La ricerca di un’identità culturale

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La ricerca di un’identità culturale LA BASILICA DI SAN NICOLA La ricerca di un’identità culturale

La Basilica di San Nicola Bari dal 876 era divenuta il maggior centro politico in Italia per l’Impero Romano d’Oriente, la cui capitale era Costantinopoli (chiamata anche Bisanzio, ed oggi Istambul). Dal 976 a Bari risiedeva il governatore bizantino, chiamato Catapano, il cui ricco palazzo (Kastron) sorgeva proprio dove ora si trova la Basilica di San Nicola. Il periodo della dominazione bizantina fu ricco di vicende politiche, ribellioni, saccheggi, attacchi da parte dei saraceni, guerre con i vicini principati longobardi.

La città, però, divenne un centro commerciale sempre più potente e raggiunse una posizione importante tra i mercati del Mediterraneo, instaurando rapporti economici e culturali con le maggiori città dell’oriente; si commerciavano olio, vino, frumento e stoffe e la città si arricchiva di torri, palazzi e monasteri. Nel 1011 il catapano Basilio Mesardonite fece ristrutturare il Kastron, aggiungendo al palazzo del governatore un cortile con il portico, l’alloggio per i soldati e la chiesa di S. Demetrio (oggi, forse, S. Gregorio) che si affacciava su un porticciolo che serviva da approdo alle navi bizantine.

In questa cartina si può vedere quale era la forma del borgo antico di Bari, in epoca bizantina, caratterizzato dalla Corte del Catapano, sede del governatore e delle guarnigioni di Bisanzio, e dalla prima Cattedrale, dedicata alla Madonna “Odigitria”, di epoca paleocristiana, che fu trasformata nel 1034 e poi distrutta nel 1156 dal re Guglielmo I “il Malo”, e quindi ricostruita dal 1178 al 1230.   Dalla cartina si può vedere anche che le dimensioni della città erano ancora molto ridotte e che la zona alle spalle della Cattedrale e prospicente al versante est del promontorio era ancora al di fuori dalla cinta muraria e caratterizzata dalla presenza del monastero benedettino di San Michele.

Nel 1071, dopo lunghe guerre ed un assedio durato tre anni, Bari fu conquistata dai Normanni, guidati da Roberto il Guiscardo; il periodo d’oro della capitale della provincia bizantina era terminato. Per ordine del Guiscardo, le colonne e le porte di bronzo del Palazzo del Catapano furono tolte e donate alla città di Troia, vicino Foggia, che si era dimostrata fedele ai Normanni.

Nel maggio del 1087 sessantadue marinai, guidati da due preti, trafugarono le reliquie di San Nicola da Myra, sulle coste della Licia, l’attuale Turchia, e le portarono a Bari.

San Nicola era vissuto tra il 255 ed il 330, al tempo dell’Imperatore Costantino e della liberalizzazione del culto cristiano, ed era divenuto Vescovo di Myra, compiendo un’importante azione di diffusione ed organizzazione della nuova fede e divenendo famoso per le sue azioni ed i suoi miracoli. Alla sua morte il suo culto si diffuse per tutto il Mediterraneo come patrono dei bambini, delle ragazze da marito, dei marinai e dei commercianti. Nel VI secolo l’Imperatore Giustiniano fece costruire sulla sua tomba una ricchissima Basilica in suo onore, ma dopo l’anno mille Myra e la Licia furono conquistate dai Turchi. Immagine dell’interno della Basilica di Myra, voluta dall’imperatore Giustiniano per custodire la sepoltura di San Nicola

Quando le reliquie di San Nicola giunsero a Bari, la città era divisa in due fazioni: da una parte commercianti, marinai e popolo, favorevoli ai nuovi dominatori normanni e guidati dall’abate Elia, a capo dell’Abbazia di San Benedetto (che all’epoca era fuori dalle mura cittadine); dall’altra la nobiltà, d’origine e cultura bizantina, guidata dal vescovo Ursone. . All’interno della Basilica di Myra sono presenti questi sarcofagi di epoca tardo antica, uno dei quali potrebbe essere quello che i marinai baresi spaccarono per trafugare le reliquie di San Nicola

In questo disegno ricostruttivo si ipotizzano le forme originarie della Corte del Catapano, ristrutturata da Basilio Mesardonita nel 1011, caratterizzate dal Palazzo e dalla sala delle udienze, un porticciolo per l’approdo delle navi (baia di Caffaro) e alcune piccole chiese di culto orientale, annesse al kastron bizantino

Le due fazioni si contesero le reliquie e, dopo la morte di quattro persone in uno scontro armato, fu deciso che l’Abate Elia avrebbe custodito le reliquie sino alla loro deposizione in una sede appropriata. Il signore della città, il duca Ruggero, figlio di Roberto il Guiscardo, donò alla città il palazzo del Catapano, ormai abbandonato dai normanni, che stavano costruendo un castello sull’altro versante della città. L’abate Elia ebbe l’incarico di guidare i lavori di ristrutturazione e costruzione della Basilica, alla cui realizzazione presero parte maestranze pugliesi, bizantine, arabe, lombarde e nordeuropee.

