Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 10

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Transcript della presentazione:

Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 10 L’errore Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 10

Nescienza, ignoranza ed errore La nescienza è la semplice assenza del sapere L’ignoranza è l’assenza di un sapere per il quale si ha attitudine naturale e che si può o deve acquisire L’errore consiste nell’affermare come vero il falso o anche affermare di conoscere ciò che non si conosce

La falsità La falsità, che si contrappone alla verità, è l’inadeguazione dell’intelletto con la realtà La conoscenza della verità è un bene per l’intelletto e di conseguenza la falsità ne è un male e ne provoca la corruzione Gli abiti che favoriscono la retta conoscenza dell’intelletto sono chiamate virtù dianoetiche

La falsità e l’intelletto Come la verità è presente principalmente nell’intelletto, ma è fondata nell’atto di essere della cosa, la falsità è presente solo nell’intelletto e non può essere nella cosa poiché ogni ente, per il fatto di essere, è vero Quando l’intelletto coglie una realtà, non la coglie in tutta la sua pienezza, perciò può essere formalmente falso solo il giudizio della mente

L’errore è il male dell’intelletto Ogni valutazione erronea deriva dal difetto di qualche principio conoscitivo dell’intelletto L’errore è possibile nel passaggio dalla potenza all’atto, in particolare un ragionamento sbagliato è un’attualizzazione inadeguata di ciò che è potenzialmente contenuto in premesse vere Come ogni male, anche l’errore dell’intelletto non si da per se, ma per accidens

L’errore come privazione L’errore deriva da una mancanza di conoscenza non ritenuta come tale Nel giudizio erroneo si prende la parte che si conosce attribuendola ad un’altra che non si conosce: si ha quindi un’apparenza (occultamento parziale dell’essere vero della cosa) Altre volte si ha un ragionamento non corretto nelle sue conclusioni oppure si accetta come vera una testimonianza falsa

L’errore pratico L’errore pratico si ha quando l’intelletto dirige le altre potenze, quali la volontà e le facoltà inferiori, non secondo la regola morale proposta dalla ragione, aderente alla realtà, ma lasciandosi attrarre da un bene particolare L’intelletto non si sbaglia nel suo oggetto proprio, ma, per accidens, nel prestare o no attenzione nel giudizio di attribuire, comporre o dividere

Il riconoscimento della falsità Nell’errore manca un’attenzione o una riflessione che dovrebbe esserci La condizione umana possiede dei limiti e talvolta vogliamo giudicare senza renderci conto che le conoscenze non sono ancora sufficienti Prestando attenzione e tornando sui propri giudizi attraverso la riflessione, possiamo uscire dall’errore

La causa dell’errore L’errore, considerato come privazione, non ha bisogno di una causa efficiente, invece come giudizio, deve averla e questa sta nella volontà che può essere più o meno deliberata e più o meno ferma nell’errore Intelletto e volontà interagiscono nell’errore, così come nel male morale, facendosi attrarre l’uomo da beni particolari e interessi personali

Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 11 Teorie scettiche Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 11

Lo scetticismo La parola viene dal greco sképtomai che signifi-ca esaminare, indagare, osservare attentamente Lo scetticismo è dunque l’atteggiamento di chi, dopo l’indagine, conclude che non si può affermare nulla con certezza e non si può far altro che sospendere il giudizio

Forme di scetticismo Lo scetticismo universale si rivolge contro la conoscibilità di ogni giudizio in generale; quello parziale contesta solo alcuni giudizi Lo scetticismo assoluto afferma l’inconoscibilità per chiunque e sempre; quello relativo si riferisce solo allo stato attuale dello scettico Lo scetticismo teorico sviluppa una teoria gnoseologica, mentre quello pratico ricerca una serenità interiore rifuggendo da ogni “dogmatismo”

Pirronismo Pirrone di Elide (360 – 270 a.C. circa) sostenne una completa sospensione del giudizio al fine di ottenere l’atarassia o perfetta indifferenza di fronte a ogni cosa Ma restare nel proprio silenzio imperturbabile e felice notò Aristotele ironicamente che equivale a vivere come una pianta

Probabilismo Arcesilao e Carneade, membri della Nuova Accademia, si opposero all’assolutismo dei pirroniani ammettendo che ci si può pronunciare a favore di un’opinione ammettendola solo come probabile Non si può possedere la verità, ma solo congetture su ciò che è plausibile o verosimile

Fenomenismo Enesidemo di Cnosso (I° sec. A.C.) compendiò nei tropi i principali argomenti dei fenomenisti Per i fenomenisti conosciamo le cose solo per come appaiono, senza poter sapere che cosa siano realmente Possiamo conoscere solo le apparenze, ma della realtà non si può affermare o negare niente

Empirismo Ammessi solo i fenomeni nel loro aspetto fattico, è possibile cercare le leggi di relazione, ma senza superare i dati dell’esperienza La nozione di causa, in quanto relazione, è considerata come soggettiva e non oggettiva già da Sesto Empirico

1° argomento: la diversità di opinioni La diversità di opinioni dei filosofi è uno “scandalo” per molti, che non capiscono come sia possibile non trovare un accordo sulla verità, qualora questa ci sia Se non si può avere una certezza comune e condivisa della verità, allora non restano che le opinioni personali

2° argomento: l’errore e l’illusione I sensi ci ingannano con allucinazioni e illusioni L’intelligenza commette errori di giudizio e di ragionamento Nel sogno le cose sembrano reali e l’immaginazione crea fantasmi che ad alcuni uomini sembrano veri La vita è sogno? E l’impegno è pazzia?

