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3. LA STORIA contemporaneA
Transcript della presentazione:

Valido per i Corsi di Studio: Corso di Storia contemporanea Docente: Renato Moro A.A. 2009/10 CFU 8 Valido per i Corsi di Studio: Corso di laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, canale A-L Corso di laurea in Scienze Politiche per il Governo e l’Amministrazione

Lezione I. Presentazione del corso

1. La lezione all’università - L’università come invenzione del medioevo: ricerca e insegnamento Il sapere critico: oggi si parla di “falsificabilità” (Karl Popper) Il salto di qualità: dalle nozioni a una educazione a pensare, ragionare, verificare e provare  

La tradizione della lezione come conferenza e il suo valore: entrare dall'interno in una disciplina, lavoro culturale autonomo e personale, non assistito e protetto   I suoi limiti: mancanza di verifica. Cosa faremo: a) gradualità del salto di qualità; b) domande e interventi

2. L’importanza della frequenza studio per la prima volta di "monografie“ testi complessi non siate convinti di conoscere la storia contemporanea: nomi, date solo la base: ora, il livello critico, appunto: problemi e metodi

- l'esame universitario: organizzazione del discorso (cercare di essere ordinati e analitici, ma, allo stesso tempo, sintetici perché non si può dire tutto in una risposta di pochi minuti) linguaggio scientifico (una delle cose più difficili per gli studenti: anche per la storia)

3. La storia contemporanea nelle facoltà di Scienze Politiche Obiettivo formativo dei corsi di Scienze Politiche: approccio interdisciplinare ai problemi della polis La storia contemporanea come vera e propria introduzione al mondo attuale (economia, istituzioni, società, vita internazionale)

4. Il programma

Articolazione del corso Il corso è articolato in due parti: la prima a carattere istituzionale dedicata a un’introduzione storica al mondo contemporaneo, la seconda a carattere specialistico. I PARTE (4 CFU) Introduzione alla storia del mondo contemporaneo II PARTE (4 CFU) Razzismo e antisemitismo nella storia del mondo contemporaneo

Programma I PARTE (4 CFU) Il modulo introduce alla conoscenza della storia del XIX e del XX secolo, ai suoi problemi di metodo (la periodizzazione, l’uso politico della storia, il rapporto con la memoria, le fonti), ai suoi grandi fenomeni e ai loro problemi interpretativi (le rivoluzioni e le ideologie politiche, il rapporto tra modernità e sviluppo industriale, la società di massa), alle principali letture storiche della realtà contemporanea.

Programma II PARTE(4 CFU) L’età delle rivoluzioni politiche è stata anche l’età dell’intolleranza razziale: fino alla tragedia della Shoah, alla questione dei neri nordamericani, alla vicenda dell’apartheid in Sudafrica, ai recenti conflitti etnici. Il modulo si propone di analizzare la storia della costruzione di una concezione razzista del mondo e dei movimenti politici razzisti e antisemiti, precisandone i caratteri, le fasi, gli snodi fondamentali. In particolare, analizzaremo lo sterminio degli ebrei e il problema, altrettanto complesso e drammatico, della reazione della coscienza civile, dei governi e, in particolare, della Chiesa cattolica.

Prerequisiti E’ un requisito indispensabile per la fruizione del corso una buona conoscenza delle principali vicende della storia contemporanea dal 1815 ai giorni nostri, come fornito da un manuale di scuola superiore. Per accedere all’esame occorrerà mostrare di possedere queste conoscenze di base. Una prova scritta (obbligatoria; 30 domande a risposta multipla) che si terrà all’inizio di ogni sessione di esami accerterà le conoscenze pregresse fornendo l’idoneità (senza voto) per accedere all’esame orale.

Testi consigliati I parte V. VIDOTTO, Guida allo studio della storia contemporanea, 4. ed, Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 202 Euro 16,00

II parte G.L. MOSSE, Il razzismo in Europa dalle origini all'Olocausto, 4. ed., Roma-Bari, Laterza, 2008, pp. 302 Euro 9,50 W. BENZ, L’Olocausto, Torino, Bollati Boringhieri, 2006, pp. 128 Euro 13,00 R. MORO, La Chiesa e lo sterminio degli ebrei, Bologna, Il Mulino, 2009, pp. 216 Euro 12,00

Quali obiettivi? Il corso mira a fornire una preparazione di base sulla formazione del mondo contemporaneo, sui principali processi di trasformazione culturale, economica, istituzionale, politica, sociale, sui momenti essenziali di svolta. Attraverso le categorie concettuali dell’analisi basata sul metodo storico, esso intende fornire una consapevolezza critica della complessità e della profondità temporale dei principali problemi del mondo di oggi per permettere agli studenti della Facoltà di Scienze Politiche di orientarsi adeguatamente nella sua complessa realtà.

