Prevenzione cardiovascolare

Slides:



Advertisements
Presentazioni simili
COME MANTENERE IL CUORE SANO
Advertisements

ESERCIZIO FISICO E PREVENZIONE : Malattie cardiovascolari
Campagna Educazionale Regionale ANMCO Toscana
Francesco Angelico I Clinica medica – Sapienza Università di Roma
METODI STATISTICI PER LO STUDIO DELL’ASSOCIAZIONE TRA DATI QUALITATIVI
INDICE GLICEMICO: COS’E’
Definizione di Dieta Mediterranea
Anemia e Malattia Renale Cronica
Sicurezza domestica: rilevanza del problema e percezione del rischio
N. pazienti in Migliaia N. Pazienti con IRC (2002: ) N. Pazienti in Dialisi (2002: )
S.C. Nefrologia e Dialisi
LA GESTIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA IPERTENSIONE ARTERIOSA
La Cardiologia Preventiva nella Pratica Clinica Le Linee Guida
RISCHIO ASSOLUTO LA PROBABILITA, OSSERVATA O CALCOLATA, DI UN EVENTO IN UNA POPOLAZIONE IN STUDIO. Last JM. A dictionary of Epidemiology.
Campagna Educazionale Regionale ANMCO Toscana DIFENDIAMO IL CUORE Casciana Terme, 12 gennaio 2008, Gran Hotel San Marco Lefficacia della prevenzione secondaria.
1° Campagna Educazionale Regionale ANMCO Toscana DIFENDIAMO IL CUORE Casciana Terme 12 gennaio 2008 Sorveglianza epidemiologica regionale delle malattie.
I nuovi obiettivi terapeutici allo studio con statine
PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE LUSSO O NECESSITA’
Campagna Educazionale Regionale ANMCO Toscana
OBIETTIVI TERAPEUTICI
di Gian Francesco Mureddu
La prescrizione di un farmaco si dice appropriata se i benefici per la persona superano i rischi che essa corre. Appropriatezza terapeutica.
CONCETTO DI RISCHIO RISCHIO ASSOLUTO RISCHIO RELATIVO
Andrea Pozzati Cardiologia, Bentivoglio (BO) Area Prevenzione ANMCO
Area Prevenzione Cardiovascolare
Campagna Educazionale Regionale DIFENDIAMO IL CUORE
Perche’ i diabetici sono pazienti ad alto rischio?
Il nuovo progetto regionale VIRC (Valutazione Integrata del Rischio Cardiovascolare) per la prevenzione Mario Cordoni U.O. Malattie Cardiovascolari – UTIC.
Alessandro Iadanza UOC Emodinamica AOUS Siena
IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE E LE RACCOMANDAZIONI IN PREVENZIONE
Massimo Uguccioni Area Prevenzione ANMCO Corso di Formazione Regionale
Cardiologia-UTIC Carrara
Inquadramento delle dislipidemie
L’INFARTO DEL MIOCARDIO OGGI COME PREVENIRLO COME CURARLO OVVERO ( Prevenzione primaria e secondaria della cardiopatia ischemica)‏ RELATORE DR. ADOLFO.
IPERTENSIONE ARTERIOSA
DALL'INTERVALLO DI PROBABILITÀ
GLICEMIA, COLESTEROLO E RISCHIO CARDIOVASCOLARE
Boscaro Gianni & Brugnaro Luca
ALCUNI TERMINI: POPOLAZIONE CAMPIONE CAMPIONAMENTO INFERENZA STATISTICA PARAMETRI (ad es. ) STIMATORI (ad es. x) n: DIMENSIONE DEL CAMPIONE MISURE.
MISURE EPIDEMIOLOGICHE
Perché consigliare l’attività fisica
Valutazione Economica del MRC/BHF Heart Protection Study 1 Heart Protection Study Collaborative Group University of Oxford, UK Copyright © 2008 Merck Sharp.
Fattori di rischio cardiovascolare e salute della popolazione
Cos’è un problema?.
Analizzare i dati: Usare linformazione per decidere bene.
OBESITA’ E MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Le problematiche metaboliche nei neonati SGA
L’AIPA di Padova i primi 25 anni di attività
Il documento regionale
Basi epidemiologiche ed inquadramento diagnostico
Trattamento del Tabagismo Dr. Paolo Civitelli. Fumo e SSN Prima causa di mortalità evitabile 10% dei morti (il 25% tra i 35 e i 65 anni) 15% dei ricoveri.
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Rischio Assoluto Probabilità, osservata o calcolata, di un evento cardiovascolare, fatale o non fatale, in un soggetto o in una popolazione in studio Se.
Nuova Nota 13 Dislipidemie familiari
usa farmaci inducenti iperlipidemia soffre di dislipidemia familiare
Le istituzioni e la Prevenzione
LE MISURE EPIDEMIOLOGICHE DI ASSOCIAZIONE E IMPATTO
GEOGRAFIA DEI NUMERI Accademia dei Lincei - Roma 18 Ottobre2011
TRAUMI CRANICI INCIDENZA
STRUMENTI PER LA RICERCA IN MEDICINA GENERALE: LESPERIENZA DI NETAUDIT E IL CONTRIBUTO DI EPI INFO STRUMENTI PER LA RICERCA IN MEDICINA GENERALE: LESPERIENZA.
OUTLINES Il diabete è una malattia cardiovascolare Il paziente diabetico ha una elevata prevalenza di vasculopatia periferica La pluridistrettualità.
Malattie Cardiovascolari
EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI COLO-RETTALI
La Vertigine Parossistica Posizionale “Benigna” in età geriatrica:
GESTIONE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICA
FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
Colesterolo come fattore di rischio per la cardiopatia ischemica
Statine e dislipidemie nelle SCA: dal razionale d’uso all’uso razionale sostenibile Dr A Valbusa, UO Cardiologia, Azienda Ospedaliera Universitaria San.
LE MALATTIE CEREBROVASCOLARI NELLE DONNE Prevalenza e Prognosi Dott
Esercizi Due gruppi di studenti effettuano la misura della densità di un oggetto, trovando rispettivamente i valori 13.7 ± 0.9 g/cm3 e ± 1300 kg/m3.
Transcript della presentazione:

