BOSNIA….

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BOSNIA…

Religione e sfera pubblica nei Balcani: identità e politica La maggiori religioni tradizionali dei Balcani, il cattolicesimo, l'ortodossia e l'islam hanno avuto e continuano ad avere una parte importante nelle tormentate vicende politiche della regione.

Religione, fede, nazione... conflitto La Bosnia Erzegovina è un paese in cui coesistono quattro religioni monoteiste, e con esse radicate appartenenze culturali e stili di vita.

Il problema Religione/società/politica Tre religioni, Tre verità : Come scrivere la vera verità? Causa dei conflitti le ideologie statali nazionali Storia dei conflitti La religione va oltre alla sua funzione Ecco perché è un conflitto religioso

Oggi… Accordo di Dayton La funzione "di conflitto" che la religione ha avuto durante la guerra si sta trasformando in una funzione dagli scopi pacifici, necessità di reale tolleranza Processi di secolarizzazione Religione e politica nella guerra

I cristiani sotto assedio in Bosnia Il cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo rinnova l’allarme sull’intolleranza che colpisce i cristiani, da quando i musulmani hanno preso il controllo della situazione

La maggiori religioni tradizionali dei Balcani, il cattolicesimo, l'ortodossia e l'islam hanno avuto e continuano ad avere una parte importante nelle tormentate vicende politiche della regione. I corrispondenti dell'Osservatorio ci descrivono qual è stata negli ultimi dieci anni la percezione della religione e delle istituzioni religiose nella sfera pubblica dei vari paesi. Il tema ricorrente negli approfondimenti che l'Osservatorio presenta è quello del legame tra politica e religione. Somiglianze molto forti si trovano nell'atteggiamento delle elite politiche della ex Jugoslavia dove immancabilmente i simboli religiosi sono diventati fondamentali per la definizione delle diverse identità dei nuovi stati. In particolare durante la guerra, la complicità o il tacito assenso delle gerarchie religiose è servito alle classi dirigenti di Serbia, Croazia e Bosnia per creare consenso e unità nazionale. Nell' intervista di Ada Sostaric a Cedomir Cupic, professore di antropologia politica e sociologia dell'università di Belgrado, si mette in luce come all'inizio degli anni '90 la chiesa ortodossa serba avesse ampio spazio sui media e nella vita pubblica in generale dopo anni di marginalità. Fiancheggiando Milosevic parte della gerarchia ecclesiastica conquista un ruolo centrale e spera di ottenere la restituzione delle proprietà sottratte dal regime di Tito. Diventata invece strumento del potere politico, la chiesa ortodossa cambia atteggiamento solo verso il 1996-97, come spiega Mihailo Antovic, quando si avvicina all'opposizione seguendo quindi il percorso fatto dal resto della società serba.

Nel caso della Bosnia-Erzegovina la guerra ha reso la religione un elemento imprescindibile per definire l'identità delle parti. Dario Terzic ci descrive come sono cambiati, ad esempio, i comportamenti della popolazione musulmana di Bosnia nel corso del conflitto quando la tradizione laica dell'islam bosniaco subisce forti influenze dalle alleanze internazionali stabilite da Izebegovic. Accanto a questa trasformazione della componente mussulmana, Terzic mette in luce come le gerarchie cattoliche ed ortodosse abbiano fiancheggiato le scelte delle rispettive classi politiche e non abbiano mai denunciato i crimini commessi. Tuttavia, secondo il corrispondente da Banja Luka, in Bosnia non sono stati solo i rappresentati politici ad utilizzare la religione ma le stesse autorità religiose hanno trovato modo di affermarsi come protagonisti della vita pubblica grazie al conflitto. Oggi a sei anni dalla fine della guerra, la religione non è più strumento di divisione e potrebbe invece contribuire al consolidamento della pace. Manca, però, da parte dei vertici religiosi la volontà di adoperarsi, al di là delle dichiarazione di intenti, affinché i diritti delle minoranze siano rispettati. Lino Veljak analizza il caso della Croazia dove, dopo il sodalizio con Tudjman, la chiesa cattolica ha ribaltato i rapporti di forza rispetto al nuovo governo. Oggi il peso acquisito dalle gerarchie ecclesiastiche è tale per cui il concordato con la Santa Sede grava economicamente sulle casse delle stato. D'altra parte la chiesa, che per la gran parte non ha abbandonato le simpatie nazionaliste, si adopera per discreditare il governo socialdemocratico criticando vivacemente i tagli alla spesa pubblica come segno del disinteresse politico verso le necessità della gente.

