Psyco da Alfred Hitchcock a Sacha Gervasi

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Transcript della presentazione:

Psyco da Alfred Hitchcock a Sacha Gervasi

Il maestro del melodramma “Psyco” 1960 rappresenta una svolta nel percorso di Hitchcock persino nel suo modo di intendere la suspense puntando più sul mostrare che sul suggerire Non a caso in occasione dell’uscita francese di “Intrigo internazionale” (1959) Hitchcock aveva affermato che si apprestava a realizzare “un film dell’orrore” sottolineando che era “molto, molto fuori del comune”. Presentandolo qualche mese dopo alla BBC avrebbe ribadito:

Il maestro del melodramma “Psyco è il mio primo tentativo di fare un “shocker”. In altre parole, contiene alcuni episodi scioccanti. In un certo senso potrebbe essere definito un film dell’orrore, ma l’orrore arriva solo dopo aver visto il film, quando si arriva a casa… al buio!”

Il maestro del melodramma Mentre sostavano in coda per poter entrare in sala gli spettatori potevano sentire la voce di Hitchcock che diffusa da un altoparlante così scherzava: “Mi si dice che sia la prima volta che questo genere di precauzioni si sono rese necessarie… ma dopo tutto è anche la prima volta che si può vedere un film come Psyco”

Il maestro del melodramma Qualcosa era cambiato anche se poi Hitchcock sarebbe stato restio ad ammetterlo e avrebbe preferito prendere le distanze dall’orrore e riportare il film nel solco del genere a suspense che gli era proprio e che riteneva più sofisticato Probabilmente prima dell’uscita nell’incertezza dell’esito commerciale aveva ritenuto prudente avvertire gli spettatori che si trattava di un film diverso dai suoi soliti

Il maestro del melodramma Non si tratta però di un totale mutamento di paradigma. Il cinema hitchcockiano era cresciuto infatti all’ombra di un progenitore comune sia al film a suspense sia all’orrore: il melodramma infatti già Peter Brooks nell’”Immaginazione melodrammatica” chiariva che se il melodramma

Peter Brooks “L’immaginazione melodrammatica” “Evoca probabilmente connotazioni molto simili per ciascuno di noi, e tra queste l’indulgenza per le emozioni violente, la polarizzazione schematica dei conflitti morali; stati d’animo, situazioni, azioni portate all’estremo; perfide macchinazioni con persecuzione dei buoni e ricompensa finale per i medesimi; espressioni enfatiche e ridondanti” non bisogna però dimenticare “oscuri intrighi, suspense e peripezie mozzafiato” che condivide con il genere gotico

Il maestro del melodramma La sovrapposizione tra poliziesco thriller e melodramma è dunque ricorrente nel cinema di Hitchcock tanto che prima di vedersi affibbiare appellativi promozionali quali “maestro del brivido” o “della suspense” Hitchcock era più frequentemente associato proprio al melodramma infatti per esempio “Sight & Sound” annunciando l’inizio della lavorazione di “Psyco” lo descriveva come un melodramma

“Psyco secondo “Sight & Sound” “Psyco” secondo quanto ne scrive “Sight & Sound” è un “melodramma sul giovane e problematico proprietario di un motel che tiene la madre maniaca omicida in una stanza chiusa a chiave, con elaborato colpo di scena finale”

Il maestro del melodramma Associare Hitchcock al melodramma significa naturalmente fare riferimento a una definizione del melodramma che tiene conto non tanto dei suoi aspetti lacrimosi dei suoi amori contrastati dei suoi dilemmi morali ma invece dei rivolgimenti avventurosi dell’intreccio delle sue macchinazioni e delle sue tensioni

Il maestro del melodramma Lo stesso Hitchcock faceva regolarmente ricorso al melodramma per definire i suoi film e nel 1954 dichiarava: “Io amo il melodramma (che non è esattamente il melodramma nel senso peggiorativo che gli si attribuisce, ma piuttosto il dramma a peripezie)”

Il maestro del melodramma Scrisse anche un articolo Hitchcock che non a caso intitolò “Perché faccio melodrammi” e nel quale affermava: “I sofisticati considerano melodramma il tipo di vicenda o di opera teatrale più ingenua, in cui ogni situazione sia sovraccarica e ogni emozione enfatizzata. Ma la definizione non è universale [...] Al cinema si considera melodrammatico un film basato su una serie di avvenimenti sensazionali. Quindi il melodramma, bisogna ammetterlo, è stato ed è l’ossatura e la linfa vitale del cinema”

