Media e vita quotidiana I cultural studies britannici.

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Media e vita quotidiana I cultural studies britannici

I cultural studies hanno origine nel Center for Contemporary Cultural Studies, fondato a Birmingham nel 1964.

Principali autori: Raymond Williams ( ) Stuart Hall (1932-)

Gli autori del Centro provengono da svariate discipline (inizialmente, soprattutto Storia e Letteratura inglese). Studiano la cultura come «a whole way of life». La cultura è intesa come una «forma di vita».

Per Parsons la cultura era un insieme coerente di valori, credenze, simboli e norme che garantisce la coesione sociale e fa sì che le personalità dei singoli si adeguino alle necessità del sistema sociale complessivo.

Per la scuola di Birmingham la cultura è un insieme di rappresentazioni e di pratiche che permea la vita di ogni giorno e rende conto del modo in cui gli individui danno senso alla propria realtà.

Questo modo di intenderla squalifica da un lato la presunta superiorità di una cultura rispetto a un’altra, e dall’altro la distinzione fra cultura «alta» e «bassa».

Una cultura non è mai un insieme perfettamente omogeneo: ospita al suo interno differenze, conflitti e negoziazioni. E’ dinamica. Non ha confini netti.

Particolarmente rilevante è qui la lezione di Gramsci, specie in riferimento al suo concetto di «egemonia».

Caratterizza i cultural studies un’ampia varietà di oggetti di indagine: letterature popolari stili di vita musica pop consumi televisivi …

Caratterizzano i cultural studies britannici: una forte interdisciplinarità un marcato accento critico il riconoscimento di diversi fattori di stratificazione sociale, fra cui genere ed etnicità il riconoscimento del carattere attivo dei pubblici dei media

Stuart Hall: il modello «encoding/decoding» I pubblici decodificano i messaggi dei media in modo: - egemonico - negoziato - oppositivo - (aberrante)

Nelle ricerche sui media e la vita quotidiana contano seguenti variabili: -Età -Genere -Istruzione -Collocazione professionale - Appartenenza etnica - Collocazione geografica

Le ricerche empiriche di questi autori non si rivolgono soltanto ai modi in cui i pubblici interpretano i messaggi, ma anche alle pratiche di consumo mediale (tempi e modi di fruizione dei prodotti mediali, collocazione dei supporti mediali nelle abitazioni, conversazioni in proposito…).

Fra le ricerche più note: David Morley: Family Television (1986)

Tra i lavori più noti di Raymond Williams vi è Television and Cultural Form (1974). Qui è presente fra l’altro il concetto di «privatizzazione mobile».

La «privatizzazione mobile» è un processo che attraversa tutto il Novecento e implica due tendenze simultanee: quella alla formazione di unità domestiche sempre più autosufficienti grazie allo sviluppo di consumi privati e ad una crescente attenzione all’intimità, e quella alla crescente mobilità e interconnessione degli individui grazie agli sviluppi dei mezzi di trasporto e di comunicazione.

In Italia sono particolarmente rilevanti per lo studio dei rapporti fra media quotidiana le seguenti ricerche: M. Livolsi (a cura), Il pubblico dei media (1992) F. Casetti (a cura): L’ospite fisso. Televisione e mass media nelle famiglie italiane (1995)

La ricerca di Livolsi è stata svolta mediante la somministrazione di un vasto questionario a un campione di famiglie in Italia.

Le domande riguardano simultaneamente il consumo di media diversi. Non si limitano a riguardare frequenze e durate, ma riguardano specificamente il «genere» dei prodotti effettivamente fruiti. Il medesimo «genere» può essere seguito da un soggetto attraverso media diversi.

Dalla ricerca emerge il concetto di «dieta multimediale».

Ed emerge una tipologia di consumatori. Agli estremi di questa tipologia vi sono da un lato i consumatori «videodipendenti» (tendenzialmente monomediali) e dall’altro gli appartenenti alla «cultura d’élite» (multimediali per eccellenza).

Fra questi due estremi, si individuano vari gruppi di consumatori plurimediali, la cui dieta è organizzata sulla base di alcuni interessi prevalenti.

Mentre la ricerca di Livolsi è di tipo quantitativo, quella di Casetti è di tipo qualitativo. Si tratta di un’indagine di tipo «etnografico». I ricercatori risiedono per una settimana in 32 famiglie in quattro città italiane, partecipando alla vita famigliare, osservano i consumi mediali, conversano con i membri delle famiglie.

Nella prospettiva di questa ricerca, i media costituiscono un insieme di «proposte» che le persone trasformano in «risorse» per la propria vita.

La ricerca evidenzia : - la quotidianità del consumo mediale (specie televisivo) - il suo carattere mediato, negoziato e ritualizzato - la varietà di pratiche in cui tale consumo si dispiega.

I modi di interpretazione dei testi mediali variano in funzione dell’adesione o meno al «patto comunicativo» che il testo suggerisce.

La ricerca di Casetti avvenne quando i computer facevano appena la prima comparsa nelle famiglie, e il telefono cellulare era ancora molto costoso e poco diffuso. Ma negli ultimi vent’anni nessuna etnografia della vita quotidiana potrebbe più fare a meno di considerare i «new media».