LA PIANIFICAZIONE IN PROTEZIONE CIVILE Caratteristiche di base per la Caratteristiche di base per la pianificazione di emergenza “Il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose” (Ottaviano Augusto)
ARGOMENTI DELLA RELAZIONE Definizioni propedeutiche ad una trattazione sulla “Pianificazione di emergenza” Fattori che determinano il successo di un’operazione di protezione civile Struttura di un “Piano di emergenza” Criteri di massima (statali e regionali) per la pianificazione provinciale di emergenza Conclusioni Questa la struttura della presentazione. Inrodurremo con le definizioni……. Prima di ogni trattazione sulla Pianificazione di emergenza occorre far chiarezza sui concetti di pericolosità e rischio, sui quali circolano un gran numero di definizioni. In particolare, per definire il rischio occorre definire preliminarmente questi concetti:
VARIABILI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO Pericolosità (P) Probabilità che un fenomeno potenzialmente distruttivo si verifichi in un dato periodo di tempo ed in una data area Esposizione (E) Valore degli elementi esposti (popolazione, infrastrutture, proprietà, attività socio-economiche, ecc.) Vulnerabilità (V) Gradi di perdita prodotto su di un certo elemento o gruppi di elementi esposti POSTI QUESTI TRE CONCETTI POSSIAMO DEFINIRE IL RISCHIO COME……………… Quello dell’esposizione è un concetto abbastanza relativo: che valore dare alla vita umana ???
DEFINIZIONE DI RISCHIO Rischio ( R ) Il numero di perdite umane, di feriti, di danni alla proprietà ed alle attività economiche, che ci attendiamo in conseguenza di un particolare fenomeno IL RISCHIO PUO’ ESSERE DESCRITTO ANCHE ATTRAVERSO UN’EQUAZIONE, C.D EQUAZIONE DEL RISCHIO, CIOE’ DAL PRODOTTO ……………………. DA QUESTA EQUAZIONE SI RICAVA CHE IL RISCHIO NON E’ DEL TUTTO ELIMINABILE, CHE LO SI PUO’ RIDURRE, mitigare, MA NON ELIMINARE DEL TUTTO. ANALIZZANDO QUESTE VARIABILI DIMOSTREREMO QUESTA AFFERMAZIONE. PER ELIMINARE IL RISCHIO BASTREBBE ELIMINARE UNA DI QUESTE TRE VARIABILI. ED ALLORA VEDIAMO: E’ POSSIBILE ELIMINARE LA PERICOLOSITA’ ? (ALCUNI EVENTI NON SONO PREVEDIBILI……) E’ POSSIBILE ELIMINARE LA VULNERABILITA’ E GLI ELEMENTI A RISCHIO ? In teoria si, in pratica no: i costi sociali ed economici non potrebbero essere sopportati. (buttare giu’ le case vulnerabili e ricostruirle, sapendo che la percentuale di esse sono il 40% del patrimonio edilizio; oppure trasferire d’imperio, MAGARI IN Sardegna- esente da rischio sismico -, tutti gli elementi a rischio dalle zone pericolose………..) Queste considerazioni ci portano a considerare il rischio ineliminabile Prima ancora di queste considerazioni è la memoria (e la cronaca) che si incaricano di ricordarci CHE IL RISCHIO ESISTE . Vediamo alcune statistiche in proposito LO SI QUANTIFICA MEDIANTE LA EQUAZIONE DEL RISCHIO: R = P l V l E Per ridurre il rischio occorre intervenire su queste variabili
MAGGIORI TERREMOTI DELL’ULTIMO SECOLO IN ITALIA Friuli - 1976 Messina - 1908 Valle del Belice - 1968 Irpinia – Basilicata - 1980 Mugello - 1919 Fucino - 1915 Questa tabella si riferisce ai maggiori terremoti dell’ultimo secolo (120.000 morti) Sottolineare gli eventi che riguardano la Toscana. Sottolineare gli ultimi fenomeni (nel giugno 2000 a Faenza 200 scosse nel… 2003 e….nel 2008). Nel dicembre 2001 VI grado a Sansepolcro con dichiarazione dello stato di emergenza. INGV - Carta della sismicità in Italia * PER UN TOTALE DI DI PIU’ DI 120.000 DECEDUTI
TERREMOTI STORICI IN PROVINCIA DI FIRENZE CON INTENSITA’ >= AL VII° GRADO DIMOSTRARE CHE IL NOSTRO TERRITORIO E’ A RISCHIO E NON SOLO IL MUGELLO Tralasciamo i vecchi terremoti per i quali le fonti documentali sono incerte. E’ sufficiente soffermarsi su terremoti più recenti per capire che con il sisma dobbiamo convivere. Le slides successive chiariranno ulteriormente questo concetto FONTE: OSSERVATORIO XIMENIANO DI FIRENZE
TERREMOTI DEGLI ULTIMI ANNI SIGNIFICATIVI PER IL NOSTRO TERRITORIO (Appennino Forlivese - 2000) La sequenza sismica compresa tra i comuni di Faenza e Forlì, iniziata il giorno 19 Aprile 2000 alle ore 14:23 con una scossa di magnitudo 3.4, corrispondente ad una intensità all’epicentro del IV grado della scala Mercalli, è stata seguita nei giorni successivi da circa 300 scosse di magnitudo superiore a 2.0. Tra queste, 3 hanno superato 4.0 fino ad un massimo di 4.4 (Intensità Mercalli pari al VI-VII grado). Alcuni terremoti significativi degli ultimi anni per il nostro territorio La cartina richiama quanto accaduto nella primavera del 2000 con coinvolgimento di una significativa area territoriale. La sequenza di aprile-maggio 2000 nel Faentino-Forlivese, pur nella preoccupazione diffusa di quei giorni a fronte del ripetersi stressante di numerose scosse, nel suo complesso ha prodotto danni generalmente leggeri, classificati di VI grado MCS in due casi (Faenza e Brisighella) in presenza di danni leggeri e di grado incerto fra il V e il VI in altre aree.
La Rete Sismica Centralizzata dellâIstituto Nazionale di Geofisica sta registrando una sequenza sismica compresa tra i comuni di Faenza e Forlì, iniziata il giorno 19 Aprile 2000 alle ore 14:23 con una scossa di magnitudo 3.4, corrispondente ad una intensità allâepicentro del IV grado della scala Mercalli. Nei giorni seguenti si sono ripetute un notevole numero di scosse. A tuttâoggi ne sono state registrate circa 300 di magnitudo superiore a 2.0. Tra queste, le più forti si sono registrate: il 2 maggio alle ore 10:48 di magnitudo 4.0 (intensità Mercalli pari al V-VI grado); il 7 maggio alle ore 00:07 di magnitudo 4.2 (intensità Mercalli pari al VI grado); l' 8 maggio alle ore 14:29 di magnitudo 4.4 (Intensità Mercalli pari al VI-VII grado). TERREMOTI DEGLI ULTIMI ANNI SIGNIFICATIVI PER IL NOSTRO TERRITORIO (Appennino Toscano - 2001) Alcuni terremoti significativi degli ultimi anni per il nostro territorio Il 26 novembre 2001 si è verificato un evento sismico nell'Appennino Toscano di magnitudo 4.4 preceduto da una scossa di Md=2.9 e seguita da circa 10 scosse, la maggiore delle quali di Md=3.1. L'evento si è verificato nel bacino di Sansepolcro, in un'area sottoposta a deformazione distensiva. L'area è stata interessata da sismicità sia storica che strumentale. Per questo evento il DPC ha dichiarato lo stato di emergenza.
