L’ITALIA FRA VI E VIII SECOLO I LONGOBARDI L’ITALIA FRA VI E VIII SECOLO
L’ARRIVO DEI LONGOBARDI Nel 568, guidato dal re Alboino, giunse in Italia il popolo dei Longobardi: discendendo dal Friuli, essi dilagarono ben presto in tutta la Pianura Padana, conquistando Milano e Pavia, che cadde dopo un assedio durato ben tre anni. Proprio a Pavia Alboino fissò la capitale del suo regno. Negli anni successivi i Longobardi conquistarono la Toscana e si spinsero verso sud, occupando le città di Spoleto e Benevento, che divennero due ducati. L’Italia si trovò così divisa in due, perché i Bizantini occupavano ancora la Sicilia, la Sardegna, la Puglia, la Calabria, Napoli e il Lazio. Inizialmente rimasero in mano bizantina anche la Liguria e il territorio attorno a Ravenna, chiamato Esarcato perché era governato da un funzionario bizantino detto esarca; questi territori però passarono in seguito nel dominio longobardo. Il territorio longobardo in Italia settentrionale era chiamato Longobardia, da cui deriva il nome dell’attuale Lombardia, mentre il termine Romània (che indicava il territorio bizantino) è all’origine del toponimo Romagna.
Italia tra Longobardi e Bizantini Le zone colorate in giallino corrispondono ai territori longobardi, le zone in arancione sono invece quelle occupate dai Bizantini. La Liguria cadde in mano longobarda nel 650, mentre il territorio di Ravenna (l’Esarcato) resistette fino al 751.
CHI ERANO I LONGOBARDI? Il popolo longobardo giunse in Italia dopo una lunga migrazione: secondo gli storici, l’origine dei longobardi va ricercata nella Scandinavia meridionale; da lì essi scesero verso sud, stanziandosi prima lungo il fiume Elba e poi in Pannonia. L’origine del loro nome è forse da collegare alle lunghe barbe che portavano, come ci dice anche Paolo Diacono, monaco e storico longobardo: la sua Historia Langobardorum (Storia dei Longobardi) è la nostra fonte scritta principale sulle vicende di questo popolo. Meno probabile appare invece la teoria che il nome derivi dalle lunghe alabarde usate in guerra. I Longobardi sono ricordati dalle fonti come un popolo molto feroce: in effetti erano, tra i popoli germanici, quelli che erano entrati meno in contatto con la civiltà romana, da cui inizialmente non erano attratti.
Tappe della migrazione longobarda: dalla Penisola Scandinava all’Italia
IL RE E I DUCHI I Longobardi erano divisi in gruppi di famiglie, detti fare, comandati da duchi. Essi riconoscevano un unico re, con funzioni soprattutto militari: in caso di guerra, i duchi si alleavano con il re che li guidava in battaglia; al termine della guerra ogni duca tornava alle sue terre, senza sentirsi legato al proprio sovrano. Per questo si alternarono momenti in cui il potere della monarchia era forte e periodi di grande anarchia, durante i quali i duchi prendevano iniziative anche in conflitto con il loro re.
I RE LONGOBARDI PIÙ IMPORTANTI Dopo Alboino, i principali re longobardi furono: Autari (584-590) grazie all’intervento della moglie Teodolinda, che era cattolica, egli favorì la conversione dei Longobardi al cattolicesimo Rotari (636-652) nel 643 mise per iscritto le leggi longobarde (Editto di Rotari) Liutprando (712-744) tolse la Romània ai Bizantini e si spinse verso il Lazio. A questo punto il papa chiese aiuto ai Franchi, che scesero in Italia Desiderio (757-774) fu l’ultimo sovrano longobardo: nel 773, infatti, il re dei Franchi sconfisse i Longobardi e li sottomise. Solo il Ducato di Benevento riuscì a rimanere indipendente, resistendo ancora per alcuni secoli.
LA SOCIETÀ LONGOBARDA La società longobarda era così composta: Arimanni = uomini liberi adulti, che combattevano e possedevano le terre Faramanni = giovani oppure uomini poveri, che partecipavano alla guerra come scudieri ed erano soprattutto artigiani Aldi = uomini semiliberi, cioè che non avevano diritti per la legge longobarda, poiché facevano parte dei vari popoli assoggettati dai Longobardi durante le loro migrazioni. Erano contadini. Le genti italiche che i Longobardi trovarono al loro arrivo nella Penisola facevano parte degli aldi, quindi non erano considerate un vero popolo. I longobardi, infatti, col termine “romani” indicavano sempre i bizantini. Donne: erano sottomesse agli uomini (padri e mariti)
RELIGIONE Il popolo longobardo era principalmente pagano. Solo i nobili avevano abbracciato il cristianesimo, però nell’interpretazione ariana: secondo l’arianesimo, Gesù non era dotato di natura divina, ma era solo un rappresentante di Dio sulla terra. Essere ariani, per i Longobardi, era anche un modo per distinguersi dal mondo romano e giustificare la distruzione di chiese e l’uccisione di molti vescovi, che per salvarsi dovettero scappare nelle città bizantine. Solo con la regina Teodolinda, cattolica, iniziò la conversione dei Longobardi al cattolicesimo, nella quale ebbe un grande ruolo anche il papa Gregorio Magno.
