Seminario di studio – Pescara 10 Novembre 2012 “ La forza e i giovani Carichi naturali o sovraccarichi ? Metodi tradizionali ed innovativi Roberto Bonomi
la frequenza e l’ampiezza del passo Penso che ciascuno di noi allenatori, andando avanti nel tempo, si sia formato un’idea della “velocità” che corrisponde alle proprie esperienze e conoscenze. Io, da sempre, ho un concetto della velocità che si traduce nel significato fisico del termine cioè dello spazio nel tempo che in un’attività ciclica, quale quella della corsa, sono funzione di due parametri: la frequenza e l’ampiezza del passo Il loro prodotto, infatti, definisce il valore della velocita di avanzamento del soggetto e volenti o nolenti, sapendo o ignorando, sono questi due parametri quelli su cui cerchiamo di incidere attraverso il training. Essi dipendono da un’altra qualità fisica che è la forza, che, a sua volta, dipende da un elemento della fisiologia umana che è fondamentale per la prestazione di un atleta: il Sistema Nervoso Centrale (S.N.C.) Roberto Bonomi
C.N.S. FORZA RITMICA Nessuno di noi allenatori, ormai da molti anni, pensa più ad allenare i muscoli, ma rivolge la propria attenzione alla ricerca di strategie capaci di migliorare la funzionalità di tale sistema (S.N.C.) essendo perfettamente coscienti che le future riserve di prestazione vanno cercate proprio in questo campo. Purtroppo, ancora oggi siamo lontani dalla comprensione e dalla messa a punto di metodologie, scientificamente fondate, che permettano di migliorare i fattori di prestazione legati ai processi coordinativi e di regolazione dell’azione. Roberto Bonomi
A supporto di tale affermazione trovo interessante uno studio condotto da Yury Verchoshansky nel 1988 su atleti di diverse età che ha evidenziato come si modifica rispetto ad una contrazione volontaria (B) la curva forza/tempo quando, attraverso stimolazione artificiale, viene prodotta una contrazione tetanica (A) In tali studi è evidente che soggetti di più scarsa qualificazione producono maggiori differenze tra i parametri derivanti dall’impegno di forza volontaria e quelli della stimolazione artificiale. Se ne deduce che un allenamento pluriennale ben strutturato migliora il meccanismo nervoso di regolazione della funzione contrattile del muscolo. Ne deriva che è il meccanismo nervoso di regolazione della funzione contrattile del muscolo che permette di utilizzare, in forme più o meno complete o evidenti, il potenziale motorio riferito ad uno sforzo volontario.
La corsa veloce è l’unica specialità sportiva le cui prestazioni sono legate all’utilizzazione di tutte le espressioni di forza di cui la muscolatura è capace, e per questo richiede una articolazione ed un’organizzazione assai complessa dei mezzi dell’allenamento anche rispetto alle strategie metodologiche adottate dalle altre discipline di forza. (Ivet Lalova Rieti May 14, 2011) Personalmente, sono affascinato da molti degli aspetti che entrano in gioco nell’allenamento dello sprinter, il primo dei quali è legato alla contradizione in termini esistente tra velocità e la fisiologia neuromuscolare. Sappiamo, infatti, che la forza prodotta da un muscolo diminuisce drasticamente al crescere della sua velocità di accorciamento. Ugualmente sappiamo che per correre veloci abbiamo bisogno di quantità elevate di forza espresse in tempi sempre minori. (Hill 1938) Le tante difficoltà sono accresciute dal fatto che il training si sviluppa in periodi assai lunghi e che contiene molti e differenziati elementi che si realizzano in tempi diversi. “La soluzione consiste nel suddividere la capacità di base nelle tante componenti elementari da cui è formata e nel sollecitare separatamente ciascun elemento, in modo da ottenere il risultato ipotizzato per effetto di sommazione dei micro miglioramenti di ciascuna unità. Tale organizzazione si concretizza nella "ciclizzazione" che è l'operazione con cui si rendono organici tutti gli interventi, disponendo i singoli elementi scelti in un rapporto di reciproca ed ordinata connessione per ottenere la maggiore accumulazione degli effetti del training. “ (C. Vittori) Roberto Bonomi
vibrazione nelle esercitazioni di forza con sovraccarico L’allenamento dello sprinter deve conciliare esigenze diverse che coinvolgono una vasta gamma di capacità, quali quelle relative: alle tante espressioni di forza coinvolte nella prestazione alla “scioltezza” e “souplesse” muscolari, alle abilità tecnico-ritmiche e di rapidità. Oggi vorrei esporvi il mio punto di vista sull’allenamento della forza, fattore caratterizzante l’allenamento dello sprinter, analizzando, prima, “la capacità di adattamento dell'organismo e la sua allenabilità nell'età prepuberale”. Infine, se lo permetterà il tempo, vorrei raccontare una esperienza che da circa 12 anni conduco sull’utilizzo della vibrazione nelle esercitazioni di forza con sovraccarico Roberto Bonomi
La capacità di adattamento dell'organismo e la sua allenabilità nell'età prepuberale Per rendere più efficace il processo di allenamento e non nuocere alla salute dell’atleta, è indispensabile tenere conto delle particolarità dell’organismo, dei principi che regolano la sua attività vitale e delle norme essenziali di organizzazione del processo di preparazione. A tal fine occorre domandarsi: come è possibile conciliare un allenamento sportivo specifico, diretto all'adattamento del muscolo scheletrico, con il processo di sviluppo individuale considerando anche che, proprio in questa fase, l'apparato di sostegno e di appoggio può diventare un fattore limitante della prestazione ? (Duda 1988; Herm e al. 1981; Lathan e al. 1979) Roberto Bonomi
Le capacità di adattamento dell’organismo I dati riferibili a questa problematica riguardano soprattutto: lo sviluppo corporeo del soggetto in crescita la formazione della sua motricità il sistema cardio-polmonare ed il suo metabolismo Età cronologica ed età biologica I processi di adattamento della muscolatura scheletrica, compresa la sua forza, hanno un andamento cronologico, qualitativamente e quantitativamente diverso da soggetto a soggetto. Risulta, infatti, che giovani atleti della stessa età cronologica, soprattutto nel periodo compreso tra 13 e 14 anni, mostrano una grande differenziazione nella loro età di sviluppo biologico con un range di variabilità che può anche essere di 3 – 4 anni Roberto Bonomi
sviluppo normale biologicamente accelerati biologicamente ritardati Soggetti a sviluppo normale, accelerato, ritardato Occorre, dunque, analizzare i presupposti chiaramente diversi dei soggetti a: sviluppo normale biologicamente accelerati biologicamente ritardati Roberto Bonomi
La crescita ultrastrutturale muscolare attivazione nervosa del muscolo Nella crescita del muscolo scheletrico, occorre distinguere una crescita in lunghezza, strettamente connessa alle variazioni di lunghezza dello scheletro con conseguente aumento del numero dei sarcomeri, ed una crescita in diametro conseguente alla formazione di nuovi filamenti di actina e miosina nella miofibrilla. Questi processi rappresentano le basi per lo sviluppo della forza muscolare, la cui entità viene essenzialmente determinata dalla attivazione nervosa del muscolo Roberto Bonomi