TERREMOTI DEGLI ULTIMI ANNI SIGNIFICATIVI PER IL NOSTRO TERRITORIO (Appennino Tosco-Emiliano - 2003) Alcuni terremoti significativi degli ultimi anni per il nostro territorio Il 14 settembre 2003 alle 23.43 ora locale, una scossa di Md 5.0 (Mw 5.3) ha interessato l'Appennino Bolognese, con epicentro in un'area compresa fra i comuni di Loiano e Monghidoro. L'evento è stato avvertito in un'area molto vasta, dalla Toscana, alle Marche, in tutta l'Emilia Romagna, in Lombardia, in Veneto e in Friuli. Da notare che l’epicentro è situato in area considerata non sismica dalla classificazione del 1983. Area che poi è stata inserita in 3° categoria dalla successiva classificazione del 2003.
ATTIVITA’ SISMICA IN TOSCANA NEL 2008 DIMOSTRARE CHE IL NOSTRO TERRITORIO E’ A RISCHIO E NON SOLO IL MUGELLO Non è necessario risalire al terremoto del 1919 o comunque ai terremoti storici che hanno interessato il Mugello per definire il rischio sismico una realtà. Sarebbe sufficiente vedere cosa è accaduto nel 2008 per rendersi conto che l’attività sismica nel nostro territorio è costante: dobbiamo quindi prendere atto della possibilità che un evento analogo al 1919 colpisca il Mugello con effetti che si faranno sentire in gran parte del territorio provinciale. Ed ora con riferimento al rischio idrogeologico Crisi sismica del Mugello 1-2 marzo 2008
L’EVENTO SISMICO DEL 14/9/2009 Una sequenza con caratteristiche analoghe a quella verificatasi nella stessa zona nel marzo 2008, quando vennero localizzati tre eventi di magnitudo tra 4.4 e 4.1 nell’arco di poche ore. Rispetto agli eventi del 2008, la sequenza si localizza circa 5 chilometri più a sudest, verso il bacino del Mugello. Negli ultimi mesi la zona ha fatto registrare una sismicità di bassa magnitudo, generalmente inferiore a 2.5, con una media di circa 10 terremoti ogni mese. Per registrare scosse, prima della sequenza del 2008, di magnitudo > 4 bisogna risalire al 1973. Segno di una rinnovata attività, dopo 35 anni di relativa quiete sismica, che dovrà necessariamente essere tenuta sotto attento controllo. Ad oggi sono state registrate, oltre a quelle maggiori, ben 200 scosse strumentali (inferiori a M 2.0)
L’EVENTO SISMICO DEL 14/9/2009 MAPPA DI SCUOTIMENTO (shake map)
IL SISMA IN ABRUZZO Il 6 Aprile 2009 alle ore 03:33 la regione Abruzzo ed in particolare la zona de l'Aquila è stata colpita da un forte terremoto. La magnitudo della scossa principale è stata valutata 5.8 di magnitudo Richter (Ml) ed ha causato 299 vittime ed oltre 1000 feriti
LA ZONA COLPITA E LO “SCIAME”
CRONOLOGIA DEL SISMA
Immediatamente attivabili EFFETTI DEL SISMA COMPOSIZIONE Immediatamente attivabili
EFFETTI DEL SISMA
EFFETTI DEL SISMA: L’AQUILA IL CENTRO STORICO
EFFETTI DEL SISMA: L’AQUILA IL CENTRO STORICO
EFFETTI DEL SISMA: L’AQUILA IL CENTRO STORICO
PRINCIPALI CALAMITA’ IDRAULICHE DELL’ULTIMO SECOLO (AREA FIORENTINA) MA DOPO AVER VISTO QUESTE STATISTICHE LA DOMANDA CHE SORGE SPONTANEA E’ QUESTA: TUTTI QUESTI MORTI, QUESTE DEVASTAZIONI SONO INEVITABILI ? LA RISPOSTA E’ NO : MOLTI DI QUESTI DANNI (pensiamo al Vajont e a Stava) POTEVANO ESSERE EVITATI SE SOLO SI FOSSERO ADOTTATE ADEGUATE MISURE DI PREVENZIONE strutturale (vedremo dopo) : Ma è anche vero che Un buon numero di questi morti è dovuto ad un comportamento irrazionale DEI CITTADINI oppure ad un ritardo nei soccorsi oppure, come spesso accade, ad entrambe le cose. QUESTO E’ UN ESEMPIO DI COMPORTAMENTO IRRAZIONALE
FRANE ED ALLUVIONI NEL NOSTRO PAESE ED ORA VEDIAMO COS’è SUCCESSO SUL NOSTRO TERRITORIO
L’EVENTO DEL 26-27 NOVEMBRE 1949 Sottolineare il comportamento irrazionale della gente. Molti degli 70 morti dell’alluvione in Piemonte 1994 (Alessandria in particolare) sono da ascrivere a comportamenti irrazionali o, peggio, sconsiderati. QUEST’ALTRA STATISTICA, INVECE, DIMOSTRA DI COME SIA IMPORTANTE INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE FIUME ARNO A PISA – PONTE DI MEZZO
LA TEMPESTIVITA’ DEI SOCCORSI STATISTICA O.M.S ELABORATA IN SEGUITO ALL’ANALISI DEL TERREMOTO DELL’IRPINIA - 1980 probabilità di mantenimento in vita , in relazione al numero dei giorni trascorsi, basata su 548 casi soccorsi dopo il terremoto I dati raccolti, basati sulla letteratura internazionale, evidenziano il brusco decremento delle percentuali di sopravvivenza trascorsi due giorni dall’evento, identificando la fase temporale dove è necessario fornire la massima risposta medicalizzata possibile. Commentare bene: sull’importanza di soccorsi celeri. QUINDI , LO RIPETO, DOBBIAMO CONVIVERE CON IL RISCHIO E PREPARARSI AL MEGLIO PER FRONTEGGIARLO. Previsione e Prevenzione sono diventate, negli ultimi anni, le parole chiave in protezione civile. “Prevedere” e “Prevenire”: fare in modo che che le calamità E I DISASTRI NON ACCADANO E se proprio non si possono del tutto evitare (COME ABBIAMO VISTO) , limitiamo il loro impatto sulla popolazione, sulle cose, sulla natura. TUTTO CIO’ è POSSIBILE attraverso due tipi di attività strettamente correlati fra di loro : PREVISIONE e PREVENZIONE LA PREVISIONE E’ COSI DEFINITA DALLA LEGGE 225/1992 ISTITUTICA DEL SNPC AGGIUNGERE CHE IN OCCASIONE DEL TERREMOTO DI BAM IN IRAN (2003) IL TOTALE DEI MORTI FU DI 43.000. inTERVENNERO 1600 SOCCORRITORI DA 43 NAZIONI MS RIUSCIRONO A SALVARE SOLO 30 PERSONE (PERCHE’ ARRIVARONO DOPO 72 ORE) IN OCCASIONE DEL TERREMOTO DI BAM (IRAN – 2003), A FRONTE DI 43.000 DECEDUTI, FURONO SALVATE SOLO 30 PERSONE NONOSTANTE L’INVIO DI 1.600 SOCCORRITORI DA PARTE DI 43 NAZIONI. I SOCCORSI ARRIVARONO DOPO 72 ORE.
identificazione dei rischi LA PREVISIONE Consiste in: attività diretta allo studio ed alla determinazione delle cause dei vari fenomeni calamitosi identificazione dei rischi individuazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi Con essa si giunge alla mappatura dei rischi. Sulla base degli studi di previsione noi dobbiamo attrezzarci per operare una efficace prevenzione che, secondo quanto dalla legge 225/1992, consiste ……………….