Quando si parla del territorio della BiH (Bosnia-Erzegovina) è alquanto difficile fare una divisione religiosa nel senso di una presenza in aree ben definibili. Al momento, la situazione sul territorio della Republika Srpska è tale per cui risulta dominante la religione ortodossa, mentre le altre grandi rappresentanze religiose sono presenti in percentuali molto inferiori. Nella Federazione, la situazione è ancora più specifica. In quest'area sono in collisione il cattolicesimo e l'islam, mentre la religione ortodossa è presente in misura minima. Questa realtà si è creata durante gli ultimi dieci anni. Prima dell'ultimo decennio la situazione era completamente differente, e non è detto che nel prossimo decennio si arrivi ad ulteriori nuove divisioni. In generale, la Bosnia Erzegovina è un paese in cui coesistono quattro religioni monoteiste, e con esse radicate appartenenze culturali e stili di vita. E' importante sottolineare che i fedeli di tutte tre le principali religioni hanno subito grandi danni durante la guerra, sia dal punto di vista del potenziale umano, così come dal punto di vista delle perdite materiali, e che la popolazione di religione ebrea si è ridotta di molto con la fuga dalla guerra.

Quando si parla della presenza di una religione, dietro di essa troviamo un'influenza direttamente proporzionale sulla società. Il problema, nei territori della Bih, e rispettivamente nella RS, non è solo la presenza della religione ma anche il suo stretto legame con l'identità nazionale. Per parlare della religione e del suo rapporto con la società, così come con la politica, è d'obbligo tornare nel passato remoto. Perché anche qui vi è un ulteriore problema, e cioè che ognuno dei tre popoli, e quindi delle tre rispettive religioni, è detentrice della propria verità. Tre verità molto divergenti tra loro, talmente diverse da creare "ogni tanto" conflitti armati. Come scrivere la vera verità? Alquanto arduo. Definitivamente impossibile. Il problema potrebbe essere risolto se si alzasse il livello della cultura politica. Solo allora la gente sarebbe in grado di leggere i testi relativi al diverso "sentire" di ciascuna fede, senza provocare salti di adrenalina. Vi è una fine a tutto questo? L'ex Repubblica Socialista di Jugoslavia (SFRY) era stata fondata sui principi della Rivoluzione Francese, sulla base di una netta divisione tra Stato e Chiesa. Ogni costituzione della ex Jugoslavia considerato l'appartenenza religiosa come un tratto privato e il numero dei fedeli, come anche degli atei, non è dato conoscerlo in nessun documento scritto. Ciò significa che poteva succedere che qualcuno definisse la propria identità dichiarandosi Musulmano di fede ortodossa. Nel frattempo sotto la facciata di uno stato secolare si è rafforzata la feudalizzazione di questa regione, basata su ideologie statali nazionali che ha portato alle conseguenze oggi visibili.

