Dove tutto ha inizio. In dialogo con le famiglie.

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Transcript della presentazione:

Dove tutto ha inizio. In dialogo con le famiglie. PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Dove tutto ha inizio. In dialogo con le famiglie. LABORATORIO PER CATECHISTI Anno Pastorale 2015-2016  

Dopo il primo anno da catechista, Teresina dice a don Giulio, suo parroco: «Onestamente non mi aspettavo una cosa simile. Ai genitori non interessa il cammino dei loro bambini. Molti neanche li conosco: mandano i nonni a portare i bambini alla catechesi. Altri vengono a prendere i figli, ma hanno con noi un atteggiamento distaccato, pretenzioso. Sono interes­sati solo alla data della prima comunione».

Un prete racconta: «In Quaresima abbiamo consegnato ai bambini dei semi di grano invitando a se­minarli e innaffiarli a casa con l’aiuto dei genitori. La presentazione della piantine all’altare è avvenuta in una messa domenicale nel tempo di Pasqua. Una bel­la liturgia, preparata con cura: bambini elettrizzati, genitori attenti, grande partecipazione alla processio­ne offertoriale. Peccato che quasi tutti i genitori siano usciti dopo l’offertorio. Come se, finito l’impegno dei loro figli, non fosse importante restare a pregare con la comunità. Che cosa possiamo aspettarci da genitori così?».

1. Un tema delicato «Che cosa possiamo aspettarci da genitori così?», si chiedono preti e catechisti. Senza tener conto che, a loro volta, papà e mamme si dicono: «Non possiamo aspettarci molto da preti, suore, catechisti così».

Ovviamente le accuse reciproche o l’indifferenza tra famiglie e ca­techisti servono a poco. Anzi, finiscono per penalizzare i ragazzi, dal momento che, tra i soggetti coinvolti nel cammino dell’iniziazione cri­stiana, i familiari dei bambini e dei ragazzi occupano indubbiamente un posto decisivo1. 1. Cfr. UGO LORENZI, «Famiglie e catechisti nell’iniziazione cristiana dei ragazzi. La forza delle rappresentazioni e la corresponsabilità», in La Scuola Cattolica (2008)136, 87-114.

Rinnovare i percorsi di catechesi richiede infatti di ben oltre il «modesto traguardo di far sì che i genitori non rovinino in casa ciò che si cerca di costruire coi ragazzi nella catechesi»2. 2. DIOCESI DI MILANO - SERVIZIO PER LA CATECHESI, Catechisti e genitori. Accompagnare insieme i figli nell’iniziazione cristiana, In Dialogo, Milano 1998, 16.

Al contrario, la Chiesa deve mostrarsi attenta e fiduciosa verso i ge­nitori, offrendo loro luoghi di accoglienza, ascolto, confronto e respon­sabilizzazione educativa. Le forme potranno essere molteplici, come mostrano varie esperienze attuate nelle parrocchie italiane. Ma l’obiet­tivo è unico e irrinunciabile, come affermano gli Orientamenti CEI.

Dai nuovi Orientamenti: le famiglie e il resto della comunità Nonostante siano molti i problemi che le famiglie oggi avvertono, «dobbiamo comunque pensare ai genitori cristiani […] La comunità cristiana deve alla famiglia una collaborazione leale ed esplicita, considerandola la prima alleata di ogni proposta catechistica offerta ai piccoli ed alle nuove generazioni. In tal senso va valorizzato ogni autentico sforzo educativo in senso cristiano compiuto da parte dei genitori» (CEI, IG 69). In effetti «La realtà familiare e l’amore dei genitori verso i figli sono l’ambito naturale e primordiale nel quale la proposta di fede è chiamata a manifestare il suo carattere di promessa, di speranza e fiducia nell’affrontare la vita» (CEI, IG 69).

La dimensione familiare è uno dei cardini della catechesi parrocchiale, e certo non da oggi: senza la collaborazione delle famiglie, quanto si fa con grande generosità e passione nelle parrocchie e negli oratori rischia di essere una costruzione senza fondamenta.

Per dir­lo in positivo: tra le condizioni che consentono un’efficace proposta di completamento dell’iniziazione cristiana, vi è la messa in atto di un’alleanza educativa tra famiglia e comunità, che comporti unità d’intenti, consenso sui valori di fondo, fattiva collaborazione.

2. Incominciare dall’inizio: le prime età Queste indicazioni di principio difficilmente si traducono in scelte concrete. Una lacuna dell’attuale catechesi è costituita proprio dalla carenza di autentico dialogo tra famiglie e comunità cristiana (preti e catechisti).

La difficoltà emerge, anzitutto, quando comunità e genitori riman­gono sostanzialmente estranei nella prima fase della vita del bambi­no, che va dal battesimo all’iscrizione al catechismo verso i 6/7 anni. Invece, affinché una reale alleanza educativa possa aver luogo, occor­re che dai primi mesi di vita del bambino la comunità si faccia attenta al cammino della coppia e alle esigenze formative che essa avverte nei confronti del figlio.

