I Macchiaioli L’interno del caffè Michelangelo di Cecioni L'anima intellettuale del gruppo del Caffè Michelangelo è senza dubbio rappresentata da Diego Martelli scrittore e critico d'arte fiorentino. Egli fu forse il primo a teorizzare «la macchia in opposizione alla forma» Altro importante ideologo del gruppo del Michelangelo fu il pittore fiorentino Telemaco Signorini il quale propose di adottare per sé e per i suoi amici l'appellativo di Macchiaioli, accettando con provocatoria ironia un aggettivo che la stampa del tempo aveva invece coniato a fini esclusivamente denigratori.
Il movimento macchiaiolo si può collocare tra il 1855 e il 1867, ma i suoi influssi sulla pittura italiana continueranno a essere vivi fino agli inizi del Novecento. Le premesse culturali della nascita e dello sviluppo della “macchia” sono da ricercarsi nella rivolta all’accademismo e nella volontà di ripristinare il senso del vero. Gli artisti di questo movimento ritengono che le nostre percezioni visive avvengono grazie alla luce per cui ogni nuova pittura che miri al realismo doveva necessariamente riprodurre la sensazione stessa della luce. Poiché la luce non viene percepita in sé ma solo attraverso le modulazioni dei colori e delle ombre, occorre impiegare colori e ombre variamente graduati.
Il nostro occhio è colpito solo dai colori organizzati in masse contrapposte visto che nella realtà non esiste né il disegno né la linea. Quindi i limiti di un oggetto sono dati dal brusco passaggio da un colore all’altro ed è proprio questa differenza di colori che ce ne determina il contorno. La pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà per masse di colore e il modo più semplice e utile per riuscirvi è quello di impiegare le macchie che consistono in campiture di colore più o meno ampie, stese in modo omogeneo e accordate fra di loro in base alle diverse tonalità. Il disegno scompare e la sensazione complessiva che ne deriva è quella di una grande solidità.
Nei macchiaioli non c’è l’atmosfera dell’attimo fuggente ma la concreta serenità di chi vuole cogliere il senso della realtà in modo globale e non come somma di singole impressioni. I temi rappresentati non sono più di carattere storico o mitologico ma sono quelli colti dall’osservazione del quotidiano. I soggetti prediletti sono dunque quelli dei semplici paesaggi di campagna e del duro lavoro dei campi, ma non mancano anche liriche testimonianze di vita cittadina o al laborioso brulicare delle attività di quartiere I più famosi artisti macchiaioli sono: Diego Martelli, Telemaco Signorini, Giovani Fattori, Silvestro Lega
Giovanni Fattori Vuole indagare la realtà secondo il “puro verismo” obbedendo cioè «allo stimolo acuto di fare studi di animali e paesaggio nel tentativo di mettere sulla tela tutte le sofferenze fisiche e morali di tutto quello che disgraziatamente accade». Fattori indaga le situazioni più quotidiane, meno appariscenti e, proprio per questo, spesso più dolorose e reali. I suoi soldati, infatti, non hanno nulla degli eroi di David. In essi l'artista riconosce piuttosto dei poveri contadini che, strappati al lavoro, alle case e agli affetti, sono costretti a combattere e a morire, spesso senza sapere neanche perché. Caratteristiche principali della sua pittura: 1. attento studio del paesaggio 2. costruzione complessa 3. forti contrasti di luce e ombra 4. colori chiari e limpidi 5. assenza di retorica
L'altro soggetto fondamentale dell'arte fattoriana, poi, è quello del lavoro dell'uomo. E poiché la società toscana della seconda metà del XIX secolo è ancora quasi completamente agricola, l'attenzione dell'artista va soprattutto ai contadini, ai bùtteri1 e alla loro fatica d'ogni giorno. Fattori saprà intatti dar voce a una natura avara e spesso ostile, dove uomini e animali sono costantemente uniti da un medesimo destino di miseria e sofferenza.