Valutazione del rischio cardiovascolare: livelli target per la colesterolemia

Prevenzione cardiovascolare Siamo tutti d’accordo che è cruciale L’attuazione di un’efficace prevenzione cardiovascolare richiede non solo un intervento terapeutico attivo, comportamentale e farmacologico, ma anche, a priori, degli strumenti per categorizzare il profilo dei rischio dei malati. Si è oggi concordi nell’affermare che la prevenzione è l’unica strada che può fornire nel lungo periodo dei risultati realmente importanti nel modificare gli outcome clinici della patologia cardiovascolare. Le evidenze associate in proposito all’uso delle statine hanno ampiamente dimostrato che esse determinano benefici netti e molto consistenti. Il fatto che praticamente nella totalità dei trials in cui è stata valutata la terapia con statine siano stati messi in luce risultati favorevoli, ha posto di conseguenza il problema di quale debba essere l’ambito di applicabilità di tali farmaci, in particolare in prevenzione primaria. Appare infatti intuibile che una porzione molto larga della popolazione generale potrebbe probabilmente trarre dei benefici da un’ampia diffusione di tali trattamenti.

Prevenzione cardiovascolare Siamo tutti d’accordo che è cruciale Ma “quanto” possiamo permetterci di attuarla ? Come possiamo ottimizzarla ? Come decidere, in altre parole, nel modo migliore chi e “quanto” trattare ? Il problema che si pone, tuttavia, in modo prioritario è se una diffusione su larga scala del trattamento ipolipemizzante con statine sia realmente attuabile nella pratica clinica. Appare assai verosimile che, nel contesto attuale, prescrivere la terapia a tutti i potenziali candidati non risulterebbe una strada praticabile. Ciò porta inevitabilmente alla necessità di razionalizzare e ottimizzare la strategia di intervento aggiornandola sulla base delle nuove evidenze e della disponibilità di nuovi strumenti terapeutici. In pratica, il problema cruciale che condiziona la diffusione della terapia con statine in clinica è la sostenibilità di tale trattamento e, di conseguenza, l’individuazione di chi trattare e di quanto aggressivamente trattare.

Definizione di rischio Rischio assoluto = probabilità che un individuo manifesti un evento in un dato periodo di tempo. Si esprime in valore%. (es 10% a 10 anni) Rischio relativo = rapporto fra il rischio assoluto di un soggetto e il rischio assoluto medio di una popolazione di riferimento* *popolazione di pazienti senza fattori di rischio e di età pari al soggetto in valutazione Il complesso degli studi disponibili fornisce alcune informazioni cruciali per impostare correttamente il problema. Se si considera la maggior parte degli studi condotti con statine si possono leggere i risultati in due modi apparentemente diversi: in termini di riduzione del rischio relativo tra i soggetti trattati rispetto ai non trattati e in termini di riduzione del rischio assoluto nei soggetti trattati. La riduzione del rischio relativo è un indice della efficacia di una terapia (i.e. di quanto il trattamento ‘impatta’ sulla malattia) mentre la riduzione del rischio assoluto è un indice del beneficio che una dato trattamento produce in una data popolazione di pazienti. Entrambi questi parametri (riduzione rischio relativo e assoluto) sono importanti nel giudicare un trattamento e i risultati di uno studio clinico.

