Gestione della conoscenza e ricambio generazionale

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Gestione della conoscenza e ricambio generazionale Prof. Sebastiano Bagnara Bologna, 4 dicembre ‘06

Contenuti del documento Scene di vita quotidiana Scenari competitivi per le PMI Il senso della gestione delle conoscenze per le PMI Quali conoscenze per le PMI, perché gestirle, come catturarle e come renderle fruibili

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Scene di vita quotidiana Guarda il “dottorino”…Avrà anche il master ma non sa proprio dove mettere le mani in officina! Lo dicevo io…meno tempo sui libri e di più in azienda e oggi mio figlio saprebbe che fare! Che confusione….per fortuna che io ho in testa tutto e so come far girare la baracca! Business intelligence, CRM, supply chain,knowledge managent, bar code, magazzino automatizzato, budgeting….e come pensano che abbiamo fatto fino ad oggi?

Gli eventi traumatici più frequenti Imprenditorialità vs gestione manageriale dell’impresa Gestione dell’ingresso in azienda di figure manageriali Confronto generazionale: evoluzione tecnologica, leve finanziarie, internazionalizzazione Sostituzione delle memorie storiche dell’azienda, quelle persone che c’erano sin dall’inizio e che hanno tutto in testa Innovazione tecnologica e di processo che rischia di tagliare fuori chi non si adegia Innovazione delle modalità di relazione con clienti e fornitori (supply chain) Introduzione di nuovi soci in azienda (anche solo finanziari)

La transizione generazionale nelle PMI È il momento più difficile, generalmente, e delicato della vita di un’impresa familiare (in Italia il 70% delle imprese non sopravvive alla prima generazione, e il 50% scompare tra la seconda e la terza gnerazione) Mette a confronto l’individuo, il guppo familiare e l’intera organizzazione nella sfida alla continuità d’impresa Questo perché ogni impresa familiare, radicata nel proprio contesto territoriale e socio culturale, ha una modalità di affrontare il business e le sfide organizzative del tutto “personale” e spesso l’unico modo per trasmettere il senso del business è per affiancamento e imitazione.

Le problematiche tipiche della transazione generazionale Piano psicologico individuale Piano delle relazioni familiari Cultura organizzativa e stie manageriale PADRE senso di perdita paura di lasciare scarsa obiettività nella valutazione dell’erede difficoltà a trasmettere il sapere paternalista scarsamente orientato alla delega EREDE/I continuo confronto con la figura paterna bisogno di affrancarsi dall’immagine di ragazzino “calzoncini e pallone” il senso imprenditoriale non si eredita impossibilità di esercitare una vera leadership rischi contrapposti: gestione rischiosa e poco ragionata gestione all’ombra del padre, incapacità di decidere autonomamente COLLABORATORI abituati a uno stile carismatico difficile da sostituire resistenze al cambiamento

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Il nuovo paradigma competitivo Globalizzazione dei mercati (relazioni a distanza, arrivano i nuovi concorrenti low cost = “cinesi”) Allargamento verso est della comunità europea: libero movimento delle persone, libero movimento dei capitali, plitica agricola comune, fondi strutturali Smaterializzazione del valore (riduzione del valore generato dalla trasformazione materiale, e incremento delle componenti immateriali: scienza, tecnologia, concezione del prodotto, gestione degli acquisti, controllo di qualità, logistica, progettazione, design, comunicazione, marchi, commercializzazione, garanzie, servizi al cliente, finanza) e nuovo e rilevante peso dell’intangibile Abbattimento dei vincoli di spazio e di tempo

La specificità italiana Dire piccola impresa non basta, la realtà italiana è contraddistinta da alcuni fattori di differenziazione competitiva che spiegano le storie di successo della piccola impresa nazionale.