Prevenzione non strutturale LA PREVENZIONE Prevenzione non strutturale Consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi calamitosi La prevenzione, come la intendiamo noi, è essenzialmente di due tipi Prevenzione strutturale
LA PREVENZIONE STRUTTURALE E’ legata ad opere pubbliche o ad interventi concreti sul territorio (difese spondali, consolidamento di argini, protezione di centri abitati, consolidamento di versanti, etc.) Citare il caso dell’opportunità sprecata di mettere in sicurezza il patrimonio edilizio utilizzando le agevolazioni fiscale sulle ristrutturazioni edilizie.
INFLUENZA DELLA PREVENZIONE STRUTTURALE SUGLI EFFETTI DI UN EVENTO SISMICO Sottolineare la sproporzione dei danni, soprattutto alle persone, fra casi simili (per magnitudo e/o intensità). Sottolineare il caso giapponese La Regione Toscana ha avviato fin dal 1998 le attività relative al programma di valutazione degli effetti locali (programma VEL) sia dei centri urbani che degli edifici strategici e rilevanti e dal 2000 il programma di riduzione del rischio sismico nelle aree produttive (programma DOCUP), nelle aree a maggior rischio sismico.
ASSENZA DI PREVENZIONE STRUTTURALE? UN CASO TRAGICAMENTE EMBLEMATICO Il terremoto del Molise (2002) - Una scossa di terremoto particolarmente violenta (5.4 Richter) colpì, alle 11.32 del 31 ottobre, i Comuni di San Giuliano, Bonefro, Castellino del Bifermo, causando 30 morti, di cui 27 bambini, circa 100 feriti e 2.925 sfollati nella sola provincia di Campobasso. La scuola elementare fu l'unico edificio a crollare del tutto a San Giuliano di Puglia e questo, così si è detto, è probabilmente dovuto alla carenza di manutenzione e alla cattiva qualità della costruzione. Il processo istituito per determinare le responsabilità del crollo si era concluso il 13 luglio 2007, con un nulla di fatto e nessun responsabile individuato. verdetto ribaltato in appello (25 febbraio 2009) con la condanna di 5 dei 6 imputati (fra i quali anche il sindaco di allora) . L’evento si è trasformato in un tragico stimolo per interventi legislativi tesi al ridisegno delle mappe del rischio sismico ed alla definizione di quali edifici pubblici debbano essere sottoposti ad interventi di adeguamento alle norme di sicurezza antisismiche. Altro caso emblematico sull’assenza di prevenzione strutturale
IL SISTEMA PROVINCIALE Introdurre bene……. IL SERVIZIO E L’UFFICIO DI P.C DOVE SONO Per adempiere alle competenze che vi ho appena elencato le AA.LL si sono variamente organizzate… noi daremo conto del nostro livello, quello provinciale che puo’ essere attivato da…….. Il Cuore del sistema è rappresentato dalla Sala Operativa che è governato da una serie di aggregati (alcuni interni) altri esterni (area strategica) . Quest’ultima per mezzo della Sala coordina gli interventi utilizzando, sulla base di apposite pianificazioni e procedure, risorse della sala oppure…….queste altre risorse Quindi, in ordine: Quando possiamo essere chiamati Da chi Come (funzionamento della sala) Cosa possiamo attivare
LA PREVENZIONE NON STRUTTURALE Può essere ripartita in: Informazione (consapevolezza dei rischi) Formazione (educazione nel contrastare le situazioni di emergenza) Pianificazione di emergenza (individuazione di “chi fa che cosa” in relazione agli scenari di rischio) Allegare vignette od animazioni E’ QUESTO IL TIPO DI PREVENZIONE DI CUI SI OCCUPANO GLI UFFICI P.C POSSIAMO RIPARTIRLA IN 4 ATTIVITA’ Attività esercitative (addestramento sul campo)
Tale attività assume caratteristiche peculiari in caso di emergenza INFORMAZIONE Solo con l’informazione si rendono i cittadini consapevoli dei rischi che li circondano, inducendoli ad assumere comportamenti responsabili (cultura dell’autoprotezione). Tale attività assume caratteristiche peculiari in caso di emergenza L’informazione in emergenza (sottolineare la differenza con l’altro tipo di informazione) è quella che si attua grazie alle informazioni fornite dai sistemi di monitoraggio e di preannuncio. Con riferimento al rischio idraulico essi sono sempre piu’ perfezionati ed è prossibile prevedere con largo anticipo onde di piena e possibili esondazioni. Un buon “Piano” deve prevedere una tempestiva informazione di emergenza. Questo consente rapide evacuazioni di cittadini (4/8 ore a firenze – 8/12 ore a Pisa). Decine di migliaia a Dresda in poche ore.
LA FORMAZIONE Formazione fa rima con educazione. Con l’informazione si acquisiscono nozioni, con la formazione si acquisisce, attraverso un processo educativo, il convincimento, la mentalità ad operare per la sicurezza propria e per quella degli altri. Quindi, non solo informare, ma convincere le persone ed addestrarle. Sottolineare questa attività se la si presenta in corsi di formazione.
