ADHD: Deficit dell’Attenzione da Iperattività “Perché in fondo Hitler non era un bambino vivace” Alfredo Castelli (fumettista)
Dal 1845… 1845: trattato del medico Hoffman: “questo disturbo colpisce i bambini che sono marcatamente distratti, disattenti, troppo vivaci, ingestibili…” Tentativi di catalogazione diagnostica durante gli anni ’50 che hanno portato a inserire la malattia, nonostante il parere contrario di molti esperti, nel “Manuale Diagnostico e Statistico” (DSM) Inizi degli anni ’80: alcuni psichiatri riaffermano l’esistenza di una malattia mentale dell’infanzia
…ad oggi Oggigiorno l’ADHD si è diffusa a macchia d’olio, infatti è il più comune disordine diagnosticato nei bambini e negli adolescenti (dal 2 al 6% dei bambini in età scolastica). Si pensava inoltre che la malattia colpisse maggiormente i maschi, ma attualmente non sembra esserci nessun collegamento fra il sesso del bambino e lo sviluppo della malattia
Casi isolati o epidemia? L’ADHD non è affatto un caso raro ma uno dei principali problemi della dimensione infantile moderna, un vero e proprio quesito medico-sociale dal momento che è: Istituzione di un Registro per schedare i bambini sospettati di ADHD
Diventare adulti con ADHD L’ADHD non è un problema marginale che si risolve con l’età. Persistenza fino all’adolescenza in circa due terzi dei casi e fino all’età adulta in circa un terzo o la metà dei casi. L’ADHD si associa a: disturbi dell’adattamento sociale (personalità antisociale, alcoolismo, criminalità) basso livello accademico ed occupazionale, problemi psichiatrici Il tutto è ovviamente da correlare al contesto sociale all’interno del quale cresce il fanciullo
Manifestazione clinica Genitori e insegnanti non riescono a gestire il comportamento del bambino In realtà il comportamento iperattivo è solo un sottotipo del disordine, il quale si divide in tre principali famiglie: Tipo iperattivo-impulsivo Tipo disattento Tipo combinato
Eziologia Sebbene ci siano molte teorie (nessuna delle quali motivata) sembra che ci siano molti fattori di rischio per lo sviluppo psichico e comportamentale del bambino: Fattori genetici (ereditarietà circa dell’80%?) Fattori ambientali (tra cui tossine come il piombo, l’alcol e deficit nutrizionali)
Un po’ di Fisiopatologia… Alla base del disturbo ci potrebbe essere un ipofunzionamento dei sistemi catecolaminergici e in particolar modo di quelli che agiscono nella corteccia prefrontale Lobo frontale: dirige l’attenzione e mette a punto le capacità della memoria a breve termine, monitora il comportamento in atto, controlla emozioni e sentimenti, pianifica, oranizza… Nel 1998 Ernst e altri dimostrarono in un gruppo di pazienti ADHD adulti che nel lobo frontale l’attività dell’enzima Dopa-decarbossilasi è ridotta del 50% (minore disponibilità di dopamina) .
Possibile causa genetica? Da diversi anni, però, i ricercatori che si occupano di ADHD hanno iniziato a metterne in luce che il disturbo può avere una causa genetica. Infatti recenti studi nel campo della genetica molecolare hanno messo in evidenza che una predisposizione genetica all’ ADHD: sembra che un minimo di tredici geni, tra cui i recettori della dopamina D4 e D5, i trasportatori di dopamina e i recettori di serotonina 1B e SNAP-25 siano associati all’ ADHD e che una parte di essi sia stata riprodotta in laboratorio.
