Roman Jakobson, Aspetti linguistici della traduzione (1959) L’importanza del saggio di Jakobson è data dal tentativo di proporre una classificazione dei tipi di traduzione, che egli suddivide in intralinguistica (o riformulazione, rewording), interlinguistica e intersemiotica (quest’ultima denominata anche ‘trasmutazione’, transmutation). L’idea che per definire il significato, nell’ottica semiotica di Peirce cui Jakobson si ispira, si dovesse concepire il processo di interpretazione come una “traduzione [translation] di un segno in un altro sistema di segni” ha indotto a credere che lo stesso Jakobson si facesse interprete dell’assoluta equivalenza fra traduzione e interpretazione; ciò ha reso assai problematico stabilire quale sia il proprium della traduzione comunemente intesa, e a partire dagli anni ’90 ha dato il via a un lungo dibattito all’interno della semiotica.
Jakobson, Peirce ed Eco: un confronto Peirce: “Il significato di un segno è il segno in cui esso deve venir tradotto”; il significato, “nella sua accezione primaria, è la traduzione di un segno in un altro sistema di segni”. Lo schema che molti desumono dall'analisi di Jakobson, nel quale si considerano coestensivi i termini traduzione e interpretazione, appare come segue: Intralinguistica Riformulazione Traduzione Interlinguistica Traduzione in senso proprio Intersemiotica trasmutazione
Jakobson, Peirce ed Eco: un confronto Eco ritiene invece che Jakobson usi il concetto di traduzione in forma di sineddoche, perché vi vedeva il modo per superare la diatriba tra mentalismo e antimentalismo circa l’ubicazione del significato: egli dice perciò che è utile tenere presente in ogni analisi del significato la dimensione 'traduttiva', ma NON che interpretare e tradurre siano sempre e comunque la stessa operazione. Egli propone perciò di sostituire alle varie topologie della traduzione una classificazione delle diverse forme di interpretazione (che riassume anche le modalità della traduzione propriamente detta): 1. Interpretazione per trascrizione 2. Interpretazione intrasistemica 2.1. Intrasemiotica, all'interno di altri sistemi semiotici 2.2. Intralinguistica, all'interno della stessa lingua naturale 2.3. Esecuzione 3. Interpretezione intersistemica 3.1 Con sensibili variazioni nella sostanza 3.1.1. Interpretazione intersemiotica 3.1.2. Interpretazione interlinguistica, o traduzione tra lingue naturali 3.1.3. Rifacimento 3.2. Con mutazione di materia 3.2.1. Parasinonimia 3.2.2. Adattamento o trasmutazione
La recensione “intersemiotica” Scrivere una recensione “intersemiotica”, dedicata cioè a un volume (quasi certamente si tratterà di testi di narrativa) che ha ricevuto una trasposizione cinematografica soffermandovi sulle differenze tra testo audiovisivo e verbale prodotte dall’operazione di adattamento (cambiamenti nella struttura narrativa; esplicitazione nel testo filmico di elementi impliciti o del non-detto caratteristico del testo linguistico; scelta di un’isotopia semantica specifica come chiave di lettura del testo audiovisivo, sacrificando o riducendo la molteplicità interpretativa presente nel testo narrativo; alterazione o conservazione di elementi quali ritmo, cromatismi, punti di vista sulla storia, dimensione passionale o emotiva ecc.). Naturalmente in questo caso non sarà possibile individuare necessariamente testi pubblicati in Italia da editori indipendenti, posto che per lo più le trasposizioni filmiche di testi narrativi avvengono a partire da bestseller editi da grandi gruppi editoriali. (A dire il vero ci sono delle eccezioni: penso a L’eleganza del riccio, edito in origine da e/o, o ancora ai film per la tv tratti dai romanzi di Camilleri con protagonista Montalbano; ma per le grandi produzioni holliwoodiane tratte da Grisham, ad esempio, le cose vanno altrimenti…).