3° argomento: la relatività Ogni cosa è conosciuta da un soggetto determinato che confonde i suoi desideri con la realtà Si conosce a partire da una situazione concreta e limitata La conoscenza è figlia della cultura e dell’epoca storica, in base alle quali va interpretata Le cose sono inserite in un tessuto di relazioni reciproche impossibile da conoscere pienamente

4° argomento: il circolo vizioso Non si deve ammettere come certo nulla che non sia dimostrato Ogni dimostrazione parte da principi o premesse che a loro volta devono essere dimostrate Allora o questo è un circolo vizioso o si porta all’infinito la ricerca di un terreno sicuro su cui costruire

Motivi etici: ignoranza e ostinazione Le tre prossime lezioni saranno dedicate alla confutazione di ciascun argomento In generale, si può già dire che si può cadere nello scetticismo per ignoranza, perché non si è capaci di contraddirne gli argomenti Ma a volte anche per ostinazione di non voler riconoscere la necessità di partire da principi indimostrabili, mascherando propri interessi

Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 12 I primi principi Corso di Filosofia della conoscenza Lezione 12

La metafisica è la scienza dei primi principi Se un principio vale per tutte le scienze, vuol dire che si applica ad ogni tipo di ente Ora, poiché la metafisica studia l’ente in generale, sarà compito della metafisica studiare quei principi generali usati da tutte le scienze Tali principi sono per se noti e non possono essere dimostrati, ma spiegati nel significato dei termini che vi compaiono

Il principio di non-contraddizione È impossibile che lo stesso attributo, allo stesso tempo, appartenga e non appartenga allo stesso oggetto e nella stessa relazione L’ente non è il non-ente È impossibile che due contrari si riferiscano contemporaneamente allo stesso soggetto Non si possono attribuire predicati contraddittori ad una stessa cosa

Ragioni di San Tommaso Il principio di non-contraddizione è il più certo e saldo di tutti i principi perché: Intorno ad esso non ci si può sbagliare Non presuppone altri principi Alla sua conoscenza si perviene naturalmente

Influenza sulle altre scienze Le scienze particolari ricorrono al principio di non-contraddizione secondo i propri fini: In logica, la sua non accettazione porterebbe ad ammettere che una proposizione possa essere vera e falsa contemporaneamente In fisica, se non si coglie la distinzione tra potenza e atto si può arrivare a negare il movimento o a identificarlo con l’essenza stessa della realtà

Difesa metafisica del primo principio Non si può darne dimostrazione ma solo argomentarne la necessità e mostrare l’assurdità della sua negazione Se si afferma qualcosa (che il primo principio non valga) si esclude la sua negazione e quindi una tale negazione annulla se stessa Se non si afferma niente ci si riduce a vivere come una pianta

Non tutto è dimostrabile Se tutto fosse dimostrabile si dovrebbe procedere all’infinito nella ricerca dei principi di ogni dimostrazione In particolare il primo principio non è dimostrabile poiché contiene in se stesso il senso per cui si cerca una dimostrazione che è il voler distinguere il vero dal falso: se questi potessero coincidere che senso avrebbe una dimostrazione?

Superbia dello scetticismo La pretesa di dimostrare anche ciò che è evidente è una paranoia intellettuale Non si vuole accettare una realtà esterna per poterci costruire da noi stessi l’universo delle nostre conoscenze certe Meglio non avere nessuna conoscenza piuttosto che sottomettersi ai dettami della realtà

Contraddizione e dialettica Per Hegel la contraddizione sarebbe la realtà più profonda delle cose, radice di ogni movimento e vitalità In tal modo si richiederebbe l’esistenza di un termine intermedio tra essere e non-essere Comunque, anche nel cambiamento, non tutto si muove, ma c’è qualcosa che permane nel passaggio dal termine a quo al termine ad quem

Potenza e atto La soluzione della difficoltà sta nel riconoscimento della distinzione tra potenza ed atto In un ente soggetto a mutazione, la medesima cosa può identificarsi simultaneamente con due contrari solo in potenza, ma non in atto Non tutto si trasforma in tutto, ma solo ciò che è in potenza può passare in atto (panevoluzionismo e materialismo dialettico)

Eterno ritorno e dialettica Già Aristotele faceva notare che se si afferma che tutto è in movimento, si ammette una verità stabile; quindi ammessa la realtà della contraddizione, se ne negherebbe l’esistenza poiché tutto è identico a tutto e quindi non è necessario che nulla si muova Anche Schelling aveva già osservato che “le aspre opposizioni” hegeliane si risolvevano in un noioso divenire ideale: l’eterno ritorno, la ruota che gira senza fine