Che cosa sappiamo fare davvero La nostra specializzazione, riconosciuta dal mercato, è da saper fare innovazione d’uso. È una forma di innovazione non banale che richiedono: Grande capacità di fare proprie, assorbire, le conoscenze di base prodotte da altri Grande creatività nell’interpretare i desideri e organizzare le esperienze dei clienti che non sono più clienti ma partner per lo sviluppo Un sistema di moltiplicazione regolata degli usi, per generare il massimo valore possibile ma non perderne il controllo

I quattro grandi cambiamenti L’economia si globalizza, le imprese si deverticalizzano appoggiandosi a reti esterne, diventano ingestibili i sistemi produttivi rigidi. Aumenta la complessità, con una maggiore domanda di varietà, variabilità e indeterminazione nei possibili usi. Aumenta la richiesta di personalizzazione. CONSUMO PRODUZIONE ICT PMI I sistemi di piccola impresa hanno bisogno di integrare la manifattura con competenze e investimenti immateriali a valle della supply chain ma non possono farli internamente (devono alimentare un settore terziario esterno, collegato alla domanda che lo promuove ma autonomo). rendono trasferibili in a basso costo l’immateriale codificato, rendendo possibile l’interazione a distanza. Si supera il trade off tra richness (delle conoscenze) e reachness (tra D e O) (Evans e Wurster 2000), ma la rivoluzione ICT tradisce le sue (esagerate) promesse. Evans e Wurster: Il sistema tradizionale si poggia su una catena del valore che prevede uno scambio dell’informazione associato alla transazione fisica, l’ICT ha rivoluzionato questo aspetto rendendo possibile alle informazione di viaggiare autonomamente e democraticamente. Philips Evans e Thomas S.Wurster Il Sole 24 Ore Richness and reach: profondità (o anche ricchezza) delle informazioni e ampiezza dell'audience raggiunta sono "le dimensioni del compromesso di ogni strategia aziendale". Anche se (con Internet) tutto comincia a cambiare. La diffusione della connettività e l'introduzione di standard comuni stanno infatti ridefinendo i canali della comunicazione che legano le aziende ai clienti, ai fornitori, ai dipendenti mentre il vantaggio competitivo acquisito diventa disponibile a tutti. In "Bit Bang", Evans e Wurtser illustrano con lucidità e chiarezza le dinamiche di questa nuova rivoluzione economica e culturale. Gli esempi proposti attraversano tutti i settori: dai servizi finanziari all'assistenza sanitaria, dai media alla distribuzione al dettaglio. Ma quali strategie è necessario adottare per far fronte ai cambiamenti che incalzano e per adattare il proprio business al nuovo contesto? La risposta che arriva dal libro puù essere utile a gettare le basi per la New economy del futuro.

I punti di forza e di debolezza dell’attuale scenario competitivo L’analisi SWOT, che individua i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce del mercato in cui le imprese operano, evidenzia alcune problematiche ed al tempo stesso grandi possibilità di sviluppo ancora implicite nel sistema

Analisi dei punti di eccellenza L’analisi dettagliata dei Punti di Forza evidenzia alcune peculiarità delle PMI e mette in luce gli aspetti sui quali puntare per il futuro delle imprese. PUNTO DI FORZA ANALISI Elevate abilità tecnica L’elevata abilità tecnica è da sempre la principale forza delle PMI; la tradizione artigianale con una storia alle spalle di oltre 50 anni ha messo in evidenza grandi capacità personali degli imprenditori ed una elevata propensione alla innovazione dei prodotti e alla differenziazione degli stessi. Volontà e capacità di innovazione tecnologica dei macchinari Le imprese, soprattutto quelle gestite dai giovani, stanno dimostrando una elevata propensione all’innovazione tecnologica, mostrando grande interesse verso le novità sia in termini di strumenti del mestiere sia in termini di materiali di consumo utilizzati. Flessibilità produttiva e personalizzazione dei prodotti Molte imprese già da tempo sono in grado di adattare le proprie modalità produttive alle variazioni della domanda grazie ad una elevata flessibilità sia dei macchinari sia dei metodi di lavorazione dei prodotti, anche grazie ad una manodopera che presenta skills facilmente intercambiabili. Buone capacità di esportare Da sempre le imprese riescono ad esportare i propri prodotti con grande facilità all’estero, soprattutto verso i mercati europei, nord-americani e asiatici.