LA PIANIFICAZIONE DI EMERGENZA Attraverso essa si individuano, sulla base degli studi di previsione, gli scenari di rischio prevalenti sul territorio. Agli scenari possibili dovranno corrispondere dei "modelli di intervento" predeterminati, in cui sia chiaro e leggibile “chi fa che cosa“ in caso di evento. Scenario è la parola chiave: l’accuratezza dello scenario è condizione indispensabile per operare efficacemente. Sottolineare che lo scenario è la combinazione e la rappresentazione dei fattori PVE A questo punto introdurre la pianificazione. Di queste 4 attività afferenti la prevenzione non strutturale particolare importanza riveste per noi la Pianificazione DI EMERGENZA (la cui competenza ci è stata trasferita recentemente) ed allora parliamo di questa e soprattutto dello strumento attraverso il quale LA SI ATTUA : “Il Piano DI EMERGENZA ” . Quello che presenteremo è il modello ideale di “Pianificazione” c.d metodo augustus, che pero’ come tutti i tipi ideali è di difficile integrale applicazione e deve essere adattato alla realtà locale… il nostro piano provicniale, ad esempio, raccoglie molyte delle indicazioni del metodo ma in alcune parte se ne distanzia. Possiamo definire il Piano di emergenza:
LE ESERCITAZIONI Il logico e indispensabile corollario della formazione e della pianificazione è l'addestramento sul campo, cioè l'esercitazione, prezioso strumento attraverso il quale è possibile testare l’efficacia e la validità di un modello di intervento per fronteggiare una grande emergenza. A questo punto introdurre la pianificazione. Di queste 4 attività afferenti la prevenzione non strutturale particolare importanza riveste per noi la Pianificazione DI EMERGENZA (la cui competenza ci è stata trasferita recentemente) ed allora parliamo di questa e soprattutto dello strumento attraverso il quale LA SI ATTUA : “Il Piano DI EMERGENZA ” cHe possiamo definire:
Il “Piano di emergenza” È il progetto di tutte le attività coordinate e delle procedure di Protezione Civile per fronteggiare un qualsiasi evento calamitoso atteso in un determinato territorio (e contemplato in un apposito scenario) Quindi: da una parte lo scenario e dall’altra (strettamente correlato) il Piano di emergenza. Le attivazioni, le procedure devono essere calibrate in rapporto allo scenario
LE RISPOSTE CHE UN BUON PIANO DI EMERGENZA DEVE FORNIRE Con riferimento ad un evento calamitoso una buona pianificazione deve sostanzialmente rispondere a queste cinque, apparentemente semplici, domande: QUANDO COSA DOVE SI VERIFICA Programmi di previsione CHI COME INTERVIENE Quindi, in sostanza, quando succede qualcosa cercare di capire cosa è veramente successo, dove è successo e soprattutto avere certezza sul chi e come interviene. in quanto le prime tre domande trovano eventuale risposta nei programmi di previsione, la risposta alle ultime due domande rappresenta la vera sostanza del piano di emergenza Piano di emergenza
Comunicazione FATTORI DI SUCCESSO Direzione unitaria Risorse Fattori che determinano il successo di un’operazione di protezione civile Direzione unitaria La direzione unitaria delle operazioni di emergenza si esplica attraverso il coordinamento di un sistema complesso e non in una visione settoriale dell’intervento. Comunicazione Costante scambio di informazioni fra il sistema centrale e periferico. Senza di essa il coordinamento e la gestione razionale delle risorse non sarebbero possibili Risorse Utilizzo razionale e tempestivo delle risorse realmente disponibili e della reperibilità degli uomini e dei mezzi adatti all’intervento. Direzione unitaria: un solo generale…….. Comunicazione: sottolineare che in caso di maxiemergenza le comunicazioni ordinarie saltano..un informazione tempestiva nelle prime ore è fondamentale per orientare i soccorsi Risorse: censimento delle reali disponibilità………
Parte generale Lineamenti della Pianificazione Modello di intervento STRUTTURA DI UN PIANO Il piano si articola in tre parti fondamentali Parte generale Si raccolgono tutte le informazioni relative alla conoscenza del territorio, alle reti di monitoraggio presenti, alla elaborazione degli scenari di rischio. Lineamenti della Pianificazione Si individuano gli obiettivi da conseguire, per dare una adeguata risposta di P.C. ad una qualsiasi emergenza. Modello di intervento Si assegnano le responsabilità nei vari livelli di comando e controllo per la gestione delle emergenze di P.C.; si realizza il costante scambio di informazioni nel sistema centrale e periferico di P.C.; si utilizzano le risorse in maniera razionale. PARTE GENERALE: ribadire il concetto chiave di scenario (trovare una bella definizione e fare un link) LINEAMENTI: si definiscono gli obiettivi MODELLO: si dice come si raggiungono gli obiettivi: chi fa, che cosa fa, come lo fa.
LIVELLI DELLA PIANIFICAZIONE Questi criteri sono applicabili alla pianificazione di emergenza a livello: Nazionale Regionale Provinciale Sovracomunale (es.: centri intercomunali) anche in una scuola, anche in un condominio Comunale Sub-Comunale (es.: quartiere, scuola, teatro, condominio)
IL PIANO PROVINCIALE DI EMERGENZA Criteri di massima per la pianificazione provinciale di emergenza (eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera b, della legge 225/92) PIANO PROVINCIALE DI EMERGENZA Lineamenti della pianificazione Parte generale Modello di intervento dire che ai sensi del dlgs 112 la competenza è ora delle Province. DESCRIVERE PER SOMMI CAPI LE NOSTRE IDEE SU COME INTENDIAMO GESTIRE LE EMERGENZE: comitato prov.le; sala operativa integrata; coord. Prov. Del volontariato; centri intercomunali; rapporti con i comuni per il sostegno alla loro pianificazione; data base; ecc.
IL PIANO DI EMERGENZA: LA PARTE GENERALE Dati di base Aree di emergenza Scenario degli eventi attesi PARTE GENERALE Indicatori di evento e risposte del sistema provinciale di protezione civile INDICATORI: sistemi di monitoraggio cui collegare risposte immediate (automatiche)
IL PIANO DI EMERGENZA: LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE Coordinamento Operativo provinciale Salvaguardia della popolazione Informazione alla popolazione Rapporti fra le istituzioni locali e nazionali per la continuità amministrativa ed il supporto alle attività di emergenza La salvaguardia del sistema produttivo LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE Ripristino della viabilità e dei trasporti Funzionalità delle telecomunicazioni Funzionalità dei servizi essenziali Censimento e salvaguardia dei Beni culturali Modulistica per il censimento dei danni a persone e cose Relazione giornaliera per le autorità centrali e conferenza stampa Struttura dinamica del piano provinciale: aggiornamento dello scenario ed esercitazioni
IL PIANO DI EMERGENZA: MODELLO DI INTERVENTO SISTEMA DI COMANDO E CONTROLLO ATTIVAZIONI IN EMERGENZA
IL PIANO DI EMERGENZA PARTE GENERALE: DATI DI BASE Cartografia Amministrativa scala 1:200.000 o 1:150.000 Idrografia, scala 1:100.000 Uso del suolo, scala 1:50.000 Bacini idrografici con l’ubicazione degli invasi e degli strumenti di misura: pluviometri e idrometri, scala 1:150.000 o 1:200.000 Geologica, scala 1:100.000 Geomorfologica, scala 1:25.000 Rete viaria e ferroviaria, aeroporti ed eliporti, scala 1:100.000 Attività produttive (industriali, artigianali, agricole, turistiche) Pericolosità dei vari eventi nel territorio provinciale Rischio sul territorio provinciale Dati sulla popolazione Numero abitanti e nuclei familiari per Comune Carta della densità della popolazione per comune e provincia Soggetti svantaggiati POPOLAZIONE: soggetti svantaggiati: portatori di handicap e over 70 Sottolineare che si tratta di dati ampiamente disponibili basta solo reprirli
IL PIANO DI EMERGENZA PARTE GENERALE: AREE DI EMERGENZA Cartografia delle aree per l’ammassamento dei soccorritori e delle risorse, scala 1:25.000; Cartografia degli edifici strategici e loro eventuale rilevamento della vulnerabilità, scala 1:5.000 o 1:10.000;
IL PIANO DI EMERGENZA PARTE GENERALE: SCENARIO DEGLI EVENTI ATTESI (1) Gli scenari si ricavano incrociando le cartografie tematiche (carte della pericolosità con dati di base) che sono prodotte dalle Amministrazioni provinciali e regionali (programmi di protezione civile) . Rischio Idrogeologico Alluvioni • cartografia delle aree inondabili; • stima della popolazione coinvolta nelle aree inondabili; • stima delle attività produttive coinvolte nelle aree inondabili; • quantificazione delle infrastrutture pubbliche e private coinvolte nelle aree inondabili; • indicatori di evento (reti di monitoraggio). Frane • cartografia degli abitati instabili; • stima della popolazione nell’area instabile; • quantificazione delle infrastrutture pubbliche e private nell’area instabile; • indicatori di evento (reti di monitoraggio) Dighe • tipi di crollo (sifonamento, tracimazione); • onda di sommersione (da crollo e/o manovra degli scarichi di fondo); • quantificazione della popolazione, delle infrastrutture pubbliche e private ubicate nell’area coinvolta dall’ ipotetica onda di sommersione; • indicatori di evento (reti di monitoraggio. Rischio di incendio • Carta dell’uso del suolo • Carta climatica del territorio; • Carta degli incendi storici; • Carta degli approvvigionamenti idrici.
