Gestione dei rifiuti liquidi e dei fanghi di depurazione

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Gestione dei rifiuti liquidi e dei fanghi di depurazione Dott.ssa Maria Stagnini Settore Politiche Ambientali e Sviluppo Territoriale della Provincia dell’Aquila L’Aquila, 22 Novembre 2008

Principio dell'azione ambientale La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale. (Art. 3-ter TUA Disposizioni comuni e principi generali).

Principio dello sviluppo sostenibile Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. (Art. 3-quater TUA).

La gestione del ciclo dei rifiuti Indispensabile appare il potenziamento delle capacità operative della Amministrazioni Pubbliche, tanto nella fase di pianificazione e gestione integrata del ciclo dei rifiuti, quanto nella fase di monitoraggio e di controllo, dove si può sopperire ad alcune limitazioni della normativa esistente promuovendo accordi volontari ed una maggiore consapevolezza degli operatori (Programma nazionale d’azione ambientale Deliberazione 02.08.2002 del CIPE “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”)

Principi generali La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dal D.Lgs. 152/2006 al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi

Finalità I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare: senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora; senza causare inconvenienti da rumori o odori; senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.

Testo Unico Ambientale Decreto Legislativo 3 Aprile 2006, n. 152 Pubblicato sul Supplemento Ordinario alla G.U. n. 88 del 14.04.2006, entrato in vigore il 29 Aprile 2006

Testo Unico Ambientale – Parte IV Titolo I Gestione dei rifiuti (artt. 177 – 216) Titolo II Gestione degli imballaggi (artt. 217 – 226) Titolo III Gestione di particolari categorie di rifiuti (artt. 227 – 237) Titolo IV Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (art. 238) Titolo V Bonifica di siti contaminati (artt. 239 – 253) Titolo VI Sistema sanzionatorio (artt. 254 – 263) e Disposizioni transitorie e finali (artt.264 – 266)

Campo di applicazione (Art. 177) La Parte IV del TUA disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica di siti inquinati anche in attuazione delle Direttive Comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati, sulle batterie esauste, sui rifiuti di imballaggio, sui PCB, sulle discariche, sugli inceneritori, sui R.A.E.E., sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori uso, sui rifiuti sanitari e sui rifiuti contenenti amianto.

Campo di applicazione (Art. 177) Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte IV del Decreto, adottate in attuazione di Direttive Comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.

Per una corretta gestione dei rifiuti è necessario: conoscere la definizione di “rifiuto” conoscere il proprio rifiuto adempiere agli obblighi previsti dalla legge a carico del produttore/detentore dei rifiuti

Conoscere la definizione di “rifiuto” Al fine di stabilire con esattezza se il materiale prodotto è o meno soggetto alla disciplina nazionale e regionale di riferimento in tema di gestione dei rifiuti.

Conoscere il proprio rifiuto Vale a dire conoscerne: la classificazione; la pericolosità; il codice CER di riferimento.

Adempiere agli obblighi di legge relativamente a: deposito; compilazione del formulario di identificazione per il trasporto e sua corretta conservazione; conferimento a trasportatori autorizzati; conferimento a terzi autorizzati a svolgere attività di smaltimento e/o di recupero; tenuta del registro di carico e scarico; presentazione annuale del MUD Modello Unico di Dichiarazione.

Definizione di rifiuto (Art. 183, comma 1, lett. a) Qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla Parte IV del Decreto e di cui il detentore “si disfi” o “abbia deciso” o “abbia l’obbligo di disfarsi”

Allegato A alla Parte IV del T.U. Categorie di rifiuti Q1 Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati; Q2 Prodotti fuori norma; Q3 Prodotti scaduti; Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc., contaminati in seguito all'incidente in questione; Q5 Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (a esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio, contenitori, ecc.); Q6 Elementi inutilizzabili (a esempio batterie fuori uso, catalizzatori esausti, ecc.); …..... Q9 Residui di procedimenti antinquinamento (a esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell’aria, filtri usati, ecc); …….. Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate.

Esclusioni (art. 185) 1. Non rientrano nel campo di applicazione della parte quarta del presente decreto: a) le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell'atmosfera; b) in quanto regolati da altre disposizioni normative che assicurano tutela ambientale e sanitaria: 1) le acque di scarico, eccettuati i rifiuti allo stato liquido; 2) i rifiuti radioattivi; 3) i materiali esplosivi in disuso; 4) i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; 5) le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell'attività agricola; c) i materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui.