Oltre ai fattori citati, sulla crescita ultrastrutturale muscolare esercitano una importante azione gli ormoni (tirossina, l'ormone somatotropo, ed il testosterone) che promuovono la differenziazione dei tessuti Sollevamento del CG ottenuto durante un salto con il contromovimento da soggetti maschi e femmine ,praticanti attività e discipline sportive è presentato in funzione delle varie età (da Bosco, 1992) Sollevamento del CG nel CMJ Età (anni) donne uomini si possono ottenere notevoli miglioramenti nello sviluppo della forza muscolare solo dopo l'aumento della produzione e della liberazione di testosterone (Komi, Hakkinen 1988; Prader 1975) Roberto Bonomi
Distribuzione delle fibre FT nel muscolo estensore delle coscia in funzione dell'età (Bolte et al. 1983) Particolare attenzione deve essere dedicata soprattutto alla dominanza delle fibre veloci (FT) ed alla loro adattabilità funzionale e strutturale ad un allenamento della forza specifico pianificato a lungo termine Un lungo periodo di allenamento intensivo stimola il controllo nervoso producendo una notevole ipertrofia soprattutto delle fibre FT Roberto Bonomi
Gli squilibri morfologici funzionali Le ricerche di Janda (1967) hanno messo in rilievo che i muscoli che svolgono prevalentemente una funzione statica tendono a diminuire la loro lunghezza, mentre i muscoli che svolgono soprattutto lavoro dinamico tendono ad un indebolimento della loro forza. Simili squilibri muscolari, osservabili già in età giovanile precoce interessano più i soggetti biologicamente accelerati che quelli ritardati. Roberto Bonomi
(Bartelink 1957; Hama et al. 1989; Troup et al. 1973) E' quindi fondamentale, oltre all'apprendimento di una corretta tecnica di carico, sulla colonna vertebrale, dedicare un'attenzione particolare al rafforzamento dei muscoli estensori delle estremità inferiori e della muscolatura addominale. Una muscolatura addominale potente contraendosi aumenta notevolmente la pressione intraddominale, producendo una azione di scarico della pressione sui dischi intervertebrali del tratto lombare della colonna e della zona di transizione lombosacrale. Ulteriore scarico viene prodotto dall'uso di una cintura di cuoio che non soltanto impedisce una protusione dell'addome, ma è di ausilio alla muscolatura addominale. L'uso della cinta permette alla pressione intraddominale di aumentare più rapidamente, raggiungendo generalmente valori più elevati. (Bartelink 1957; Hama et al. 1989; Troup et al. 1973) Roberto Bonomi
Gli squilibri morfologico-funzionali Il tessuto tendineo, formato da collagene rigido, scarsamente elastico, si adatta gradualmente all'azione della forza muscolare che deve trasmettere allo scheletro. Esso, inizialmente, reagisce ai carichi riducendo la sua resistenza alla trazione e si stabilizza solo dopo alcuni giorni aumentando la resistenza alla trazione (fino 1500 kg/cm2). Nonostante l'elevata adattabilità del tessuto tendineo, i tendini restano il "punto debole" del sistema funzionale, soprattutto nel punto immediato di giunzione con il muscolo. Le articolazioni, prevalentemente sollecitate da forze trasversali e di pressione, soprattutto negli adulti, rispondono molto sensibilmente agli stimoli di allenamento. La sua ultrastruttura si forma completamente con la pubertà. Il tessuto osseo, con il suo intenso metabolismo ed il crescente carico di pressione, trazione, torsione si contraddistingue per numerosi adattamenti strutturali, anche se rilevabili solo dopo anni di attività, (Tittel 1990). Roberto Bonomi
Gli squilibri morfologico-funzionali Occorre dedicare speciale attenzione alla piena funzionalità della colonna vertebrale. Tale funzionalità può essere compromessa, anche, e soprattutto, per squilibri muscolari particolarmente per ciò che riguarda i dischi intervertebrali. E noto che i vasi sanguigni che li interessano regrediscono già a 4 anni d'età, per cui in essi i processi metabolici si realizzano quasi esclusivamente per diffusione che viene favorita dal continuo alternarsi tra carico e scarico. Si tratta di un presupposto essenziale per la capacità di adattamento e di carico dei dischi intervertebrali, e perché essi possano svolgere la loro azione ammortizzante. Bisogna fare molta attenzione alla posizione di lavoro che deve permettere di mantenere la curva fisiologica della colonna distribuendo le forze di pressione, quanto più possibile sulla loro intera superficie . Roberto Bonomi
Conclusioni Il periodo puberale dello sviluppo è caratterizzato da maggiori o minori spinte d'accrescimento che differiscono da soggetto a soggetto. Atleti di diversa età biologica mostrano differenze sia nell'adattabilità che nella capacità di carico del tessuto connettivo e di sostegno. Per evitare danni e lesioni è necessario insegnare quanto prima possibile una tecnica di esecuzione corretta, e dedicare molta attenzione a possibili squilibri muscolari, che sono una delle cause più importanti di alterazioni, ritardi ed interruzione nella costruzione a lungo termine della prestazione. Le spinte di accrescimento sono collegate all'aumento della capacità di prestazione fisica e sportiva, ma ciò non vuol dire che, necessariamente, il tessuto connettivo e di sostegno siano già preparati ad affrontare, senza possibilità di danni, elevati carichi di allenamento Roberto Bonomi
L'attività fisica giovanile L'attività fisica giovanile a lungo termine dovrebbe prevedere principi e comportamenti didattici di avviamento che progressivamente conducano: dall’elementare al complesso dal generale allo specifico dal globale al particolare dal facile al difficile
Gli obiettivi Il programma di lavoro deve contenere i mezzi per esplorare e migliorare: l'efficienza muscolare della forza di tutti i settori corporei ai fini di uno sviluppo armonico integrale la capacità di realizzare movimenti veloci le capacità di resistenza e di sopportazione del lavoro di allenamento idoneità e disponibilità ad apprendere gestualità nuove
Le capacità di trasmissione Sono le forti spinte di sviluppo complessivo nell'età giovanile che, rendendo più sensibile ed attivo il processo di trasferimento o trasmissione allargata a comparti dell'organismo anche diversi da quelli sollecitati dall'esercizio, incidono ugualmente sulla crescita globale delle capacità di rendimento, senza che queste necessitino di interventi particolarmente articolati e specifici, mirati a sollecitarle singolarmente. Nell'età dello sviluppo é raccomandabile sfruttare queste capacità di trasmissione dell'organismo mentre sarà essenziale, quando le spinte di crescita si affievoliscono o si spengono del tutto, provvedere a qualificare sempre più l'allenamento con la scelta dei mezzi nuovi, più specifici e sofisticati capaci di produrre effetti di miglioramento anche in assenza dello sviluppo fisico.
