AREA della DISABILITA’

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Transcript della presentazione:

AREA della DISABILITA’ Corso Amministratore di Sostegno 16.06.2012 Alice Martini

PREMESSA La persona con disabilità, sia che venga definita in base alla tipologia (motoria, intellettiva, sensoriale) sia che la causa sia congenita (pre e perinatale) oppure acquisita (trauma, malattia, altro), è prima di tutto una PERSONA, con bisogni particolari dati dalla sua storia personale e dal contesto relazionale e sociale nel quale è inserita

CLASSIFICAZIONE Negli ultimi trent’anni sono stati fatti molti sforzi per definire la disabilità e per farla uscire da una logica strettamente medico-sanitaria legata la deficit di cui la persona era ed è portatrice. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha prodotto vari documenti che hanno posto l’accento ora sul concetto di menomazione, di evento patologico, ora sulla distinzione tra handicap e disabilità

STRUTTURA DELL’ICIDH La classificazione ICIDH, del 1980, Classificazione Internazionale delle Menomazioni, Disabilità, e Svantaggi Esistenziali (International Classification of Impairments, Disabilities, and Handicaps) si basa sui seguenti concetti: menomazione disabilità handicap

sequenza menomazione, disabiltà, handicap disabilità handicap è uno svantaggio che limita o impedisce il raggiungimento di una condizione sociale normale, in relazione all’età, al sesso e ai fattori sociali e culturali ogni perdita o anomalia strutturale o funzionale, fisico o psichico ogni limitazione della persona nello svolgimento di una attività secondo i parametri considerati normali per un essere umano

In seguito ad un evento morboso, sia esso malattia (congenita o meno) o incidente, una persona può subire una menomazione, che a sua volta può portare alla disabilità, ovvero alla limitazione di una funzione o attività. Infine la disabilità può portare all’handicap, ovvero allo svantaggio sociale che si manifesta a seguito dell’interazione con l’ambiente

La sequenza descritta non è comunque così semplice e lineare l’handicap può essere conseguenza di una menomazione senza la mediazione di uno stato di disabilità; oppure una menomazione può dare origine ad ostacoli nell’ instaurare rapporti sociali Questa classificazione prevede per le menomazioni e le disabilità 9 macro-categorie, mentre per l’handicap 7 che sono:

CATEGORIE Menomazioni: capacità intellettiva, psicologhiche, del linguaggio, auricolari, oculari, viscerali, scheletriche, deturpanti, generalizzate Disabilità: nel comportamento, nella comunicazione, nella cura della propria persona, locomotorie, dovute all’assetto corporeo, nella destrezza, circostanziali, in particolari attitudini, altre limitazioni Handicaps: nell’orientamento, nell’indipendenza fisica, nella mobilità, occupazionali, nell’integrazione sociale, nell’autosufficienza economica, altri

STRUTTURA DELL’ICF Più recentemente, nel 2001, 191 Paesi, hanno accettato la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) come “standard di valutazione e di salute e disabilità”. Lo scopo generale dell’ICF è quello di fornire un linguaggio unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati

A differenza della precedente classificazione l’ICF non è una classificazione delle “conseguenze della malattie” ma delle “componenti della salute”. Nell’ICIDH l’attenzione viene posta sulle “conseguenze” cioè sull’impatto delle malattie, mentre l’ICF si identificano gli elementi costitutivi della salute. In tal senso l’ICF non riguarda solo le persone con disabilità ma tute le persone proprio perché fornisce informazioni che descrivono il funzionamento umano e le sue restrizioni. Inoltre utilizza una terminologia più neutrale in cui funzioni, strutture corporee, attività, partecipazione vanno a sostituire termini come menomazione, disabilità, handicap.

La sequenza menomazione, disabilità, handicap alla base dell’ICIDH, viene superata da un approccio multidimensionale, secondo un processo interattivo ed evolutivo. L’ICF integra, in un approccio di tipo “biopsicosociale” la concezione medica e la concezione sociale della disabilità. E’ un passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità

La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali, e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.