Riduzione rischio assoluto (RRA) e relativo (RRR) 14.5% 5% RRA 9.5% Nel grafico è sintetizzato il legame fra riduzione del rischio assoluto e riduzione del rischio relativo. In questa popolazione una riduzione del rischio assoluto pari al 5% (differenza fra incidenza di eventi nel gruppo placebo e incidenza di eventi nel gruppo trattato) si traduce in una riduzione del rischio relativo del 35% [(5/14.5)*100=34.8%]. Incidenza eventi gruppo placebo Incidenza eventi gruppo trattato Riduzione rischio relativo (RRR) = 35%

NNT (Number Needed to Treat) Numero di pazienti da trattare per un dato periodo di tempo per prevenire un evento NNT = 100 ARR RRA NNT= 20 Il Number Needed to Treat (NNT) indica il numero di soggetti che è necessario sottoporre a un determinato intervento di natura terapeutica per evitare il verificarsi di un singolo evento altrimenti atteso. L’NNT è l’inverso matematico della riduzione del rischio assoluto. L’NNT è un parametro chiave per giudicare la costo-efficacia di un trattamento. Per chiarire l’importanza della riduzione del rischio assoluto nella valutazione di un trial clinico, proviamo ad immaginare, riferendosi alla diapositiva precedente, che l’incidenza di eventi nel gruppo placebo sia 1,45% e nel gruppo trattato 0,9%. La riduzione del rischio relativo resterebbe del 35% mentre la riduzione del rischio assoluto si ridurrebbe a 0,5% (un decimo). Il numero di pazienti da trattare per prevenire un evento decuplicherebbe di conseguenza (200). 5%

Il rischio globale Rischio assoluto di malattie cardiovascolari nei 10 anni futuri Conseguenza della interazione fra singoli fattori di rischio Il rischio globale è il rischio assoluto che si verifichi un evento cardiovascolare in un soggetto. Viene abitualmente calcolato su un periodo di 10 anni. Il rischio assoluto viene stabilito calcolando il rischio derivante dalla presenza di molteplici fattori frequentemente coesistenti nel singolo paziente attraverso degli appositi normogrammi.

Riduzione del rischio relativo e del rischio assoluto in alcuni trials con statine 100 Riduzione rischio relativo 20 30 Rischio assoluto di morte o IMA non fatale a 5 anni nel gruppo placebo Riduzione rischio assoluto 2 5 10 15 25 40 50 4 3 1 CARE 4S Alto rischio WOSCOPS Basso rischio WOSCOPS Tutti WOSCOPS ASCOT HPS La riduzione del rischio relativo osservata nei trial con statine appare sostanzialmente costante e si attesta intorno a un valore del 30%, con qualche oscillazione dipendente da variazioni nella farmacologia delle singole molecole, ma anche dai contesti in cui esse sono state valutate. La riduzione del rischio assoluto associata al trattamento con statine si dimostra invece linearmente correlata con il rischio assoluto basale della popolazione arruolata nei singoli trials (i.e. il rischio del gruppo placebo). Modif. da Sirtori CR, Atherosclerosis 2002

Sintesi Gli interventi con statine riducono il rischio dei soggetti trattati del 30% circa … Tutto ciò può tradursi in un concetto molto pratico: se gli interventi con statine riducono il rischio relativo dei soggetti trattati costantemente del 30% circa, ne consegue che il fatto di trattare soggetti a basso o ad alto rischio determina dei risultati (e dei benefici) differenti. Si tratta del razionale su cui si fonda il fatto di passare dalla valutazione della gravità di un singolo parametro al fatto di considerare invece la valutazione del rischio globale di un determinato soggetto. Modif. da De Lapalisse