Il corso intende in particolare fornire gli strumenti per la comprensione della società multinazionale e multi-culturale contemporanea Il corso invitare gli studenti a far uso sistematico della ragione critica, mostrando come l’analisi storica sveli l’inconsistenza di molti dei miti contemporanei.

5. Esami, esercitazioni, seminari L’esame è orale. Faremo un test di orientamento nei prossimi giorni. Un corso integrativo sulla storia generale sarà tenuto a margine dell’insegnamento Lunedì, 14,30-16.00 (Aula Magna) Martedì, 16,15-17,45 (Aula Magna) Mercoledì, 16,15-17-45 (Aula Magna)

Il Seminario del Laboratorio di ricerca e documentazione storica iconografica del Dipartimento di Studi Internazionali: Cinema e Shoah Il Laboratorio (II piano): http://host.uniroma3.it/laboratori/storicoaudiovideo/

Lezione II: Introduzione - La storia è una scienza?

1. Perché una introduzione metodologica? riflettere sui fondamenti metodologici di una disciplina è il primo passo del sapere critico servirà ad aprire la mente a molti problemi successivi li troveremo subito e verificheremo il “salto di qualità”; la seconda parte del corso sarà anche una lezione di metodo

2. Racconto soggettivo o scienza esatta? partiamo dal senso comune: che cos’è la storia? concetto familiare, apparentemente pacifico: è come raccontare "la storia" dell'ultimo film che avete visto? prendiamo due affermazioni: stamattina ho preso la metropolitana perché avevo fretta e avrei fatto a piedi; Mussolini entrò in guerra il 10 giugno 1940 perché temeva di essere escluso dai benefici della prossima vittoria della Germania sulla Francia allora, c’è una differenza? quale? perché dovrebbe essere diverso o più complicato fare la stessa cosa con la storia degli uomini?

allora, proviamo una definizione

la definizione di un vocabolario italiano (Zingarelli): storia = la narrazione sistematica dei fatti memorabili della collettività umana Una definizione senza problemi? Riflettiamo

I problemi: cosa vuol dire quel sistematica accostato alla narrazione? cosa si deve intendere per fatti? i fatti del passato sono pressoché infiniti: cosa ci permetterà di distinguere quelli memorabili dagli altri? la narrazione dello storico “fotografa” (registra semplicemente) i fatti o li giudica (li interpreta e ne dà una valutazione)? e se “giudica”, su quale metro?

Uno dei più famosi libri sulla conoscenza storica, quello di Marc Bloch (un nome sul quale torneremo), Apologia della storia, si apre con queste parole: “Papà, spiegami a che serve la storia”. Così, pochi anni or sono, un ragazzo che mi è molto vicino, interrogava suo padre uno storico. Vorrei dire che questo libro rappresenta la mia risposta, perché non credo ci sia lode migliore, per uno scrittore, che di saper parlare, con il medesimo tono, ai dotti e agli scolari. Ma una semplicità tanto elevata è il privilegio di alcuni rari eletti. Tuttavia la domanda di quel fanciullo, di cui sul momento non riuscii gran che bene a soddisfare la sete di sapere, la conserverei volentieri qui, come epigrafe. Senza dubbio, alcuni ne giudicheranno ingenua la formulazione; a me pare, invece, del tutto pertinente. Il problema ch’essa pone, con la sconcertante dirittura di quell’età inesorabile, è, né più né meno, quello della legittimità della storia.

Dunque, se c'è bisogno di legittimarlo, il concetto di storia non è pacifico, nemmeno tra gli storici. Come ha notato ancora Marc Bloch, forse i chimici e i fisici sono più saggi degli storici: “ch'io sappia - ha scritto - nessuno ha mai disputato sui diritti rispettivi della fisica, della chimica, della chimica fisica o della fisiochimica”.