IL PIANO DI EMERGENZA PARTE GENERALE: SCENARIO DEGLI EVENTI ATTESI (2) Rischio sismico • carta della pericolosità sismica; • rilevamento della vulnerabilità (edifici pubblici e privati;) • stima dell’esposizione delle infrastrutture e dei servizi essenziali alla comunità; • censimento della popolazione coinvolta dall’evento atteso; • classificazione sismica dei comuni. Rischio industriale • censimento delle industrie soggette a notifica e dichiarazione; • specificazione dei cicli produttivi degli impianti industriali; • calcolo delle sostanze in deposito e in lavorazione; • censimento della popolazione nell’area interessata dall’evento; • calcolo dell’area d’impatto esterna alle industrie. Rischio vulcanico: • serie storiche degli eventi vulcanici; • censimento della popolazione nell’area interessata dall’evento; • mappe di pericolosità; • rilevamento della vulnerabilità con riguardo anche all’esposizione delle infrastrutture e dei servizi pubblici essenziali;. • indicatori di evento (reti di monitoraggio).
IL PIANO DI EMERGENZA PARTE GENERALE: INDICATORI DI EVENTO E RISPOSTE DEL SISTEMA PROVINCIALE DI PROTEZIONE CIVILE Gli eventi si dividono in eventi prevedibili (vulcanico, idrogeologico) e non prevedibili (terremoto, rischio chimico industriale, incendi boschivi). Qualora in una porzione di territorio si riscontrino eventi prevedibili in un arco di tempo determinato, sarà fondamentale collegare ad ogni allarme una risposta graduale del sistema provinciale di protezione civile.
IL PIANO DI EMERGENZA: LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE (1) COORDINAMENTO OPERATIVO PROVINCIALE Viene assunta la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare, a livello provinciale, per meglio supportare gli interventi dei Sindaci dei comuni interessati. SALVAGUARDIA DELLA POPOLAZIONE Questa attività è prevalentemente assegnata ai Sindaci. Le misure di salvaguardia alla popolazione per gli eventi prevedibili sono finalizzate all’allontanamento della popolazione dalla zona di pericolo; particolare riguardo deve essere dato alle persone con ridotta autonomia (anziani, disabili, bambini). Dovranno essere attuati piani particolareggiati per l’assistenza alla popolazione (aree di accoglienza, etc.) Per gli eventi che non possono essere preannunciati sarà di fondamentale importanza organizzare il primo soccorso sanitario entro poche ore dall’evento. INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE E’ fondamentale, che il cittadino residente nelle zone, direttamente o indirettamente interessate all’evento conosca preventivamente: • le caratteristiche essenziali di base del rischio che insiste periodicamente sul proprio territorio; • le predisposizioni del piano di emergenza nell’area in cui risiede; • come comportarsi, prima, durante e dopo l’evento; • con quale mezzo ed in quale modo verranno diffuse informazioni ed allarmi. RAPPORTI FRA LE ISTITUZIONI LOCALI E NAZIONALI PER LA CONTINUITA’ AMMINISTRATIVA ED IL SUPPORTO ALLE ATTIVITA’ DI EMERGENZA Si tratta di mantenere la continuità di governo assicurando il collegamento e le attività comunali e periferiche dello stato
IL PIANO DI EMERGENZA: LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE (2) LA SALVAGUARDIA DEL SISTEMA PRODUTTIVO Questo intervento di protezione civile si può effettuare o nel periodo immediatamente precedente il manifestarsi dell’evento (eventi prevedibili), attuando piani di messa in sicurezza dei mezzi di produzione e dei relativi prodotti stoccati, oppure immediatamente dopo che l’evento abbia provocato danni (evento imprevedibile) alle persone e alle cose; in questo caso si dovrà prevedere il ripristino dell’attività produttiva e commerciale nell’area colpita attuando interventi mirati per raggiungere tale obiettivo nel più breve tempo possibile. La concorrenza delle aziende produttive nel mercato nazionale e internazionale non permette che la sospensione della produzione sia superiore ad alcune decine di giorni. RIPRISTINO DELLA VIABILITA’ E DEI TRASPORTI Durante il periodo della prima emergenza si dovranno già prevedere interventi per la riattivazione dei trasporti sia terrestri, aerei, marittimi, fluviali, del trasporto per le materie prime e di quelle strategiche, l’ottimizzazione dei flussi di traffico lungo le vie di fuga e l’accesso dei mezzi di soccorso nell’area colpita. In ogni piano sarà previsto, per questo specifico settore, una singola funzione di supporto per il coordinamento di tutte le risorse e gli interventi necessari per rendere piena funzionalità alla rete di trasporto. FUNZIONALITA’ DELLE TELECOMUNICAZIONI La riattivazione delle telecomunicazioni dovrà essere immediatamente garantita per gestire il flusso delle informazioni degli uffici pubblici e per i centri operativi dislocati nell’area colpita attraverso l’impiego massiccio di ogni mezzo o sistema TLC. Si dovrà garantire la funzionalità delle reti telefoniche e radio delle varie strutture operative di protezione civile per garantire i collegamenti fra i vari centri operativi e al tempo stesso per diramare comunicati, allarmi etc. In ogni piano sarà prevista, per questo specifico settore, una singola funzione di supporto che garantisce il coordinamento di tutte le risorse e gli interventi necessari per ridare piena funzionalità alle telecomunicazioni per la trasmissione di testi, immagini e dati numerici.
IL PIANO DI EMERGENZA: LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE (3) FUNZIONALITA’ DEI SERVIZI ESSENZIALI La messa in sicurezza delle reti erogatrici dei servizi essenziali dovrà essere assicurata, al verificarsi di eventi prevedibili, mediante l’utilizzo di personale addetto secondo specifici piani particolareggiati elaborati da ciascun ente competente. La verifica ed il ripristino della funzionalità delle reti dovrà prevedere l’impiego degli addetti agli impianti di erogazione ed alle linee e/o utenze in modo comunque coordinato (Enel, gas...), prevedendo per tale settore una specifica funzione di supporto, al fine di garantire le massime condizioni di sicurezza. CENSIMENTO E SALVAGUARDIA DEI BENI CULTURALI Nel ribadire che il preminente scopo del piano di emergenza è quello di mettere in salvo la popolazione e garantire con ogni mezzo il mantenimento del livello di vita “civile”, messo in crisi da una situazione di grandi disagi sia fisici che psicologici, è comunque da considerare fondamentale la salvaguardia dei beni culturali ubicati nelle zone a rischio. Si dovranno perciò organizzare specifici interventi per il censimento e la tutela dei beni culturali, predisponendo anche specifiche squadre di tecnici specializzati nel settore per la messa in sicurezza dei reperti, o altri beni artistici, in aree sicure. MODULISTICA PER IL CENSIMENTO DEI DANNI A PERSONE E COSE La raccolta dei dati prevista da tale modulistica è suddivisa secondo le funzioni di supporto previste per la costituzione di una Sala Operativa. Con questa modulistica unificata è possibile razionalizzare la raccolta dei dati, che risultano omogenei e di facile interpretazione.