La croce del re Agilulfo Questo prezioso oggetto, conservato nel tesoro del Duomo di Monza, testimonia la progressiva conversione dei Longobardi al cattolicesimo
CULTURA I Longobardi parlavano una lingua germanica, ma dopo la venuta in Italia iniziarono ad adottare le lingue locali, che si stavano evolvendo dal latino. Il longobardo però non sparì senza lasciare traccia: in italiano, infatti, ci sono circa 280 parole di origine longobarda! Alcuni esempi: ricco, fresco, riga, zanna e molti termini che iniziano per sp- (spaccare, spranga), sch- (scherzare, schiena, schiuma) e gu- (guarire, guancia) Della lingua longobarda non esistono testimonianze scritte, se non alcune parole contenute in testi scritti per il resto in latino. I Longobardi tramandavano oralmente le loro tradizioni: l’unico scrittore longobardo fu Paolo Diacono, che scrisse in un latino elementare, e in latino venne scritto anche l’Editto di Rotari.
L’EDITTO DI ROTARI Come tutti i popoli germanici, i longobardi non avevano leggi scritte. Tuttavia, una volta stanziati in Italia, essi subirono l’influenza del diritto romano, tanto che il re Rotari, nel 643, volle per la prima volta mettere per iscritto la giustizia longobarda, in un famoso Editto (scritto in latino, per quanto rozzo e misto ad alcune parole di origine longobarda) L’Editto di Rotari era diviso in due parti: la prima comprendeva le antiche consuetudini longobarde, la seconda invece riuniva le leggi nuove introdotte dal re. Le leggi dell’Editto valevano però solo per i Longobardi, e non per la popolazione romana sottomessa: presso i popoli germanici vigeva infatti la personalità del diritto, vale a dire che ogni popolo manteneva le proprie leggi tradizionali, anche se si spostava in un altro territorio o veniva sottomesso.
GUIDRIGILDO E ORDALIA Nell’Editto di Rotari la pena di morte era prevista solo in casi gravissimi, come il tradimento. Per tutte le altre colpe la pena era il guidrigildo = riparazione del torto tramite il pagamento di una somma che variava a seconda della condizione sociale dell’offeso. Questo espediente servì ad limitare le faide, cioè le vendette private che indebolivano l’unità del regno. Spesso per verificare la colpevolezza o l’innocenza dell’accusato si ricorreva all’ordalia, detta «giudizio di Dio»: egli veniva sottomesso ad una prova, come l’immersione in acqua fredda o l’attraversamento di un terreno cosparso di carboni ardenti. Un particolare tipo di ordalia era il duello: il vincitore mostrava di avere il favore divino e quindi di essere innocente. Queste pratiche erano molto comuni in tutte le popolazioni di origine germanica. Ancora oggi, la parola tedesca che significa «giudizio, condanna» richiama l’usanza dell’ordalia: si dice infatti «Urteil».
L’ECONOMIA ITALIANA SOTTO I LONGOBARDI L’Italia, già messa a dura prova dalla guerra greco-gotica, registrò dopo l’arrivo dei longobardi una bassissima densità demografica. Le tendenze iniziate già alla fine dell’Impero Romano si accentuarono: molte terre venivano abbandonate, il commercio su lunghe distanze cessò e la moneta fu sempre più sostituita dal baratto. Le comunità si organizzarono in centri agricoli: ville o curtis (simili alle fattorie romane) e monasteri. L’economia della curtis si basava su agricoltura e allevamento. All’interno della cinta muraria di difesa si trovavano l’abitazione del proprietario, la cappella, le case dei contadini, i magazzini e le stalle. La curtis costituì l’organizzazione economica prevalente per tutto l’Alto Medioevo in gran parte dell’Europa.
TESTIMONIANZE LONGOBARDE IN ITALIA: CIVIDALE DEL FRIULI Una delle città che ancora oggi mostra il suo passato longobardo è Cividale del Friuli, capoluogo di quella regione già ai tempi di Alboino. Qui infatti si è conservato il più importante monumento longobardo ancora intatto, il cosiddetto «tempietto»: si trattava della cappella annessa al palazzo del signore della città, chiamato gastaldo. Il tempietto possiede ancora parte della decorazione originale in stucco, in particolare un rilievo con sei figure di sante.
TESTIMONIANZE LONGOBARDE IN ITALIA: MONZA Sotto il re Autari e la regina Teodolinda, Monza divenne una città molto importante, in quanto venne scelta come capitale estiva. In particolare, Teodolinda fondò a Monza una Basilica dedicata a san Giovanni Battista, dove fece battezzare anche il figlio, iniziando la conversione del suo popolo al cattolicesimo. In questo luogo la regina fu anche sepolta. La Basilica fu poi rifatta nel XIV sec., diventando l’attuale Duomo. Nel secolo successivo la cappella dov’era custodito il suo sarcofago venne completamente affrescata con scene tratte dall’opera di Paolo Diacono. Nella «Cappella della Regina» è conservata anche la corona ferrea, così chiamata perché secondo la tradizione conserva all’interno uno dei chiodi della croce di Cristo, già appartenuto all’imperatore romano Costantino e donato a Teodolinda da papa Gregorio Magno. Questa corona fu usata durante tutto il Medioevo per l’incoronazione dei re in Italia. La cerimonia di incoronazione avveniva a Monza oppure a Milano, nella chiesa di sant’Ambrogio.
La corona ferrea Costituita da piastre d’oro e decorata da smalti e gemme, è conservata in un altare della cappella di Teodolinda, nel Duomo di Monza
Storie della regina Teodolinda, fratelli Zavattari (1444) Duomo di Monza