Il maestro del melodramma In una lezione tenuta alla Columbia University sul tema melodramma e suspense Hitchcock individuava la formula del melodramma perfetto in una miscela di “caratterizzazione, azione e movimento” ovvero approfondimento psicologico dei personaggi sommato a una serie di peripezie e suspanse che egli dice “tiene occupata la mente dello spettatore come una vera e propria droga”

Il maestro del melodramma Per Hitchcock il melodramma dunque rappresenta una sorta di ombrello alquanto generico sotto il quale possono essere fatte rientrare tutte le variazioni del film a suspense. Egli in seguito arriva a accostare il melodramma persino al regno del fantastico affermando:

Il maestro del melodramma “Personalmente mi sono specializzato nel corso degli anni nel, diciamo così, melodramma, che per me è più o meno una forma del fantastico. Non concordo con quelli che, quando guardano un melodramma che appartiene al regno del fantastico, cercano di rendere conto delle cose che stanno succedendo. E’ come mettere in discussione le favole dei fratelli Grimm”

Il maestro del melodramma E’ dunque da un melodramma che ingloba suspense fantastico e orrore che discende il modello del film a suspense hitchcockiano i cui tratti generali sono stati elaborati negli anni e fissati come al solito dal regista in una serie di dichiarazioni pronte per ogni evenienza

Il maestro del melodramma Il primo tratto del melodramma hitchcockiano consiste nel disprezzo per la logica e quindi per il realismo a favore di un cinema pensato come “pezzo di torta”anziché di realtà Il regista infatti nell’intervista con Truffaut dichiara: “Gli spettatori che vanno al cinema conducono una vita normale e al cinema vanno a vedere cose straordinarie, incubi. Per me il cinema non è una <<fetta di vita>>, ma una <<fetta di torta>>”.

Il maestro del melodramma “L'essenziale, affinché lo spettatore possa apprezzare l'anormalità nel suo pieno valore, è che questa anormalità sia mostrata con il più completo realismo. Perché lo spettatore sa sempre se qualche cosa è vera o non è vera. Se lo spettatore si pone domande a proposito di qualche particolare inesatto, vi riflette e se ne preoccupa”

Il maestro del melodramma “E io, allora, non posso più organizzare la suspense. E' molto, molto importante ottenere una vera suspense. Bisogna che nello spirito dello spettatore non resti assolutamente più niente, salvo la suspense” Il carattere avventuroso ed eclatante degli avvenimenti conta dunque più della loro plausibilità

Il maestro del melodramma La suspense dunque è per Hitchcock la spina dorsale di ogni costruzione drammatica. Vi si collegano il disprezzo per il mistery ovvero l’intreccio incentrato su un mistero da svelare o su un enigma da risolvere e per il whodunit ovvero l’intreccio incentrato sulla ricerca del colpevole di un crimine

Il maestro del melodramma Ai procedimenti sottrattivi fondati su una mancanza di sapere che lo spettatore eventualmente condivide con i personaggi Hitchcock preferisce una concezione della suspense fondata su uno scarto di sapere che lo spettatore eventualmente condivide con i personaggi e che il percorso del racconto deve arrivare a colmare

Il maestro del melodramma Hitchcock preferisce dunque una concezione della suspense fondata su uno scarto di sapere tra lo spettatore e i personaggi (che ignorano qualcosa di cui invece è informato il pubblico) Gli elementi centrali del mistery quindi in Hitchcock sono abbassatti al ruolo di semplici espedienti retorici per stimolare la curiosità dello spettatore. In altre parole l’oggetto del mistero cui i personaggi danno la caccia è per Hitchcock solo un Mac Guffin ovvero un pretesto per creare tensione

“Psyco” un film senza eroi “Psyco” è un film senza eroi e la sua atmosfera angosciante deriva anche dal gelo cui le condizioni esterne costringono i sentimenti dei personaggi Le calde lacrime di Judy che oliavano i meccanismi melodrammatici di “Vertigo” sono qui rimpiazzate da una finta lacrima “astratta” disegnata da una goccia d’acqua accanto all’occhio di Marion freddata dalla morte

Alfred Hitchcock “Psyco” 1960 la sequenza della doccia

Alfred Hitchcock “Psyco” 196o la lacrima “astratta”

“Psyco” un film senza eroi Questa lacrima “astratta” è una immagine icastica della trasformazione che ha subito il melodramma nel venire a contatto con l’orrore L’infrazione delle regole classiche in “Vertigo” rilanciava il melodramma in “Psyco” dove tutto è retto da una logica economistica che il Mac Guffin opportunamente enfatizza da un groviglio di convenzioni e dal delirio psichico il melodramma è invece opportunamente spento

