La situazione del credito in Campania e Italia Confindustria Campania La situazione del credito in Campania e Italia Giuseppe Boccuzzi Napoli, 4 dicembre 2013
La struttura finanziaria delle imprese (dati annuali; Banca d’Italia e Istat per i dati italiani, BCE per l’area dell’euro e FED per USA) Incomincerei la presentazione con una fotografia della struttura finanziaria delle imprese campane e italiane con il confronto internazionale. Dalla tavola emerge chiaramente come le imprese italiane siano più indebitate e abbiano una quota del debito bancario sul totale dei debiti finanziari superiore nel confronto internazionale. A loro volta, le aziende Campane hanno un indebitamento maggiore del livello nazionale e pagano più oneri finanziari rispetto al margine operativo lordo.
Prestiti bancari alle imprese (dati mensili; variazioni percentuali) Disaggregando l’andamento dei prestiti bancari alle imprese per aree geografiche si nota che alla fine della prima fase della crisi (post Lehman) la ripresa ha avuto una dinamica più marcata per la Campania rispetto al dato nazionale. In occasione delle più recenti turbolenze connesse con la crisi dei debiti sovrani si nota un andamento più omogeneo dei tassi di variazione dei prestiti. Dalla fine del 2011 (quando la crisi del debito sovrano si è intensificata per l’Italia e la dinamica di decelerazione del credito si è fatta più proncunciata) fino ad oggi (ultimo dato aggiornato provvisorio settembre 2013) lo stock dei prestiti alle imprese campane sono calati di oltre 3 miliardi di euro mentre per l’Italia il calo è stato di circa 90 miliardi di euro.
Prestiti alle imprese campane per classe dimensionale di banca (dati mensili; variazioni percentuali) L’atteggiamento del sistema bancario in termini di erogazioni dei finanziamenti alle imprese è divenuto maggiormente omogeneo dall’inizio del 2011 tenendo conto della classe dimensionale di banca (primi 5 gruppi bancari nazionali vs altre banche). Nel periodo precedente la dinamica di rallentamento e poi flettente ha interessato principalmente le banche facenti parte dei maggiori gruppi nazionali (linea blue), mentre la altre banche hanno continuato a erogare in modo più stabile e regolare.
Prestiti alle imprese campane per branca di attività economica (dati mensili; variazioni percentuali; fonte Centrale dei rischi) Qui rappresentiamo i prestiti alle imprese ripartiti per branca di attività economica (sono di fonte CR e riguardano sia le banche che le società finanziarie). Durante il 2013 la dinamica flettente è stata più pronunciata per le imprese dei servizi; per le altre branche il calo è invece stato meno pronunciato (intorno al 2,0 per cento a giugno). PER MEMORIA Peso delle segnalazioni in Centrale dei Rischi per branca di attività economica in Campania a settembre 2013: SERVIZI 57% ATT. MANIFATTURIERA 22% COSTRUZIONI 17% ALTRO 5% ATTENZIONE I segnali di vitalità sono concentrati nel settore industriale (e in alcuni comparti dei servizi alle imprese ad esso collegati, soprattutto quelli logistici). Nel comparto manifatturiero l’occupazione è cresciuta in 6 degli ultimi 7 trimestri e l’export ha superato i livelli precedenti la crisi, in 15 comparti merceologici su 20: in entrambi i casi si tratta dei risultati migliori tra le regioni italiane e ampiamente superiori alla media meridionale. Per la selezione dei casi di successo industriale, la variabile decisiva appare senza dubbio il posizionamento dell’impresa all’interno di filiere produttive con mercati di sbocco finale all’estero (sopratutto al di fuori dell’UE): lo testimonia il fatto che il rapporto tra export e valore aggiunto industriale ha raggiunto un massimo storico in regione, passando negli ultimi sei anni dal 95 al 130 per cento, nonostante l’arretramento del contributo fornito da quello che era il principale comparto esportatore della regione (l’automobilistico, il cui export è passato dagli 851 milioni del primo semestre 2007 ai 150 del primo semestre 2013). Come detto, la crescita è avvenuta soprattutto verso i paesi al di fuori dell’Unione Europea, il cui peso sul totale dei mercati di sbocco campani si è ridotto di 12 punti percentuali negli ultimi anni, passando dal 60 per cento circa della metà degli anni duemila (un valore simile alla media italiana) all’attuale 48 per cento (54 per cento in Italia). I principali “segnali forti” di ripresa in atto nei comparti industriali, sotto il profilo sia del fatturato (nuove commesse ricevute; Aeronautica)) sia dei piani di investimento (alimentari e alta moda). Si può notare come in entrambi i casi le aree di provenienza delle commesse o di localizzazione degli investimenti siano spesso extra-europee. Le principali fonti di finanziamento sono i mezzi propri e/o tramite fondi di investimento / Sace.
