SEMINARIO DI STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO Prof

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SEMINARIO DI STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO Prof SEMINARIO DI STORIA DEL PENSIERO ECONOMICO Prof. Alfonso Sanchez Hormigo Accumulazione, sviluppo economico e squilibri nel capitalismo II Semestre A.A. 2005-2006 2002 - Facoltà di Scienze Politiche

LA DISINTEGRAZIONE DELL’ECONOMIA CLASSICA NELL’EPOCA DI RICARDO I RICARDIANI, IL RICARDISMO E LA TRADIZIONE CLASSICA

L’EPOCA DEL RICARDISMO 1815-1848 IL PENSIERO ECONOMICO è DOMINATO DALLA FIGURA DI David Ricardo Ciò non significa ortodossia dominante, ma piuttosto epoca di turbolenza ideologica Certo però nessun economista potè ignorare il suo pensiero

Emergono tre grandi gruppi di economisti inglesi: 1. i ricardiani 2. i socialisti ricardiani 3. la reazione antiricardiana Sono tre orientamenti che raggruppavano economisti con idee eterogenee.

I RICARDIANI Seguaci autentici: James Mill(1773-1836) che produsse una sintesi della dottrina ricardiana e cooperò per il suo consolidamento; John Ramsey McCulloch (1789-1864) Thomas de Quincey (1785-1859) The Logic of Political economy (1844) Robert Torrens (1780-1864)

Disaccordo tra di essi sul tema della teoria del valore (Essay on the Production of Wealth 1822): inutilità della teoria del valore assoluto. Il valore di scambio dipende dai costi di produzione. Punti di vista: 1) il ricardismo come parentesi nella ortodossia della scienza economica delimitata alla prima metà del XIX sec. in Inghilterra;

2) una deviazione dal percorso iniziale dalla Ricchezza delle Nazioni (specialmente a partire dalla teoria dell’equilibrio competitivo di Smith); Sviluppo impedito dall’accumulazione capitalista ma successivamente ripristinato dalla teoria economica socialista.

LA REAZIONE ANTIRICARDIANA Punto di partenza: il rifiuto della utilizzazione socialista delle teorie ricardiane del valore e della distribuzione Alcuni di essi divennero precursori degli economisti neoclassici: 1) Samuel Bailey (1791-1870), A critical dissertation on the Nature, Measure and Causes of Value (1825) attaccò l’idea del valore assoluto. Esistono solo valori relativi che spiegano la relazione quantitativa in cui si scambiano due beni; il valore di un bene non è altro che la valutazione che i soggetti gli conferiscono.

Nassau Willam Senior (1790 – 1864): il valore dipende tanto dalle condizioni dell’offerta quanto da quelle della domanda. Le seconde le riferì all’utilità dei beni (1836) “L’utilità marginale fluttuava nell’ambiente” (S.Y.Z.) R.Whately e W.Forster Lloyd esagerarono in questa direzione. Quest’ultimo è finito con l’essere indicato come l’inventore dell’utilità marginale: “La domanda dei beni dipendendo dalla soddisfazione da essi procurata, varierà al variare della quantità di beni di cui si dispone”. Dietro questi intenti emergeva il rifiuto della teoria del valore-lavoro. Questa era divenuta, nelle mani dei socialisti, un’arma politica (con esso si rifiutava la teoria “residuale” del profitto)

Samuel Read e George Poulette Scrope condannarono la teoria del valore-lavoro come base della teoria dello sfruttamento. Il profitto era una rendita legittima attraverso cui remunerare il capitalista. Senior: il profitto come premio al sacrificio del capitale messo a disposizione della produzione (la teoria della “astinenza”, punto di partenza di tutte le teorie neoclassiche del capitale). Il lavoro e la terra, uniche forze produttive originarie. L’impiego del capitale fa aumentare la produttività dei due fattori. Però per fornire il capitale c’è bisogno di un sacrificio. Tale sacrificio costituisce un terzo “principio produttivo”: la astinenza causata dal risparmio. Il profitto è la sua remunerazione. In tal modo il livello del profitto dipendeva dal “periodo medio di anticipazione del capitale”.

Due spiegazioni Una di natura psicologica; L’altra di natura tecnologica: la misura in cui l’investimento contribuisce ad aumentare l’efficienza produttiva dei fattori. Linea seguita da Samuel Mountifort Longfield: il profitto remunera l’efficienza del capitale. La teoria neoclassica integrerà le due visioni: la teoria psicologica spiegherà l’offerta di capitale, la teoria tecnologica spiegherà la domanda di capitale.