IL PIANO DI EMERGENZA: LINEAMENTI DELLA PIANIFICAZIONE (4) RELAZIONE GIORNALIERA PER LE AUTORITA’ CENTRALI E CONFERENZA STAMPA La relazione dovrà contenere le sintesi delle attività giornaliere, ricavando i dati dalla modulistica di cui al punto precedente. Si dovranno anche riassumere i dati dei giorni precedenti e si indicheranno, anche attraverso i mass-media locali, tutte le disposizioni che la popolazione dovrà adottare. I giornalisti accreditati verranno costantemente aggiornati con una conferenza stampa quotidiana. Durante la giornata si dovranno inoltre organizzare per i giornalisti supporti logistici per la realizzazione di servizi di informazione nelle zone di operazione. STRUTTURA DINAMICA DEL PIANO PROVINCIALE: AGGIORNAMENTO DELLO SCENARIO ED ESERCITAZIONI Il continuo mutamento dell’assetto urbanistico del territorio, la crescita delle associazioni del volontariato, il rinnovamento tecnologico delle strutture operative e le nuove disposizioni amministrative comportano un continuo aggiornamento del piano sia per lo scenario dell’evento atteso che per le procedure. Le esercitazioni rivestono quindi un ruolo fondamentale al fine di verificare la reale efficacia del piano di emergenza. Esse devono essere svolte periodicamente a tutti i livelli secondo le competenze attribuite alle strutture operative previste dal piano stesso; sarà quindi necessario ottimizzare linguaggi e procedure e rodare il piano di emergenza redatto, sullo specifico scenario di un evento atteso, in una determinata porzione di territorio. per far assumere al piano le migliori caratteristiche di un documento vissuto e continuamente aggiornato sarà fondamentale organizzare le esercitazioni secondo diverse tipologie: • esercitazioni senza preavviso per le strutture operative previste nel piano; • esercitazioni congiunte tra strutture operative e popolazione interessata all’evento atteso (la popolazione deve conoscere e provare attraverso le esercitazioni tutte le azioni da compiere in caso di calamità). • esercitazioni periodiche del solo sistema di comando e controllo, anche queste senza preavviso, per una puntuale verifica della reperibilità dei singoli responsabili delle funzioni di supporto e per testare l’efficienza dei collegamenti.
IL PIANO DI EMERGENZA MODELLO DI INTERVENTO:SISTEMA COMANDO E CONTROLLO È il sistema per esercitare la direzione unitaria dei servizi di emergenza a livello provinciale e si caratterizza con tre strutture operative: CENTRO COORDINAMENTO SOCCORSI (C.C.S.) SALA OPERATIVA PROVINCIALE CON 14 FUNZIONI DI SUPPORTO CENTRI OPERATIVI MISTI (C.O.M.)
IL PIANO DI EMERGENZA SISTEMA COMANDO E CONTROLLO: C.C.S. IL CENTRO COORDINAMENTO SOCCORSI (C.C.S.) Può configurarsi nel Comitato Provinciale della Protezione Civile ed è il massimo organo di coordinamento delle attività di Protezione Civile a livello provinciale. Sarà composto dai massimi responsabili di tutte le componenti e strutture operative presenti nel territorio provinciale. Dovrà individuare le strategie di intervento per il superamento dell’emergenza razionalizzando le risorse disponibili nella Provincia e al tempo stesso garantire il coordinamento degli interventi del governo regionale o del governo nazionale a seconda della natura dell’evento calamitoso. Decide inoltre la dislocazione nel territorio dei COM in accordo con il Comitato Operativo Nazionale in caso di evento di tipo “C”. Manterrà stretti collegamenti con le autorità preposte all’ordine pubblico.
IL PIANO DI EMERGENZA SISTEMA COMANDO E CONTROLLO: SALA OPERATIVA SALA OPERATIVA PROVINCIALE CON 14 FUNZIONI DI SUPPORTO E’ organizzata per 14 funzioni di supporto; esse rappresentano le singole risposte operative che occorre organizzare in qualsiasi tipo di emergenza a carattere provinciale. Ogni singola funzione avrà un proprio responsabile che in “tempo di quiete operativa” aggiornerà i dati relativi alla propria funzione e in caso di emergenza provinciale sarà l’esperto che attiverà le funzioni di soccorso. L’ubicazione della Sala Operativa dovrà essere individuata in sedi non vulnerabili e facilmente accessibili.
IL PIANO DI EMERGENZA: LE FUNZIONI DI SUPPORTO (1) TECNICA E DI PIANIFICAZIONE Questa funzione comprende i Gruppi Nazionali di ricerca ed i Servizi Tecnici nazionali e locali. Il referente sarà il rappresentante del Servizio Tecnico del comune o del Genio Civile o del Servizio Tecnico Nazionale, prescelto già in fase di pianificazione; dovrà mantenere e coordinare tutti i rapporti tra le varie componenti scientifiche e tecniche per l’interpretazione fisica del fenomeno e dei dati relativi alle reti di monitoraggio. 1 SANITÀ’, ASSISTENZA SOCIALE E VETERINARIA Saranno presenti i responsabili del Servizio Sanitario locale, la C.R.I., le Organizzazioni di volontariato che operano nel settore sanitario. In linea di massima il referente sarà il rappresentante del Servizio Sanitario Locale. 2 MASS-MEDIA ED INFORMAZIONE La sala stampa dovrà essere realizzata in un locale diverso dalla Sala Operativa. Sarà cura dell’addetto stampa stabilire il programma e le modalità degli incontri con i giornalisti. Per quanto concerne l’informazione al pubblico sarà cura dell’addetto stampa, coordinandosi con i sindaci interessati, procedere alla divulgazione della notizia per mezzo dei mass-media. Scopi principali sono: • informare e sensibilizzare la popolazione; • far conoscere le attività; • realizzare spot, creare annunci, fare comunicati; • organizzare tavole rotonde e conferenze stampa 3 VOLONTARIATO I compiti delle Organizzazioni di volontariato, in emergenza, vengono individuati nei piani di protezione civile in relazione alla tipologia del rischio da affrontare, alla natura ed alla specificità delle attività esplicate dalle Organizzazioni e dai mezzi a loro disposizione. Pertanto, in Sala Operativa, prenderà posto il coordinatore indicato nel piano di protezione civile che avrà il compito di mantenere i rapporti con la consulta provinciale per il volontariato. Il coordinatore provvederà, in «tempo di pace», ad organizzare esercitazioni congiunte con altre forze preposte all’emergenza al fine di verificare le capacità organizzative ed operative delle suddette Organizzazioni. I 4
IL PIANO DI EMERGENZA: LE FUNZIONI DI SUPPORTO (2) MATERIALI E MEZZI La funzione di supporto in questione è essenziale e primaria per fronteggiare una emergenza di qualunque tipo. Questa funzione censisce i materiali ed i mezzi in dotazione alle amministrazioni; sono censimenti che debbono essere aggiornati costantemente per passare così dalla concezione del “censimento” delle risorse alla concezione di “disponibilità” delle risorse. Si tratta di avere un quadro delle risorse suddivise per aree di stoccaggio. Per ogni risorsa si deve prevedere il tipo di trasporto ed il tempo di arrivo nell’area dell’intervento. Alla gestione di tale funzione concorrono i materiali e mezzi comunque disponibili. Nel caso in cui la richiesta di materiali e/o mezzi non possa essere fronteggiata a livello locale, il coordinatore rivolgerà richiesta a livello centrale. 5 TRASPORTO, CIRCOLAZIONE E VIABILITA’ La funzione riguardante il trasporto è strettamente collegata alla movimentazione dei materiali, al trasferimento dei mezzi, ad ottimizzare i flussi lungo le vie di fuga ed al funzionamento dei cancelli di accesso per regolare il flusso dei soccorritori. Questa funzione di supporto deve necessariamente operare a stretto contatto con il responsabile della funzione 10, “Strutture Operative”. Per quanto concerne la parte relativa all’attività di circolazione e viabilità il coordinatore è normalmente il rappresentante della Polstrada o suo sostituto; concorrono per questa attività, oltre alla Polizia Stradale, i Carabinieri ed i Vigili Urbani: i primi due per il duplice aspetto di Polizia giudiziaria e di tutori della legge e gli altri per l’indiscussa idoneità nella gestione della funzione in una emergenza a carattere locale. Si dovranno prevedere esercitazioni congiunte tra le varie forze al fine di verificare ed ottimizzare l’esatto andamento dei flussi lungo le varie direttrici. 6