Tutta la Basilica presenta una straordinaria fusione di motivi architettonici e decorativi che appartengono alle varie culture che hanno partecipato alla sua realizzazione. La Basilica presenta all’esterno i caratteri tipici dell’architettura normanna, imponente e poderosa, con la facciata tripartita chiusa tra due massicce torri che sorgono su costruzioni preesistenti (probabilmente romane o bizantine).

Le fiancate dell’edificio sono caratterizzate dai contrafforti che, uniti da profonde arcate e sovrastati da eleganti finestre esafore, allineano la facciata al transetto, dando all’edificio un aspetto compatto, con una netta alternanza di pieni e vuoti, che diviene un’elegante e maestosa costruzione nella parte posteriore con l’alta parete che nasconde le tre absidi e che si concludeva con i due campanili che ne definivano i fianchi e dovevano marcarne il profilo, rendendolo ben riconoscibile a chi giungeva dal mare.

Nell’immagine a sinistra si vede la facciata orientale della basilica, corrispondente all’abside, di cui si può vedere il grande finestrone; sui margini destro e sinistro dell’edificio dovevano essere impostate le due torri campanarie posteriori, abbattute nel XVII secolo.

Un grande finestrone, in corrispondenza dell’abside centrale, rivolto ad oriente, è contrassegnato da una decorazione particolare per la presenza di statue di grifoni ed elefanti.

In ognuno dei due fianchi della Basilica si aprono due portali e, tra questi è particolarmente notevole, sul lato nord, la Porta dei Leoni, caratterizzata da una decorazione scultorea particolarmente bella ed originale per la rappresentazione di una battaglia (forse Re Artù ed i suoi paladini) cui prendono parte soldati e cavalieri con armature simili a quelle dei Normanni.

L’ingresso della Basilica è marcato da un protiro caratterizzato da due buoi stilofori (probabilmente raffigurano i due buoi che tiravano il carro su cui erano deposte le reliquie di San Nicola e che, secondo la leggenda, giunti in questo luogo non vollero più muoversi, obbedendo alla volontà del Santo di essere sepolto lì). Oltre alle ricche decorazioni di tutto il portale, è da notare la raffigurazione, sulla sommità di esso, di una Sfinge che probabilmente rappresenta la Divina Sapienza.

L’interno della Basilica è caratterizzato da una luce calda e diffusa che penetra soprattutto dalle piccole aperture delle finestre poste nella parte più alta della navata centrale; questa è contraddistinta dalla presenza di tre grandi arcate rinascimentali che furono aggiunte per rinforzare l’edificio, saldandone le pareti, dopo che nel 1456 un terremoto ne aveva lesionato le strutture e fatto crollare i campanili della parte absidale. Per sostenere queste nuove arcate furono anche raddoppiate le colonne della navata principale. A fianco: la navata centrale con gli archi di rinforzo, il triforio che divide la navata dal presbiterio e, sul fondo, la finestra absidale.

In questa immagine , scattata verso il portale di ingresso della basilica, si vedono ile finestre dei matronei che sovrastano le navate laterali ed il soffitto ligne che fu aggiunto alla Basilica nel XVII secolo. Le arcate rendono evidente che la pianta della Basilica non è ortogonale, e ciò è dovuto al fatto di essere stata costruita sopra le strutture di precedenti edifici, ereditandone le irregolarità.

Tra la navata ed il presbiterio si erge un alto triforio che appare una elegante interpretazione classica dell’iconostasi di tradizione orientale.

Il presbiterio è caratterizzato soprattutto dall’originale ciborio che sviluppa un’ardita soluzione statica nell’elaborazione della forma della piramide a base ottagonale Sulle travi di imposta del ciborio è incisa una iscrizione in latino medievale che recita: ARX HEC PAR CELIS /INTRA BONE SERVE FIDELIS / ORA DEVOTE DEUM / PRO TE POPULOQUE (Quest’arca (è) simile al cielo / entra servo buono e fedele /prega devotamente Dio / per te e per il popolo.)

. Le colonne anteriori del ciborio sono evidenti elementi di reimpiego di opere che dovevano far parte della corte del Catapano e sono caratterizzate dai particolarissimi capitelli, di sicura origine bizantina, che presentano un complesso lavoro di traforo con immagini di angeli.

L’altare ed il ciborio poggiano su un pavimento a mosaico sollevato da tre scalini rispetto al resto del presbiterio; i motivi decorativi sono di evidente fattura orientale, a cavallo tra arte bizantina ed arte islamica; lo stesso mosaico si conclude con una fascia decorativa che ripete più volte il monogramma di Allah in caratteri persiani antichi.