Ma il 30% di poco, è poco; ed il 30% di tanto, è tanto. Sintesi Gli interventi con statine riducono il rischio dei soggetti trattati del 30% circa … Ma il 30% di poco, è poco; ed il 30% di tanto, è tanto. Un individuo ad alto rischio globale è un soggetto in cui una riduzione del rischio del 30%, ottenuta per esempio attraverso l’impiego di una statina, è rilevante dal punto di vista clinico perché si traduce in un’importante riduzione del rischio assoluto di eventi e comporta degli NNT relativamente bassi. E’ cioè un intervento efficace e con ogni probabilità anche vantaggioso in termini di rapporto costi/benefici. Al contrario una riduzione del 30% del rischio di eventi in un soggetto a basso rischio si traduce in un piccolo beneficio assoluto e quindi in valori di NNT molto elevati. Modif. da De Lapalisse

1000 soggetti a rischio elevato 1000 soggetti a rischio lieve Trattamento con statine di gruppi di soggetti con differente livello di rischio globale 1000 soggetti a rischio elevato 1000 soggetti a rischio lieve Rischio: 25% in 10 anni Eventi osservati in assenza di trattamento: 250 Se trattati con una statina eventi evitati: 75 Soggetti da trattare per evitare un evento 1000/75 = 13 Rischio: 5% in 10 anni Eventi osservati in assenza di trattamento: 50 Se trattati con una statina eventi evitati: 15 Soggetti da trattare per evitare un evento 1000/15 = 67 Considerando 1.000 soggetti a rischio elevato (per es. rischio assoluto = 25% a 10 anni), si osserveranno in 10 anni 250 eventi se non interviene alcun trattamento attivo; se si immagina di trattare tutti e 1.000 i soggetti con una statina, ipotizzando sempre una riduzione del rischio relativo del 30%, si eviteranno 75 dei 250 eventi, con un NNT pari a 13 (andranno trattati 13 soggetti per 10 nni per evitare un singolo evento). Può essere applicato lo stesso ragionamento nel caso di una popolazione a rischio lieve (nell’esempio del 5%), cioè con un rischio tale per cui la maggior parte delle linee guida attuali non indichi l’opportunità di un intervento a carattere preventivo. Anche in questo caso, in assenza di trattamenti, si osserveranno 50 eventi in 10 anni, mentre trattando tutti i 1.000 soggetti con una statina, il 30 % di questi 50 eventi verrà evitato: ciò corrisponde a 15 eventi prevenuti, con un NNT di 67. Di conseguenza a parità di investimento terapeutico e di risorse (economiche e di impegno individuale) si avrà nel secondo contesto di rischio un risultato assai meno vantaggioso.

Identificare i soggetti a rischio moderato/elevato Obiettivo Identificare i soggetti a rischio moderato/elevato Come identificare i soggetti a rischio da moderato a elevato?

Interazione tra fattori di rischio Lo studio MRFIT 245 203-220 92 86-91 81-85 76-80 Quintili della pressione diastolica (mmHg) Quintili del colesterolo (mg/dL) <182 182-202 221-244 <76 Eventi coronarici fatali (x10.000/anno) Follow-up: 16 anni Non fumatori (n=202.504) Fumatori (n=113.595) L’epidemiologia osservazionale ha fornito numerose indicazioni che sono state però in parte trascurate, disattendendo i messaggi trasmessi nonostante il loro elevato valore potenziale. Combinando infatti i tre fattori di rischio principali, consistenti nella pressione diastolica, nella colesterolemia e nel fatto di essere o meno fumatori, già lo studio MRFIT aveva evidenziato in modo chiaro che si può identificare un trend di aumento degli eventi al peggiorare del profilo dei fattori di rischio. Ciò si traduce nel fatto che può essere di grande utilità selezionare chi ha una maggiore propensione a sviluppare un evento cardiovascolare poiché questi beneficerà maggiormente di un trattamento di natura preventiva. Kjelsberg, 1997

