del miglioramento di efficienza all’utente sotto forma di riduzione o minor incremento delle tariffe MOTIVAZIONE Vincoli all’incremento tariffario annuale previsti nella PRMTN (C n + A n +R n ) ≤ C n-1 + A n-1 +R n-1 *(1+ P n + K n – X n) [1] Tn ≤ T n -1 * (1 + P + K n) [2] Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Miglioramento dell’efficienza 2 (C n + A n +R n ) ≤ (C n-1 + A n-1 +R n-1 )*(1+ P n + K n – X n) [1] Applicato su tutti i costi operativi eccetto CC n Prevede che la somma delle componenti di costo non deve incrementare più di (1+ P n + K n – X n) Nel MTN il miglioramento dell’efficienza era inteso come riduzione dei costi operativi secondo coefficienti determinati sulla base dello scostamento tra COP e COR La funzione di X (coeff. di riduzione) è abbattere la crescita di K consentita alle componenti C+A+R Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Miglioramento dell’efficienza 3 Si può scegliere su quali variabili agire per rispettare il vincolo posto effetti a) Riduzione dell’ammontare di C, A, R, riconosciuti al gestore si realizza quanto previsto già dal MTN ipotesi b) Applicazione del meccanismo di modulazione temporale della tariffa può apportare vantaggi all’utente Si possono in tal modo consentire aumenti della tariffa nei primi anni per finanziare investimenti futuri o aumenti della tariffa di riferimento degli anni futuri per investimenti effettuati nei primi anni e privi della relativa copertura tariffarua Art. 4 L’ambito può adottare un meccanismo finanziario che consenta di modulare nel tempo la tariffa rispetto alla dinamica degli investimenti al fine di ridurre nel tempo, sempre nel rispetto del limite di prezzo, le variazioni della tariffa Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Miglioramento dell’efficienza 4 Tn ≤ T n -1 * (1 + P + K n) [2] (C n + A n +R n + CC n ) ≤ (C n-1 + A n-1 +R n-1 +CC n )*(1+ P n + K n ) Il vincolo 2 prevede che tutte le componenti tariffarie comprese i CC non devono variare da un anno all’altro più della componente definita al secondo termine dell’equazione Aggiunge alla stessa formula il vincolo dell’incremento dei costi anche per i nuovi costi di concessione Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011
Riferimenti Legge Galli n. 36/94 DM 1° agosto 1996 CONVIRI, Aggiornamento del MTN , Roma 25 gennaio 2008 COVIRI, Proposta di revisione del MTN, Roma 23 maggio 2002 Anea, Revisione al MTN, Roma maggio 2005 Anea, La tariffa del servizio idrico integrato, Note tecniche sulla regolazione, 01/08 Anea, La stima della domanda, i volumi erogati, le articolazioni tariffarie, i ricavi pregressi, i volumi previsti nella nuova articolazione tariffaria, Note tecniche sulla regolazione, 03/08 Provvedimenti CIP 45 46/1974 Provvedimento CIP 26/75 Delibera CIPE 131/2002 Delibera CIPE 117/2008 Dott.ssa Roberta Murino 14 aprile 2011