Nella parte centrale della ex Jugoslavia la religione aveva mantenuto una certa importanza sul piano dell'identità nazionale. E sono pochi i casi in cui i confini statali e religiosi non corrispondessero, se non per pochi casi di Serbi di religione cattolica. Così come esistono Albanesi oltre che musulmani anche cattolici e ortodossi, oppure Rom i quali, a seconda della regione in cui risiedono e in parte in base alla religione di appartenenza, si dichiarano Rom, Serbi, Musulmani, Albanesi o Rumeni. Gli ideologi nazionali Serbi e una non piccola parte cosciente della Chiesa Ortodossa Serba, hanno trattato i Musulmani come elemento "de-serbizzato" che ha abbandonato la fede del padre ortodosso. Gli ideologi Musulmani hanno piuttosto estratto le proprie radici dai bogumili, "eretici", che vennero sradicati dalla Serbia da Stevan Nemanja (divenuto nel 1217 primo Re di Serbia) e si rifugiarono in Bosnia. Una parte della propaganda nazionale si è inasprita contro le popolazioni-nazioni "artificiali" o "comuniste" che i serbi nazionalisti annoveravano tra i Musulmani e i Montenegrini. Con l'uscita dei comunisti dal governo, in SFRJ si arriva in breve tempo al risveglio della coscienza religiosa. I partiti politici, ma anche i capi religiosi, diventati velocemente protagonisti di una grande popolarità, sfruttano la religione come ombrello sotto al quale realizzare la propria affermazione. E' bastato poco tempo perché questa affermazione si trasformasse nel fatto che tre religioni, e i rispettivi tre popoli, non potessero più vivere insieme. Quindi, in una condizione di conflitto armato come di uno scenario politico particolare, la religione è andata oltre le sue funzioni in quanto tale e ha acquisito elementi politici e viceversa.

Tutto ciò si è manifestato da un lato con il sostegno dei partiti politici al potere che oggi vengono definiti partiti nazionalisti, e dall'altra con il supporto degli eserciti. In questo modo la guerra in Bosnia Erzegovina ha assunto le caratteristiche di un conflitto religioso. Questi elementi non sono dominanti, ma è importante evidenziarli indipendentemente dal fatto che questa tesi possa divenire argomento di contestazione. Si deve ricordare che Tadeusz Mazowiecki, nel suo rapporto presentato alle Nazioni Unite, ha risposto obiettivamente quando ha dichiarato che "la guerra in Bosnia Erzegovina non è una guerra di religione", ma che allo stesso tempo le differenze religiose hanno giocato un ruolo preciso sul piano dell'identità nazionale, e quindi che le Chiese hanno giocato un ruolo fondamentale nel conflitto. Ciò significa che con il progetto di conquista e frammentazione della Bosnia Erzegovina non sono solo avvenuti dei genocidi, la pulizia etnica, la distruzione di abitazioni e quant'altro, ma anche la distruzione di luoghi di culto (sacri) e tutto ciò che è associato ad altre religioni. Laddove il controllo era sotto l'esercito serbo o croato, oppure dove le posizioni militari lo rendevano possibile, sono stati saccheggiati o rasi al suolo luoghi sacri dell'Islam. Così come è avvenuta la profanazione e la distruzione di luoghi di culto ortodossi o cattolici per mano dei Bosnjaci (Bosniaci Musulmani), così come i cattolici hanno demolito luoghi ortodossi, e gli ortodossi luoghi cattolici...

