Rapporto con la religione tradizionale Euripide e gli dei Rapporto con la religione tradizionale
Euripide intende affrontare i problemi dell'uomo esclusivamente in termini terreni ma, essendo la tragedia una rappresentazione religiosa, non poteva non coinvolgere gli dei. Quando c’è, la figura del dio viene posta nel prologo così che il resto della vicenda si svolga senza l'intervento divino o, diversamente, viene usata per contestare la religiosità (prologo di Afrodite nell’ «Ippolito»).
E' assente l'idea di giustizia divina, di un dio che aiuta il più debole: la vicenda umana è regolata dal caso. Zeus ed il fulmine
Euripide ricorre spesso al deus ex machina, ma è solo un espediente tecnico per risolvere situazioni intricate e apparentemente senza via di uscita, per le quali l’uomo da solo non potrebbe trovare soluzione (Dioscuri in «Elena», Apollo in «Oreste», Artemide in «Ippolito»).
Menelao vede Elena per la prima volta e se ne innamora Menelao vede Elena per la prima volta e se ne innamora. Afrodite ed Eros guardano la scena (450-440 a.C.) I rimorsi di Oreste (1862) La morte di Ippolito (1860)
Nelle tragedie euripidee gli dei sono indifferenti alle sofferenze degli uomini, chiusi in un’ottusità nutrita di discordie e di gelosie. Sono assenti dal punto di vista religioso, come garanti della giustizia e dei valori umani. L’uomo è abbandonato dagli dei, perciò deve cercare le risposte dentro se stesso e capire che solo nell’accettazione della propria umanità risiede la propria forza e la propria grandezza.
Euripide era sempre stato considerato un laico, se non un ateo, ma nell’ultima delle sue opere, le Baccanti, esorta gli uomini a venerare sempre gli dei e a non mettersi contro di essi.
Si è sempre riconosciuto ne «Le Baccanti» un’opera religiosa. Ma nelle Baccanti Il dio Dioniso viene descritto come una divinità spietata nel punire chi non crede in lui: arriva a sterminare i suoi stessi parenti ed esiliare i sopravvissuti per paura e vendetta.
Dioniso e una coppia di baccanti che danzano (da un vaso del VI secolo a C.) Le seguaci del dio, che durante le cerimonie danzavano invasate e cinte d'edera, erano chiamate anche ménadi (furiose)
Avendo Euripide messo in evidenza gli aspetti più negativi del dionisismo, alcuni studiosi interpretano l'opera non come una riscoperta tardiva della religione da parte del poeta, ma anzi come una forte invettiva antireligiosa. Cadmo, verso la fine dell'opera, critica Dioniso dicendogli: «non è bene che gli dei rivaleggino nell'ira con gli uomini» e il dio si limita a ribattere che questa è da sempre la volontà di Zeus.
Non si può dichiarare con certezza se Euripide sia religioso o al contrario antireligioso, considerando che in alcuni scritti decanta la forza dell’uomo e tutto è affidato al caso, mentre in altri ricorre alla presenza divina che interviene nella vita degli uomini.
A cura di: Beatrice Vacca Giulia Pisu 2012