Da pag. 8 del libro Orizzonti dell’uomo Vol. 1 di ONNIS-CRIPPA

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I COMUNI MEDIEVALI A cura della Prof.ssa Isaura Piredda.
A cura della prof.ssa Maria Isaura Piredda
Transcript della presentazione:

Da pag. 8 del libro Orizzonti dell’uomo Vol. 1 di ONNIS-CRIPPA Il MEDIOEVO Da pag. 8 del libro Orizzonti dell’uomo Vol. 1 di ONNIS-CRIPPA A cura della prof.ssa Maria Isaura Piredda

Il Medioevo è il periodo storico compreso tra il 476 (= crollo dell’Impero Romano d’Occidente) e il 1492 (= scoperta dell’America). Il Medioevo si divide in due parti: Alto Medioevo (dal 476 al Mille), Basso Medioevo (dal Mille al 1492).

SIGNIFICATO DEL TERMINE “MEDIOEVO” Il termine “Medioevo” significa “età di mezzo” (tra l’età antica e l’età moderna). Si tratta di un’età buia, di crisi.

L’ALTO MEDIOEVO L’Alto Medioevo, in particolare, è un’epoca basata su un sistema economico stretto attorno al castello del signore locale o a un monastero dove si produceva solo ciò che era indispensabile per la sopravvivenza.

Molte terre erano state abbandonate e si erano trasformate in paludi o foreste, dove i poveri raccoglievano legna e frutti selvatici I commerci non esistevano anche perché le vie di comunicazione erano rese insicure dalle scorrerie degli Ungari, dei Saraceni e dei Normanni.

Nell’Alto Medioevo si assisteva a un calo demografico causato da: la scarsa alimentazione, le sanguinose scorrerie degli invasori, l’asprezza del clima, il ricorso all’infanticidio delle neonate (i maschi potevano aiutare nel lavoro dei campi)

LA RIPRESA DOPO IL MILLE Tra il X e l’XI secolo la situazione della società e dell’economia europea cominciò a cambiare. Si assistette a un incremento demografico (intorno al Mille gli abitanti dell’Europa erano circa 40 milioni, mentre nel 1300 erano 80 milioni)

Questo fenomeno fu favorito da una serie di fattori: diminuirono e poi cessarono del tutto le invasioni e i saccheggi da parte delle popolazioni nomadi; le comunicazioni divennero più facili e ripresero gli scambi dei prodotti in eccedenza; il clima migliorò favorendo annate di buoni raccolti; diminuì il ricorso all’uccisione delle neonate.

L’incremento demografico determinò un aumento del fabbisogno di cibo. I contadini recuperarono molte aree coltivabili un tempo abbandonate. Furono abbattute molte foreste e bonificate molte paludi.

Vennero introdotti nuovi strumenti e tecniche agricole. Gli animali utilizzati per l’aratura (buoi e cavalli) furono aggiogati all’aratro con nuovi collari rigidi appoggiati alle spalle (in modo da trainare meglio l’aratro). Furono ferrati i cavalli per garantire una maggiore durata dei loro zoccoli.

Si diffuse l’uso dell’aratro pesante con le ruote (dotato di un affilato coltello verticale, il coltro, ce incideva profondamente la superficie del terreno, e di un vomere, che scavava la zolla, munito di versoio, che la rivoltava).

Fu incrementata la costruzione di mulini ad acqua e a vento (che permettevano di macinare grandi quantità di grano, spremere le olive, segare il legname, lavorare le pelli, etc.). Mulino ad acqua

Si diffuse il sistema della rotazione triennale (la superficie coltivabile veniva divisa in tre parti, una veniva coltivata a cereali, una a legumi e la terza a riposo, e ogni anno per tre anni si ruotava). Questo sistema permetteva una migliore rigenerazione dei terreni e lo sfruttamento di due terzi della superficie disponibile, invece della sola metà sfruttata con la rotazione biennale di prima.

Rotazione triennale dei campi

Tutto questo favorì un incremento della produzione agricola. Mentre prima del Mille da un chicco di grano si ottenevano solo due spighe, ora se ne ricavano fino a cinque (oggi se ne ottengono 30). La sovrapproduzione favorì la rinascita dei commerci.

Diminuì il numero dei servi e aumentò il numero dei coloni liberi. Nacquero la mezzadria (che prevedeva la concessione a un contadino da parte di un signore di un appezzamento di terreno in cambio della corresponsione annuale di una parte del raccolto) e l’enfiteusi (che prevedeva la concessione della terra per l’intera vita del contadino e della sua discendenza, in cambio di un canone annuo).

La ripresa dei commerci spinse i contadini a spostarsi verso i centri abitati dove si tenevano mercati per vendere i loro prodotti. Inoltre aumentò la richiesta dei beni di lusso da parte dei più ricchi. Rinacque la professione del mercante (che acquistava, trasportava e rivendeva beni prodotti in terre più lontane).