Le teorie dell’armonia economica e la sintesi milliana 1848: sconfitta delle rivoluzioni. Il capitale fa il suo gran balzo in avanti. 1850-1870: l’era del capitale. Alcune diversità dei capitalismi industriali: Epoca di grandi infrastrutture (Canale di Suez, Ferrovie); Libertà di commercio; I movimenti sindacali ottennero alcune conquiste; Gli economisti formularono teorie relative all’armonia economica (F. Bastiat, H.Ch.Carey, che nel 1840 divenne protezionista, F.Ferrara, J.E.Cairnes, H.Fawcett); Difensori della concorrenza (libero scambio) - antistatalisti, - antisocialisti. Il più importante economista dell’era del capitale: John Stuart Mill (1806 – 1873)

Socialisti ricardiani e affini Owen: Movimento cooperativo in Inghilterra 1820: movimento sindacale: cartismo Autori vicini al movimento owenista (socialisti ricardiani): W. Thompson, J.Gray, J.F.Bray Aggiungere 2 autori: Thomas Hodgskin (anarchico) e Piercy Ravenston (tradizionalista)

Aspetti teorici comuni determinati dall’impianto ricardiano: Teoria del valore-lavoro; Particolare interpretazione della teoria giusnaturalista della proprietà. Diritto naturale: diritto di disporre del valore del lavoro. Fondamento di una teoria dello sfruttamento dei lavoratori. Società naturale versus società reale. Il sistema capitalista non possiede il carattere di “naturalità” che pretendevano attribuirgli Locke e Smith. Al contrario, un sistema artificiale basato sulla negazione del diritto naturale: il diritto del lavoratore al prodotto del proprio lavoro.

Sottolinearono il ruolo della concorrenza nel mercato del lavoro come forza che esercita una pressione verso il basso dei salari; Teoria del valore e della distribuzione. Hodgskin ha fatto la distinzione tra: - prezzo naturale (in termini di lavoro contenuto); - prezzo sociale (che vige nella società: il lavoratore non riceve tutto il prodotto del suo lavoro ) è il prezzo di produzione in termini di lavoro comandato. Un autore anonimo (1821) “An Inquiry into those Principles respecting the nature of Demand and Necessity of Consumption” intervenne nel dibattito Malthus-Ricardo sulla possibilità di sovrabbondanza.

Contro Ricardo, i processi di adeguamento attraverso cui la concorrenza corregge gli scambi lungo le vie del commercio non sono automatici; generano lunghi periodi di inattività. Inoltre, il sistema creditizio aggrava le fluttuazioni. La contrazione del credito da parte delle banche determina un δ di inversione, produzione e impiego.

Richard Jones, contemporaneo dei socialisti ricardiani (né socialista, né ricardiano) - criticò il metodo aprioristico di Ricardo. Bisogna basare le generalizzazioni teoriche osservando i fatti storici. Ricardo aveva generalizzato leggi la cui validità storica è limitata. - l’economia politica come “anatomia economica” delle società oggetto di studio: la struttura di classe e i modelli istituzionali che sono alla base della produzione e alla distribuzione del reddito nelle società storicamente determinate. - la società capitalista come una fase in più nella evoluzione della società industriale caratterizzata dal fatto che in essa i lavoratori dipendono da una classe di imprenditori che li remumera con un anticipo di capitale. Marx dedicò un capitolo intero alle sue teorie sul plusvalore. Tutti questi fattori furono rimodellati dal pensiero di Marx per dare luogo al materialismo storico.

L’accumulazione originaria di capitale Nel capitolo 24 del “Capitale”, Marx elabora uno dei concetti chiave per comprendere la genesi e lo sviluppo del capitalismo. Marx studiò il modello di industrializzazione inglese e concluse che l’accumulazione originaria di capitale era il prerequisito fondamentale per il decollo (take-off) del capitalismo. L’accumulazione originaria o primitiva di capitale consiste nella formazione, durante un lungo periodo in cui i redditi provengono dall’agricoltura e dal commercio, che permettano di far fronte agli investimenti necessari allo sviluppo industriale. Una sua fondamentale precondizione è costituita dal processo storico di separazione dei lavoratori dagli strumenti di produzione che si verifica in Inghilterra nei secoli XV – XVII Durante questo periodo si concluse un processo di espropriazione e concentrazione di terra, accumulando ricchezze in poche mani che finanziarono lo sviluppo industriale.

