Lo storico e il paradigma indiziario

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Lo storico e il paradigma indiziario Storia ed errore

Carlo Ginzburg, fra Sherlok Holmes e Sigmund Freud Lo storico italiano Carlo Ginzburg in un celebre saggio del 1978 paragona il metodo investigativo di Sherlok Holmes, quello del medico e storico dell’arte ottocentesco Giovanni Morelli e quello di Sigmund Freud, accomunandoli sotto la definizione di “paradigma indiziario”.

Il “paradigma indiziario” Secondo il paradigma indiziario “la personalità va cercata là dove lo sforzo personale è meno intenso”; ad esempio nei nostri piccoli gesti inconsapevoli, nei tic, nei lapsus, che rivelano la nostra vera natura.

Il “fiuto” di Sherlok Holmes Il celebre detective inglese inventato da Conan Doyle applica un infallibile metodo indiziario basato sull’osservazione di dettagli impercettibili ai più (cenere di sigaretta, capelli, impronte sul terreno, caratteristiche rivelatrici) e sfuggiti al suo collaboratore Watson.

Il “metodo Morelli” per scoprire i falsi d’arte Per distinguere un dipinto originale da una copia – scrive Giovanni Morelli – non bisogna basarsi, come si fa di solito, sui caratteri più appariscenti e per ciò più facilmente imitabili, ma bisogna esaminare i particolari più trascurabili e meno influenzabili dallo stile e dalle caratteristiche della scuola, come i lobi delle orecchie, le unghie e le dita delle mani e dei piedi.

Cataloghi di dita e di orecchie Catalogando e classificando centinaia di particolari anatomici, apparentemente insignificanti, ma sempre presenti negli originali e non nelle copie, Morelli propose e risolse decine di nuove attribuzioni nei principali musei d’Europa. Una celebre Venere del Museo di Dresda, attribuita al Sassoferrato, fu ed esempio identificata come una delle pochissime opere autografe del Giorgione,

Freud e la scoperta dell’inconscio Analogamente Freud, dichiarato ammiratore di Morelli, basa la sua psico-analisi sull’osservazione di dettagli marginali rivelatori della personalità: il lapsus e il tic sono fattori decisivi per la scoperta dell’inconscio.

Attenzione al dettaglio Così lo storico non deve cercare la spiegazione dei fatti nel disegno generale (ammesso che ve sia uno …), ma nel dettaglio e nello scarto.

Il modello della semeiotica medica Qual è il modello comune ai tre personaggi citati da Ginzburg (tutti e tre laureati in medicina)? La semeiotica medica. Ossia la disciplina che consente di diagnosticare le malattie inaccessibili all’osservazione diretta sulla base di sintomi superficiali, a volte irrilevanti agli occhi del profano, basata sull’antico sapere congetturale capace di scoprire l’elemento rivelatore di un fenomeno, sotto la superficie.

L’indovino e il cacciatore Gli esempi più antichi di tale atteggiamento mentale sono: L’indovino che interroga le viscere degli animali e il volo degli uccelli Il cacciatore che scruta le tracce sul terreno e scopre ciuffi di pelo fra i rovi

Lo storico come il cacciatore che scruta le tracce della preda “Dietro questo paradigma indiziario o divinatorio s’intravede il gesto forse più antico della storia intellettuale del genere umano: quello del cacciatore accovacciato nel fango che scruta le tracce della preda” (C. Ginzburg)

Un sapere debole? Il sapere congetturale non ha però uno statuto disciplinare forte: non è un sistema scientifico; anzi, a tratti sconfina nell’arte e nella magia. Nel mondo antico era prerogativa dei vasai, dei falegnami, dei marinai, dei cacciatori, dei pescatori, delle donne, dei medici e degli storici.

Un mestiere che non si impara Nessuno impara il mestiere del detective, o del conoscitore, o del diagnostico, o dello storico, limitandosi a mettere in pratica regole stabilite e preesistenti. In questo tipo di conoscenza entrano in gioco elementi imponderabili: fiuto, colpo d’occhio, intuizione.

Il dilemma dello storico: O assumere uno statuto scientifico forte per arrivare a risultati conoscitivi poco rilevanti. O assumere uno statuto scientifico debole per arrivare a risultati conoscitivi rilevanti.

Due metodi di lavoro (e i loro rischi) Lo storico lascia che siano i documenti ad indicargli la via = scopre nuove fonti Il rischio è il positivismo Lo storico formula un’ipotesi e ne verifica la consistenza = esamina fonti note da un nuovo punto di vista Il rischio è l’ideologismo

I fattori di errore nel lavoro dello storico Nel 1373 il grande storico arabo Ibn Kaldum segnala sette fattori di errore nell’indagine storica. La sua riflessione può essere riproposta anche oggi.

Ibn Kaldum (1373) Sono fattori di errore nell’indagine storica: La parzialità rispetto a un credo o a un modo di pensare. L’eccesso di confidenza nelle proprie fonti d’informazione. La fallace comprensione del significato di un fatto. La credenza irriflessa nella verità (= fede cieca nell’autorità delle fonti). L’incapacità di inquadrare un avvenimento all’interno di un contesto reale, a causa della complessità della situazione. Il desiderio di conquistarsi il favore dei potenti. L’ignoranza delle leggi che governano la trasformazione della società umana.