Le scienze cognitive: motivazioni e implicazioni Qual’è l’oggetto delle scienze cognitive? La natura disciplinare della scienze cognitive Le radici filosofiche.

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Transcript della presentazione:

Le scienze cognitive: motivazioni e implicazioni Qual’è l’oggetto delle scienze cognitive? La natura disciplinare della scienze cognitive Le radici filosofiche delle scienze cognitive: le origini storiche I problemi fondamentali delle scienze cognitive Alcune implicazioni filosofiche delle scienze cognitive

S CIENZA C OGNITIVA  Ricerche interdisciplinari finalizzate allo studio scientifico della mente umana P SICOLOGIA L INGUISTICA A NTROPOLOGIA N EUROSCIENZE I NTELLIGENZA F ILOSOFIA ARTIFICIALE ESAGONO COGNITIVO

In tempi più recenti, lo studio scientifico della cognizione, intesa come l’insieme dei processi di acquisizione ed elaborazione di informazioni – sia esterne sia interne – per vari fini (sopravvivenza, adattamento, conoscenza, e così via), è stato esteso dalla mente umana anche a sistemi biologici non umani e a sistemi artificiali.

Se ci limitiamo agli esseri umani, le scienze cognitive studiano facoltà cognitive ‘di base’ (percezione, memoria, consapevolezza, attenzione, ecc.) o facoltà cognitive ‘superiori’ (pensiero, coscienza). Tutte queste facoltà rappresentano particolari aspetti della mente: l’attività delle scienze cognitive potrebbe essere considerata come un contributo al programma generale di costruire una teoria scientifica della mente.

Ma cosa significa fare una teoria scientifica di un oggetto così particolare come la mente? Come emerge il concetto moderno di mente? Esso emerge a partire da una lunga tradizione filosofica, che indaga concetti generali (anima, soggetto, io, …) di cui il concetto moderno di mente è soltanto un particolare aspetto (quello più strettamente 'razionale').

Le lontane origini del concetto di mente stanno nel più generale concetto di anima (o psyché, secondo il termine greco antico). Storicamente, il primo filosofo che costruisce una teoria dell'anima come entità autonoma, degna di analisi filosofica, è Platone. In particolare nella Repubblica Platone elabora la teoria di un'anima composta di tre parti – una razionale, una legata alla volontà e all'azione e una legata all'aspetto vegetativo – che 'lottano' tra loro per il controllo del soggetto (analogia tra la struttura dell'anima e quella dello stato).

Con la rivoluzione scientifica, il mondo naturale è diventato oggetto autonomo di indagine (con metodi propri, teorie proprie, ecc.). Ma lo sviluppo della scienza ha contribuito a fissare anche dei criteri di ‘scientificità’, rispetto ai quali valutare altri oggetti di indagine, in particolare la mente. Cartesio ha svolto un ruolo di primo piano in questa fase, perché ha operato sia sul piano della scienza sia sul piano delle indagini filosofiche sulla "mente".

Sul piano della scienza, perché Cartesio ha dato un contributo fondamentale alla cinematica moderna (oltre che alla matematica) e alla visione meccanica (o meccanicistica) del mondo naturale. Sul piano delle indagini sulla ‘mente’, perché Cartesio ha dato la prima formulazione moderna di mente come luogo esclusivo della razionalità (privato di qualsiasi carattere vegetativo/vitalistico/emotivo) e ha affrontato in modo esplicito il rapporto mente/materia.

La figura di Cartesio è un riferimento storico fondamentale nella prospettiva delle scienze cognitive anche per una ragione più generale: Cartesio è infatti il filosofo che rifonda l’intera filosofia occidentale moderna, ponendo la giustificazione della conoscenza e dei fondamenti dell’attività razionale tra i massimi obiettivi della riflessione filosofica in generale.

Inoltre, si deve a Cartesio l’introduzione del termine stesso di MENTE in un senso vicino alla sensibilità contemporanea. Il termine viene usato nella versione latina di un’opera fondamentale per la filosofia occidentale: le Meditazioni metafisiche (1641). In questo testo (che contiene il celebre argomento del cogito), Cartesio ha come obiettivo la dimostrazione che a) la mente esiste, b) la mente è indipendente dalla materia.

Un’altra tappa cruciale è rappresentata dalla nascita di una psicologia ‘scientifica’ all’inizio del XX secolo: si afferma l’indirizzo comportamentista nella psicologia (Watson, Skinner, Thorndike e altri): l’oggetto privilegiato della psicologia non è la ‘mente’ del soggetto, ma l’indagine sul suo comportamento osservabile, analizzato nei termini della relazione stimolo/risposta. Espressione, nel campo della psicologia, di un generale atteggiamento empirista (centralità dell'aspetto empirico e osservativo) sui fondamenti della conoscenza scientifica nella prima metà del XX secolo.