Lo sviluppo pluriennale dell’allenamento della forza muscolare Risulta, quindi, chiara quella che deve essere la differenza sostanziale dei contenuti dell’allenamento tra i giovani che si trovano nel periodo dello sviluppo fisico e gli atleti che lo stanno concludendo o, meglio ancora, che lo hanno già completato. Ciò definisce bene il concetto di diversificazione degli interventi, funzione del periodo di vita e dello sviluppo del soggetto; i contenuti che definiscono l’attività dell’atleta devono sempre essere caratterizzati da elementi di novità e di originalità capaci di stimolarne la reazione e quindi la crescita. “Una progressiva variazione dei contenuti (mezzi ed esercitazioni), dei parametri del carico (intensità e volume), della loro organizzazione (metodi di distribuzione e ciclizzazione), da attuare nel lungo arco di tempo dell’attività dell’atleta, rappresentano l’operazione più difficile ed importante, giacché compongono il presupposto metodologico che assicura la continuità dei miglioramenti.” (Vittori) Roberto Bonomi
Lo sviluppo pluriennale dell’allenamento della forza muscolare Occorre, per ciò, tener ben presenti le differenti categorie di atleti appartenenti alla fascia di età compresa tra i 12 ed i 30 anni, per poter incidere con continuità e variazione di contenuti onde poter assicurare la costanza dei miglioramenti. In riferimento alla “forza veloce” si debbono prevedere, nel tempo, interventi differenziati, capaci di impegnare sia la componente muscolare (trofismo proteico) che quella neuro-endocrina (aumento frequenza di stimolo), la quale ultima, funzione coordinata dell’età, ha effetti diretti sulla capacità di forza. Roberto Bonomi
braccia e cingolo scapolo-omerale; glutei, arti inferiori e piedi. Dai 12 ai 15 anni In questa fascia di età, tutta l’attività che si svolge è rivolta alla conoscenza di quelle che sono le attitudini e le capacità dell’allievo, serve a valutare, attraverso l’entità dei miglioramenti, la bontà delle esercitazioni proposte. Le esercitazioni mirano soprattutto alla costruzione equilibrata di tutti i settori corporei ponendo particolare attenzione ad una corretta esecuzione ed al miglioramento della mobilitazione articolare. Gli esercizi sono tutti a carico naturale, tuttavia l’esecuzione è sempre finalizzata alla massima velocità possibile per indurre il miglioramento delle abilita legate a dinamismi elevati. Oltre alla componente metabolica, i settori maggiormente interessati sono: braccia e cingolo scapolo-omerale; dorso ed addome; glutei, arti inferiori e piedi. Questa è anche l’età (13/15 anni) in cui dare inizio all’insegnamento della tecnica degli esercizi di forza mediante bastoni di legno di peso molto basso (2-10kg funzione dell’età e dello sviluppo) con l’unico scopo di preparare l’allievo mediante una corretta esecuzione, a quelli che saranno gli interventi futuri. Roberto Bonomi
Dai 16 ai 17 anni Questa è la fascia di età in cui si usufruisce degli interventi e dei presupposti costruiti e pianificati in precedenza. Il carico naturale viene mano mano sostituito da esercitazioni con carichi aggiuntivi capaci di stimolare ulteriormente la capacità contrattile del muscolo che rappresenta il fondamento fisiologico della forza volontaria . Diventa fondamentale l’uso del bilanciere di vario peso funzione dell’età e delle caratteristiche dell’atleta e quindi della capacità di eseguire con sufficiente dinamicità gli esercizi classici dell’alterofilia oltre agli esercizi specifici per il miglioramento dei muscoli antigravitazionali. Inoltre molti altri esercizi che venivano eseguiti, nella precedente fascia di età a carico naturale, vengono ora eseguiti con l’utilizzo con sovraccarichi aggiuntivi (cavigliere-cinture) Roberto Bonomi
A = unità di allenamento R = riposo Nelle prime tre fasce di età 12/13enni, 14/15enni e 16/17enni, non si seguono i principi di una ciclizzazione ortodossa, bensì si alternano, a lunghi periodi di attività, possibili per le limitate quantità del carico di allenamento somministrato settimanalmente, a periodi di riposo che si concludono con una serie di test anche di tipo competitivo, per valutare l'efficacia dell'attività svolta. Nelle prime due fasce di età (12/13enni e 14/enni), le unità o sedute di allenamento debbono essere almeno 3 (con i 15enni si può salire a 4 unità ma a settimane alterne), da distribuire a giorni alterni in modo che alla fine del microciclo ci siano due giorni consecutivi di riposo. La loro durata deve aggirarsi sui 120 minuti. A = unità di allenamento R = riposo Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica A R A R A R R
Nella fascia di età superiore, 16/17 anni, invece, si alternerà una settimana con 4 sedute e la successiva con 5, della durata di 120’ - 150' ciascuna. Si prevedono 3 giorni di riposo settimanale, uno inserito in mezzo ai 4 allenamenti e gli altri due, insieme, a conclusione del ciclo settimanale, oppure Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica A A R A A R R Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica A R A R A R A
Dai 18 ai 19 anni massima relativa (o della capacità contrattile) Questa è l’età in cui le spinte proprie della crescita si affievoliscono o, per alcuni, spariscono del tutto. Si rendono quindi necessari, per quanto riguarda l’allenamento della forza, interventi nuovi e specifici capaci di stimolare il sistema ormonale e che coinvolgano tutte le espressioni della forza interessate nella prestazione dello sprinter (con particolare riguardo agli arti inferiori) e cioè la forza: massima relativa (o della capacità contrattile) “esplosiva” “esplosivo-elastica” “reattivo-riflessa” presupposto dinamico della “stiffness” Gli esercizi vengono eseguiti in serie e le serie in successione facendo sempre precedere l’esercizio maggiormente proiettato verso la forza (meno dinamico perché il sovraccarico è alto) a quello più dinamico in modo da esprimerla a livelli sempre più veloci. Si continueranno, sempre, a curare i settori muscolari complementari come braccia, addome ed altro Roberto Bonomi