Vediamo meglio: nel concetto di storia ci sono, in realtà, due elementi sovrapposti: l'avvenimento e il racconto le res gestae e l'historia rerum gestarum (Hegel) la storia che si fa e la storia che si narra il mondo dei fatti e quello delle loro analisi e ricostruzioni insomma, la storia e la storiografia

Quali le relazioni tra questi due elementi? - Due grandi soluzioni si sono a lungo confrontate: positivista storicista

Lezione III. Le principali risposte al problema della conoscenza storica

1. La risposta del positivismo Ipotesi A (positivista): stretta identità tra racconto e passato la storia è, o meglio deve essere, un fatto logico, analitico, scientifico (la scienza esatta delle cose dello spirito), oggettivo, spassionato e disinteressato è l'immagine che il senso comune ha della storia: la storia consiste in un complesso di fatti accertati. “Lo storico trova i fatti nei documenti, nelle iscrizioni e così via, come i pesci sul banco del pescivendolo. Lo storico li raccoglie, li porta a casa, li cucina e li serve nel modo che preferisce” Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia (1961)

la storia è un corpo di informazioni imparziali e definitive allo storico compete solo svelarla una volta per tutte (1824, Leopold von Ranke: «mostrare come le cose sono realmente andate») «il duro nocciolo rappresentato dai fatti » e (purtroppo, secondo il positivista) la «polpa circostante costituita dalle interpretazioni soggette a discussione» lo storico un puro registratore, meno influisce e meglio è (interferenza) nessun giudizio: l’ideale un’antologia di documenti

L’ipotesi A non convince del tutto: la struttura stessa dell'informazione che lo storico ha di fronte è profondamente diversa da quella dello scienziato la lacunosità delle fonti A differenza delle scienze sociali che analizzano il mondo di oggi, la storia, anche quando sarebbe necessario, non può creare nuovi fonti Il fatto non esiste per la storia se non c’è il documento: la storico dipende dai documenti Mancanza di documentazione scritta I casi (incendio di un archivio)

Dunque, possono esistere (e anzi esistono necessariamente) avvenimenti di importanza capitale dei quali pur non sapremmo mai assolutamente niente per mancanza di documenti che ce li provino Allora, il passato vero è solo quello realmente vissuto, quello reale di uomini di carne e sangue, e non quello che è semplicemente scritto su di un libro di storia. Allo stesso tempo, è evidente che le molte domande che possiamo rivolgere al passato rimarrebbero senza risposta se non avessimo una qualche documentazione. Conseguenza: Come ha scritto uno storico francese, Paul Veyne (Come si scrive la storia), la storia è sempre “conoscenza mutilata”: “uno storico ci dice non già ciò che sono stati l'Impero Romano o la Resistenza francese nel 1944, ma ciò che è ancora possibile saperne”.

i fatti non sono obiettivi: Facciamo un esempio classico (sempre da Carr): La battaglia di Hastings combattuta nel 1066 Cosa vi è di assolutamente oggettivo? A) Che sia avvenuta nel 1066 e non nel 1065 o 1067 B) Che sia avvenuta effettivamente ad Hastings e non a Brighton o Eastbourne Ma questa è solo accuratezza di informazione; non il lavoro dello storico. I “fatti” oggettivi sono dunque, semmai, i dati di partenza sulla base dei quali lo storico poi lavora In realtà i “fatti” vanno scelti, disposti in un ordine, in un contesto, fatti parlare: non parlano da soli La battaglia di Hastings si studia perché pensiamo che sia effettivamente importante in relazione ad altri fatti I “fatti” allora sono il frutto di una scelta.

Allora, come scegliere nella marea di dati storici? Se anche volessimo ridurre il racconto storico alla sola cronologia, al "semplice" succedersi dei fatti nel tempo, ci troveremmo a dover scegliere: è più importante la data di una battaglia, quella di pubblicazione di una grande opera del pensiero, il momento in cui scoppia un'epidemia, quando mutano le forme della coscienza religiosa, l'apparire di una nuova tecnica, lo scoppio di una rivoluzione politica, l'emanazione di nuove leggi? E la scelta non è un problema di quantità: se pure avessimo a disposizione uno spazio infinito il problema non sarebbe risolvibile: un puro elenco è impossibile, i fatti si accavallano e si addensano. In quale ordine mettere allora due o più avvenimenti contemporanei? trovare un taglio del raccontare storicamente vuol dire in qualche modo scegliere e interpretare, selezionare arbitrariamente al contrario, narrare tutto - fosse mai possibile - non significherebbe alla fine non raccontare nulla?