L’ICF correlando la condizione di salute con l’ambiente promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare perché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione

Interazioni tra le componenti dell’ICF funzioni e strutture corporee fattori ambientali fattori personali

L’ICF è suddiviso in due parti principali: Parte 1 – Funzionamento e disabilità Parte 2 – Fattori contestuali Ogni parte è composta, a sua volta da due componenti: 1 a) funzioni e strutture corporee b) attività e partecipazione 2 a) fattori ambientali b) fattori personali

DEFINIZIONE secondo ICF Riassumendo quindi: La DISABILITA’ viene definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo L’ICF può essere utilizzata in varie discipline e settori (clinico, statistico, ricerca) in quanto stabilisce un linguaggio comune allo scopo di migliorare la comunicazione tra i diversi utilizzatori, operatori sanitari, ricercatori, politici, popolazione, incluse le stesse persone con disabilità; rende possibile il confronto tra dati raccolti in paesi, servizi e periodi diversi; fornisce uno schema di codifica organizzato per i sistemi informativi sanitari

generalizzando DISABILITA’ è un termine complessivo, un cosiddetto termine ombrello sotto il quale trovano posto le persone disabili con le loro particolarità, difficoltà e risorse L’approccio medico considera la disabilità come un problema della persona (causata da una malattia o da un trauma) ed è su di essa che si deve intervenire nei termini di cura o di adattamento all’ambiente o cambiamento comportamentale L’approccio sociale ritiene che la disabilità sia un problema principalmente creato dalla società, quindi il risultato di una complessa interazione di condizioni, molte delle quali create dall’ambiente sociale E’ nell’integrazione dei due approcci che, a mio avviso, si ottiene una visione più oggettiva della disabilità

La disabilità, oggi, non è più prerogativa di singoli individui o di un piccolo gruppo di popolazione, ma è un evento che chiunque potrebbe incontrare e con cui potrebbe confrontarsi nell’arco della propria esistenza. Può essere una condizione temporanea o definitiva e che ha vari gradi di gravità e compromissione

La persona con disabilità è portatrice di una propria storia sia sul piano sanitario (evento patologico, limitazioni funzionali e sensoriali) che sul piano comportamentale, relazionale e sociale. Ogni persona con disabilità è diversa dall’altra sulla base della propria esperienza individuale sia per ciò che riguarda l’evento, sia per il contesto nel quale vive e per quali sono le risposte alle sue necessità. La storia della disabilità è quindi la storia di ciascuna persona con disabilità e dei trattamenti che ha ricevuto. Partendo da questo presupposto di lettura della realtà del disabile, ci troviamo di fronte a svariate problematiche a cui dare risposte il più possibile adeguate per facilitare la vita della persona con disabilità e permetterne l’integrazione nel tessuto sociale.

CONVENZIONE ONU 13 dicembre 2006 Oggi la nostra società si sta confrontando con una spinta, in parte nuova, all’emancipazione e con una voglia di normalità più evidente, manifestate direttamente dalle persone con disabilità che affrontano il tema della loro condizione di vita come una vera e propria questione di diritti umani. La convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, approvata nel 2006 e ratificata dall’Italia nel 2009 rappresenta il documento che raccoglie le istanze fondamentali di questa nuova spinta e rappresenta una rivoluzione per la nostra organizzazione sociale, una rivoluzione che mette in discussione il pensiero e le strategie politiche e istituzionali di contrasto all’esclusione sociale.