Soggetto: II campo italiano dopo la battaglia di Magenta. Nel 1862 Giovanni Fattori vince il concorso per la realizzazione di quattro grandi tele celebrative delle principali battaglie risorgimentali. Fattori, Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, 1862, Firenze, Galleria d'arte olio su tela, 232 x 384 Soggetto: II campo italiano dopo la battaglia di Magenta. Iconografia: il dipinto raffigura il clima confuso delle retrovie, non un momento saliente dello scontro tra le truppe italiane e quelle austriache. Il centro è dominato dal carro-ambulanza che trasporta i feriti sotto lo sguardo dei soldati italiani, che rientrano al campo, e dei loro alleati francesi Esso rappresenta, come consuetudine dell'autore, non il momento eroico della battaglia ma il mesto e pur dignitoso ritorno dei feriti.
Alcuni, sulla sinistra, procedono a piedi, barcollando Alcuni, sulla sinistra, procedono a piedi, barcollando. Due soldati morti giacciono distesi in mezzo al viottolo sterrato,
mentre un ufficiale con la testa bendata avanza su un cavallo dal passo stanco
I feriti più gravi, infine, sono adagiati su un carro e accanto a loro si prodigano due monache infermiere.
A destra, i soldati destinati al fronte si fermano a osservare il doloroso corteo dei compagni che andranno a rimpiazzare, rendendo loro omaggio in silenzio.
L'opera non può ancora definirsi macchiaiola, in quanto disegno e chiaroscuro continuano a essere usati secondo le regole accademiche, anche se, soprattutto nella realizzazione del paesaggio, con le macerie di Magenta ancora fumanti all'orizzonte, il colore viene già usato mediante estese campiture orizzontali. Il soggetto stesso, inoltre, prefigura con chiarezza alcuni dei temi caratteristici della grande pittura fattoriana. La ricerca verista appare infatti condotta in modo asciutto ed equilibrato, senza nulla concedere al sentimentalismo romantico.
Connotazione: II quadro, che mostra una realtà più umana che eroica, come testimoniano anche altre scene di Fattori sullo stesso soggetto, può essere considerato il primo dipinto italiano di storia moderna. Questo dipinto dì Fattori è si utilizzato da Luchino Visconti come riferimento iconografico per la scena di battaglia in Senso, film di attenta ricostruzione sul Risorgimento italiano. La composizione, divisa in due larghe fasce orizzontali, è tagliata dalla diagonale del sentiero, lungo il quale procede il carro. L'uniformità della zona superiore, determinata dall'azzurro del cielo velato da nuvole bianche, contrasta con la molteplicità di toni di quella inferiore, caratterizzata da più ricchi passaggi di luce e dalla varietà cromatica delle uniformi dei militari, dei cavalli e del terreno. I valori cromatici chiari e limpidi, così come ì più forti e rigorosi contrasti tra luce e ombra sono, definiti entro segni precisi e larghi piani sintetici, stesi a tinte unite e semplici.
Qui vengono rappresentate alcune signore benestanti che, secondo la moda del tempo, fanno i bagni di aria di mare standosene sedute al fresco, sotto il tendone di uno stabilimento balneare allora fra i più rinomati di Livorno. Il dipinto è organizzato per semplici fasce di colore sovrapposte. Questo al fine di suggerire il senso d'immensità dell'orizzonte. Dal punto di vista tecnico Fattori abbandona il tradizionale chiaroscuro preferendo accostare pure e semplici macchie di colore di tonalità diversa. Di conseguenza anche i personaggi vengono individuati in modo estremamente sintetico, con veloci pennellate di colori quasi puri, che la predominante neutra degli sfondi contribuisce a mettere volumetricamente in risalto Il dipinto risulta scandito in fasce orizzontali di colori tra loro accordati o per assonanza (colore caldo con colore caldo) o per dissonanza (colore caldo con colore freddo) (12x35 cm) Giovanni Fattori, La Rotonda di Palmieri, 1866. Olio su tavola, Galleria d'Arte Moderna, Firenze
[a] Partendo dal basso troviamo l’ocra della parte in ombra della rotonda…
[b] il giallo della parte al sole…
[c] l’azzurro intenso del mare increspato da tocchi di bianco…
[d] il bruno rossiccio delle rocce che digradano verso la riva…
[e] l’azzurro grigiastro del cielo estivo e l’arancio dorato della tenda.