Analisi dei punti di debolezza L’analisi dettagliata dei Punti di Debolezza evidenzia le criticità sulle quali è necessario intervenire con tempestività ed efficacia PUNTO DI DEBOLEZZA ANALISI Scarsa cultura d’impresa La scarsa cultura imprenditoriale ha impedito negli anni uno sviluppo delle imprese che procedesse di pari passo con quello del settore di riferimento. Molte imprese non sono riuscite a crescere o non sono riuscite ad adeguarsi al mercato. La mancanza di formazione specializzata nella gestione d’impresa rappresenta un grosso limite per le imprese. Problemi legati al ricambio generazionale Il problema deriva principalmente da una discontinuità culturale. I figli degli imprenditori tendono il più delle volte a non continuare l’attività del padre cercando un “riscatto sociale” attraverso percorsi di studi qualificanti. La scarsa cultura d’impresa dipende molto anche da questa mancanza di continuità nel ricambio generazionale. Piccola dimensione delle imprese La piccola dimensione d’impresa è limitante sotto diversi punti di vista: generale sotto-capitalizzazione; impossibilità di effettuare significativi investimenti in tecnologia; difficoltà nel realizzare economia di scala; scarsa disponibilità di manodopera scarso potere contrattuale; scarsi investimenti in marketing ed elevate barriere all’ingresso in nuovi mercati. Perdita della peculiarità del prodotto tipico Il “mobile classico” inteso come prodotto frutto di lavorazioni artigianali di elevata qualità, venduto ed esportato fino alla fine degli anni ’80 in tutta Europa, non esiste forse più (se non in rari casi); le peculiarità tipiche del prodotto sono andate perdute per lasciare posto a prodotti più innovativi e di maggiore interesse per il pubblico.

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Il senso della gestione delle conoscenze per le PMI Il fattore competitivo differenziante per le imprese non è tanto nelle tecnologie, facilmente acquisibili sul mercato o riproducibili in breve tempo, quanto la capacità delle persone di utilizzare la conoscenza. Se il tema della conoscenze è sempre complesso, nel caso delle PMI la complessità è resa più intensa dalle peculiarità proprie delle PMI: le conoscenze sono solo di rado ben esplicitate e codificate, spesso sono radicate nell’operatività quotidiana di poche persone chiave per l’organizzazione; quando le persone chiave lasciano l’organizzazione, l’impresa rischia un calo sensibile in competività e capacità di fare.

Il paradosso italiano Come può esistere un’economia delle reti (distretti, catene di subfornitura) fondata sullo scambio e il trasferimento di conoscenze e informazioni ………..…….. senza tecnologie di rete? (ICT) Ancora oggi per le PMI la rete è data dalla contiguità spaziale L’innovazione continua di processo e di prodotto avviene spesso con il meccnismo della co–competizione cha fa leva sul fatto che le aziende si copiano le une con le altre in modo assolutamente informale mentre l’ICT sega l’informale I molti tentativi di introdurre le ICT nelle PMI non sono stati coronati da successo Adesso, dopo lo sboom della new economy, c’è diffidenza nelle piccole e medie imprese (risultati inferiori alle attese, intermediari non adeguati) L’atteggiamento prevalente è l’attesa…ma per quanto possiamo aspettare? E gli altri cosa fanno nel mentre?

Le colpe dell’offerta di tecnologia Il primo errore di fondo è stato pensare all’innovazione connessa alla gestione delle conoscenze come un fenomeno technology-driven ossia: delegato ai direttori dei sistemi informatici dominato dall’introduzione di codici e procedure decisi dal software o dall’informatica scarsamente capace di recuperare il sapere e le relazioni pre-esistenti vincolato ad una drastica semplificazione dei problemi e delle soluzioni può andare bene in un sistema già codificato e impersonale, ma innesca una bomba in un sistema informale e denso di rapporti interpersonali diretti

…e si è trascurato il contesto d’uso le PMI italiane vivono sulla flessibilità usano conoscenze tacite e relazioni interpersonali con i fornitori e con i clienti l’organizzazione è informale, e ridotta al minimo l’imprenditore ha un ruolo demiurgico che diffida di qualunque cosa possa legargli le mani l’informalità serve anche a mantenere un confine labile tra i conti aziendali e i conti personali/familiari il ruolo del cliente è spesso quello del partner che spinge nella direzione dell’innovazione