Con esso si produce una espulsione dei contadini che si trasferirono nelle città in cerca di lavoro, per cui si generalizzò un processo di proletarizzazione della manodopera dando luogo alla costituzione di “un esercito industriale di riserva” che permetterà all’industria di disporre di manodopera remunerata con salari di sussistenza e alla genesi di ricavi eccedenti sotto forma di plusvalore. Accanto a questo processo, e parallelamente, si produce un altro processo di accumulazione nelle attività commerciali tramite il meccanismo del commercio coloniale: lo sfruttamento, da parte delle metropoli che attraevano le materie prime dalle colonie perché fossero trasformate al loro interno, esportando nuovamente i beni (anche nelle stesse colonie di provenienza delle materie prime), lasciando, nella metropoli, tutto il valore aggiunto nel corso del processo.

Questo processo di accumulazione dell’agricoltura e del commercio, insieme alla eliminazione della struttura istituzionale di natura feudale, e la conseguente generazione di manodopera libera per l’industria, è ciò che rese possibile il take-off della rivoluzione industriale in Inghilterra. Conviene fare alcune precisazioni: il modello di accumulazione originaria Marx lo studiò nel caso inglese; ciò suppone che ci possano essere paesi in cui il processo non si sia realizzato nella medesima forma.

A.Gerschenkron ha studiato come nei paesi in cui non si realizza il modello inglese, si produce una accumulazione tardiva provocata da altri fattori. Questi fattori sono: le banche, lo Stato, il capitale straniero, e agiscono a volte combinandosi, anche se in prima istanza agisce sempre uno di essi. Si può osservare come nei paesi meno sviluppati è lo Stato che svolge il ruolo accennato; al contrario, nei paesi relativamente più sviluppati, tale ruolo è svolto dalla banca; e, infine, nei paesi con un livello intermedio di sviluppo, è il capitale straniero che svolge tale ruolo in prima istanza (caso spagnolo).

Teoria del valore Si fonda inizialmente su Ricardo per cui il lavoro è la fonte del valore: “il lavoro è l’unico agente produttivo e la fonte di ogni valore”; I beni capitale sono lavoro incorporato. Precisazioni nel passaggio da Ricardo a Marx: superamento del problema dell’omogeneizzazione della manodopera mediante l’introduzione del concetto di “tempo di lavoro necessario per la produzione”, la riproduzione di un bene in particolare è ciò che determina il valore della forza-lavoro necessario per fornire i mezzi di sussistenza alla manodopera e per mettere la sua sostituzione nella generazione seguente; Le differenze nella remunerazione dei salariati si regolano attraverso un altro tipo di lavoro incorporato, che sarebbe il tempo di lavoro necessario per l’addestramento dei lavoratori; Introduzione del concetto di “lavoro socialmente necessario”, non essendo prova sufficiente il fatto che un lavoro porti alla produzione di oggetti utili e tangibili. Bisognerebbe considerare le ore di lavoro socialmente necessarie, intendendo per esso il lavoro necessario per produrre un bene in condizioni normali di produzione, con il grado medio di preparazione e intensità prevalente nel periodo dato; Istituzione della produzione per lo scambio come prerequisito del valore. Nelle società precapitalistiche c’erano beni ma non mercanzie né valore.

Plusvalore (S), Capitale variabile (V), Capitale costante (C) Il punto di partenza è che il salariato deve vendere la sua forza lavoro e, ciò facendo, vende il suo tempo e accetta le condizioni imposte, perché esiste un “esercito industriale di riserva”, che suppone che la giornata di lavoro sia: 1. tempo di lavoro necessario per l’acquisizione dei mezzi di sussistenza; 2. tempo di lavoro prolungato. Nelle condizioni del sistema capitalistico, il proprietario dei mezzi di produzione obbliga il lavoratore a realizzare una giornata di lavoro completa ricevendo il salario come equivalente al tempo di lavoro necessario e appropriandosi del valore creato durante il tempo di pluslavoro, vale a dire il plusvalore (S). Marx divide il capitale in: - capitale variabile = salari, considerata la possibilità dei salari di generare plusvalore. - capitale costante = materie prime, utilizzate nel processo produttivo e le dotazioni per ammortizzare impianti e macchinari.

Nel suo modello analitico, formula tre saggi mettendo in relazione i concetti precedenti: 1. saggio di sfruttamento o plusvalore = S / V 2. saggio di composizione organica del capitale = C / V 3. saggio di profitto = S / (C + V) Marx dimostra che il saggio di profitto è decrescente e che, unito al peggioramento delle condizioni della classe lavoratrice, produrrà la crisi del capitalismo.