Un altro esempio classico (sempre Carr): perché di tanti passaggi del Rubicone ce ne interessa solo uno? Direte: la loro importanza storica, cioè le conseguenze sulla società. E’ per questo che la nostra definizione parlava di “fatti memorabili”. Ma anche questa soluzione non è semplice. Quali sono i fatti memorabili?

Vediamo tre “fatti”, attraverso tre documenti: A. Il Diario di Giuseppe Bottai alla data del 30 novembre 1938: “Il Gran Consiglio s’è adunato per discutere la legge di Balbo sulla cittadinanza agli arabi della Libia. Prima di affrontare l’argomento, Mussolini, richiamando gli astanti al più assoluto riserbo, dichiara: ‘Voglio dirvi quali sono le linee direttive del dinamismo fascista negli anni a venire. Non ci prefiggiamo delle date. Lo sviluppo della nostra azione sarà più o meno rapido nel tempo, a seconda delle circostanze. Abbiamo vendicato Adua, con la conquista dell’Etiopia. Vendicheremo Valona, con l’annessione dell’Albania. L’Albania ci è necessaria per gravitare nella regione balcanica. Contrapporremo alla linea di penetrazione tedesca, lungo il Danubio, la linea Durazzo-Istanbul. Vengo al Mediterraneo. La nostra posizione in questo mare chiuso è pesantissima. Bisogna migliorarla. Ci è necessaria la Tunisia; e la Corsica. Poi, c’è un’altra questione con la Francia: Gibuti. Infine terremo di mira la Svizzera. La Svizzera sta crollando. I giovani svizzeri non sentono la Svizzera. Noi porteremo il nostro confine al Gottardo’.” - Non credo difficile convenire che questa riunione è un “fatto memorabile”. Ma vediamo un altro caso

B. La pubblicazione di un Manuale di buone maniere francese del 1627: “E’ veramente indecente prendere con le mani un cibo grasso, una salsa o uno sciroppo; questo ci costringe a compiere, a prescindere da tutto il resto, altre due o tre operazioni indecenti; ci costringe ad esempio a pulirci di frequente le mani nel tovagliolo insudiciandolo fino a ridurlo come uno strofinaccio da cucina, cosicché quelli che le vedono portare poi alla bocca ne traggono una sensazione sgradevole. Diversamente, bisogna pulirsi le mani con il pane, e anche questo è un atto assai poco corretto. Resta infine la possibilità di pulirsi le dita leccandole, e questo è il colmo dell’impropreté. Anche la pubblicazione di questo manuale è un “fatto memorabile”?

C. Una giovane sposa sempre del Seicento scrive al marito lontano: “Cuore mio carissimo, mi è molto gradito avere questa occasione per rinnovarvi, questo giorno di capodanno, il voto che ho fatto d’amarvi tutta la vita e di non amare al mondo altri che voi. Vi prego, mio caro amico, di ricordarvi di me, ché, tutte le volte che penserete a me, troverete il mio pensiero rivolto a voi, di modo che, anche se i nostri corpi sono separati, i nostri spiriti siano sempre insieme” Anche la scrittura di questa lettera è un “fatto memorabile”?

La risposta è che, in realtà, non è possibile dirlo, perché “il fatto storico-elementare, l'avvenimento-atomo non esiste” (Paul Veyne, Come si scrive la storia) Il motivo è che tutti gli avvenimenti storici hanno senso solo all'interno di una serie Vediamo un esempio proposto da un grande storico e sociologo tedesco di questo secolo, Max Weber: Tra Federico Guglielmo IV di Prussia che prende una importante decisione politica e il modo in cui decide di andare vestito la mattina (tra il re ed il suo sarto) c'è differenza dal punto di vista storico? Sembrerebbe ovvio di sì; e invece le cose sono assai più complesse: la serie della politica la serie dell’abbigliamento del potere E, allora per tornare agli esempi precedenti, anche la storia del processo di civilizzazione o quella della storia privata