I 19enni, svolgono 5 allenamenti settimanali con il seguente schema : Oppure, se possibile, sarebbe meglio poter usufruire di due giorni consecutivi di riposo che assolvono il compito di recupero meglio dei due giorni distanti tra loro. Per i giovani delle due categorie (16/17 anni e 18/19 anni), il periodo preparatorio dovrebbe essere diviso in due tronconi, per dar modo loro di svolgere, alla fine del primo di essi, attività di competizioni. Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica A A R A A A R Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica A A A A A R R
Dai 20 anni in poi Questa è l’età in cui finisce la crescita fisica naturale ed è quindi necessario ricorrere ed organizzare soluzioni metodologiche più evolute e sofisticate. Si comincerà a comporre più esercizi (2-3) che rispondono a diverse espressioni della forza e che prenderanno il nome di “Modulo” Tale metodo, definito a “velocità variabile”, permette molteplici combinazioni che sono in grado di supportare miglioramenti nel training specifico per molti anni Ciascuna combinazione, in questo caso, si chiamerà “modulo” e conterrà una serie per ogni esercizio scelto, che verranno ripetuti per un numero sufficiente di “moduli”. Questa metodologia, definita a “velocità variabile”, consente la costituzione di una grande numero di “moduli” per ottemperare, per diversi anni alle esigenze di un training variabile nei contenuti di cui la ricchezza e la novità dei mezzi e delle soluzioni rappresentano il fondamentale presupposto della sua efficacia.(Vittori) Roberto Bonomi
La forza muscolare è anche un prodotto dell’allenamento; esso come effetto produce un adattamento nell’organismo. Questa capacità di adattamento dell’organismo deriva da un particolare equilibrio generale che coinvolge fenomeni neuro-endocrini molto complessi. È quello che Hans Selye ha definito “Sindrome Generale di Adattamento”, chiarendo che se veniamo sottoposti ad azioni stressanti (freddo, caldo, rumore, emotività, fatica, ecc.), il nostro organismo reagisce e oltre a dare risposte specifiche relativamente ai settori sollecitati, risponde sempre con un adattamento aspecifico tendente a riportarlo in equilibrio con l'ambiente. È, quindi evidente, che l’allenamento della forza, oltre a sollecitare aspetti biochimici e conseguenti modificazioni morfologiche, attiva anche risposte neurogene specifiche. Il sistema nervoso gioca un ruolo determinante soprattutto nella coordinazione della risposta all’azione stressante e cioè sull’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. I primi miglioramenti che si riscontrano in risposta agli interventi di training, sono proprio dovuti a fattori neuromuscolari quali il reclutamento e sincronizzazione delle unità motorie, coordinazione intra ed intermuscolare, miglioramento dei riflessi da stiramento e di inibizione degli organi tendinei del Golgi. A questa prima risposta, fase autonoma, segue una risposta ormonale molto più complessa detta fase metabolica legata ai processi di incremento della sintesi proteica ed in particolar modo all’aumento della sezione trasversa del muscolo. Tutte queste modificazioni sono accompagnate da variazioni ormonali (Guezenec et al. 1986) che sono correlate sia al tipo di lavoro che alla velocità di esecuzione (Bosco et al. 1999). Inoltre i tempi di recupero tra le serie, così come il numero delle serie effettuate, sono di fondamentale importanza per la creazione di adattamenti specifici Roberto Bonomi
Il fondamento dell’allenamento “fondamento del training” È opportuno ricordare che molti dei complessi meccanismi fisiologici che sono alla base di queste variazioni, non sono ancora chiari così come poco ancora si conoscono i fenomeni collegati all’insorgere della fatica conseguente ad un periodo prolungato o alla singola seduta di allenamento (mesociclo) (p.e. Hakkinen e Pakarinen, 1985; Bosco et al. 1999) Il fondamento dell’allenamento Questa capacità dell’organismo di rispondere con un incremento delle proprie disponibilità energetiche e funzionali alle sollecitazioni stressanti rappresenta anche il “fondamento del training” “il cui significato complesso è difficilmente riassumibile in sintesi che ne colgano tutti gli aspetti che sono di ordine pedagogico, psicologico, didattico, bioenergetico, tecnico nonché filosofico.” (Vittori)
Tempi necessari per l’adattamento Bisogna distinguere diversi tipi di adattamento che, oltretutto, necessitano di tempi diversi e precisamente: ORMONALE NEURALE TESSUTALE Testosterone Coordinazione intra e intermuscolare Ipertrofia selettiva delle fibre Alcune ore o giorni Alcuni giorni o settimane Alcune settimane o mesi Roberto Bonomi
isometrica – concentrica - eccentrica. Sapete che esistono tre tipologie di espressione della forza che sono: isometrica – concentrica - eccentrica. La contrazione muscolare può essere classificata sia in funzione della sua espressione massimale che dell’attività del S.N.C. la classificazione dei diversi tipi di contrazione muscolare fatta in funzione della forza massima trova: al primo posto il lavoro muscolare eccentrico al secondo quello isometrico al terzo quello concentrico In funzione, invece, dell’attività di regolazione del sistema nervoso centrale il ruolo dominante è rappresentato dal regime di lavoro muscolare concentrico Da ciò risulta evidente che per ottenere i migliori risultati, è opportuno che i regimi di lavoro vengano combinati, cioè il carico in regime concentrico sia integrato con un carico in regime eccentrico, così come risulta chiaro che la dominanza percentuale di un regime di lavoro rispetto all’altro sposta l’effetto del attività o sul versante della forza o su quello della velocità dei movimenti. Roberto Bonomi