Pressione arteriosa sistolica (mmHg) Carta del rischio coronarico secondo le Linee Guida delle Società Scientifiche Europee Soggetti sani Donna Uomo Non fumatrice Fumatrice Non fumatore Fumatore (mg/dL) 150 200 250 300 150 200 250 300 150 200 250 300 150 200 250 300 (mg/dL) 180 180 70-79 anni 160 160 70-79 anni 140 140 120 120 180 180 60-69 anni 160 160 60-69 anni 140 140 120 120 180 180 50-59 anni 160 160 50-59 anni Pressione arteriosa sistolica (mmHg) La pratica clinica attuale italiana, vincolata dalla Nota 13 per quel che riguarda le statine, si affida allo strumento delle tavole del rischio cardiovascolare globale elaborate dalle Società scientifiche europee e che sono state costruite sulla base dell’algoritmo di Framingham. I limiti di tale algoritmo, quando applicato a una coorte italiana, sono stati oggetto di diverse critiche tanto che è attualmente in corso un processo di revisione degli strumenti che verranno utilizzati per la stadiazione del rischio, il che, verosimilmente tra qualche mese, potrebbe modificare il calcolo del rischio. D’altra parte sul piano pratico ciò che non sembra destinato invece a rapidi cambiamenti è l’approccio complessivo al problema. Le Carte del rischio indicano che semplicemente combinando i diversi fattori a partire da età, sesso, abitudine al fumo, pressione arteriosa e colesterolemia, è possibile inquadrare ciascun paziente e collocarlo in una casella corrispondente a una determinata probabilità di malattia. Come risaputo, la Nota 13 prevede attualmente il rimborso delle statine per i pazienti che abbiano, esclusivamente sulla base di questo strumento, un rischio superiore al 20% di incorrere in un evento cardiovascolare entro un periodo di 10 anni. 140 140 120 120 180 180 40-49 anni 160 160 40-49 anni 140 140 120 120 180 180 30-39 anni 160 160 30-39 anni 140 140 120 120 Basso <5% Lieve 5-10% Moderato 10-20% Alto 20-40% Molto Alto >40% Livelli percentuali di rischio EAS-ESC-ESH, 1998

Colesterolo e malattia coronarica Vecchi e nuovi scenari A B R4 R3 R2 Il fatto di applicare l’uso di un farmaco ipocolesterolemizzante sulla base del rischio individuale del paziente e non sulla base del suo valore di colesterolemia trova oggi solide basi teoriche. L’informazione ‘classica’ derivata dal MRFIT che evidenzia la correlazione curvilinea tra colesterolo ed eventi cardiovascolari, appare ormai non più adeguata per gestire il problema della prevenzione. Ci si deve cioè spostare dalla semplificazione teorica indicata nel grafico (A) a una situazione più complessa identificabile non in una sola curva ma in una famiglia di curve che descrivono nell’insieme la correlazione tra colesterolo ed eventi, prendendo atto del fatto che nei soggetti a basso rischio la relazione è sì crescente (vale a dire che il rischio aumenta al crescere del colesterolo), ma aumenta in maniera relativamente contenuta; lo stesso aumento della colesterolemia comporta invece un incremento maggiore degli eventi nei soggetti a rischio intermedio e ancora superiore nei soggetti a rischio elevato; l’aumento appare particolarmente significativo per i soggetti a rischio molto elevato. R1

Livelli di colesterolo e rischio di mortalità per malattia coronarica (CAD) MRFIT CAD presente 2 FR per CAD 18 16 14 12 Tasso mortalità per CAD a 6 anni (per 1000) 10 8 Il vecchio concetto del trattare i pazienti oltre un certo valore di colesterolemia è infatti un approccio inevitabilmente impreciso poiché porta a trattare soggetti a basso rischio applicando il medesimo cut-off utilizzato per soggetti a rischio più alto, vale dire uniformando popolazioni con differente probabilità di malattia e con rischi assoluti diversi. Il rischio associato ad una colesterolemia di 220 mg/dl, ad esempio, varia significativamente sulla base del rischio globale del paziente e quindi della curva sulla quale ‘si muove’ ogni singolo paziente. E’ importante sottolineare che si tratta di un approccio non più corretto sul piano culturale. E’ infatti assai più vantaggioso valutare il valore del rischio di per sè -e non il valore del colesterolo- come guida al trattamento. 6 4 2 140 160 180 200 220 240 260 280 300 Colesterolemia totale (mg/dL) Arch Intern Med 1992; 152:56

Livelli di colesterolo e rischio di mortalità per malattia coronarica (CAD) MRFIT CAD presente 2 FR per CAD 18 16 14 12 Tasso mortalità per CAD a 6 anni (per 1000) 10 8 Il vero obiettivo di un trattamento preventivo deve essere quello di riportare il rischio assoluto di un soggetto a valori paragonabili a quelli di una popolazione della stessa età ma senza fattori di rischio cardiovascolari. Una volta stabilito questo obiettivo si utilizzeranno le curve di correlazione colesterolemia-rischio assoluto ( in questo caso rischio di mortalità per CHD) per definire il TARGET di colesterolo da raggiungere nelle diverse categorie di pazienti (a rischio basso – curva grigia-, moderato – curva gialla- o alto –curva arancione). Ecco spiegato come scaturiscono gli target di colesterolo differenziati proposti dalle principali linee guida. 6 4 2 140 160 180 200 220 240 260 280 300 Colesterolemia totale (mg/dL) Arch Intern Med 1992; 152:56