Guai al feticismo dei documenti: i fatti storici non ci giungono mai in forma "pura" e “oggettiva”attraverso i documenti, essi ci giungono sempre riflessi nella mente di chi li registra: Ogni evento ci arriva attraverso testimonianze o tracce in cui l’autore ci dice in realtà cosa pensava fosse accaduto o avrebbe dovuto accadere o forse solo voleva che altri pensassero che egli pensasse o pensava di pensare Immaginiamo di essere un contemporaneo, testimone di Waterloo, addirittura il protagonista principale, Napoleone; potrei lasciare solo una testimonianza parziale, il mio punto di vista, diversa da quella del comandante dell’artigleria, dell’ultimo fante, di Wellington, di un ufficiale inglese ecc. (l’esempio di Rashomon) Dunque, anche per questo motivo occorre una rielaborazione

A differenza della scienza, la storia non può lavorare su dati oggettivi, senza concetti; ma i concetti non sono oggettivi un divertente esempio escogitato da un altro storico, Irenée Marrou (La conoscenza storica), per dimostrare l’impossibilità di ogni tentativo di descrivere un episodio del passato risalendo alle cose in se stesse, al puro fatto senza concetti. Vediamo se qualcuno tra voi è in grado di identificare questo importantissimo evento storico da una descrizione fatta in termini di assoluta naturalità: “In un momento del divenire universale (momento che potrebbe essere individuato con riferimento alla precessione degli equinozi e ai movimenti apparenti della luna e del sole), in un punto della superficie terrestre definito dalle coordinate x° di Lat. N. e y° di Long. E Greenwich, in uno spazio chiuso, a forma di parallelepipedo rettangolo, in cui erano riuniti circa trecento individui maschi della specie homo sapiens, penetrò un altro individuo della stessa specie descrivendo una traiettoria rettilinea. Nell’istante t + n, mentre gli altri presento oscillavano leggermente in posizione di equilibrio, dodici di loro si mossero percorrendo a velocità sostenuta delle traiettorie convergenti che al punto m si incontrarono con quella dell’ultimo arrivato. Nell’estremità prensile dell’arto superiore destro ciascuno dei dodici stringeva un acciaio affilato a forma di piramide che, spinto d aviva forza, penetrò nel copro del suddetto individuo producendogli traumi tali da cagionarne la morte.”

Concludiamo: natura selettiva del lavoro dello storico (elemento soggettivo) l’intervento diretto dello storico è perciò assai più probabile e forse necessario

2. La risposta dello storicismo Ipotesi B (storicista): distinzione profonda, differenza assoluta tra fatti e ricostruzione la storia consiste essenzialmente in interpretazioni soggettive dei fatti Hegel (1830) scrive: «Anche lo storico comune e mediocre, il quale crede e pretende di non comportarsi che ricettivamente, solo abbandonandosi al dato, non è passivo col suo pensiero, egli porta con sé le sue categorie e attraverso esse vede l'oggetto»

la storia non può che essere letta partendo da un punto di vista (lo Spirito, la lotta di classe, la libertà, l’emancipazione femminile, ecc.) la storia è quindi una memoria partecipante, creativa, soggettiva, talvolta militante sono i valori che ci permettono di individuare ciò che è rilevante e ciò che non lo è abbiamo rovesciato la formula precedente: il «duro nocciolo rappresentato dalle interpretazioni» e la «polpa circostante dei fatti»

Anche l’ipotesi B non convince del tutto: se c’è una differenza profonda tra passato e racconto che ne fa lo storico quale criterio di verità e di oggettività lega la ricostruzione al fatto? la storia non rischia così o di essere ridotta a semplice applicazione preconcetta di visioni del mondo (dallo storico “antiquario” allo storico “militante”) o di essere ridotta a una forma di piacevole intrattenimento, bello come un romanzo e forse migliore perché con una base (remota) di verità oggettiva già gli antichi, del resto, si erano posti il dilemma: la storia aveva un valore pratico oppure no? essa era magistra vitae (maestra di vita, con tutto quello che ciò poteva significare) o era essenzialmente fabula, aveva cioè essenzialmente un valore letterario dilettevole? era ricostruzione puramente razionale a scopo costruttivo, oppure aveva il significato di una continua molla della curiosità e andava collocata all'interno di quella forma letteraria che gli antichi chiamavano retorica?