IL PIANO DI EMERGENZA: LE FUNZIONI DI SUPPORTO (3) TELECOMUNICAZIONI Questa funzione dovrà, di concerto con il responsabile territoriale delle aziende di telecomunicazioni, con il responsabile provinciale P.T. con il rappresentante dell’associazione di radioamatori presente sul territorio, organizzare una rete di telecomunicazione alternativa affidabile anche in caso di evento di notevole gravità. Il responsabile di questa funzione è normalmente un esperto di telecomunicazioni. 7 SERVIZI ESSENZIALI In questa funzione prenderanno parte i rappresentanti di tutti i servizi essenziali erogati sul territorio coinvolto. Mediante i Compartimenti Territoriali e le corrispondenti sale operative nazionali o regionali deve essere mantenuta costantemente aggiornata la situazione circa l’efficienza e gli interventi sulla rete. L’utilizzazione del personale addetto al ripristino delle linee e/o delle utenze è comunque coordinata dal rappresentante dell’Ente di gestione presente nella funzione. 8 SERVIZI ESSENZIALI L’effettuazione del censimento dei danni a persone e cose riveste particolare importanza al fine di fotografare la situazione determinatasi a seguito dell’evento calamitoso per determinare sulla base dei risultati riassunti in schede riepilogative gli interventi d’emergenza. Il responsabile della suddetta funzione, al verificarsi dell’evento calamitoso, dovrà effettuare un censimento dei danni riferito a: • persone • edifici pubblici • edifici privati • impianti industriali • servizi essenziali • attività produttive • opere di interesse culturale • infrastrutture pubbliche • agricoltura e zootecnia 9
IL PIANO DI EMERGENZA: LE FUNZIONI DI SUPPORTO (4) STRUTTURE OPERATIVE S.A.R. Il responsabile della suddetta funzione, dovrà coordinare le varie strutture operative presenti presso il CCS e i COM: • Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco • Forze Armate • Forze dell’Ordine • Corpo Forestale dello Stato • Servizi Tecnici Nazionali • Gruppi Nazionali di Ricerca Scientifica • Croce Rossa Italiana • Strutture del Servizio sanitario nazionale • Organizzazioni di volontariato • Corpo Nazionale di soccorso alpino 10 STRUTTURE OPERATIVE S.A.R. In relazione all’evento il responsabile della funzione dovrà essere in possesso della documentazione riguardante tutti i referenti di ciascun Ente ed Amministrazioni della zona interessata all’evento. Si dovranno anche organizzare gemellaggi fra le Amministrazioni comunali colpite, le “municipalizzate” dei comuni o delle regioni che portano soccorso per il ripristino immediato dei servizi essenziali (riattivazione delle discariche, acquedotto, scuole, servizi vari etc.). 11 MATERIALI PERICOLOSI Lo stoccaggio di materiali pericolosi, il censimento delle industrie soggette a notifica e a dichiarazione o altre attività pericolose che possono innescare ulteriori danni alla popolazione dopo un evento distruttivo di varia natura, saranno preventivamente censite e per ognuno studiato il potenziale pericolo che può provocare alla popolazione. 12
IL PIANO DI EMERGENZA: LE FUNZIONI DI SUPPORTO (5) ASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE Per fronteggiare le esigenze della popolazione che a seguito dell’evento calamitoso risultano senza tetto o soggette ad altre difficoltà, si dovranno organizzare in loco delle aree attrezzate per fornire i servizi necessari. Dovrà presiedere questa funzione un funzionario dell’Ente amministrativo locale in possesso di conoscenza e competenza in merito al patrimonio abitativo, alla ricettività delle strutture turistiche (alberghi, campeggi etc.) ed alla ricerca e utilizzo di aree pubbliche e private da utilizzare come aree di ricovero della popolazione. Per quanto concerne l’aspetto alimentare si dovrà garantire un costante flusso di derrate alimentari, il loro stoccaggio e la distribuzione alla popolazione assistita. Si dovranno anche censire a livello nazionale e locale le varie aziende di produzione e/o distribuzione alimentare. 13 COORDINAMENTO CENTRI OPERATIVI Il coordinatore della Sala Operativa che gestisce le 14 funzioni di supporto, sarà anche responsabile di questa funzione in quanto dovrà conoscere le operatività degli altri centri operativi dislocati sul territorio al fine di garantire nell’area dell’emergenza il massimo coordinamento delle operazioni di soccorso razionalizzando risorse di uomini e materiali. Con l’attivazione delle 14 funzioni di supporto tramite i loro singoli responsabili , si raggiungono due distinti obiettivi: si individuano a priori i responsabili delle singole funzioni da impiegare in emergenza e in “tempo di pace”, si garantisce il continuo aggiornamento del piano di emergenza con l’attività degli stessi responsabili. I responsabili delle 14 funzioni di supporto avranno quindi la possibilità di tenere sempre efficiente il piano di emergenza. Questo consente di avere sempre nella propria sala operativa esperti che già si conoscono e lavorano per il Piano di emergenza. Ciò porterà a una maggiore efficacia operativa fra le “componenti” e le “strutture operative” (amministrazioni locali, volontariato, FF.AA, Vigili del Fuoco, etc.). Il responsabile della funzione 14 assumerà anche il ruolo di coordinatore della Sala Operativa 14
IL PIANO DI EMERGENZA: CENTRO OPERATIVO MISTO IL CENTRO OPERATIVO MISTO (COM) E’una struttura operativa decentrata il cui responsabile dipende dal Centro Coordinamento Soccorsi ed al quale partecipano i rappresentanti dei comuni e delle strutture operative. I compiti del COM sono quelli di favorire il coordinamento dei servizi di emergenza organizzati a livello provinciale con gli interventi dei sindaci appartenenti al COM stesso. L’ubicazione del COM deve essere baricentrica rispetto ai comuni coordinati e localizzata in locali non vulnerabili. Le funzioni di supporto da attuare nel COM non sono obbligatoriamente 14 ma individuate in base al tipo e alle caratteristiche dell’emergenza presente o in corso.
IL PIANO DI EMERGENZA MODELLO DI ATTIVAZIONI IN EMERGENZA Esse rappresentano le immediate predisposizioni che dovranno essere attivate dal centro coordinamento soccorsi. REPERIBILITA’ DEI COMPONENTI IL C.C.S. Alla segnalazione di possibili pericoli o di eventi calamitosi in atto si dovranno attuare le procedure previste dal piano di emergenza dislocando immediatamente sul territorio i funzionari addetti alla gestione dei COM. REPERIBILITA’ DEI FUNZIONARI DELLA SALA OPERATIVA La Sala Operativa è composta dai responsabili delle 14 funzioni di supporto i quali saranno convocati e prenderanno posizione nei locali predisposti. DELIMITAZIONE AREE A RISCHIO Tale operazione avviene tramite l’istituzione di posti di blocco, denominati cancelli, sulle reti di viabilità, ed hanno lo scopo di regolamentare la circolazione in entrata ed in uscita dall’area a rischio. La predisposizione dei cancelli dovrà essere attuata in corrispondenza dei nodi viari onde favorire manovre e deviazioni. AREE DI AMMASSAMENTO SOCCORRITORI NELLE PROVINCE Le aree di ammassamento dei soccorritori devono essere preventivamente individuate dalle Autorità competenti (Regione, Provincie, Comuni) al fine di garantire un razionale impiego nelle zone di operazione dei soccorritori. Esse rappresentano il primo orientamento e contatto dei soccorritori con la zona colpita dall’evento. Tali aree debbono essere ubicate nelle vicinanze dei caselli autostradali o comunque facilmente raggiungibili per strade agevoli anche a mezzi di grande dimensioni; possibilmente lontano dai centri abitati a rischio.
