Quando l'imponente mole cilindrica che oggi conosciamo con il nome di Castel Sant'Angelo vede la luce sulla riva destra del Tevere, non è un castello.

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Transcript della presentazione:

Quando l'imponente mole cilindrica che oggi conosciamo con il nome di Castel Sant'Angelo vede la luce sulla riva destra del Tevere, non è un castello ma un sepolcro, e tra le numerose statue che la ornano non sono presenti né santi né angeli. Viene fatta erigere dall'imperatore Adriano, volendo garantire una degna sepoltura ai suoi resti e a quelli della sua famiglia in quell'ampia porzione di territorio all'estrema periferia di Roma nota come ager Vaticanus.

Mausoleo dell'Imperatore Augusto, Roma, Piazza Augusto Imperatore

Non è possibile ricostruire con esattezza l'aspetto originario dell'antico sepolcro, tuttavia sappiamo che, nell'impianto generale, esso deve richiamare l'Augusteum, il mausoleo di Augusto realizzato circa un secolo e mezzo prima e situato a poca distanza, sulla sponda opposta del Tevere. Costruito a partire dalle forme semplici e nette del cerchio e del quadrato consiste verosimilmente in una base quadrangolare cui si sovrappongono due cilindri di grandezza decrescente coronati forse da un giardino pensile di piante sempreverdi

Il complesso - i cui lavori di costruzione hanno inizio intorno al 123 d.C. - è ultimato solo nel 139 d.C., un anno dopo la morte dell'imperatore, dal suo successore Antonino Pio; per circa 150 anni il sepolcro assolve diligentemente la sua funzione, accogliendo i resti degli Antonini.

L 'edificio di Adriano abbandona definitivamente la funzione di tomba per assumere quella - che si rivelerà cruciale a partire dal 476 d.C. quando il goto Odoacre depone l'imbelle Romolo Augostolo decretando la fine dell'Impero Romano - di fortezza.

In un'Urbe devastata ed abbandonata, oggetto di continui sacchi ed incursioni l'ex- sepolcro di Adriano diviene il punto di resistenza della città, l'unica e vera roccaforte romana. Nel 537, nel pieno della cosiddetta guerra gotico-bizantina, vi si asserragliano le truppe greche al comando del generale Narsete, inviate dall'imperatore Giustiniano per respingere gli occupanti visigoti dalla penisola.

L'ex-sepolcro di Adriano mostra subito la sua efficacia di fortificazione: la posizione naturalmente protetta, l'elevazione, la robustezza delle mura ne fanno una fortezza difficilmente espugnabile.

Indicato dapprima con il termine di Turris o Moles, l'edificio acquisisce solamente a partire dal XII secolo la designazione di Castellum; di poco anteriore e risalente agli inizi dell'XI secolo è il suo collegamento con il culto di San Michele Arcangelo, straordinariamente diffuso nell'Europa medievale.

Numerose famiglie romane si contendono il suo possesso, che sembra garantire una posizione di preminenza nell'ambito del confuso ordinamento di Roma. L'edificio passa nelle mani dei Teofilatto, dei Crescenzi, dei Pierleoni e degli Orsini. La fortezza è nelle mani della potente famiglia Orsini quando, nel 1277, Giovanni Gaetano Orsini, arciprete della Basilica di San Pietro, è eletto papa con il nome di Niccolò III. In quanto Orsini egli possiede formalmente Castel Sant'Angelo, in quanto pontefice decide di trasferirvi parzialmente la sede apostolica, giudicando poco sicura la sistemazione nel Palazzo Lateranense. A partire da questo momento il Castello lega le sue sorti a quelle del Papato.

I lavori all'interno del Castello proseguono sotto il pontificato di Giulio II - l'energico cardinale Della Rovere - che per quasi un anno dalla sua salita al soglio pontificio preferisce risiedere all'interno del Castello piuttosto che nel Palazzo Vaticano. Il pontefice incarica Giuliano da Sangallo- che prende come suo collaboratore Guglielmo da Monferrato - dell'esecuzione di alcuni lavori volti soprattutto a migliorare la comodità degli alloggi papali.

e si provvede al completamento del Passetto di Borgo, il corridoio che unisce il Palazzo Vaticano al Castello. Anche le strutture difensive esterne vengono fortificate sotto la guida di Antonio da Sangallo il Giovane

All'alba del 6 maggio 1527 un esercito di mercenari formato in gran parte da lanzichenecchi tedeschi, al comando di Carlo di Borbone dà l'assalto alla Città, riuscendo a penetrare in Vaticano. I soldati trucidano la milizia romana, la Guardia Svizzera a difesa del Palazzo e della basilica di San Pietro, preti e monache, ed anche tutti gli ammalati ricoverati presso l'Ospedale di Santo Spirito. Non soddisfatti appiccano il fuoco a case, chiese e conventi, lanciandosi in saccheggi e violenze. Una parte della popolazione - circa tremila persone, in gran parte donne e bambini - fa in tempo a rifugiarsi all'interno delle mura di Castel Sant'Angelo, così come papa Clemente VII, lesto a percorrere il Passetto di Borgo per mettersi in salvo.

Dalle ferite apparentemente insanabili inferte dal Sacco del 1527, inizia a poco a poco a delinearsi il profilo di una nuova Roma, il cui massimo artefice è papa Paolo III, uomo colto, amante delle lettere e delle arti, fermamente intenzionato a restituire alla città la dignità e lo splendore che si addicono alla sede del Papato. Ordina quindi l'edificazione di un lussuoso appartamento, una vera e propria dimora principesca edificata al di sopra dell'antico appartamento quattrocentesco. Il progetto architettonico dell'opera è condotto da Raffaello da Montelupo - autore dell'angelo marmoreo che oggi occupa l'omonimo cortile - su progetto iniziale di Antonio da Sangallo il Giovane.