Esiste un approccio alternativo per la gestione delle conoscenze? Sì, un appproccio strategy driven Mettere la tecnologia al servizio di strategie di innovazione nella gestione delle conoscenze delle imprese (innovazione a 360°) Lavorare sul contesto (alfabetizzazione, reti, esperienze vincenti, servizi, ricambio generazionale) Rendere maggiormente flessibile l’offerta, costruendo reti di mediatori intelligenti e affidabili Ridurre l’incertezza e il rischio, per le imprese utilizzatrici, nelle sperimentazioni Rivolgersi direttamente agli imprenditori e agire sulla loro cultura

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Quali conoscenze per le PMI Cliente Target di utenza attuali e potenziali Profilo e classi di utenza Bisogni di servizio Modalità e canali di interazione con i clienti Modalità di uso del prodotto/servizio Mercato Competitors Trend di innovazione nell’offerta di prodotti e servizi Reti territoriali Processi Trend di innovazione dei processi di gestione Trend di innovazione dei processi produttivi e di gestione Tecnologie Tecnologie infotelematiche Tecnologie dei processi produttivi Trend di innovazione delle tecnologie e dei macchinari Normativa Normativa cogente e di settore Norme ISO Organizzazione Ruoli, mansioni, aree di responsabilità e risultato Stile direzionale Mission e valori Processi interni Routine organizzative Stile aziendale Flussi informativi e know that Processi produttivi Know how Esperienze passate ESTERNE INTERNE

Perché serve gestire le conoscenze in modo strutturato? Per passare da uno sviluppo quantitativo a uno sviluppo qualitativo e manterene un ragionevole differenziale cognitivo rispetto ai concorrenti emergenti sul mercato globale invstendo in conoscenze originali (diverse da quelle disponibili altrove) ed esclusive (difendibili rispetto alla possibilità di essere copiate o sotituite) Per avere una posizione forte all’interno della filiera, disponendo di conoscenze indispensabili alla generazione del valore e non facilmente sostituibili con altre fornite da imprese diverse o concorrenti Per creare differenziale competivo (Le conoscenze importate non bastano a creare differenziale competitivo) Perché le conoscenze nuove fungono da catalizzatore di innovazione

Come catturare le conoscenze chiave Investire in apprendimento e sulle persone che possono farlo, senza avere l’ansia del rendimento di breve e brevissimo termine Tradurre una parte consistente delle conoscenze e pratiche informali in conoscenze e pratiche codificate Passare da una logica di importazione di conoscenza a una di autoproduzione Aprire le porte dell’impresa a nuove professionalità Promuovere modelli di co-competizione Fare benchmarking di processo, prodotto, routine organizzative, …

Come renderle fruibili Riconoscere le conoscenze Il passo forndamentale per trasformare le conoscenze in un vero e proprio asset aziendale è quello di identificare quali sono le conosceze peculiari dell’organizzazione. Bisogna rispondere a tre domande: Know that Know how Know what Codificare le conoscenze Il secondo passo è quello di codificare quelle informazioni che per loro natura sono codificabili rendendo disponibili per l’organizzazione: Manuali Procedure Diffondere le conoscenze Perché le conoscenze possano essere utilizzate è necessario attuare meccanismi organizzativi e predisporre strumenti che consentano la diffusione delle conoscenze tra le risorse dell’organizzazione: Intranet Internet Creare nuove conoscenze/ Rinnovare le conoscenze Le conoscenze, perché producano valore nel tempo, devono essere continuamente aggiornate e “contaminate” con innesti sia interni che esterni. In questo senso di ventano importanti: Spazi di web collaboration interni e/o esterni Viaggi strudio Stage interaziendali Forme di co-genenerazione di conoscenze supportate da poli locali (associazioni, consorzi, parchi scientifici)

Il ruolo delle associazioni Per le PMI le associazioni, sul fronte delle conoscenze, hanno un ruolo strategico. Le PMI difficilmente hanno la disponibilità di budget significativi per investire in soluzioni ad hoc per la gestione delle conoscenze. Le associazioni possono: Soddisfare la domanda latente delle imprese di innovazione che non possono auto-produrre Generare una rete di terziario innovativo che metta in rete manifattura e intelligenza terziaria Governare il trade off tra specializzazione e valorizzazione delle complementarità Non solo informare ma sperimentare e fare insieme al territorio Sostenere il networking anche oltre i confini del territorio