Target di C-LDL (mg/dL) NCEP-ATP III Categorie di rischio, target di C-LDL Goals CHD ed equivalenti di rischio di CHD# <100 (rischio a 10 anni >20%) ³2 fattori di rischio <130 (rischio a 10 anni £20%) 0-1 fattori di rischio* <160 Categoria di rischio Target di C-LDL (mg/dL) CHD = malattia coronarica presente # Diabete mellito, arteriopatia periferica, malattia cerebrovascolare * Quasi tutti i pazienti con 0-1 fattori di rischio hanno un rischio CAD a 10 anni <10% L’ATPIII ha quindi identificato, seguendo un approccio basato sul rischio (vedi diapositiva precedente), i valori da considerare come obiettivi della colesterolemia LDL: <100 mg/dl in individui con elevata probabilità di malattia, vale a dire nel caso di soggetti in prevenzione secondaria o portatori di condizioni di rischio equivalenti di CHD, oppure nel caso di soggetti in prevenzione primaria ma con un rischio globale superiore al 20% nei 10 anni successivi, < 130 mg/dl nei soggetti con 2 o più fattori di rischio ma con un rischio globale inferiore al 20% a 10 anni e < 160 mg/dl nei soggetti con un unico fattore di rischio e un rischio globale inferiore al 10%. Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults, JAMA 2001; 285:2486-2497

Ridurre il Colesterolo LDL per ridurre gli eventi cardiovascolari Target di C-LDL diversi per livelli di rischio coronarico diversi, e tanto più bassi quanto più elevato è il rischio Treat to Target: tanto maggiore è il rischio coronarico assoluto tanto più evidente è il beneficio Una equivalente diminuzione della colesterolemia comporta, del resto, una piccola riduzione del rischio assoluto in soggetti a basso rischio, mentre in soggetti ad alto rischio la stessa diminuzione (ottenuta con strumenti di natura dietetica e comportamentale e/o con una terapia farmacologica) comporta una riduzione del rischio assoluto ben più importante. Nei soggetti ad alto rischio bisogna anche considerare che ridurre il livello di colesterolo LDL offre benefici rilevanti in pratica per tutta l’estensione della curva, mentre in soggetti a rischio minore il beneficio è significativo solo quando percorriamo la parte destra della curva (vedi diapositiva precedente) – i.e. per valori di colesterolo significativamente sopra la norma.

Ma ha tuttora senso fissare un “target” pari a Dubbio Ma ha tuttora senso fissare un “target” pari a C-LDL £ 100 mg/dL L’approccio attuale è, dunque, quello di stabilire dei target di colesterolo LDL differenti in soggetti a diverso rischio cardiovascolare, tanto più bassi quanto maggiore risulta il livello di rischio individuato. A un rischio maggiore corrisponde un minore il livello di colesterolo che il paziente ‘può permettersi’, messaggio che appare di facile acquisizione anche dal punto di vista del paziente. Trattare al target diventa importante, poiché il target diventa il parametro per valutare l’efficacia del trattamento, e tanto maggiore risulta il rischio assoluto, tanto maggiore di conseguenza sarà il beneficio derivante dall’intervento terapeutico. Dopo la pubblicazione di recenti studi, come il PROVE-IT, è legittimo inoltre domandarsi se il valore target per il C-LDL (< 100 mg/dl) stabilito dall’ATPIII sia appropriato per la categoria di pazienti ad alto rischio o se invece sia opportuno mirare a valori di C-LDL quanto più bassi possibile. per i pazienti ad alto rischio ?