Al centro del pavimento, tra l’altare e l’abside, è posta la Cattedra dell’abate Elia, un sedile marmoreo che rappresenta uno dei migliori prodotti della scultura romanica per la qualità delle figure e l’originalità della composizione. Il sedile poggia su due figure di infedeli, impegnati nel gravoso sforzo di sostenere il seggio mentre, nella parte centrale della base si delinea la figura di un pellegrino - caratterizzato dall’abito e dal bastone - che indica chi occupa la cattedra.

Sul retro appaiono due leoni intenti a sbranare degli infedeli e tutto il sedile è arricchito da una decorazione di elementi simbolici; particolarmente bella ed elegante risulta la decorazione dei due fianchi del sedile, realizzata con un lavoro di traforo di originale disegno.

Nella conca dell’abside si trova il monumento funebre di Bona Sforza, duchessa di Bari e regina di Polonia; dopo anni di regno a Varsavia, alla morte di suo marito Ladislao Jagellone, volle tornare a vivere nel castello di Bari. Il monumento (1593), che ricalca le forme delle tombe più diffuse nel Rinascimento, rappresenta la regina inginocchiata tra i santi Nicola e Stanislao, sotto i quali ci sono le statue allegoriche di Bari e della Polonia.

Il soffitto della navata centrale e del transetto fu rivestito nel Seicento con dei dipinti su tela, raffiguranti episodi della vita di San Nicola, realizzati da Carlo Rosa, inquadrati in grandi ed elaborate cornici in legno, rivestite di oro zecchino. Sopra le due navate laterali ci sono i matronei, a cui si doveva accedere da scale poste nelle torri; dal basso si possono vedere le sei trifore per lato dalle quali le donne potevano seguire le funzioni religiose.

Sui lati rivolti a sud e a nord si trovano, disposte parallelamente alle galleri dei due matronei, due gallerie che si affacciano sui fianchi laterali della basilica, caratterizzate da finestre esafore che si trovano in corrispondenza dalle profonde arcate che collegano i contrafforti.

Nelle navate laterali troviamo anche le due scale di accesso alla cripta; imboccando quella di destra, prima della porta, è posta la tomba dell’abate Elia, per la cui sepoltura fu riutilizzata la lastra di un prezioso sarcofago di epoca romana. La cripta, disposta sotto tutta l’area del transetto, fu la prima parte della basilica ad essere completata e fu il papa Urbano II a consacrarla ed a deporre le reliquie di San Nicola nella tomba sotto l’altare nel 1089. Dieci anni dopo, lo stesso papa convocò in questa cripta un importante Concilio, cui presero parte 180 vescovi, provenienti da tutta l’Europa, che proclamarono la prima Crociata per la riconquista della Terrasanta.

L’ambiente è composto da trentasei volte a crociera sorrette da ventiquattro colonnette, di dimensioni e materiali diversi, e perciò probabilmente, in gran parte, preesistenti, con altrettanti capitelli che presentano ognuno un disegno decorativo diverso.

Nei capitelli si possono vedere modelli decorativi di carattere e provenienza diversa, che dimostrano la complessità e la ricchezza di un momento artistico che vide quali principali protagonisti gli artigiani che parteciparono alla costruzione di questi monumenti

.Nell’abside centrale è posto, circondato da una balaustra con una cancellata, l’altare che sovrasta la tomba del Santo. Anche questa zona del pavimento è rivestita da un mosaico pavimentale di eccezionale ricchezza di materiali e di motivi decorativi. A sinistra: lo straordinario altare in argento realizzato a Napoli, nel XVII secolo da Domenico Marinelli ed Ennio Avitabile. Fino al 1953 esso rivestiva l’altare della cripta ed ora, dopo un restauro, sarà posto nel museo della basilica.

Purtroppo, con i restauri realizzati negli anni trenta del novecento, sono state smontate (ed in parte perdute) le decorazioni in argento che rivestivano le volte a crociera intorno all’altare; L’altare in argento fu donato, insieme al ricco rivestimento del soffitto della cripta ed all’icona con riza in argento, dallo zar di Serbia Uros II nel 1319

Nell’abside di sinistra si trova una cappella per il culto di rito ortodosso, caratterizzata dalla iconostasi, ricca di immagini di tradizione bizantina. In un angolo della cripta, protetta da una grata, si trova una colonna che la tradizione popolare ritiene miracolosa, e che, fino ai restauri del 1950, era posta in opera a sostenere le volte dell’ambiente. Nell’immagine si può vedere l’aspetto della cripta prima dei restauri.

In basso: sezione e pianta della Basilica in seguito ai restauri della metà del XX secolo. Pianta della Basilica realizzata da D. Bartolini nel 1882.

In basso: ipotesi dell’aspetto originario dell’interno della Basilica. A destra: immagine dell’interno della Basilica prima dei restauri della metà del XX secolo.