La Convenzione approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, rappresenta un importante risultato raggiunto dalla comunità internazionale, in quanto non esisteva prima, in materia di disabilità, uno strumento internazionale vincolante per gli Stati. La convenzione si inserisce nel più ampio contesto della tutela e della promozione dei diritti umani, definito in sede internazionale fin dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 e consolidatosi nel corso dei decenni, confermando in favore delle persone con disabilità i principi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti di pari opportunità e di non discriminazione. Nei suoi principi ispiratori la Convenzione non riconosce “nuovi” diritti alle persone con disabilità, intendendo piuttosto assicurare che queste ultime possano godere, sulla base degli ordinamenti degli Stati di appartenenza, degli stessi diritti riconosciuti agli altri consociati, in applicazione dei principi generali di pari opportunità per tutti

Scopo della Convenzione, che si compone di un Preambolo e di 50 articoli, è quello di promuovere, proteggere ed assicurare il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità. A tal fine, la condizione di disabilità viene ricondotta alla esistenza di barriere di varia natura che possono essere di ostacolo a quanti, portatori di minorazioni fisiche, mentali o sensoriali, hanno il diritto di partecipare in modo pieno ed effettivo alla società.

Sono gli articoli 1 e 3 che definiscono lo scopo ed i principi generali, mentre l’articolo 12 afferma l’uguaglianza dinanzi alla legge stabilendo che gli stati adottino “misure adeguate per consentire l’accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica.” Tali misure devono rispettare “i diritti, la volontà e le preferenze della persona, essere scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, proporzionate ed adatte alle condizioni della persona”

La Costituzione Italiana Già nella nostra Costituzione (1948) si trovano i termini cittadino inabile, inabili, minorati (art. 38) L’art. 3 della Costituzione Italiana recita: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…” Il più profondo elemento di identificazione, tuttora attuale, è la concezione della priorità della persona del suo sviluppo su basi di libertà e di uguaglianza, della sua dignità come fondamento dei diritti dell’uomo e del cittadino Nella nostra Costituzione è straordinariamente definito, a partire dai “Principi fondamentali” (art. 1 – 12) l’insieme dei diritti di libertà, dei diritti civili e sociali da affermare, ma anche dei doveri

LA LEGGE n.6 del 9 gennaio 2004 La chiave di volta è questa: è il passaggio che si compie con questa legge da una condizione caritatevole, commiseratoria, pietistica dell’essere debole ad una concezione promozionale che vede la persona come uno dei tanti. Un atteggiamento che parte dal riscontro che anche una persona fragile è portatore di un sistema di aspettative, di desideri e di attese esistenziali come tutti noi.

Anche un soggetto debole ha un taglio, un soffio di desideri, di proiezioni verso ciò che lo circonda (per es. voglio sposarmi, voglio lavorare, voglio andare in vacanza), pensa la sua vita in una prospettiva dinamica. Questo è l’essenziale, uguale a noi, solo che per il soggetto debole tutto ciò è circondato da una serie di ostacoli, di impedimenti, più o meno difficili, che gli rendono problematico il perseguire da solo quegli obiettivi. Ha bisogno di un sostegno.

La rimozione di questi ostacoli sta in questa legge perché scosta il cuore della fragilità dall’interno della persona all’esterno. Un altro passaggio centrale della legge riconosce alla persona amministrata la capacità di tenere in pugno il nastro della propria vita, è la persona che decide, sono i suoi desideri e le sue aspettative che vanno rispettate Protagonismo, autonomia, indipendenza, finchè e fin quando è possibile

L’amministratore di sostegno non deve essere un esperto giurista un professionista sanitario o sociale, quello che non dovrebbe mai mancare è la capacità di capire e di ascoltare la persona che si trova davanti. Il taglio maieutico, la disponibilità, la pazienza, il garbo, queste semplici qualità che occorre che il soggetto abbia senza le quali l’istituto non funzionerebbe.

L’aiuto, nel senso di sostegno, accompagnamento, cura L’aiuto, nel senso di sostegno, accompagnamento, cura. Aiuto mirato al cambiamento, al miglioramento della qualità della vita delle persone fragili, al contributo alla soluzione dei loro problemi, al soddisfacimento dei loro bisogni, alla risposta alle loro domande, attraverso lo strumento principe che è la relazione.