Rischio relativo (IC 95%) HPS Eventi vascolari per livelli di LDL 0.8 SIMVA meglio 1.4 SIMVA peggio 0.4 1.0 0.6 Simvastatina (10269) Placebo (10267) Caratteristiche al basale 1.2 >130 2042 (19.9%) >100 <130 1087 1365 <100 670 881 285 360 LDL (mg/dL) Tutti i pazienti Rischio relativo (IC 95%) 2606 (25.4%) Het c22 = 0.8 24%SE 2.6 riduzione (2p<0.00001) I dati recenti non confortano del tutto l’ approccio tradizionale di stabilire dei cut-off inferiori di colesterolo: esistono per lo meno già due studi le cui conclusioni sono andate oltre questo approccio in maniera evidente. Nell’HPS anche i soggetti che partivano da valori di colesterolo LDL < 100 mg/dl, vale dire che erano formalmente già a target secondo l’ATP III e che non avrebbero dovuto essere sottoposti a un intervento farmacologico per il controllo della colesterolemia, hanno invece dimostrato una riduzione del rischio relativo assolutamente analoga a quella osservata nel resto della popolazione con valori basali di C-LDL >100 mg/dl. Un altro studio che è stato recentemente presentato all’American College e presentato sul numero del NEJM dell’8 marzo 2004, il trial PROVE IT, conferma lo stesso approccio: in pazienti con sindrome coronarica acuta portare la colesterolemia LDL addirittura attorno a valori di 60 mg/dl rispetto a livelli attorno a 100 mg/dl comporta un importante e significativa riduzione della probabilità di eventi CV. Peto R et al., AHA-ANAHEIM 2001

Ma queste Linee Guida vengono applicate nella pratica clinica di tutti i giorni ? Dal momento che nei pazienti a rischio alto e molto alto vale probabilmente il concetto che tanto più si scende con i valori di C-LDL , tanto meglio è, le linee guida recenti appaiono dunque già in una certa misura sorpassate dalle evidenze che vanno accumulandosi. Bisogna però chiedersi inevitabilmente se queste linee guida vengano realmente applicate nella pratica clinica giornaliera, poiché è noto che ciò rappresenta purtroppo uno degli aspetti più problematici nella gestione della prevenzione cardiovascolare.

Trattamento delle dislipidemie Dalle Linee Guida alla pratica clinica 1268 pazienti sottoposti a coronarografia nel periodo 1999-2001 1095 pazienti seguiti per livelli di CT, LDL, HLD, trigliceridi e trattamenti antidislipidemici e classificati secondo NCEP ATP III Nella realtà clinica le linee guida non hanno trovato l’applicazione diffusa che sarebbe stata necessaria. I dati italiani appaiono infatti eloquenti. 805 pazienti con conferma di diagnosi di malattia coronarica e di eventi cardiovascolari pregressi Cesari M, Maiolino G, Colonna S et al., J Cardiovasc Pharmacol 2003; 42:484-490

Trattamento delle dislipidemie Dalle Linee Guida alla pratica clinica Considerando i pazienti con malattia coronarica e iperlipidemia ... 900 805 800 700 600 555 500 Pazienti (n) 400 316 300 Su 805 soggetti coronaropatici (pazienti per definizione ad alto rischio, nei quali l’obiettivo terapeutico è una colesterolemia LDL inferiore a 100 mg/dl), in cui si rileva una quota di circa il 65% di soggetti iperlipidemici (555), i pazienti trattati sono solo circa il 50% di chi avrebbe dovuto ricevere una terapia (316). 200 100 Malattia coronarica Iperlipidemici Trattati … solo il 56.9% era in trattamento Cesari M, Maiolino G, Colonna S et al., J Cardiovasc Pharmacol 2003; 42:484-490

Trattamento delle dislipidemie Dalle Linee Guida alla pratica clinica Considerando i pazienti ad alto rischio trattati con terapia ipolipemizzante ... 1400 1268 1200 1052 1000 800 Pazienti (n) 600 Su 1052 soggetti ad alto rischio (sia per la presenza di coronaropatia sia per la presenza di equivalenti di rischio o rischio globale > 20%), solo il 35% riceve in uno scenario italiano un trattamento ipocolesterolemizzante. 358 400 200 57 Esam. Alto rischio Trattati A target Cesari M, Maiolino G, Colonna S et al., J Cardiovasc Pharmacol 2003; 42:484-490

Trattamento delle dislipidemie Dalle Linee Guida alla pratica clinica Considerando i pazienti ad alto rischio trattati con terapia ipolipemizzante ... 1400 1268 1200 1052 1000 16.0% 800 Pazienti (n) 600 Fra i pazienti trattati (358), solo 1 un paziente su 6 (16%) raggiunge l’obiettivo terapeutico (LDL < 100 mg/dl). 358 400 200 57 Esam. Alto rischio Trattati A target … solo 1 su 6 ha raggiunto l’obiettivo terapeutico per LDL Cesari M, Maiolino G, Colonna S et al., J Cardiovasc Pharmacol 2003; 42:484-490