Origine della forza nella contrazione muscolare È noto uno dei principi fondamentali riguardanti la contrazione muscolare e cioè la prerogativa del muscolo di sviluppare forze di intensità variabile. A questa capacità, che può essere volontariamente regolata, si dà il nome di graduazione o modulazione della forza muscolare. Tale fenomeno avviene fondamentalmente attraverso due meccanismi: 1) variando il numero di unità motorie attive ad ogni istante, fenomeno cui si dà il nome di sommazione di unità motorie in sincronia. È il fenomeno mediante il quale è possibile far variare la forza di un muscolo attivando una sola unità motoria, oppure parecchie simultaneamente. L’esaurimento di tale fenomeno permette soltanto sviluppi relativi della capacità massima di esprimere forza, più precisamente esso si esaurisce per tensioni uguali al 70% della Fmax mentre il restante 30% risulta essere funzione del secondo meccanismo, cioè 2) variazione della frequenza di contrazione delle singole unità motorie, fenomeno detto sommazione di scosse. Questo è solo un richiamo ad un fenomeno noto e serve ad sottolineare la necessità di utilizzare strategie ben precise da seguire nella definizione rispettivamente del carico e della velocità di esecuzione. Infatti l’entità della tensione muscolare è funzione di questi due parametri e se si vuole essere certi che le unità motrici vengano tutte attivate, realizzando la tensione massima che non differisce, per valore, nei due casi, è necessario porre come massimi o l’uno o l’altra. Roberto Bonomi
I limiti della forza volontaria Tutti i metodi di allenamento classici si basano sull’impegno della forza volontaria e sulla capacità dell’atleta di mobilitare al massimo il suo potenziale motorio. Ciò sta a significare che maggiore è l’impegno della forza volontaria durante il sollevamento di un sovraccarico, maggiore sarà la velocità con la quale esso sarà spostato, fin quando, aumentando gradualmente l’entità del carico da sollevare, si arriverà ad un punto in cui, per quanto elevata sarà la forza di volontà, il carico non sarà più sollevabile. Ne consegue che il limite dell’effetto allenante di un tale metodo è determinato dai limiti della forza che il soggetto è in grado di esprimere volontariamente in quel determinato momento. Sappiamo, però, che in determinati stati di necessità estrema o di ipnosi, l’uomo riesce ad esprimere capacità straordinarie. E’ conseguente pensare che in tali situazioni estreme la natura permetta di mobilitare possibilità “nascoste” o di “riserva”. Roberto Bonomi
I limiti della forza volontaria Capacità “nascoste” o di “riserva” Hollmann e Hettinger (1976) hanno analizzato e classificato tali possibilità definendo in particolare quelle del sistema nervoso e muscolare come segue: riserve utilizzate nei movimenti automatici = 15% riserve “fisiologica” = 20% riserve “speciali“ caratterizzate da intensità e durata elevata = 35% riserve “automaticamente protette” = 30% Roberto Bonomi
Obiettivo programma di allenamento Quanto detto per evidenziare che un programma pluriennale di allenamento deve realizzare un migliore utilizzo delle capacità funzionali dell’organismo conseguenti alla possibilità di utilizzare la categoria delle riserve ”speciali” o “protette”. Ciò è possibile facendo uso di strategie che comprendono esercitazioni in cui uno stimolo meccanico esterno "costringe" il sistema nervoso centrale ad aumentare l’intensità della corrente di impulsi inviata alla periferia muscolare. Un esempio di ciò è rappresentato da esercizi che riutilizzano a tale scopo l’energia cinetica, accumulata dal corpo o da un attrezzo durante la caduta libera da una certa altezza. (Y. Verchoshansky 1961;1963;1967;1969). Un altro sistema è quello di utilizzare la “memoria” che ogni stimolo che aumenta l’intensità dell’attività muscolare, anche se di breve durata, lascia nel sistema nervoso. Queste "tracce", che durano per un determinato periodo di tempo dopo la sospensione dell’azione dello stimolo, possono influire notevolmente sull’attività muscolare successiva, ed in particolare possono aumentarne l’effetto. (Iliev 1970; Kodikin 1976; Tatian 1974; Verchoshansky 1970) Seguendo tale principio è possibile utilizzare una maggiore eccitabilità del sistema nervoso centrale prodotta da precedenti tensioni muscolari massimali di breve durata allo scopo di aumentare la potenza del lavoro specifico successivo. Se nel lavoro classico con sovraccarichi la tensione muscolare dipende soprattutto dalla forza contrattile volontaria, in tali esercitazioni la mobilitazione dell’attività muscolare ha un carattere “forzato” determinato da fattori esterni. Roberto Bonomi
Le esercitazioni a carattere “forzato” Tutta la serie di esercitazioni che prevedono contromovimento e rimbalzi sia con che senza sovraccarico permettono in maniera più o meno determinante di: elevare la forza a livelli superiori di quanto possibile con lavoro volontario diminuire i processi d’inibizione dovuti ai recettori del Golgi sul riflesso miotatico migliorare la sensibilità del fuso muscolare migliorare il tempo restituzione (inversione eccentrico-concentrico) E’ importante sapere che tutte le esercitazioni adatte a produrre tali effetti si basano sulla capacità dell’atleta di resistere a forze esterne elevate. Ciò comporta dei rischi che possono essere, in parte, evitati attraverso una costruzione attenta ed efficace che tenga conto dello sviluppo temporale dell’allenamento e sia, quindi, capace di creare i presupposti funzionali necessari alle fasi successive. Roberto Bonomi