L'Accordo di Dayton, o più precisamente il General Framework Agreement for Peace (GFAP), fu stipulato il 21 novembre 1995 nella base Wright-Patterson Air Force di Dayton, Ohio (USA). Con tale trattato venne messa la parola fine alla guerra civile jugoslava. L'accordo prevede il passaggio, o meglio il ritorno, della Slavonia Orientale alla Croazia, appartenente fino alla fine della guerra alla Serbia. Viene riconosciuta ufficialmente la presenza in Bosnia Erzegovina di due entità ben definite: la Federazione croato-musulmana che detiene il 51% del Territorio bosniaco e la Repubblica Srpska (49%). Altra voce importante di questo accordo è la possibilità dei profughi di fare ritorno presso i propri paesi di origine. Vengono facilitate e privilegiate anche le possibilità di cooperazione tra gli stati che hanno sottoscritto l'accordo. Dopo la firma degli accordi di Dayton, il processo di crescita della religiosità è continuato. Sarebbe più corretto dire che questo sviluppo ha seguito dopo la guerra una crescita naturale, anche se rispetto all'espansione degli anni novanta risulta essersi bilanciato, e che le istituzione religiose stanno equilibrando il rapporto tra la propria funzione in senso stretto e la politica. Oggi, sulle lente ruote della ricostruzione della società, scorrono anche i processi di consolidazione della religione e delle rispettive comunità religiose. Si sta gradualmente trasformando la funzione "di conflitto" che la religione ha avuto durante la guerra in una funzione dagli scopi pacifici, fatto che di questi tempi post-guerra risulta contribuire al consolidamento della pace e dimostra la necessità di una reale tolleranza e convivenza interetnica. Oltre a questo, nella società si denotano anche processi di secolarizzazione. Ciò che in questo momento la politica deve alle comunità religiose è sicuramente libertà e diritti ai gruppi di minoranza, soprattutto in RS e in alcune zone della Federazione dove dominano rispettivamente la maggioranza ortodossa e cattolica. Questo rappresenta un problema aperto e molto serio, soprattutto considerato che si continuano a riprodurre politiche di opposizione ai gruppi di minoranza e che le Chiese, al di là delle dichiarazioni di intenti, non portano avanti alcuna campagna di tutela dei diritti delle minoranze religiose. Questo decennio dimostra chiaramente che sul piano mondiale le religioni e la politica si sono avvicinate molto con lo scopo di segnare confini tra civiltà, all'interno degli interessi globali delle forti realtà economiche. Purtroppo, la Bosnia Erzegovina è solo un terribile esempio di sacrificio...

CR n.964 del 21/10/2006 Dopo la spartizione della Jugoslavia voluta dall’ONU, la situazione della Bosnia-Erzegovina non fa più notizia, come se oggi tutto fosse a posto. Il cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo, intervistato da “Avvenire” (8 ottobre 2006), rinno-va invece l’allarme sull’intolleranza che colpisce i cristiani, da quando i musulmani hanno preso il controllo della situazione. «Per secoli hanno convissuto insieme ortodossi serbi, cattolici croati, e musulmani – ricorda il car-dinale – Ma oggi l’Islam è maggioranza relativa. (...) Purtroppo è evidente che oggi vince il “diritto” del più forte, a livello locale e globale. Oggi i cristiani sono una minoranza religiosa sotto assedio. Prima del conflitto e degli accordi di Dayton, eravamo un gregge di 820.000 anime; oggi i cattolici sono ridotti a 400.000 persone. In base ai dati della Comunità internazionale, solo il 2% dei croati cattolici ha potuto ritornare nel-la sua terra di origine; cifre che confermano la difficoltà a vivere e a professare il proprio culto in Bosnia, e a convivere pacificamente con la religione dominante: l’Islam. Purtroppo si respira un clima d’intolleranza. (...) Per noi cattolici, qui a Sarajevo, è difficilissimo ottenere un permesso per costruire una chiesa. È la stessa situazione che si vive in Turchia». «Temo che l’Europa non conosca ancora bene l’Islam – ammonisce mons. Pulijc – Deve svegliarsi, non per lanciare nuove crociate, ma per prendere coscienza della nuova sfida. (...) Mi chiedo: perché l’Unione Europea tace di fronte alla violazione di questi diritti e permette tutto questo? Bisogna battersi per il principio di reciprocità, è un punto fondamentale. Ne va dello stesso senso dell’Europa, che non può rinunciare al rispetto della libertà e dei diritti dell’individuo».

FONTI http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=23&catid=1:islam&Itemid=50 www.balcanicaucaso.org http://www.balcanicaucaso.org/ita/aree/Bosnia-Erzegovina/Religione-fede-nazione-conflitto