INDIRIZZI REGIONALI PER L’ORGANIZZAZIONE LOCALE DI PROTEZIONE CIVILE IL SISTEMA NORMATIVO TOSCANO INDIVIDUA E DETTAGLIA GLI ELEMENTI CARDINE OLTRE CHE I SUOI REQUISITI 'MINIMI'. QUESTI SONO COSTITUITI DA: CENTRO SITUAZIONI CENTRO OPERATIVO AREA STRATEGICA Questo l’art. 28 del Regolamento, con il quale si prescrive il contenuto minimo del Piano, che appunto ha da essere : …………………….. …………………… ………………….. Vale per comuni e province. Sottolinearlo per i Comuni che, dalla nostra approvazione, hanno 90 gg. di tempo per adeguare i loro piani. Per quanto riguarda il Centro situazioni vi parlerà masetti Esaminiamo ora come abbiamo costruito il Centro Operativo ed i centri di coordinamento decentrati (i C.O.M)
Il CENTRO SITUAZIONI Il Centro Situazioni (CE.SI.) è un aggregato fondamentale della Sala Operativa di protezione Civile, operante H24 ed organizzato per : Effettuare il monitoraggio ordinario Riceve e verifica le segnalazioni circa situazioni di criticità in atto o previste, seguendone la possibile evoluzione Mantenere un costante flusso informativo con le strutture interne che svolgono attività di centro operativo nonché con le altre componenti del sistema regionale di protezione civile e gli altri soggetti che concorrono alle attività di protezione civile
Il CENTRO OPERATIVO Il Centro Operativo è un aggregato della Sala Operativa di protezione Civile, organizzato per svolgere le seguenti attività: L’accertamento delle esigenze di intervento L’attivazione diretta delle risorse necessarie per far fronte alle esigenze di intervento o l’attivazione dei centri di competenza a cio’ preposti La prima definizione dei danni
L’AREA STRATEGICA RACCORDO STRATEGICO-OPERATIVO DPGRT - 1 dicembre 2004, n. 69/R Regolamento di attuazione, di cui all’articolo 15, comma 3, della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 67 RACCORDO STRATEGICO-OPERATIVO AL MEDESIMO LIVELLO TERRITORIALE A LIVELLI TERRITORIALI DIVERSI Di norma questo avviene attraverso l’attivazione di un organismo di Coordinamento, denominato UNITA’ DI CRISI, che ha il compito di assumere le iniziative da intraprendere da parte di ciascun soggetto partecipante in modo da assicurare la massima integrazione delle rispettive attività (Artt.10,11,12). In particolare, il raccordo tra livello provinciale ed il livello comunale è favorito dalla attivazione, da parte della Provincia (o dalla RT in caso di emergenze regionali), di sedi di coordinamento operativo decentrate che garantiscono i collegamenti informativi ed operativi con i singoli comuni afferenti all’ambito intercomunale di riferimento,(Art.13)
SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE Software distribuito a tutti i Comuni (escluso 1) ed ai 4 Centri Intercomunali Corsi di formazione Convenzioni con volontariato per supporto alla redazione dei piani Istituzione Ufficio di Pianificazione per Supporto e consulenza nella redazione dei piani COMUNI E CENTRI INTERCOMUNALI DI P.C. “Presentazione applicativo Augustus” Noi abbiamo redatto il Piano Provinciale nel 2005 (attualmente in corso di aggiornamento), grazie al passaggio di questa competenza formalizzato nel 2003. Va da se che un “Piano” come si deve non puo’ prescindere dai piani comunali ed allora abbiamo profuso un forte impegno nel sostenere i Comuni proprio per aiutarli in questa attività: la Pianificazione comunale di emergenza, ed allora abbiamo: · Effettuato corsi di formazione per tutti i Comuni della Provincia di Firenze (escluso 1) in particolare per formare i tecnici responsabili degli uffici comunali di p.c. Corsi che ci hanno impegnato per un triennio · Abbiamo finanziato convenzioni con associazioni di volontariato che si sono impegnate a supportare i comuni prorpio nell’attività di redazione, aggiornamento e sperimentazione dei piani. Abbiamo inoltre stimolato la nascita e contribuito finanziariamente al sostentamento di 4 centri intercomunali che svolgono alcune funzioni di protezione civile delegate dai comuni ad essi afferenti. Attualmente ben 34 comuni (su di un totale di 44) hanno aderito alla gestione associata della protezione civile. · Ma, soprattutto, abbiamo fornito a tutti i Comuni della Provincia di Firenze un applicativo che consente di censire i dati utili all’attività di p.c ed anche di gestire l’emergenza. I dati inseriti a livello comunale confluiscono nella nostra banca dati provinciale. Abbiamo inoltre istituito un ufficio per la pianificazione di emergenza a supporto delle attività di comuni e centri intercomunali DESCRIZIONE DELL’APPLICATIVO Nell’applicativo sono compresi: · Cartografia di base (prova Sagginale: far vedere la scheda della località) · far vedere località ;10.000; ortofoto · Carte della pericolosità idraulico e di frana redatte dall’A.d.B (resta ai Comuni trasformarle in carte del rischio verificando la presenza in quelle aree di elementi a rischio) Possibilità di reperimento risorse · Con riferimento a Sagginale citare l’esempio delle idrovore . (sottoporre la necessità che anche le risorse e le professionalità del sistema sanitario siano inserite nel D.B in modo da renderle fruibili. Ricordare che l’Asl ha il nostro applicativo). · Citare a mo’ d’esempio: . Le strutture sanitarie pubbliche nel Comune di Borgo . il caso dei portatori di handicap a San Casciano. Queste sono le possibilità che l’applicativo offre e che noi mettiamo a disposizione di tutte le strutture forze operative presenti sul territorio provinciale Database PIANO PROVINCIALE PIANI COMUNALI PIANI INTERCOMUNALI
OGNI QUALVOLTA SUCCEDE QUALCOSA: CONCLUSIONI (1) Per concludere: semplicità e flessibilità…poche cose ma chiare, avendo sempre presente che il cuore del “Piano di emergenza” è fondamentalmente la risposta alle domande che si pongono OGNI QUALVOLTA SUCCEDE QUALCOSA: CHI COME INTERVIENE Piano di emergenza
Per ulteriori informazioni: IL NOSTRO SPAZIO WEB www.provincia.fi.it/protezione-civile Sia il Piano, che tutti gli allegati, e molte altre cose, normativa, mappature varie, ecc…. Possono essere consultate attraverso il nostro sito. Visitando le pagine del nostro sito web è possibile ricavare informazioni riguardo tutta la nostra attività oltre a dati e notizie utili, normativa, ecc… Per ulteriori informazioni: protezionecivile@provincia.fi.it