La contrazione eccentrica Abbiamo sottolineato che le forze di maggior intensità si sviluppano nel muscolo quando forze esterne superano quelle prodotte dal muscolo stesso e si sommano all’allungamento producendo una contrazione eccentrica. Tale tipo di contrazione spesso produce danno alle componenti contrattili e citoscheletriche delle fibre muscolari stesse, con conseguente sensazione di debolezza e percezione di indolenzimento (DOMS - delayed onset muscle soroness). I muscoli si adattano sia strutturalmente che funzionalmente alle costanti contrazioni in allungamento eccentrico elevate e questi adattamenti possano aiutare sia a prevenire infortuni muscoloscheletrici, sia per incrementare la prestazione sportiva. In ogni caso il danno muscolare non sembra essere una conseguenza obbligata a seguito di contrazioni eccentriche elevate. Essa, quindi, più correttamente deve essere considerata come un adattamento di protezione e come una stimolazione con effetti positivi per il muscolo (e il tendine). Esistono dati è dimostrano che perfino i protocolli di allenamento eccentrici più leggeri che non producono nemmeno il più piccolo danno muscolare sono sufficienti a garantire questo tipo di protezione. Roberto Bonomi
I vantaggi del lavoro eccentrico Il lavoro eccentrico , quindi, offre determinati vantaggi perchè protegge il muscolo da danni stimola l’ipertrofia delle fibre veloci produce un veloce adattamento neurale ed inoltre, in risposta al danno cellulare, stimola la formazione di nuovi sarcomeri Durante tale tipo di contrazione si riscontrano livelli di forza decisamente più elevati di quelli che si rilevano in altri tipi di contrazione Il delta di forza contrazione eccentrica-isometrica FECC - FIC = F La differenza di forza che si evidenzia tra lavoro eccentrico ed isometrico è spesso molto elevata ed è dovuta: reclutamento di nuove unità motrici aumento della frequenza di stimolo Roberto Bonomi miglioramento della stifness e delle componenti elastiche del muscolo
Perché il sovraccarico Le esercitazioni a carico naturale da sole non sono sufficienti a sviluppare i grossi effetti prodotti dall’allenamento con carichi massimali sia dal punto di vista della coordinazione che delle modificazioni ormonali. Il carico naturale non permette livelli di consolidamento temporale della forza altrettanto rapidi e duraturi di quelli che si ottengono lavorando con sovraccarico; le alte velocità di esecuzione, spesso non producono miglioramenti della forza massimale dato il loro breve tempo di esplicazione. Da ciò deriva che carichi intensivi hanno un carattere di sviluppo e di stimolo diretto e quelli estensivi invece assumono il carattere di consolidamento, cioè diretto a stabilizzare trasformazioni funzionali adattive dell’organismo dell’atleta. Da ciò deriva che le condizioni che influiscono sulla crescita dell’ipertrofia muscolare sono legate: entità della tensione muscolare tempo di mantenimento della tensione muscolare Roberto Bonomi
Contrazione unilaterale cioè al lavoro fatto su di un solo arto La forza, così come l’attività elettrica, ottenuta dalla contrazione bilaterale di muscoli omologhi è inferiore rispetto alla somma della forza ottenuta contraendo unilateralmente i due muscoli (Coyle e coll. 1981, Ohtsuki 1981, Howard e coll. 1987) In una esercitazione di ½ squat esplosivo un atleta del peso di 80 kg che lavora con il 200% del proprio peso corporeo, utilizzando entrambe gli arti, deve sollevare un carico di 160kg (quindi solleva 160 + 80 = 240 kg cioè 120 per gamba), al contrario, lavorando su un solo arto, sarà sufficiente sollevare solo 40 kg per avere le stesso carico sul singolo arto (80 kg P.C. + 40 kg sovraccarico) Roberto Bonomi
Come influiscono i tempi di recupero Tempi di utilizzazione I tempi di recupero brevi influenzano maggiormente le modificazioni ormonali I tempi di recuperi più ampi influiscono di più sull’aspetto neurogeno (Kramer, 1990) Tempi di utilizzazione “regime eccentrico” arrivano fino a tre mesi “regime concentrico” vanno dalle cinque settimane legate ai metodi di contrasto a due settimane o meno del metodo volontario concentrico puro Roberto Bonomi
Che cosa è importante sapere E’ da ricordare che solo metodi speciali di preparazione della forza adeguati o molto vicini all’esercizio di gara possono garantire l’efficace miglioramento dei meccanismi neuro-motori specifici necessari. Grande attenzione va posta nel fatto che non debbono essere vanificati gli effetti della “supercompensazione” seguenti il periodo di recupero attraverso esercitazioni o carichi che ne soffochino l’effetto. Durante il periodo di allenamento della forza si registra, nei test, un decremento della potenza che viene ampiamente recuperata nei successivi periodi di “ripristino” o di “scarico” La preparazione speciale di forza richiede un grande dispendio di energie nervose quindi gli esercizi che la riguardano debbono essere eseguiti in stato di riposo con una seduta separata di allenamento iniziata in condizioni di freschezza o addirittura dividendo la seduta di forza in due periodi distanziati tra loro di alcune ore onde evitare l’affaticamento del sistema nervoso È consigliabile un riscaldamento mediante utilizzo di piastre e bilancieri. Al termine di tale fase vanno sempre introdotti esercizi di alzata classica (slancio o strappo o tirate) Roberto Bonomi
La capacità di correre velocemente è influenzata da vari fattori quali: forza muscolare come espressione di base della capacità contrattile come espressione di forza speciale come espressione di forza specifica tecnica corsa come perfezionamento della tecnica della corsa, della partenza dai blocchi e della decontrazione ritmica corsa come ottimizzazione del rapporto tra la lunghezza e la frequenza dei passi, in funzione della distanza e, quindi, della velocità. Roberto Bonomi
La ritmica di corsa Questo ultimo fattore, cioè la “ritmica”, mi permette di trattare un argomento che costituisce il fondamento dinamico della corsa in generale e di quella veloce in particolare. Essa si può definire come: “una successione regolare nel tempo di forme di movimento, e la frequenza con cui le varie fasi di tale movimento si succedono. Nella corsa tale successione riguarda l’ordine dei movimenti combinati e coordinati degli arti superiori ed inferiori, che si ripetono omologhi ed alternati” (C. Vittori). Questa alternanza è regolata dalla “frequenza” dei passi e dalla loro “lunghezza”, su cui gioca un ruolo fondamentale la forza e la capacità di di escursione articolare dei segmenti degli arti inferiori. Roberto Bonomi