“La psicologia come la vede il behaviorista è una scienza naturale puramente oggettiva. Il suo fine teorico è la predizione e il controllo del comportamento. L’introspezione non costituisce una parte essenziale del suo metodo, né il valore scientifico dei suoi dati dipende dalla facilità con cui essi si prestano a essere interpretati in termini di coscienza.” John B. Watson

Modello comportamentista di analisi INPUT (stimolo)  OUTPUT (risposta comportamentale) mente come “scatola nera”

Questo modello si rivela particolarmente inadeguato nell’analisi dell’apprendimento del linguaggio: i comportamentisti non sono infatti in grado di spiegare l’aspetto creativo tipico di ogni fenomeno di apprendimento del linguaggio. La linguistica moderna di Noam Chomsky nasce proprio con l’obiettivo di risolvere problemi come questi: si scopre che non è possibile lasciare la mente come ‘scatola nera’ e che le spiegazioni cognitive devono prendere in considerazione il livello ‘mentale’ (cioè ‘interno’).

“La scienza cognitiva viene praticata nella convinzione che sia legittimo – e anzi di fatto necessario – porre un livello di analisi separato, che può essere chiamato il «livello della rappresentazione». Uno scienziato, quando lavora a questo livello, lavora intorno a entità rappresentative, come simboli, regole, immagini – il materiale della rappresentazione, che si trova in una posizione intermedia tra input e output [...] Questo livello è necessario per spiegare la varietà del comportamento umano, del pensiero come delle azioni.” H. Gardner, La nuova scienza della mente. Storia della rivoluzione cognitiva

SCIENZE COGNITIVE input (percettivo) livello necessario: rappresentazioni, ma in che senso? regole,... output (comportamentale) Contributo della (allora nascente) informatica per lo sviluppo delle scienze cognitive: la concezione computazionale della mente. ?

Fatto storico (contingente). Le prime prove delle scienze cognitive si rivolgono a compiti cognitivi ‘alti’ (scacchi, logica formale), nei quali disporre di ampie risorse e capacità computazionali è importante. Motivazione concettuale (di principio). I computer sono particolari realizzazioni di un modello di calcolo – la Macchina di Turing (MT) – e la MT soddisfa una proprietà cruciale dal punto di vista delle scienze cognitive: la UNIVERSALITÀ (o VIRTUALITÀ).

Due tesi fondamentali alle origini delle scienze cognitive: 1. La natura computazionale della cognizione 2. Il carattere astratto delle computazioni

Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente: Teoria computazionale-rappresentazionale della mente Cognizione: elaborazione di rappresentazioni Le rappresentazioni sono il materiale minimale dei processi cognitivi, intesi come information processing. Il processo di elaborazione delle rappresentazioni è guidata da regole.

Grammatica generativa  Teoria linguistica elaborata da Noam Chomsky a partire dagli anni ‘50 del XX secolo: esempio particolarmente significativo di teoria cognitiva basata sul binomio regole/rappresentazioni. Tesi generale: il linguaggio è una capacità fondata sulla struttura biologica della specie umana. Implicazione fondamentale: le principali proprietà del linguaggio si collocano in senso primario nella sfera cognitiva e solo in senso secondario nella sfera comunicativa.

“Uno dei domini empirici nei quali si sono registrati progressi sensibili è lo studio del linguaggio. Per come lo interpreto, il lavoro svolto in linguistica si basa (spesso implicitamente) su una qualche versione della tesi sulla mente/cervello e si inquadra ragionevolmente nella psicologia e, più in generale, nella biologia umana; alcuni studiosi vi hanno fatto riferimento adottando, con motivazioni ragionevoli, il termine biolinguistica”

“L’oggetto di queste ricerche è costituito da alcuni stati specifici in cui si trovano le persone, in particolare il loro cervello; chiamiamo questi stati ‘stati linguistici’. Tali ricerche si propongono di mettere a nudo la natura e le proprietà di questi stati, il loro sviluppo e le diverse forme che possono assumere nonché le loro basi nel corredo biologico innato. Quest’ultimo sembra dar luogo a una ‘facoltà del linguaggio’ che costituisce una delle componenti specifiche delle facoltà mentali più elevate, [...] una ‘proprietà della specie’ che è condivisa, in linea di principio, da tutti gli esseri umani.”

Particolare concezione di linguaggio: facoltà come componente specifica della mente umana. Secondo questa concezione, il linguaggio è un fenomeno in primo luogo naturale (vale a dire bio- cognitivo) e solo in secondo luogo un fenomeno di tipo storico e sociale. Secondo Chomsky, l’attenzione deve essere concentrata sul linguaggio come capacità del parlante di percepire e di produrre enunciati. Questa capacità è definita I-Linguaggio (linguaggio interno) e costituisce un vero e proprio sistema cognitivo.