Studio Euroaspire II 1999-2000 (n=3379) Controllo terapeutico dell’ipercolesterolemia in pazienti con cardiopatia ischemica (prevenzione secondaria) Non in terapia In terapia Inadeguato controllo CT>195mg/dl Buon controllo CT<195mg/dl 100 100 80 80 Pazienti in terapia 60 60 Pazienti (%) I dati europei possono essere ricavati dallo studio Euroaspire. Considerando i soggetti che sono già coronaropatici, cioè in prevenzione secondaria, in cui da tempo si è concordi sui vantaggi di un intervento farmacologico di riduzione della dislipidemia, solo il 50% circa dei pazienti è effettivamente in terapia sia in Europa sia in Italia, e tra costoro solo il 50% raggiunge un accettabile controllo della colesterolemia totale. Questi dati sembrano dunque confermare la regola di quel 50% sequenziale che fino a non molto tempo fa ha caratterizzato l’applicazione della terapia antipertensiva nella pratica clinica e che oggi sembra tuttavia essere stata in parte superata sul fronte del trattamento dell’ipertensione. 40 40 20 20 Europa Italia Europa Italia The Lancet 2001; 357:995

Problema: Il trattamento Scarsa propensione allo screening dei principali fattori di rischio Tendenza ad insistere con la correzione dello stile di vita anche quando è del tutto evidente che il paziente non può - non vuole - non riesce ad attuarli Mancato trattamento di un’elevata quota di pazienti ad elevato/moderato rischio cardiovascolare Vi sono, dunque, due problemi fondamentali da affrontare e gestire: uno relativo al trattamento e l’altro relativo al raggiungimento del target. Per quanto riguarda il mancato trattamento, potrebbe non esiste probabilmente ancora un’adeguata propensione allo screening del rischio e certamente lo screening non è condotto nell’ottica del rischio globale del paziente, ma vi è anche una tendenza ad insistere molto sull’approccio non farmacologico al problema. Il ricorso a interventi di natura comportamentale e dietetica è senza dubbio corretto e irrinunciabile, ma se si considerano gli obiettivi terapeutici cui oggi si aspira, bisogna talora prendere anche atto che il paziente non può o non vuole adottare le modifiche rigorose richieste. In questi casi prolungare, magari per anni, una fase pre-farmacologica che non ha probabilità di avere successo appare inutile e anzi dannoso. A tutto ciò fa infatti seguito il mancato trattamento di una quota importante di soggetti che sarebbero invece candidati alla terapia sulla base del loro valore di rischio cardiovascolare.

Problema: Il target Mancato raggiungimento del target terapeutico in un’elevata quota di pazienti ad elevato/moderato rischio cardiovascolare Scarsa consapevolezza della correlazione tra riduzione del rischio cardiovascolare e obiettivi terapeutici suggeriti dalle Linee Guida Mancato monitoraggio dell’efficacia del trattamento ipocolesterolemizzante Il secondo problema da gestire consiste nel raggiungimento del target raccomandati dalle linee guida in base all’adozione dell’approccio fondato sul rischio globale e non sui livelli di colesterolo individuali. Il target terapeutico non viene raggiunto in una quota importante di soggetti, soprattutto in quelli a elevato rischio in cui l’obiettivo terapeutico è certamente più ambizioso. Ciò si verifica anche perché è verosimile che questa consapevolezza di una correlazione tra rischio elevato e target più difficile da perseguire è solo parzialmente diffusa nella classe medica e perché il monitoraggio dell’efficacia della terapia è probabilmente ancora inadeguato nel contesto reale. Va quindi superato il problema complessivo di carattere culturale, le informazioni devono essere probabilmente diffuse in maniera più strutturata e articolata, con una maggiore penetrazione nel mondo della medicina generale. Un altre aspetto problematico è anche la disponibilità effettiva di strumenti farmacologici adeguati. Un farmaco che, già al dosaggio iniziale, è più efficace nel ridurre la colesterolemia, può facilitare il raggiungimento del target in una quota più ampia di pazienti, con ulteriori vantaggi pratici relativi alla ridotta necessità di aggiustamenti posologici.

Discussione Sembra dunque che la prima domanda da porsi non è quale valore di colesterolo o di pressione arteriosa sia presente nel singolo paziente, bensì qual è il livello di rischio del paziente. La seconda domanda che risulta prioritaria è invece la seguente: ‘quali sono i fattori di rischio da considerare come principali target terapeutici e che devono essere raggiunti attraverso un intervento farmacologico?’ In prevenzione secondaria si stanno profilando in realtà delle strategie terapeutiche che risultano indipendenti dai livelli di cut-off e che sono orientate a ottenere la massima riduzione possibile del rischio individuale.