Storia della bicicletta.
Non ci sono notizie precise su chi, come e quando sia stata inventata la ruota. In natura non ci sono esempi di ruota da poter imitare e così l’uomo primitivo all’inizio trasportava i pesi sulle proprie spalle, poi usò delle slitte su pattini ed infine, (ma questo probabilmente non prima del 4000 a.C. cioè 6000 anni fa!), nella zona del delta dei fiumi Tigri ed Eufrate un certo tizio, un Sumero, inventò una ruota col perno.
La prima ruota a raggi sembra sia stata inventata dagli antichi Egizi per rendere più leggeri e veloci i loro carri da guerra. Per evitare il loro rapido consumo, le ruote venivano ricoperte con bande di rame ( i primi copertoni!).
Sembra doversi al genio del nostro grande Leonardo da Vinci, nel secolo XVI, la prima idea concreta di bicicletta. Leonardo infatti studiò la possibilità di costruire un veicolo a due ruote con trasmissione a catena. Nello suo disegno si evidenziano benissimo un telaio portante, due ruote uguali fra loro, la trasmissione a catena azionata da un meccanismo a pedali.
Il Conte Di Medre Di Sivrac Per incontrare il primo vero antenato della nostra bicicletta dobbiamo aspettare fin dopo la Rivoluzione Francese. Infatti l’invenzione di un veicolo a due ruote chiamato ”celerifero”o “velocifero” pare sia del 1790 -1791 ad opera di un francese, il conte Mede di Sivrac. Era costituito da un’asse di legno che aveva anche funzione di sella, due forche e due ruote uguali, sempre di legno e divenne ben presto popolare soprattutto come gioco per adulti. Il conte non brevettò la sua invenzione che così fu ripresa da molti costruttori.
Drais von Sauerbronn La realizzazione “commerciale” più nota probabilmente è stata quella avvenuta nell’anno 1800 circa, ad opera di un certo Drais von Sauerbronn, inventore tedesco; sicuramente la sua “invenzione” ha goduto di una certa popolarità per meritarsi addirittura un proprio nome “Draisina”. Il sig. Drais applicò due ruote ad un telaio, ideò un sistema di sterzo, ma non andò oltre; a differenza di Leonardo non vi applicò alcun sistema meccanico di “propulsione”, la draisina veniva mossa dalla spinta dei piedi del “ciclista” che toccavano terra, stando a cavalcioni del mezzo.
Propulsione a mano La propulsione a mano ha avuto i suoi bravi inventori e cultori; dalla Francia si è avuto il “monociclo” e dall’Italia il “il velocimano”; questi nuovi sistemi agivano con apposita trasmissione sulla ruota anteriore che naturalmente fungeva anche da sterzo; il “tutto avanti” come le moderne auto!
4.2 Propulsione a pedali Dopo il velocifero (forse a causa del forte consumo di suole di scarpe), qualcuno pensò di applicare due pedali alla ruota anteriore e la nuova macchina viaggiò. Seguirono altre invenzioni e miglioramenti delle macchine esistenti e, in una delle più sofisticate invenzioni dell’epoca, la potenza umana veniva trasmessa alla ruota posteriore tramite aste e leve azionate con pedali, come mostrato qui di seguito (modello del 1840).
Non si può andare avanti senza parlare del “biciclo”, quella macchina con l’enorme ruota anteriore
Ad ogni pedalata completa la ruota percorreva una distanza superiore rispetto alle realizzazioni precedenti che obbligavano il “ciclista” ad una pedalata troppo agile.
Dalla foto che segue si può supporre, facendo un confronto con le gambe del pedalatore, che la ruota anteriore del biciclo avesse un raggio dell’ordine dei 75 cm. questo vuole dire che ad ogni giro completo della pedalata, la macchina avanza di 75 * 6,28 = 4,7 metri; un buon rapporto!