L’aspetto comunicativo del linguaggio non viene annullato: tuttavia esso non è sufficiente a mettere in luce gli aspetti fondamentali del linguaggio come sistema cognitivo. Distinzioni fondamentali: Linguaggio & LinguaCompetenza & Esecuzione Linguaggio: facoltà comune a tutti gli esseri umani Lingua: forma specifica assunta dal Linguaggio negli individui Competenza: conoscenza ‘implicita’ che il parlante ha della propria lingua Esecuzione: realizzazione concreta della competenza da parte di un parlante

La componente innata prevista dalla teoria viene chiamata grammatica universale: “può essere considerata come una teoria dei meccanismi innati, una matrice biologica sottostante che fornisce un quadro all’interno del quale si sviluppa la crescita della lingua [...] I princìpi della grammatica universale possono essere considerati come una spiegazione parziale e astratta di un programma genetico che permette al bambino di interpretare certi eventi come esperienza linguistica e di costruire un sistema di regole e princìpi sulla base di questa esperienza.”

La grammatica universale determina quindi il concetto di lingua naturale possibile. Tutte le lingue condivideranno i princìpi fondamentali di tale grammatica universale. La grammatica generativa intende costituirsi come teoria scientifica del linguaggio, inteso come sistema cognitivo. Nuovi orizzonti, pp. 52 ss. Statuto ‘scientifico’ della grammatica generativa Nuovi orizzonti, p. 54

La RICORSIVITÀ è una proprietà chiave, che tra l’altro accomuna parti importanti della linguistica e della logica. Ricorsività: “Uso infinito di mezzi finiti” (Nuovi orizzonti, p. 55) In linguistica, la ricorsività permette l’iterazione nell’applicazione di regole che producono frasi corrette entro una lingua. Esempio: frasi dichiarative. “Io so che [Tizio sa che [Caio sa che [....]]”

Questa circostanza richiama la ricorsività in logica: ricordate la definizione di proposizione in L1? 1.Le lettere proposizionali sono proposizioni di L1. 2.Se A è una proposizione di L1, allora  A è una proposizione di L1. 3.Se A e B sono proposizioni di L1, allora A  B, A  B, A  B sono proposizioni di L1. 4.Nient’altro è una proposizione di L1. La definizione garantisce che un’applicazione ricorsiva delle regole (in particolare i punti 2,3) produce proposizioni corrette di L1.

Approccio ai linguaggi mediante grammatiche ALFABETO A + GRAMMATICA regole di generazione  stringhe di L (L = linguaggio) La prospettiva delle grammatiche formali risulta particolarmente utile per mettere in evidenza gli aspetti ricorsivi dei linguaggi formali.

Intuitivamente: una grammatica è una struttura che, sulla base di un certo alfabeto, specifica una serie di ‘regole’ mediante le quali è possibile generare le frasi che convenzionalmente riconosciamo come corrette. Problema: data una grammatica e una frase, è possibile ‘generare’ quella frase a partire da quella grammatica? La risposta è positiva se disponiamo di un metodo per ‘derivare’ la frase mediante le regole: queste infatti sono ricorsive.

Nelle grammatiche formali, si utilizza il termine derivazione per la procedura che permette di verificare quando una certa stringa di un linguaggio può essere interpretata come generabile in una certa grammatica. Importante analogia Grammatiche formaliLogica regole di produzioneregole di inferenza

Approccio cognitivo “classico” (della prima scienza cognitiva) alla mente  Teoria computazionale e rappresentazionale della mente (cognizione come elaborazione computazionale di rappresentazioni) Questo approccio risulta fecondo per aspetti importanti - filosoficamente neutrale (niente problema mente-corpo) - concettualmente economico - fondato sul potente apparato formale della teoria della computazione ma solleva anche vari problemi, sia 'tecnici' sia 'fondazionali'.

Problemi tecnici per una concezione funzionalista (computazionale) della mente e della cognizione La metafora della mente come computer è efficace rispetto a compiti cognitivi 'difficili' e astratti, ma è in estrema difficoltà rispetto a compiti cognitivi che per un essere umano sono semplici e quasi banali (riconoscimento di oggetti, capacità di coordinazione sensomotoria, …). Non di rado, questo sembra dipendere dalle differenze molto rilevanti tra la struttura di elaborazione di un calcolatore e la struttura di elaborazione rappresentata dal sistema nervoso (di cui il cervello è una parte).

Elaborazione parallela Nei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in parallelo: anche se il singolo neurone è 'lento', il parallelismo su grandi masse di neuroni rende possibile risolvere compiti che per un calcolatore seriale sono difficili. Elaborazione distribuita Nei sistemi nervosi l'informazione viene elaborata in modo distribuito su molti elementi, che svolgono tutti la stessa operazione (questi elementi a volte sono lontani tra loro).