Inizialmente i mercanti utilizzavano il baratto, poi si cominciò a pagare in denaro usato poi per comprare altre merci. Nella ripresa degli scambi l’Italia ebbe un posto da protagonista. Al Sud si producevano grandi quantità di grano, sale, vino e olio. Al Nord invece si producevano tessuti pregiati , armi e beni di lusso. Queste merci venivano esportate nell’Impero bizantino, in Africa settentrionale e nell’Europa del Nord.

LE CITTA’ MARINARE Alcune città italiane, grazie a questi commerci, conobbero uno straordinario sviluppo economico e una crescente autonomia politica. Questi centri urbani si strutturarono come “Comuni” autonomi.

Protagoniste della prima fase di sviluppo dei centri urbani furono le città costiere dette “Repubbliche marinare”: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Queste città si scontrarono tra di loro per la supremazia dei traffici commerciali.

Lo scudo dello stemma della Marina Militare italiana raggruppa i simboli delle quattro repubbliche marinare più note: dall'alto a sinistra, in senso orario, gli emblemi di Venezia, Genova, Pisa e Amalfi.

Amalfi usò per prima la bussola, adottata dagli Arabi, e le carte nautiche. I rapporti commerciali di questa città venivano regolati da un apposito codice di leggi “Tavole amalfitane” (primo codice di diritto navale). Nel 1135 Amalfi subì l’attacco e la sconfitta di Pisa.

Pisa possedeva potenti navi da guerra e nel corso del XI secolo conquistò la Sardegna, la Corsica e le isole Baleari. Ridusse le scorrerie dei pirati saraceni in tutto il Mediterraneo. Insediò colonie di mercanti in tutto il Mediterraneo.

Genova, dapprima alleata di Pisa contro i Saraceni, poi rivale, ingaggiò una lunga guerra con Pisa che si concluse con la sconfitta della città toscana nel 1284 nella battaglia navale della Meloria (vicino a Livorno). Genova importava in Europa merci dal lontano Oriente (spezie e stoffe di lusso). Era una repubblica governata da un’oligarchia di famiglie di mercanti.

Venezia aveva origini antichissime. Appartenne per secoli all’Impero bizantino ma progressivamente acquistò autonomia. Era governata dalle famiglie cittadine più in vista e ricche che eleggevano un Consiglio e un “doge” che svolgeva compiti militari e giudiziari. I mercanti veneziani ottennero basi navali in tutti i territori dell’Impero e offrirono le loro navi alla quarta crociata. La rivalità tra Venezia e Genova si accese nel XIII secolo e durò fino all’epoca moderna.

I COMUNI Durante l’Alto Medioevo i centri urbani erano stati in parte abbandonati. Queste città avevano una struttura molto semplice: c’era una piazza centrale dominata da una cattedrale e pochi quartieri abitati circondati da mura.

Con l’aumento della popolazione nel Basso Medioevo, fuori dalle antiche mura sorsero nuovi quartieri che ospitavano artigiani e mercanti con le loro famiglie. Queste nuove aree furono a loro volta circondate da una nuova cinta di mura. Questi nuovi quartieri fortificati furono detti “borghi” e i loro abitanti “borghesi”. Questo termine poi venne usato per indicare gli abitanti della città non nobili né ecclesiastici.

Nell’Alto Medioevo il potere supremo delle città era nelle mani di un vescovo o di un signore feudale. Nel corso dell’XI secolo, invece, i capi delle più importanti famiglie borghesi cominciarono a riunirsi in assemblee nelle quali prendevano insieme le decisioni che li riguardavano. Ben presto, dunque, i vescovi e i signori feudali persero il potere in favore di nuove realtà politiche dette “Comuni” (= libera associazione tra cittadini liberi e abbastanza ricchi).

Inizialmente i signori feudali cercarono di opporsi alla formazione dei Comuni e di limitare la loro autonomia, ma successivamente dovettero scendere a patti. I Comuni sorsero principalmente nell’Italia settentrionale, in Francia, in Germania e nelle Fiandre.

Nel corso del XII secolo i Comuni, divenuti autonomi, si diedero degli statuti (= leggi scritte). Alla guida delle città vi erano le assemblee costituite solo dai cittadini ricchi. Le assemblee nominavano i loro membri (detti “consoli”) che si occupavano della giustizia, dell’organizzazione della vita cittadina e della difesa. Il numero dei consoli variava da città in città (da due a 24 o ancor di più).

Presto, però, i Comuni divennero delle oligarchie guidate da poche ricche e potenti famiglie. Tra le famiglie più ricche, inoltre, vi erano spesso delle sanguinose lotte che indussero le varie città a chiamare uno straniero che assumeva la carica di “podestà”.

Il podestà, non appartenendo ad alcuna famiglia cittadina, aveva il compito di fare da arbitro imparziale nell’applicazione delle leggi. Era pagato dal Comune e restava in carica da sei mesi a un anno.

Anche la popolazione esclusa dalle assemblee cittadine faceva sentire la propria voce eleggendo un “capitano del popolo” che aveva l’incarico di opporsi alle decisioni del podestà. Nel corso del XIII secolo i Comuni cominciarono a estendere la loro influenza sui territori circostanti conquistando il contado.