Indagine Banche: domanda e offerta di credito alle imprese (indici di diffusione) Secondo l’indagine della Banca d’Italia presso i principali intermediari che operano in Campania (Regional Bank Lending Survey, RBLS), la domanda di finanziamenti delle imprese nel primo semestre del 2013 è stata ancora debole, soprattutto nel comparto delle costruzioni (riquadro di sinistra; il fabbisogno di fondi per il finanziamento riguarda il cap. circolante e soprattutto le operazioni di ristrutturazione). L’offerta di credito è rimasta improntata a criteri di selettività, riflettendo soprattutto la percezione di rischio di credito connessa con la situazione di debolezza dell’economia.
Sondaggio Imprese: condizioni accesso al credito (imprese che segnalano un inasprimento nei Sondaggi cong./Invind; valori percentuali) Focalizzandoci sugli ultimi 3 anni vediamo cosa ci hanno risposto le imprese campane sulle condizioni di accesso al credito. Confermano per l’andamento totale i risultati visti prima nella rilevazione delle banche, ci sono tuttavia delle differenze in termini settoriali. In base al sondaggio della Banca d’Italia, condotto su un campione di imprese con almeno 20 addetti, la quota di aziende che nella prima metà del 2013 hanno rilevato un inasprimento dell’offerta di credito rispetto al semestre precedente è aumentata al 44 per cento nel settore delle costruzioni e al 42 per cento in quello dei servizi (rispettivamente dal 38 e 32 per cento rilevato tra la prima e la seconda metà del 2012); si è, invece, lievemente ridotta nel comparto industriale al 38 per cento (dal 40).
Tassi di interesse bancari a breve termine alle imprese (dati trimestrali; valori percentuali) Il costo dei prestiti a breve termine praticati alle imprese con sede in Campania è stato pari in media all’8,1 per cento a giugno 2013, un valore abbastanza stabile dal 2012; il differenziale con la media italiana permane orientato su un valore poco superiore a 1,5 punti percentuali. Le condizioni che regolano le relazioni creditizie dipendono da numerosi fattori, tra i quali la dimensione e il settore di attività economica dell’affidato, a loro volta connessi con il rischio d’insolvenza. Applicando una correzione che attribuisce al settore produttivo campano la composizione settoriale e dimensionale media nazionale, il divario tra il tasso medio regionale e quello del paese sulle operazioni a breve termine si riduce di circa mezzo punto percentuale nella media del 2012 (a 1,1 punti percentuali) .
Tassi di interesse a m/l termine alle imprese (dati trimestrali; valori percentuali) Dalla fine del 2011 il differenziale tra il tassi di interesse a m/l termine alle imprese campane e quelle italiane è aumentato ad oltre un punto percentuale; i dati provvisori riferiti a settembre 2013 sembrerebbero far ritornare questo spread sotto l’1,0 per cento.