Esclusioni (art. 185) 2. Possono essere sottoprodotti, nel rispetto delle condizioni della lettera p), comma 1 dell'articolo 183: materiali fecali e vegetali provenienti da attività agricole utilizzati nelle attività agricole o in impianti aziendali o interaziendali per produrre energia o calore, o biogas, materiali litoidi o terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia o dal lavaggio di prodotti agricoli e riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi, eccedenze derivanti dalle preparazioni di cibi solidi, cotti o crudi, destinate, con specifici accordi, alle strutture di ricovero di animali di affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.

Sottoprodotti (art. 183) p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; abbiano un valore economico di mercato.

Corte di Giustizia Ue Sentenza 10.05.2007 Causa C‑252/05 Le acque reflue che fuoriescono da un sistema fognario gestito da un’impresa pubblica che si occupa del trattamento delle acque reflue ai sensi della direttiva del Consiglio 21 maggio 1991, 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della normativa emanata ai fini della sua trasposizione costituiscono rifiuti ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE.

Sentenza 10.05.2007 Causa C‑252/05 Risulta infatti dall’art. 2, n. 1, lett. b), iv), della direttiva 75/442 che il legislatore comunitario ha inteso qualificare espressamente le acque di scarico come «rifiuti», ai sensi della stessa direttiva, pur prevedendo che tali rifiuti possano, al ricorrere di talune condizioni, non rientrare nella sfera di applicazione della direttiva medesima e, conseguentemente, nel regime giuridico generale dei rifiuti che essa istituisce. Di conseguenza, la circostanza che le acque reflue fuoriescano da un sistema fognario è ininfluente quanto alla loro natura di «rifiuti» ai sensi della stessa direttiva. Infatti, la fuoriuscita di acque reflue da un impianto fognario costituisce un fatto mediante il quale l’impresa fognaria, detentrice delle acque, se ne «disfa». Il fatto che le acque siano fuoriuscite accidentalmente non consente di giungere ad una conclusione diversa.

Sentenza 10.05.2007 Causa C‑252/05 La direttiva 91/271, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, che non prevede alcuna disposizione relativa alle acque reflue che fuoriescono dal sistema fognario in quanto tali, non può essere considerata, con riguardo alla gestione di tali acque, una lex specialis rispetto alla direttiva 75/442, relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva 91/156, e pertanto non può applicarsi ai sensi dell’art. 2, n. 2, della stessa.

Scarico Art. 74 - Definizioni ff) qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114.

Fanghi Art. 74 - Definizioni bb) i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane (Art. 110) 1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l’utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti. 2. In deroga al comma 1, l’autorità competente, d’intesa con l’Autorità d’ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell’impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

Comunicazione 3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all’autorità competente ai sensi dell’articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all’articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

Rifiuti accettabili rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura; rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell’articolo 100, comma 3; materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l’ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.

Condizioni 4. L’attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi. 5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua dell’impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende trattare. L’autorità competente può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L’autorità competente provvede altresì all’iscrizione in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione di cui al comma 3. 6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica l’apposita tariffa determinata dall’Autorità d’ambito.

Obblighi 7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto all’obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.

Deliberazione Comitato per la tutela delle acque dall'inquinamento 4 Febbraio 1977 Norme tecniche generali per la regolamentazione dello smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione. Ogni qualvolta sussistano le necessarie condizioni tecnico-economiche, il trattamento e lo smaltimento dei fanghi deve essere studiato ponendo in primo piano la possibilità di recupero delle sostanze utilizzabili in essi contenute. Pertanto, dovrà essere preferito: per i fanghi di natura prevalentemente organica, e nel caso che questi contengano sostanze utili e non dannose per la agricoltura, lo smaltimento su suolo agricolo; per i fanghi di origine industriale il recupero mediante opportuni pretrattamenti, delle sostanze riutilizzabili e dei metalli pesanti tossici. L'autorità competente dovrà favorire la formazione di iniziative volte a costituire centri consortili per il trattamento dei fanghi, il recupero e il riciclo delle sostanze o del valore energetico ed economico in essi contenuti.

