La rivoluzione ungherese del 1956

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Transcript della presentazione:

La rivoluzione ungherese del 1956

Il contesto storico Nel 1956 la popolazione ungherese é stata la protagonista di uno dei piú drammatici tentativi di liberarsi all’Impero Sovietico, che dopo la seconda guerra mondiale aveva imposto il suo potere sulle nazioni “liberate” dall’Armata Rossa. Gli accordi di Yalta avevano stabilito che l’Ungheria era nella zona di influenza dell’Unione Sovietica. Dopo la morte di Stalin, nel 1953, i popoli saccheggiati dell’Europa comunista si sono ribellati contro la prepotenza del regime, uno dopo l’altro, prima la Germania dell’Est, dopo la Polonia, poi il 23 ottobre del 1956 toccava l’Ungheria.

Le cause della rivolta La rivolta aveva come movente tanti motivi; Alla fine della II. Guerra mondiale l’Ungheria, che aveva combattutto al fianco di Germania e d’Italia, si trovava sotto il controllo dell’Armata Rossa. Nel novembre del 1945 le elezioni erano state vinte da un partito democratico, ma su pressione sovietica é stato formato un governo di coalizione con i communisti (che avevano ottenuto solo il 17 per cento dei voti), che hanno conquistato ampio spazio, occupando in particolare il Ministero degli Interni, assumendo il controllo delle forze di polizia. Dopo le elezioni parlamentari del 1947 (vinte dai communisti, con brogli elettorali) il partito guidato da Rákosi Mátyás, ha acquisito il completo controllo del paese. Nel clima della guerra fredda era forzato lo sviluppo dell’industria pesante, in particolare quella militare, pur essendo uno stato agricolturale da secoli; i contadini erano costretti ad entrare nelle “TSZ”, cioé le loro terre venivano unite con quelle degli altri, secondo la filosofia socialista. I contadini ricchi e gli eclesisatici venivano perseguitati dal partito, perché erano considerati dei nemici della societá. Il fallimento della politica economica, i salari inadeguati al costo della vita, la diffusa povertà e gli abusi insieme all’ira provata per l’occupazione del paese (l’Armata Rossa non aveva lasciato l’Ungheria, neanche dopo il Patto di Varsavia (1955)) alimentavano la profonda insoddisfazione delle masse.

La prima fase (23-31 ottobre) Martedí, 23 ottobre Il 23 ottobre gli studenti dell’Universitá tecnica si riuniscono di fronte alla statua di Petőfi a Pest per una manifestazione pacifica di solidarietá a favore del leader del partito communista polacco Gomulka, e per rivendicare l’autonomia in tutta l’Europa orientale, la democratizzazione del paese ed il ritorno al governo di Nagy. La manifestazione si trasforma in una protesta, e la folla si dirige verso il Parlamento. I dimostranti demoliscono l’enorme statua di Stalin, simbolo della dittatura. Durante la dimostrazione la polizia politica apre il fuoco sulla folla. Comincia una battaglia vera e propria, che continua anche la notte.

Nei prossimi giorni entarano in Ungheria altre truppe sovietiche, e gli scontri continuano nel paese. Il primo segretario del partito, Gerő Ernő viene rimosso e sostituito da Kádár János. Il 26 il comitato centrale del partito si impegna a queste concessioni: Elezioni di nuovo governo basato sul Fronte Popolare Patriottico Correzione degli errori passati Negoziati con L’Unione Sovietica per il ritiro delle truppe sovietiche e l’instaurazione tra i due paesi di rapporti basati sulla completa uguglianza Riconoscimento dei Consigli operai e aumento di salari Amnistia totale di tutti i partecipanti all’insurrezione

La seconda fase (1-3 novembre) Il 1 novembre Nagy annuncia il ritiro dell’Ungheria dal Patto di Varsavia, proclama la neutralitá ungherese e chiede alle Nazioni Unite di porre all’ordine del giorno la questione ungherese. Nello stesso tempo peró, L’Armata Rossa circonda gli aeroporti ungheresi, ufficialmente per proteggere l’evacuazione dei cittadini sovietici. Budapest é accerchiata dai carri armati sovietici.