Una comunità cristiana, che accompagna l’evolu­zione di ogni singola famiglia, potrà favorire un incontro di interessi e di preoccupazioni. Ciò spesso permette di riannodare i fili di un percorso interrotto dopo il matrimonio - se c’è stato un matrimonio cristiano -, pensando contemporaneamente alle tappe successive del cammino del bambino.

3. No a un «coinvolgimento» puramente formale Dobbiamo prestare attenzione al linguaggio che utilizziamo. Le parole sono sempre una spia del nostro modo di pensare. Se parliamo - come si fa di solito - di «coinvolgimento» delle famiglie, è perché ci viene naturale progettare e gestire le attività «tra di noi», cioè preti, suore, catechisti.

In questa ipotesi siamo «noi» a sapere come si educa alla fede, non «loro», i genitori; siamo «noi» - non «loro» - a cono­scere le potenzialità che offre il nostro territorio; siamo «noi» a vivere con assiduità la vita cristiana. La conclusione è evidente: spetta a noi impostare e tenere la catechesi.

Del resto, non è forse quello che ci chiedono gli stessi genitori Del resto, non è forse quello che ci chiedono gli stessi genitori? Ci è probabilmente capitato di incontrare papà o mamme che ci hanno spiegato con nettezza che loro ci consegnano i figli, li accompagnano agli incontri previsti, restano a disposizione se ci fossero problemi… ma nient’altro.

«È per mia figlia che mi prendo questi impegni – spiega qualche genitore – come faccio tante cose in altri ambiti: la scuola, lo sport, ecc. Ma non chiedete a me ritiri, preghiere, attività sulla Bibbia: io queste realtà le vivo a modo mio».

Se la nostra convinzione - e magari appunto anche delle famiglie - è che la catechesi si imposta e si fa in parrocchia, da parte di persone deputate a questo, ci proporremo tutt’al più di «coinvolgere» i geni­tori in quello che siamo soliti fare o che abbiamo deciso di proporre ai bambini.

Ma, se non stiamo attenti, il cosiddetto «coinvolgimento» delle famiglie finisce per essere, di volta in volta, obbligante: i genitori accettano di partecipare agli incontri loro proposti nel timore che, in caso contrario, venga rifiutato il sacramento al figlio;

avvilente: a volte gli operatori pastorali faticano a trattare gli adulti come tali, per cui le proposte sono spesso generiche o infantili;

esagerato: dopo anni di reciproca estraneità tra operatori e famiglie, si propongono programmi «intensivi», che non tengono conto dei ritmi effettivi della vita familiare;

tardivo: quando un figlio ha 10-12 anni, i genitori si accorgono che gli strumenti di educazione etica e religiosa loro proposti sono ormai largamente inefficaci;

formale: proposte «pre-confezionate» vengono presentate tali e quali senza interagire con chi, forse, gradirebbe un rapporto più attento alla propria specifica situazione personale o familiare.

È, invece, cercando di valorizzare i genitori, in parallelo alla cate­chesi di gruppo vissuta dai figli, che alcuni tentativi di rinnovamento dell’iniziazione cristiana hanno trovato una loro originale configura­zione.

Si vedano per esempio gli itinerari approntati da alcune diocesi nella linea di una catechesi familiare pronunciata, e quelli nei quali i genitori sono protagonisti di almeno tre dei «quattro tempi» in cui è articolata la metodica rinnovata3. 3. Cfr. MAURIZIO VIVIANI, «L’iniziazione cristiana in uno stile di primo annuncio. L’esperienza del “metodo a quattro tempi” nella diocesi di Verona», in Catechesi 78(2008/2009)3, 61-72.

Al di là dei dettagli, si comprende che la proposta di itinerari diffe­renziati - attuata in varie Chiese locali - non è rispettosa soltanto della differente situazione dei ragazzi, ma anche delle diverse disponibilità e possibilità dei genitori.

Esisteranno dunque situazioni in cui è bene valorizzare la catechesi familiare, sempre però in un chiaro contesto comunitario-ecclesiale; esisteranno cammini ordinari, nei quali ai ge­nitori sarà chiesto un protagonismo più ridotto ma comunque costan­te; esisteranno infine situazioni nelle quali è quasi solo il cammino dei figli a offrire elementi di ripensamento agli stessi genitori, e potrebbe essere il caso per esempio di alcuni itinerari catecumenali.

4. Imparare a conoscere gli adulti Vogliamo dunque avviare un cammino in cui i genitori non siano considerati solo destinatari di una proposta, ma soggetti dell’itine­rario di evangelizzazione. Per far questo bisogna anzitutto mettersi in ascolto dei papà e delle mamme, meglio se a partire dall’inizio.