La diagnosi clinica: Basata sul DSM-IV: Sei dei nove sintomi sia per la disattenzione che per iperattività Presentarli in diversi contesti Devono persistere per più di sei mesi Att! Non esistono test di laboratorio per la diagnosi dell’ADHD
Come compensare? trattamenti farmacologici con sostanze psicostimolanti: metilfenidato (MPH), la destro-anfetamina l’atomoxetina (inibitore del reuptake delle catecolamine) facilitano il rilascio di catecolamine dalle zone di accumulo delle sinapsi inibiscono il reuptake delle catecolamine Anche se sembra un paradosso (ad una persone iperattiva somministriamo delle anfetamine?) esistono prove concrete che queste sostanze psicostimolanti agiscono positivamente sui sintomi dell’ADHD
Terapia Farmacologica Terapia a tre livelli: Stimolanti (derivati anfetaminici) Atomoxetina Bupropione, α2 agonisti e antidepressivi triciclici
Farmaci usati in prima linea Per oltre 40 anni gli stimolanti del sistema nervoso centrale sono stati i capisaldi della terapia dell’ADHD, con diverse formulazioni (preparazione con a breve, intermedia e lunga durata d’azione con stessa efficacia). I trattamenti iniziano ad un basso dosaggio per due o quattro settimane, fin quando cioè non si ottiene un’adeguata risposta (o sopraggiungono gravi effetti collaterali!) Sono consigliati dei periodi di “drug holidays” per quei bambini che presentano i sintomi durante i periodi scolastici (e anche per contenere gli effetti collaterali derivanti dalla somministrazione dei farmaci)
Farmaci di prima linea: Stimolanti Metilfenidato Demetilfenidato Destroanfetamina Pemolina (Trattamento con questi farmaci è stato fornito come prova della fisiopatologia dell’ADHD)
Vari dosaggi dei vari psicostimolanti:
Breve cenno sull’anfetamina Dal 1996 l’uso della destroanfetamina è legalizzato solo per il trattamento dell’ADHD. È un farmaco lipofilo che passa bene la BEE e produce effetti stimolanti sul SNC (è infatti una droga d’abuso)
Ricerche più recenti hanno suggerito che alcuni stimolanti, piuttosto che agire sui sistemi dopaminergici, creano un effetto calmante aumentando i livelli di serotonina. Infatti, una nuova generazione di composti che interagiscono più specificatamente con i sistemi serotoninergici hanno dimostrato di essere più sicuri ed efficaci nella terapia dell’ADHD.
Atomoxetina Inibitore selettivo del reuptake della noradrenalina (usata anche nel trattamento della depressione in età adulta) Consigliato dalla FDA (entrata in commercio nel 2003) quando il bambino non risponde in maniera adeguata agli stimolanti
…e i suoi effetti collaterali: A dosi terapeutiche non presenta gravi effetti collaterali: Aumento pressione diastolica e frequenza cardiaca Perdita di peso e anoressia Sonnolenza Vertigini Disturbi gastrointestinali Rash cutanei Secchezza delle fauci Black box warning: rara associazione tra il farmaco e istinti suicidi nei bambini in terapia
Farmaci di terza linea:
Studi effettuati su adolescenti affetti da ADHD e da depressione Bupropione Antidepressivo dopaminergico strutturalmente simile ad uno stimolante, utile nei casi in cui il paziente non risponde agli stimolanti o quando mostri anche disturbi dell’umore (depressione) Studi effettuati su adolescenti affetti da ADHD e da depressione È utile anche nella disassuefazione dal fumo Effetti collaterali: perdita di peso, insonnia, agitazine, ansia…
Imipramina È un antidepressivo triciclico che sembra essere efficace contro i problemi comportamentali dei bambini affetti da ADHD, ma, dato i suoi potenti effetti collaterali occorre considerarlo come ultima spiaggia Effetti collaterali: costipazione, tachicardia, cambi nell’elettrocardiografia, morte improvvisa!
Rischi correlati alla terapia: Gli effetti collaterali più comuni per i farmaci usati in terapia (principalmente per gli stimolanti) sono: Diminuzione dell’appetito Dolori addominali Mal di testa Insonnia Irritabilità Tics Gli effetti collaterali più gravi riguardano invece rischi cardiovascolari (lesioni cardiache), ritardi nella crescita, tumorigenicità (studi hanno dimostrato l’aumento di anomalie cromosomiche dopo tre mesi di terapia), predisposizione all’abuso di sostanze stupefacenti… http://www.giulemanidaibambini.org/
Dai rischi al foglietto illustrativo La FDA (Food and Drug Administration) ha aggiunto ai foglietti illustrativi dei vari psicostimolanti dei “warnings” per allertare dei vari effetti collaterali i pazienti in terapia con tali farmaci
Terapia combinata: È raccomandata una terapia combinata, cioè, accanto all’approccio farmacologico (per alcuni psichiatri essenziale), è bene affiancare anche una terapia comportamentale. Si tratta di terapie di gruppo (votate anche a far conoscere famiglie diverse che presentano lo stesso problema in modo tale che ci sia una sorta di supporto a vicenda)
Per riflettere… Le circostanze suggeriscono che questa non sia una vera e propria malattia, ma bensì un insieme di sintomi reali che evidenziano un ben preciso disagio del bambino. Catalogando questi disturbi come malattia si rifiuta di indagare a fondo questo disagio e di porvi rimedio…