[f] Le macchie corrispondenti alle figure si addensano al centro, stagliandosi contro il cielo.
Un altro esempio magistrale di tecnica macchiaiola lo abbiamo nella tavoletta del 1872 In essa il senso straordinario della prospettiva è dato dalla bianca parete sulla destra, la cui perfetta geometria interrompe con un taglio netto la linea dell'orizzonte, dove l'ocra della brulla pianura si confonde con l'azzurro violaceo del cielo. Le figure del soldato e del cavallo in primo piano si stagliano con forza sullo sfondo bianco-giallastro del muro calcinato dal sole. La vedetta o Il muro bianco
Il tema del paesaggio e del duro lavoro dei campi è sempre stato uno fra i più cari a Giovanni Fattori. Bovi al carro rappresenta un carro trainato da una coppia di buoi sullo sfondo di un'assolata campagna. La composizione, squilibrata tutta verso destra, rende in modo impeccabile il senso della vastità degli spazi, tipico della Maremma, e contribuisce a mettere in risalto la macchia compatta delle figure. Queste, immobili sotto il sole implacabile di un primo pomeriggio estivo, sembrano far parte esse stesse di quella natura aspra e ingenerosa che fa loro da sfondo. La grande invenzione di Fattori sta tutta qui: se, infatti, il carro di buoi fosse stato posto al centro o la tela fosse stata più stretta, l'insieme non avrebbe assunto quel perfetto equilibrio compositivo nel quale paesaggio e figure si controbilanciano in modo perfetto, quasi classico, senza che nessuno dei due prevalga sull'altro. Bovi al carro
Il quadro è stato definito una delle tele più belle realizzate in tutto l’Ottocento italiano. Qui l'artista si cimenta contemporaneamente in due dei suoi temi più sentiti: il ritratto e la riproduzione d'interni. Tre signorine di buona famiglia (le sorelle Virginia, Maria e Isolina Batelli) sono colte nel momento in cui cantano, mentre una di esse esegue l'accompagnamento al pianoforte. Le tre figure, ritratte in controluce presso una grande finestra aperta per metà, vengono tratteggiate con sorprendente naturalezza, ponendo attenzione allo studio delle espressioni, alla scelta dei colori e all'armoniosa composizione dell'insieme Prova di grande virtuosismo tecnico e di intensità espressiva, la tela rappresenta con fotografica analiticità un momento quotidiano semplice e immediato. Lega pone la scena in controluce di fronte ad una finestra aperta, dalla quale entra una luce bianca e un’atmosfera pulita che sa di campi coltivati e colline lontane e che trasmette una sensazione di pace e bellezza. Silvestro Lega, Il canto di uno stornello (1868) Galleria d’arte moderna - Firenze
Il pergolato All'ombra di un fitto pergolato tre signore si intrattengono con una bambina in attesa che la cameriera - che sopraggiunge da destra con il vassoio della caffettiera - venga a servire un buon caffè- Lo spazio della metà destra della scena è limitato e quasi compresso dalla presenza di un basso muretto con vasi di cotto contenenti variopinte fioriture di stagione.
il punto di fuga del pavimento, posto verso l'estremo limite sinistro della tela, ci induce a perdere lo sguardo nella campagna. Nell'insieme il ritmo lento e pacato della scena e i toni dorati della luce trasmettono all'osservatore la placida sensazione della calda ora di un tardo pomeriggio d'estate nella campagna fiorentina.