Vasche settiche di tipo Imhoff Norme tecniche generali sulla natura e consistenza degli impianti di smaltimento sul suolo o in sottosuolo di insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani o (a) 5.000 mc … l'estrazione del fango e della crosta avviene periodicamente da una a quattro volte l'anno … la crosta superiore del comparto fango ed il materiale galleggiante sono, come detto, … portati ad altro idoneo smaltimento.

Fanghi in agricoltura D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura.

D.Lgs. 99/1992 - Definizioni   1. Ai sensi del presente decreto, si intendono per: a) Fanghi: i residui derivanti dai processi di depurazione: delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti civili come definiti dalla lettera b), art. 1-quater, legge 8 ottobre 1976, n. 670; delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e produttivi: tali fanghi devono possedere caratteristiche sostanzialmente non diverse da quelle possedute dai fanghi di cui al punto a.1.; delle acque reflue provenienti esclusivamente da insediamenti produttivi, come definiti dalla legge 319/76 e successive modificazioni ed integrazioni; tali fanghi devono essere assimilabili per qualità a quelli di cui al punto a.1. sulla base di quanto disposto nel successivo articolo 3.1.

Trattamento Fanghi trattati: i fanghi sottoposti a trattamento biologico, chimico o termico, a deposito a lungo termine ovvero ad altro opportuno procedimento, in modo da ridurre in maniera rilevante il loro potere fermentiscibile e gli inconvenienti sanitari della loro utilizzazione; Agricoltura: qualsiasi tipo di coltivazione a scopo commerciale e alimentare, nonché zootecnico; Utilizzazione: il recupero dei fanghi previsti al punto a) mediante il loro spandimento sul suolo o qualsiasi altra applicazione sul suolo e nel suolo

Condizioni per l'utilizzazione È ammessa l'utilizzazione in agricoltura dei fanghi indicati all'art. 2 solo se ricorrono le seguenti condizioni: sono stati sottoposti a trattamento; sono idonei a produrre un effetto concimante e/o ammendante e correttivo del terreno; non contengono sostanze tossiche e nocive e/o persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente in generale.

Autorizzazioni – art. 8 1. Le attività di raccolta, trasporto, stoccaggio e condizionamento dei fanghi sono disciplinate e autorizzate ai sensi della normativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 , e successive integrazioni, dalla legge 20 ottobre 1987, n. 441, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, e dal presente decreto. 2. Coloro che svolgono o intendono svolgere le attività sopra indicate, al fine del rilascio dell'autorizzazione di cui sopra, sono tenuti all'iscrizione all'Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti. Per le attività di raccolta e trasporto, l'iscrizione all'Albo tiene luogo di autorizzazione.

Autorizzazione all'utilizzazione dei fanghi – art. 9 Chi intende utilizzare in attività agricole proprie o di terzi, i fanghi di cui all'art. 2 deve: ottenere un'autorizzazione dalla Regione; notificare, con almeno 10 giorni di anticipo, alla regione, alla provincia ed al comune di competenza, l'inizio delle operazioni di utilizzazione dei fanghi.

Classificazione dei rifiuti (Art. 184) I rifiuti sono classificati secondo l’origine in: URBANI e SPECIALI e secondo le caratteristiche di pericolosità in: PERICOLOSI e NON PERICOLOSI

Rifiuti urbani i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti a uso di civile abitazione; i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità ai sensi dell’art. 198, comma 2, lett. g); i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua; i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).

Rifiuti speciali i rifiuti da attività agricole ed agro-industriali; i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’art. 186; i rifiuti da lavorazioni industriali; i rifiuti da lavorazioni artigianali; i rifiuti da attività commerciali; i rifiuti da attività di servizio; i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti; il combustibile derivato da rifiuti (C.D.R.).

Direttiva Ministeriale 9 Aprile 2002 CODICI C.E.R. Direttiva Ministeriale 9 Aprile 2002 Allegato A Elenco dei rifiuti istituito conformemente all'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti e all'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi

Elenco dei rifiuti I diversi tipi di rifiuto inclusi nell'elenco sono definiti specificatamente mediante un codice a sei cifre per ogni singolo rifiuto e i corrispondenti codici a quattro e a due cifre per i rispettivi capitoli.