Lezione IV. La “rivoluzione” delle “Annales”: né storia dei fatti né storia dei valori

Anche la storia ha il suo Einstein: Marc Bloch il più grande cambiamento della conoscenza storica - il luogo: la Francia - la data il 1929, anno della fondazione di una rivista, le "Annales d'Histoire economique et Sociale" di Marc Bloch e Lucien Febvre.

la definizione di Bloch: la storia come «scienza degli uomini nel tempo» esaminiamo: scienza: metodo critico, ma insostituibilità dell’intuizione soggettiva (il fresatore e il liutaio) uomini: al plurale tempo: l’unica scienza sociale che tiene conto del dato temporale, più che semplicemente del passato

Perché una “rivoluzione”? A) una nuova immagine di ciò che è storico: la polemica con la histoire évenementielle: l'avvenimento (una battaglia, un trattato, uno scisma religioso) unico, eccezionale e irripetibile; le strutture (demografia, ambiente, produzione, consumo, alimentazione, sistema di potere, mentalità) che invece permangono

una “storia più umana e più ampia”, meno interessata agli aspetti narrativi e più a quelli “strutturali” dall'irripetibile al ripetuto; la ricerca è degli elementi comuni a tutti gli individui, a cominciare da quelli quotidiani (alimentarsi, vestirsi, lavorare): la storia "al plurale", la storia dei molti, della gente comune contro la storia dei pochi individui eminenti

B) una rivoluzione documentaria: il ventaglio degli "oggetti" di ricerca si allarga e con loro si allargano le fonti al di là di quelle scritte: il documento base, l'unità di informazione non è il fatto, ma il dato, il corpus di dati, al limite suscettibile di elaborazione in serie (elementi quantitativi, tracce) C) una rivoluzione metodologica: approccio storico globale: uso contemporaneo di molti strumenti di analisi provenienti da discipline diverse e importanza del “lavoro di gruppo"

D) Una rivoluzione nel modo di impostare il problema del “giudizio” storico lo storico e il giudice: apparentemente, lo stesso lavoro (accertamento fatti, vaglio testimonianze) ma la sentenza? quale è la legge che si deve applicare? giudizio, sì; ma giudizio storico (analisi storica), non politico o morale: mai dire cosa si sarebbe dovuto fare, dire solo cosa si è fatto, cosa non si è fatto e spiegare Capire, comprendere: “Robespierristi, antirobespierristi, diteci per favore, chi fu Robespierre”

Lezione V. Qualche conclusione: Esiste un paradigma scientifico?

c’è una inevitabile distanza tra fatto e racconto; la nostra conoscenza è relativa e limitata la storia dunque “è ciò che del passato lo storico riesce a possedere” dunque, l’oggettività non esiste: la storia è inseparabile dalla storico: non può essere la fredda registrazione proposta dal positivista ma sottolineare il ruolo attivo dello storico nonn deve necessariamente condurre all’arbitraria costruzione della realtà attraverso il pensiero proposta dallo storicista

E’ storia solo una ricerca basata su prove, sullo studio di documenti la storia è una forma di conoscenza scientifica (del resto, ogni verità scientifica è ormai intesa oggi come limitata e probabilistica) E’ storia solo una ricerca basata su prove, sullo studio di documenti Forse, la storia non è esattamente una scienza, nel senso che diamo normalmente alle “scienze esatte” scienze nomotetiche e scienze idiografiche ma è certamente una forma di conoscenza fornita di un suo preciso paradigma scientifico: le ricerche storiche si distinguono per la presenza di “marchi di scientificità” citazioni dei documenti (virgolette) note appendici documentarie

E’ questo che distingue dalla finzione, dal romanzo, dal pamphlet polemico, dal giornalismo ciò che non è documentabile con precisione in una fonte, ciò che è solo possibile ma non è dato dallo storico come tale (una congettura cioè su indizi e non una realtà) non è storia, può fare “colore”, può appassionare il lettore ma è puro arbitrio: Talvolta cadono nella trappola gli storici stessi, per farsi leggere di più (Vidotto, p. 34)

tuttavia, un momento soggettivo è ineliminabile come si può cercare di capire il passato senza porsi domande? E le domande significano soggettività Un ruolo soggettivo della storico è necessario nell’individuare i problemi (es. il fascismo italiano si impose solo con la violenza o ottenne anche consenso? E se sì come e perché?) e nell’individuare la documentazione adatta a risolverli Il necessario elemento soggettivo non è dunque quello pregiudiziale, quello di leggere le cose necessariamente da un punto di vista (le visioni del mondo, i nostri valori, ma quello di partenza: elaborazione del questionario e delle ipotesi connesse che vanno verificate (ed eventualmente fatte cadere) sulla base dei dati disponibili nella documentazione ci può essere, insomma, una verità della ricerca storica, anche se essa non può essere oggettiva