Apprendimento I sistemi nervosi non vengono programmati ma apprendono dall'esperienza. Un apprendimento stabile corrisponde al rafforzamento delle connessioni con cui i neuroni comunicano. Da queste proprietà osservate del sistema nervoso nasce l'idea delle reti neurali artificiali, che sono dei sistemi di elaborazione del'informazione ispirati alla struttura neurale biologica.

Ambiente esterno RETI NEURALI ARTIFICIALI Unità di output Unità nascoste Unità di input Ambiente esterno

Computer / Reti neurali  Discreto / Continuo Simbolico / Non-Simbolico I calcolatori (basati sul modello delle MT) sono sistemi di elaborazione dell'informazione simbolici e discreti: essi funzionano cioè sulla base di un alfabeto discreto di simboli e della loro lettura e trasformazione. Le reti neurali sono invece sistemi di elaborazione dell'informazione non simbolici e continui: essi non possiedono alcun alfabeto ma elaborano un segnale dotato di una determinata intensità.

Problemi filosofici per una concezione funzionalista (computazionale) della mente e della cognizione Qualunque prospettiva funzionalista sulla mente è principalmente sintattica e simbolica: ma in che modo le ‘rappresentazioni’ – che sarebbero il materiale di base dei processi cognitivi – assumono un significato?

Il problema della coscienza Problema della natura degli stati qualitativi e fenomenici della soggettività. Scrive il filosofo della mente David Chalmers nel saggio Come affrontare il problema della coscienza (1995): "La coscienza pone i problemi più sconcertanti nella scienza della mente. Nulla conosciamo più intimamente dell'esperienza conscia, ma non c'è nulla che sia più difficile da spiegare." [Agostino diceva analogamente – ma con riferimento al problema del tempo: "Quando non me lo chiedono, io so cos'è il tempo, ma quando me lo chiedono, non lo so più."]

Secondo Chalmers, "non c'è un unico problema della coscienza. Il termine coscienza è ambiguo, perché si riferisce a molti fenomeni differenti e ciascuno di essi richiede una spiegazione, sebbene alcuni siano più facili da spiegare che altri." Esistono in realtà, sempre secondo Chalmers, due categorie di problemi della coscienza: i problemi "facili" e i problemi "difficili".

"I problemi facili della coscienza sembrano direttamente soggetti ai metodi correnti della scienza cognitiva, attraverso i quali un fenomeno viene spiegato mediante meccanismi computazionali o neurali." Esempi: - capacità di discriminare stimoli ambientali e di reagire - capacità di accedere ai propri stati interni - controllo del comportamento - differenza tra veglia e sonno - capacità di riferire i propri stati interni ……..

Definire "facili" i problemi in questa categoria significa che possiamo avere un'idea chiara di cosa vorrebbe dire poterli spiegare. Abbiamo cioè un'idea ragionevole di una possibile spiegazione di questi problemi, anche se magari per molti di essi non abbiamo già di fatto una simile spiegazione.

"Il problema davvero difficile della coscienza è quello dell’esperienza. Quando pensiamo e percepiamo c’è un frullio di elaborazioni dell’informazione, ma c’è anche un aspetto soggettivo. Come ha detto Nagel, c’è il com’è [what it is like] essere un organismo conscio. Questo aspetto soggettivo è l’esperienza." [D. Chalmers, Come affrontare il problema della coscienza, in Mente e corpo. Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della neuroscienza, Bollati Boringhieri pp ]

Tra questi estremi esiste una grande varietà di concezioni, tra cui vale la pena di ricordarne almeno due. La concezione misterica della coscienza, secondo cui la coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, ma di una complessità che eccede le nostre capacità cognitive. Queste capacità possono cioè formulare il problema della coscienza ma non possono risolverlo: secondo l'espressione di Colin McGinn – il filosofo che ha difeso questa concezione – la nostra mente è cognitivamente chiusa rispetto al problema della coscienza.

La concezione – difesa dallo stesso Chalmers – secondo cui la coscienza è un fenomeno perfettamente naturale, nel senso che il suo aspetto fenomenico è un aspetto fondamentale della realtà stessa. Se questo è vero, allora deve essere possibile indagare l'aspetto fenomenico della realtà in modi non troppo diversi da quelli usati per indagare altri aspetti della realtà che riteniamo fondamentali (e Chalmers cita come esempi lo spazio, il tempo, la massa,….).

“ Il fatto è che quali che siano i princìpi puramente formali introdotti nel calcolatore, essi non saranno sufficienti per il comprendere, poiché un essere umano sarà capace di seguire quei princìpi formali senza per questo capire nulla.” Searle, Menti, cervelli e programmi