Incidenza partite deteriorate su prestiti alle imprese (dati di fine periodo; valori percentuali; fonte Centrale dei rischi) Giugno 2009 Il rapporto del totale delle partite deteriorate sui prestiti lordi è aumentato per le imprese campane confrontando il dato di giugno 2009 con quello di quest’anno: dal 24 per cento a quasi il 40 per cento. Si è accentuato anche il divario con la media nazionale: sempre per il totale imprese tale differenziale era l’8 per cento a giugno 2009, è salito ad oltre 12 punti percentuali a giugno del 2013. Per tutte le branche di attività economica l’indicatore di rischiosità in Campania si attesta al di sopra della media nazionale; in particolare sempre considerando tutte le partite deteriorate queste hanno superato la metà del totale dei finanziamenti per il settore delle costruzioni. Giugno 2013
Imprese campane per classe di rischio (dati riferiti al 2011; valori percentuali sul totale; fonte Centrale dei Bilanci) Giunta al sesto anno consecutivo di recessione, l’economia campana appare sempre più contraddistinta dalla netta divaricazione tra un consistente gruppo di imprese in condizioni di dissesto o pre-dissesto finanziario e un gruppo, minoritario ma di dimensioni non trascurabili, di aziende ampiamente solvibili. In base al rating calcolato dalla Centrale dei bilanci su un campione di circa 52 mila imprese campane, il peso del primo gruppo (RISCHIOSE) è pari a poco meno del 25 per cento in termini di numerosità di imprese ma ad oltre il 40 per cento in termini di debiti bancari. Il gruppo di imprese (SANE), invece ha un peso pari a circa il 15 per cento in termini di numerosità e a meno del 5 per cento in termini di debiti bancari. Il restante 60 per cento di imprese si situa in una zona intermedia, di lieve VULNERABILITA’ finanziaria. La forte concentrazione del credito bancario verso imprese ad altro rischio è stato sottolineata nel corso di un incontro con gli esponenti bancari locali, per i quali non è immaginabile un ulteriore sostegno creditizio all’economia regionale in presenza di questo peso relativo di imprese insolventi o semi-insolventi. Secondo tali esponenti quindi (Banco di Napoli, Unicredit e Monte Paschi che insieme rappresentano quasi i due terzi dei prestiti alle imprese campane) la politica di offerta in regione resterà restrittiva nei prossimi mesi. La domanda di credito proveniente dalle aziende sane non è particolarmente elevata e la forte concorrenza che su di essa si esercita la rende anche assai poco remunerativa per le aziende di credito. A proposito della bassa domanda di credito proveniente da imprese che pure hanno intrapreso significativi programmi di espansione aziendale (che abbiamo ricordato prima) in effetti, come per il piccolo insieme di iniziative rilevate nessuna abbia attinto principalmente al credito di banche italiane. Si è fatto invece ricorso soprattutto a mezzi propri e, in un caso interessante (La Doria) l’impresa sta attuando alcuni road show presso investitori istituzionali.
INVESTIMENTI DELLE SOCIETÀ DI VENTURE CAPITAL E PRIVATE EQUITY Quadro d’insieme Rispetto a tutti gli altri principali paesi europei, le imprese italiane si distinguono per essere di più piccole dimensioni e per avere meno capitale e più debito bancario. Il deterioramento del quadro congiunturale si è riflesso in un peggioramento della rischiosità del credito. La maggiore rischiosità comporta restrizioni sulle quantità e anche condizioni di finanziamento più onerose. I mercati azionari e obbligazionari sono poco sviluppati. Il mercato del private equity resta più “sottile” nel confronto internazionale. INVESTIMENTI DELLE SOCIETÀ DI VENTURE CAPITAL E PRIVATE EQUITY (in percentuale del PIL) Come si legge dalla slide il quadro d’insieme che emerge è il seguente: Rispetto a tutti gli altri principali paesi europei, le imprese italiane si distinguono per essere di più piccole dimensioni e per avere meno capitale e più debito bancario. Il deterioramento del quadro congiunturale si è riflesso in un peggioramento della rischiosità del credito. La maggiore rischiosità comporta restrizioni sulle quantità e anche condizioni di finanziamento più onerose. I mercati azionari e obbligazionari sono poco sviluppati. Il mercato del private equity resta più “sottile” nel confronto internazionale. Nel Mezzogiorno e in Campania gli investimenti in Early stage sono in linea con la media nazionale, mentre quelli di Expansion e replacement sono al di sotto (fonte Istat) Fonte: AIFI per l'Italia, AFIC per la Francia, EVCA-BVKA per la Germania e NVCA per gli Stati Uniti