Fra questi due indicatori, dal punto di vista biomeccanico, esiste un rapporto di proporzionalità inversa, cioè, all’aumento dell’uno corrisponde una diminuzione dell’altro e viceversa, quindi, non è possibile, oltre certi limiti, far crescere contemporaneamente entrambe i parametri. Ciò sta a significare che la massima frequenza possibile è raggiungibile soltanto riducendo l’ampiezza del passo e viceversa. La causa di questo comportamento risiede nel fatto che la muscolatura dell’atleta non è più in grado di esprimere le punte di forza necessarie e, contemporaneamente, diminuire i tempi della loro espressione. È, quindi, necessario ”scegliere” strategie in grado di contenere i livelli di forza da utilizzare, cosa che si verifica quando si riduce molto limitatamente la lunghezza del passo favorendo, così, la crescita della frequenza. Se tale crescita è più grande di quanto si perde per la diminuzione della lunghezza, la velocità crescerà ancora. Il momento in cui avviene questa inversione corrisponde alla “velocità di equilibrio”, definita così giacché fino a quel punto la crescita dei due indicatori è stata continua, simultanea ed equilibrata. È possibile realizzare un modello prestativo in base alle caratteristiche fisiche del soggetto che può essere utilizzato per giudicare il comportamento tecnico-ritmico dell’atleta in competizione, ma anche per valutare e controllare lo sviluppo dell’allenamento e la sua incidenza sui due parametri, da realizzare durante i periodi di “rigenerazione”, a conclusione di ciascun ciclo funzionale, quando le spinte “supercompensative” fanno sentire maggiormente i loro effetti positivi, elevando la condizione fisica e psichica dell’atleta.
la corsa rapida e la corsa ampia Costruzione di un modello di comportamento ritmico in una corsa veloce di 100 m A tale scopo vengono utilizzati due esercizi speciali di corsa sulla distanza di 100 m. la corsa rapida e la corsa ampia La “corsa rapida” permette di “quantizzare” la frequenza dei passi (cioè il numero di passi per secondo) e ci dà la misura della capacità dell’atleta di alternare rapidamente stati di eccitazioni ed inibizioni (contrazioni e decontrazioni muscolari), e della capacità di estrinsecare un buon livello di espressione eccentrico-riflessa della forza la “corsa ampia” permette di conoscere le capacità, dello stesso atleta, di esprimere elevate punte di forza “esplosiva” ed “eccentrico riflessa”, in tempi brevi ed anche di valutare l’ottimale articolabilità delle anche e del rachide lombare che governano l’ampiezza della divaricazione delle cosce sul bacino, (“passo pelvico”) Roberto Bonomi
Costruzione di un modello di comportamento ritmico in una corsa veloce di 100 m Dal confronto dei dati del modello ipotizzato e quelli ottenuti dall' atleta nella sua migliore prestazione dell'anno precedente, si ricavano le indicazioni utili per scegliere i contenuti della preparazione che permetteranno di colmare i deficit e le lacune per raggiungere i livelli di comportamento previsti nel modello. È il caso però di chiarire che, una volta raggiunta e consolidata la lunghezza ottimale del passo (che dovrebbe verificarsi entro il 20° anno d'età), gli ulteriori miglioramenti della velocità saranno ad esclusivo carico della frequenza. È chiaro che, dipendendo tale fattore direttamente dalla lunghezza dell'arto inferiore dell'atleta, una volta raggiunta l’ampiezza ottimale prevista nel modello prestativo ipotizzato, essa non può più aumentare. Sarebbe, tuttavia, un errore eliminare le esercitazioni che riguardano tale parametro nel momento in cui si va a stimolare la crescita della frequenza che con l'ampiezza ha un rapporto di proporzione inversa. È importante sottolineare che la costruzione di suddetto modello deve avvenire soltanto quando lo sviluppo staturale è quasi completo a la forza muscolare ha raggiunto un buon livello in tutte le espressioni utilizzate nella prestazione, cioè verso i 19/20 anni. Solo allora esso può diventare un riferimento importante per la definizione di una ritmica adeguata. Roberto Bonomi
I parametri “frequenza” e “ampiezza” Esiste una contraddizione tra l'entità del sollevamento del ginocchio indispensabile per sviluppare un'ampiezza ottimale, e la diminuzione del tempo di contatto che condiziona il crescere della frequenza. In questa attività, oltre gli aspetti tecnici esecutivi, esiste una componente muscolare che riguarda essenzialmente la muscolatura flessoria ed estensoria degli arti inferiori. A tale scopo sono stati selezionati due gruppi di esercitazioni che impegnano direttamente e selettivamente la muscolatura flessoria e quella estensoria. I balzi sono comuni ai due gruppi per l'alta correlazione che hanno con le due capacità, soprattutto nella fase di accelerazione, dovuta all'alto livello di forza e della rapidità della sua espressione, che essi richiedono. Roberto Bonomi
Esercizi di "corsa ampia" e "corsa rapida” I due esercizi debbono essere usati sia come mezzi per allenare la capacità di esprimere forza veloce specifica e rapidità sia come elementi di controllo o di test. Durante il periodo di “rigenerazione”, quando è possibile utilizzare una condizione migliore, frutto della drastica riduzione del lavoro da svolgere, le due esercitazioni si qualificano ed assumono valenza di sintesi di quanto è stato preparato nei cicli precedenti, mentre nei periodi di forte carico, questi esercizi sono sistematizzati soprattutto per svolgere una funzione a carattere addestrativo e tecnico-ritmico. I due esercizi in numero di 4/6 prove ciascuno possono essere eseguiti nella stessa unità se le condizioni di tenuta nervosa dell'atleta lo consentono, altrimenti si distribuiscono in due unità separate. Roberto Bonomi