Terza fase (4-9 novembre) Il 4 novembre Nagy annuncia l’inizio dell’attacco sovietico contro Budapest. Vengono annunciati nuovi mutamenti nel governo: Kádár János é primo ministro. Nagy accetta l’offerta di asilo dell’ambasciata jugoslava, e lí si rifugia. La lotta continua in tutto il paese. Il 6 le stazioni radio controllate dai sovietici trasmettono un ultimatum ai patrioti. Mercoledí, 7 novembre le emittenti governative affermano che l’ordine é stato ristabilito, ma in realtá i combattimenti continuano in alcuni cittá fino il 9 novembre, quando vi é l’ultimo vero scontro a fuoco.

Gyula Illyés - Una frase sulla tirannia (parti) Se mangi, la fai crescere Per essa fai i figli Di questa catena Fanno parte tutti, anche da te parte e inonda, anche tu ne sei membra, cosí viviamo nel buio come talpe, sebbene sopra di noi ci sia il sole. Dove c’é tirannia La c’é tirannia Non solo nell’aplauso Istancabile dei palmi, nel suono della tomba, nell’opera, nelle pietre delle statue nei colori e nelle galerie, ... La tirannia é onnipresente, la trovi nelle scuole materne, Nel consiglio del padre, nel sorriso della madre, nel modo con cui il bambino risponde all’estraneo;

Avanti ragazzi di Budapest Avanti ragazzi di Buda avanti ragazzi di Pest studenti, braccianti, operai, il sole non sorge più ad Est. Abbiamo vegliato una notte la notte dei cento e più mesi sognando quei giorni d'ottobre, quest'alba dei giovan'ungheresi. Ricordo che avevi un moschetto su portalo in piazza, ti aspetto, nascosta tra i libri di scuola anch'io porterò una pistola. Sei giorni e sei notti di gloria durò questa nostra vittoria ma al settimo sono arrivati i russi con i carri armati. I carri ci schiaccian le ossa, nessuno ci viene in aiuto il mondo è rimasto a guardare sull'orlo della fossa seduto. Ragazza non dirlo a mia madre non dirle che muoio stasera ma dille che sto su in montagna e che tornerò a primavera Compagni noi siam condannati, sconfitta è la rivoluzione fra poco saremo bendati e messi davanti al plotone Compagno il plotone già avanza, già cadono il primo e il secondo finita è la nostra vacanza, sepolto l'onore del mondo Compagno riponi il fucile torneranno a cantare le fonti quel giorno serrate le file e noi torneremo dai monti Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi di Pest studenti, braccianti e operai, il sole non sorge più all'Est.

Dopo la rivoluzione Dopo la rivoluzione la violenza dei sovietici é impressionante: oltre tremila gli ungheresi morti a Budapest combattendo per la libertá, circa quindicimila uccisi in tutto il paese, piú di diecimila imprigionati, quattrocento condannati a morte. Finita la rivoluzione circa duecentomila ungheresi, in maggioranza giovani, fuggono in occidente. Al termine di un processo farsa, Nagy Imre viene giustiziato e condannato a morte il 16 giugno 1958, insieme a Maléter Pál e Gimes Miklós. Negli anni che seguono il popolo ungherese vive una sorta di resistenza passiva nei conforti del regime guidato da Kádár János, che resiste fino al 1988, quando i problemi economici portano alla deposizione di Kádár. Nel 1989 Nagy Imre e tutte le vittime della rivoluzione vengono riabilitati, e l’Ungheria diviene una Repubblica indipendente.

L’ereditá della rivolta ungherese La battaglia che il popolo ungherese ha combattuto per la libertá ebbe ed ha un valore che, superando i confini del paese, é piú grande della conclusione tragica di quegli eventi. Infatti il popolo ungherese con la sua lotta „ha svelato all’opinione mondiale il carattere fondamentale menzognero del sistema comunista.”(Francois Fejtő), ed ha risvegliato in tutta Europa la coscienza della libertá. In occidente lo stesso mondo comunista fu scosso dalla rivolta d’Ungheria. Molte persone, dopo il 1956, presero le distanze dal partito comunista del proprio paese. La rivolta ungherese fu la prima grande sfida a mettere la libertá e non l’ideologia all’origine della vita di un popolo; in questo senso gli ungheresi che nel 1956 si presero la responsabilitá di difendere la loro nazione dai carri armati sovietici segnarono profondamente la storia dell’uomo contemporaneo, ridestarono in lui la coscienza della libertá.