Quali prospettive… Ampliare e diversificare l’insieme delle fonti di finanziamento per le imprese: Private equity, venture capital, collocamenti privati di obbligazioni non quotate, credito non bancario (private debt) sono mercati e strumenti indispensabili per accompagnare l’evoluzione della struttura produttiva italiana Negli ultimi anni sono stati adottati alcuni interventi potenzialmente efficaci per l’apertura a fonti alternative: -allowance for corporate equity (ACE) -incentivi all’investimento in capitale di rischio, tramite fondi di venture capital e nelle start-up -Fondo Italiano di Investimento -agevolazioni fiscali introdotte con il decreto sviluppo del giugno 2012 (i cosiddetti mini-bond) Occorre: - un ruolo attivo degli investitori istituzionali (assicurazioni, fondi pensione, fondi di investimento) - ritrovare il ruolo “positivo” delle cartolarizzazioni - rafforzamento del ruolo delle banche nella capacità di saper valutare le opportunità di crescita delle PMI (soft information) e di sostenere le imprese di medio – grandi dimensioni nel percorso di diversificazione delle proprie fonti di finanziamento (accesso diretto al mercato dei capitali) La domanda che ci rivolgiamo e che aprirà il dibattito nella successiva tavola rotonda è quali prospettive ci sono all’orizzonte…. Ampliare e diversificare l’insieme delle fonti di finanziamento per le imprese Private equity, venture capital, collocamenti privati di obbligazioni non quotate, credito non bancario (private debt) sono mercati e strumenti indispensabili per accompagnare l’evoluzione della struttura produttiva italiana Negli ultimi anni sono stati adottati alcuni interventi potenzialmente efficaci per l’apertura a fonti alternative come si legge dalla slide Occorre: - un ruolo attivo degli investitori istituzionali (assicurazioni, fondi pensione, fondi di investimento) - ritrovare il ruolo “positivo” delle cartolarizzazioni - rafforzamento del ruolo delle banche nella capacità di saper valutare le opportunità di crescita delle PMI (soft information) e di sostenere le imprese di medio – grandi dimensioni nel percorso di diversificazione delle proprie fonti di finanziamento (accesso diretto al mercato dei capitali) PER MEMORIA L’articolo 1 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto decreto “Salva Italia”), convertito in legge con modifiche il 22 dicembre 2011, ha introdotto l’Aiuto alla Crescita Economica (ACE) anche al fine di rafforzare la struttura patrimoniale delle imprese. L’ACE consente di attenuare il carico fiscale sulle imprese: per le società è riconosciuta una deduzione dal reddito imponibile dell’imposta societaria (Ires) pari, per il triennio 2011-2013, al 3% annuo dell’ammontare dei mezzi propri investiti nella società stessa a partire dall’esercizio 2011. Nel 2010 è stato creato il Fondo Italiano di Investimento che per le sue dimensioni è divenuto un operatore di primaria importanza nel settore del private equity. Il Fondo ha finora rivolto la sua azione prevalentemente a imprese di dimensione medio-grande adottando modalità operative (tempi di investimento più lunghi e minor condizionamento delle scelte strategiche) che cercano di rispondere alle caratteristiche delle imprese italiane. È opportuno compiere una valutazione dello strumento per verificarne l’efficacia rispetto agli obiettivi prefissati. Un esito positivo della valutazione potrebbe suggerire l’estensione dell’attività del Fondo ad aziende di minore dimensione. Tra le imprese che hanno mostrato interesse per lo strumento, infatti, sono state numerose quelle con un fatturato inferiore al limite minimo di 10 milioni; in questa fase di difficoltà nel reperimento di risorse esterne, le imprese potrebbero essere meno restie ad aprire il proprio assetto proprietario ad investitori esterni.