Esercizi per lo sviluppo dell’ ampiezza Multibalzi orizzontali, con ritmica alternata. Esercizi di potenziamento dei muscoli flessori delle cosce sul bacino con scarpe zavorrate o con cavigliere da chilogrammi 3-4 in serie di 30 rip. al massimo della rapidità. Skip con o senza cavigliere, a ginocchia alte, in serie di 100 ripetizioni, fino a 200 per i 400isti. Come test si eseguono invece 50 ripetizioni cronometrate e senza sovraccarico. Corsa balzata su 100 m. rilevando il tempo ed il numero di balzi. Corsa ampia su 100m. si rilevano il numero dei passi ed il tempo. Sprint con cavigliere da 1-2 kg, su distanze di 10/20 m. Andature del marciatore a passi lunghi e veloci su 100 m. almeno, con una evidente ampia torsione del rachide lombare, per una marcata diagonalità delle anche. Roberto Bonomi
Esercizi per lo sviluppo della frequenza Multibalzi orizzontali, con ritmica alternata. Esercizi con la funicella, nelle più svariate forme ritmiche, valorizzando il rapido rimbalzo dei piedi a terra a ginocchia distese. Flessione successive rapide degli arti inferiori con cosce orizzontali, e con veloce rimbalzo dei piedi a terra in 3 o 4 serie di 50 ripetute. Movimento circolare rapido da fermo di un arto inferiore alla volta da eseguire in serie di 25 rip. per arto. Skip con e senza cinture zavorrate del peso pari al 10% del corporeo, in serie fino a 100 rip. e fino a 200 per i 400isti. Come test si eseguono, invece, 50 toccate cronometrate senza sovraccarico. Sprint con traino su 30 m. Progressivi su 60 m. con cinture del 10% del peso corporeo, cronometrando gli ultimi l0 m. Corsa rapida circolare su 100 m. cronometrando il tempo e rilevando il numero dei passi Roberto Bonomi
Skip Con e Senza Cavigliere o Cintura Zavorrata Una corretta esecuzione dello skip deve prevedere il sollevamento delle ginocchia sopra l'orizzontale affinché insieme al sartorio, tensore della fascia lata e retto del quadricipite sia impegnato in misura consistente anche l'ileo-psoas, come grande flessore. L'arto inferiore si deve distendere completamente prima di prendere contatto a terra con il metatarso avampiede per evitare, oltre ad un abbassamento del bacino, anche un allungamento dei tempi di contatto con conseguente diminuzione del "rimbalzo" del piede a danno del miglioramento del il momento "eccentrico-riflesso” del tricipite surale e sinergici. Il sovraccarico, determinato dalla cintura, fa sentire il suo effetto sul momento dinamico e sulla muscolatura che lo determina (quella del polpaccio); essa, infatti, essendo posizionata al di sopra del punto di appoggio, influisce sul contatto migliorando il momento "eccentrico-riflesso” del tricipite surale e sinergici. Le cavigliere, invece, sollecitano i muscoli flessori delle cosce per sollevare le ginocchia (soprattutto "l'ileo-psoas”) sopra l'orizzontale. Gli altri muscoli, infatti, cessano la loro funzione (specialmente il retto del quadricipite) pressoché intorno ai 25° di flessione. I due artifizi, sollecitano, separatamente, i settori muscolari (flessori ed estensori o anti-gravitazionali) che vengono impegnati "nell'impulsione". (Vittori) Roberto Bonomi
Multi-balzi orizzontali e Corsa Balzata Vengono trattati insieme perché troppo spesso le loro esecuzioni non hanno come invece dovrebbero avere, significative differenziazioni. Basta osservare i due disegni a fianco per notare quanto lontane siano le loro configurazioni e quanto, soprattutto, diversi i loro dinamismi che non sono difficili da immaginare se nei secondi si deve dare valore non solo alla lunghezza dei passi ma anche al tempo di percorrenza della distanza di 100 m. (C. Vittori) Balzi alternati (da Vittori) Corsa balzata (da Vittori) Roberto Bonomi
Balzi Alternati Balzi alternati (da Vittori) Corsa balzata (da Vittori) Nei balzi alternati l'accorgimento cui porre l'attenzione riguarda l'appoggio a terra dei piedi che deve avvenire con tutta la pianta, senza la precedenza del tallone ma tanto meno della punta del piede che solleciterebbe pericolosamente "l'iperstiramento" del tendine achilleo. Nella corsa balzata, invece, proprio per la ricerca di una sufficiente velocità, il contatto del piede deve avvenire con il metatarso e con la caviglia ben tesa e compatta, a sostenere il tallone che, in nessun modo deve franare a terra ad impedire il rapido rimbalzo.
Multi-balzi Orizzontali e Corsa Balzata I multibalzi vengono utilizzati per stimolare lo sviluppo della "forza veloce" qualità molto correlata alla fase di accelerazione iniziale, mentre la corsa balzata è correlata con le capacità di ampiezza. I due esercizi risultano essere un valido supporto per il trasferimento degli effetti relativi all'uso del sovraccarico per l’allenamento della forza, in movimenti sempre più rapidi. Insieme ad altri esercizi (sprint con traino e con cinture) rappresentano gli anelli di congiunzione, tra l'allenamento di forza con sovraccarichi e l'esercitazione più specifica quali gli sprint in piedi, dai blocchi e la corsa ampia. Roberto Bonomi
Multi-balzi Orizzontali e Corsa Balzata I due esercizi vengono utilizzati fin all'inizio del periodo preparatorio per una durata di due cicli i tre cicli secondo la programmazione sia semestrale o annuale e normalmente vengono eseguiti al pomeriggio nelle sedute in cui la mattina si è sviluppato un allenamento con sovraccarico. I due esercizi vengono, inoltre, utilizzati quale test nel periodo di rigenerazione per valutare la sufficienza o meno dei miglioramenti ottenuti per il raggiungimento della prestazione ipotizzata Roberto Bonomi
Multi-balzi Orizzontali e Corsa Balzata Grande è la diversità tecnica e dinamica tra i balzi alternati e la corsa balzata: servono ad ottenere risposte per il miglioramento di capacità diverse. L'obiettivo dei balzi alternati è quello di migliorare la loro lunghezza, avendo il significato di esprimere più forza più velocemente, raggiungendo la massima distanza. Nella corsa balzata, l’obiettivo è di raggiungere il miglior compromesso tra la lunghezza dei passi e il tempo impiegato a percorrere la distanza prefissata. Roberto Bonomi