Capitoli dell'elenco 01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonché dal trattamento fisico o chimico di minerali 02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti ……………………………. 13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili, 05 e 12) 14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne le voci 07 e 08) 15 Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti) 16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco …………………………. 20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata

Procedura di identificazione Per identificare un rifiuto nell'elenco occorre procedere come segue: identificare la fonte che genera il rifiuto consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 per risalire al codice a sei cifre riferito al rifiuto in questione, ad eccezione dei codici dei suddetti capitoli che terminano con le cifre 99 (rifiuti non altrimenti specificati)

Procedura di identificazione Se nessuno dei codici dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20 si presta per la classificazione di un determinato rifiuto, occorre esaminare i capitoli 13, 14 e 15 per identificare il codice corretto; Se nessuno di questi codici risulta adeguato, occorre definire il rifiuto utilizzando i codici di cui al capitolo 16; Se un determinato rifiuto non é classificabile neppure mediante i codici del capitolo 16, occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all'attività identificata

Codici CER 02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, trattamento e preparazione di alimenti 02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero 02 04 01 terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole 02 04 02 carbonato di calcio fuori specifica 02 04 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 04 99 rifiuti non specificati altrimenti 02 05 rifiuti dell'industria lattiero-casearia 02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione 02 05 02 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti 02 05 99 rifiuti non specificati altrimenti

Rifiuti pericolosi I rifiuti contrassegnati nell'elenco con un asterisco, ad esempio: 13 OLI ESAURITI E RESIDUI DI COMBUSTIBILI LIQUIDI (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19) 13 05 prodotti di separazione olio/acqua 13 05 02* fanghi di prodotti di separazione olio/acqua 13 05 06* oli prodotti dalla separazione olio/acqua 13 05 07* acque oleose prodotte dalla separazione olio/acqua sono rifiuti pericolosi ai sensi della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva.

Codici CER RIFIUTI PRODOTTI DA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI, IMPIANTI DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE FUORI SITO, NONCHÉ DALLA POTABILIZZAZIONE DELL'ACQUA E DALLA SUA PREPARAZIONE PER USO INDUSTRIALE 19 08 rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non specificati altrimenti 19 08 01 vaglio 19 08 02 rifiuti dell'eliminazione della sabbia 19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane 19 08 06* resine a scambio ionico saturate o esaurite 19 08 07* soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico 19 08 08* rifiuti prodotti da sistemi a membrana, contenenti sostanze pericolose 19 08 09 miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, contenenti oli e grassi commestibili 19 08 10* miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09 19 08 11 * fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, contenenti sostanze pericolose 19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11 19 08 13* fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali 19 08 14 fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13 19 08 99 rifiuti non specificati altrimenti

Voci a specchio 19 08 11 * fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, contenenti sostanze pericolose 19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11 Se un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose e come non pericoloso in quanto "diverso" da quello pericoloso ("voce a specchio"), esso è classificato come pericoloso solo se le sostanze raggiungono le concentrazioni indicate nella Direttiva 09.04.2002.

Responsabilità ed oneri del produttore e del detentore di rifiuti Divieti Corrette modalità di deposito Corrette modalità di smaltimento Corretta tenuta del registro di carico e scarico dei rifiuti Presentazione del modello unico di dichiarazione M.U.D.

Divieti Divieto di abbandono, di deposito incontrollato sul suolo e nel suolo e di immissione nelle acque dei rifiuti (art. 192) divieto di miscelazione di categorie diverse di rifiuti pericolosi ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi (art. 187)

Deposito deposito temporaneo; deposito preliminare [D15]; messa in riserva [R13].

Deposito temporaneo (Art. 183) il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantità superiore a 2,5 parti per milione (ppm), né policlorobifenile e policlorotrifenili in quantità superiore a 25 parti per milione (ppm);

Deposito temporaneo - (Art. 183) 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore, con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l'anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno.

Deposito temporaneo (Art. 183) 4) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 5) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura dei rifiuti pericolosi.

Decreto Legislativo 36/2003 Attenzione! Il D.L.vo 36/2003 ha definito come “discarica” anche il deposito temporaneo effettuato per periodi superiori ad un anno

Grazie per l’attenzione