Per questo, la storia non si può fare non solo senza prove, ma anche senza problemi intellettuali: ciò che è solo curiosità erudita, gusto per la cronaca, amore per il retroscena in sé, gusto del paradosso, non è storia, può fare “colore”, può appassionare il lettore ma è puro arbitrio: Il caso dei giornalisti e di molte trasmissioni televisive, anche se non tutti, naturalmente (il caso di Indro Montanelli)

Cercheremo dunque, in questo corso, di mettere in pratica la concezione di storia che abbiamo delineato e di praticare una storia: basata sul metodo critico, su prove indiscutibili animata da problemi “al plurale” e non esclusivamente “evenemenziale” che cerca di comprendere e non di giudicare moralisticamente il passato senza pregiudizi

E' questa una prima caratteristica della riflessione storica che chiunque seguirà le mie lezioni si troverà continuamente di fronte e - spero - imparerà ad apprezzare: non so se la storia insegni qualcosa, ma certo è un meccanismo "infernale" di continua revisione e messa in dubbio delle certezze assolute, delle teorie e delle astrattezze dei quadri "tutti di una tinta" della linea retta che ci si illude possa dividere la ragione dal torto di ogni semplificazione e semplicismo la storia è una continua creatrice di problemi, non di soluzioni la storia forse non è magistra vitae nel senso che gli davano gli antichi, ma insegna a pensare senza miti e ad analizzare il mondo senza pregiudizi

Lezione VI: Di che si occupa la storia contemporanea?

1. La risposta del senso comune la parte della storia più vicina a noi: storia medievale, moderna, contemporanea semplice partizione convenzionale a fini pratici: non si può studiare tutto insieme

Anche qui il senso comune nasconde dei problemi: c’è perfetta continuità e nulla cambia tra un periodo e l’altro o si tratta di fasi di epoche diverse e caratterizzate? nel secondo caso (il che sembra evidente per medioevo ed età moderna) dove va collocata la frattura per l’epoca contemporanea e dunque dove va fatta iniziare?

2. La risposta degli storici Moderno e contemporaneo Moderno da hodiernus, la storia di oggi, quella che ci circonda, contrapposta all’”età di mezzo” (e dunque un ritorno di grandezza dopo l’antichità) Moderno = progresso; dunque termine valutativo, connotato in termini positivi (pensate a “modernità”, “modernizzazione”) Non c’è però grande discussione sull’esistenza di una età moderna la cui origine, in genere, si fa risalire al 1492 (qualcuno 1453) fine egemonia papato e impero nascita stato assoluto “moderno” divisione cristianità antico regime

contemporaneità = hodiernitas, attualità, l’essere oggi. E “contemporaneo”? In genere, non ci si pensa troppo: si sovrappone a moderno? In una prima semplice accezione, è esattamente così: la storia contemporanea è una fase del moderno contemporaneità = hodiernitas, attualità, l’essere oggi. storia contemporanea come storia del tempo presente storia della generazione vigente (finché ci sono gli ultimi testimoni: oggi, forse, Grande Guerra) un confine che si sposta continuamente: ciò che è contemporaneo per me non lo è più per voi; e ciò che è contemporaneo per mio padre non lo è più per me

Questa concezione si riflette nel fatto che in alcuni paesi la nozione di “storia contemporanea” non viene praticamente usata: il mondo anglosassone parla di modern history, distinguendo tra early modern e late modern (rivoluzioni politiche nel ‘600) il mondo tedesco Neuzeit, distinguendo poi tra frühe Neuzeit (1492-1789), Neuzeit (fino 1918), neuste Zeit

Anche nel mondo anglosassone il termine si sta lentamente diffondendo Nella tradizione francese, nella nostra, in quella spagnola si parla invece di “storia contemporanea” (in Italia, prima cattedra universitaria nel 1961) Anche nel mondo anglosassone il termine si sta lentamente diffondendo la più autorevole rivista del mondo, pubblicata a Londra e New York, si intitola “Journal of Contemporary History” Dietro questa definizione sta un’idea diversa, quella che esista una ”epoca contemporanea”, anzi una vera e propria civiltà diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta confine fisso che dipende da una periodizzazione viviamo in un mondo profondamente diverso dal passato: perché, come, quando le cose sono cambiate? quando è nato il nostro mondo? quali sono gli influssi formativi e le differenza qualitative che contrassegnano la nostra epoca?

Cosa significa “periodizzazione”? La periodizzazione Cosa significa “periodizzazione”? una delle prime operazioni dello storico collocare gli avvenimenti nel tempo in una sequenza di prima e dopo (identificare un’origine e una fine) naturalmente, non una magia, un momento fatale: ci si addormenta “moderni” e ci si sveglia “contemporanei” E, naturalmente, nella contemporaneità possono rimanere molte cose “moderne” o “antiche” (pensate a una tribù amazzonica che viva oggi)

Con quali strumenti concettuali gli storici “periodizzano”? Le scansioni della storia (gli strumenti della “periodizzazione”) sono in genere quattro (valore interpretativo e spesso convenzionale): decennio illusione razionalizzatrice della scansione decimale (The Roaring Twenties) generazione più concreta (25 anni), ma una generazione parte ogni anno La generazione del ’98 in Spagna, la generazione del ’99 in Italia, la generazione del ’68 secolo dalla fine del Settecento secolo della ragione, dei lumi, del progresso ecc. civiltà

Quali ipotesi interpretative abbiamo su di una “civiltà contemporanea” e le sue origini? 1750-1840 (Landes; Wallerstein: la rivoluzione industriale) 1789 (Rémond; le rivoluzioni atlantiche, 1776) 1815 (Kennedy) 1848 (Pombeni) 1870 (Fieldhouse) 1890 (Barraclough; Bracher) 1914 (Mayer; Hobsbawm) 1945 (Arendt) 1989 (Fukuyama) Dico subito che a mio avviso l’ipotesi più convincente non è esattamente nessuna di queste, ma una che individua un’ampia fascia di rivoluzioni (demografica, sociale, politica, culturale: 1750-1850) che hanno cambiato profondamente la faccia del mondo

Lezione VII. La legittimità della storia contemporanea

Il problema della poca distanza temporale: Una “distanza legittimante”? già affrontato: solidità di documentazione, raffreddamento delle passioni, sì Ma il tempo è garanzia? Croce e la storia “sempre contemporanea” Si è sempre fatto (De Felice) La distanza non è garanzia (il caso di via Rasella) La garanzia è nel distacco e nella valutazione critica

In parte, ciò è inevitabile Il vero problema è la pressione molto forte che la politica esercita proprio sulla storia contemporanea In parte, ciò è inevitabile la storia come disciplina scientifica nasce nel XIX come contributo alla costruzione della nazione oggi la storia è scientifica e cerca di essere super partes, ma non bisogna illudersi che queste origini non contino ancora perché si continua a praticale largamente un “uso politico della storia”

E’ stato il filosofo Jürgen Habermas nel 1987-87 a parlare per primo, nel corso di un dibattito sulla memoria del nazismo, a parlare di uso pubblico della storia Intendeva l’estensione del discorso storico fuori dall’originario ambito scientifico e disciplinare destinato a specialisti Il caso di Ciampi; la Germania; Vichy; Algeria; le foibe; la storia “condivisa” Deprecare non ha senso; ma gli storici debbono correggere e svelare forzature e falsificazioni

C’è poi la natura spesso politica della storia contemporanea: Interesse politico La storiografia delle appartenenze partitiche Una storia dal punto di vista delle ideologie politiche (la Storia d’Italia Einaudi degli anni Settanta: le occasioni mancati; i difetti da riuovere; la storiografia liberale e l’età giolittiana) Il negazionismo

Il caso completamente diverso del revisionismo Revisionismo politico Revisionismo storico: la storiografia sul fascismo di Renzo De Felice e quella sul nazismo di George L. Mosse e il “paradigma antifascista” Il revisionismo (nel senso alto) ha anzi aperto la strada a una nuova storia politica attenta alla società di massa Anche la storia dei partiti di Pombeni La Storia della guerra civile di Pavone I miti e i simboli della politica (Ozouf, Agulhon, Nora, Gentile)

Altro grande problema la pressione della “memoria” Memoria partecipata, viva, diretta contro storia fredda, asettica razionale Memoria sempre individuale: sempre personale, portatrice di verità, ma anche inaffidabile e fallace Storia come ricostruzione critica E la memoria collettiva: credo non esista; esistono immagini collettive del passato e queste sono uno degli oggetti più interessanti della storia, ma assolutamente non la storia