“Psyco” un film senza eroi In effetti non c’è in “Psyco” nessun personaggio capace di catalizzare in modo duraturo l’identificazione dello spettatore: non è possibile identificarsi come accade invece in tanti altri film di Hitchcock con eroi innocenti ingiustamente accusati o coinvolti per errore in qualche intrigo

“Psyco” un film senza eroi Degli eroi di “Psyco” Hitchcock afferma: “I personaggi soprattutto nella seconda parte sono solo semplici figure. Mi concentravo molto più sull’effetto dell’omicidio, e sulla minaccia e sul background del rapporto madre-figlio piuttosto che su altre persone”

“Psyco” un film senza eroi Anche Naremore a proposito della mancanza di eroi in Psyco osserva: “A seconda di quanto crediamo di essere sofisticati, cerchiamo di sntirci superiori a Sam Loomis quando si lamenta dei soldi; cerchiamo di sentirci più saggi di Marion Crane quando insiste sulla “rispettabilità”; cerchiamo di compatire Norman Bates. Ma il film non ci permetterà di sederci in queste comode posizioni”

“Psyco” un film senza eroi “E’ un film splendidamente impersonale, non nel senso che l’autore è un freddo esteta, ma nel senso che non ci dà mai la possibilità di sentirci sicuri”

Le due macro domande attorno a cui si organizza “Psyco” “Psyco” si organizza intorno a due macro domande che coprono l’intreccio nelle due parti del film: La prima riguarda l’esito della fuga di Marion La seconda riguarda l’identità della madre

Le micro domnande attorno a cui si organizza “Psyco” Ci sono poi delle micro domande che attivate all’interno di singole sequenze rispettano tutti i tratti prescritti perché si possa parlare di suspense e cioè sono destinate a uno scioglimento in tempi brevi e non offrono informazioni nuove allo spettatore limitandosi a vittimizzare un personaggio situato in una condizione di pericolo con il quale lo spettatore solidarizza assecondando dinamiche di tipo masochista

Le micro domnande attorno a cui si organizza “Psyco” Per esempio lo spettatore si chiede: Il poliziotto scoprirà le malefatte di Marion? Una volta ripartita Marion riuscirà a non farsi seguire? Riuscirà poi a cambiare auto senza tradirsi agli occhi del rivenditore?

Le micro domnande attorno a cui si organizza “Psyco” E ancora: Riuscirà Arbogast a parlare con la madre senza rimanerne vittima? Lila sopravviverà alle sue perlustrazioni delle stanze segrete di casa Bates?

“Psyco” e il new horror Si è ravvisato in “Psyco” l’origine di quello che è stato definito il new horror: si tratta di una svolta profonda nel genere che ha portato a cercare il confronto con un inquietante un “altro” che non più proveniente dall’esterno (altre civiltà mondi ideologie) bensì dall’interno cioè dall’inconscio (privato o collettivo) ovvero da quella società stessa che l’eroe è per statuto chiamato a difendere contro ciò che la insidia

“Psyco” e il new horror Se a minacciare la società come la conosciamo e come è descritta dalla situazione iniziale di equilibrio è la società stessa diventa difficile quasi implausibile pensare di poter restaurare l’equilibrio iniziale poiché la perturbazione non si limita a far saltare una situazione contingente e perciò ripristinabile ma determina la caduta delle illusioni di ordine e razionalità alle quali la società ha affidato il compito di eternare le proprie convenzioni organizzative e morali

“Psyco” e il new horror La diffusione del finale aperto nei film dell’orrore di questi anni è tradizione irrinunciabile proprio a partire da “Psyco” perché è la trasformazione stessa del genere a imporla anche per ragioni di portafoglio visto che lascia aperta la strada ai sequel pratica sistematica nello sfruttamento intensivo del genere horror

Come un trailer può creare suspense Il trailer in cui Hitchcock guida il pubblico a visitare la casa e poi il motel dei Bates offre allo spettatore una serie di punti di riferimento per riconoscere i momenti in cui nel film si deve attendere un evento cruento Lo spettatore che avesse visto il trailer sa che il motel a dispetto della sua aria “inerme” diverrà la scena del crimine

Il Motel Bates

Come un trailer può creare suspense Che la casa a fianco avrebbe ospitato gli eventi più sconvolgenti e orrendi Che nel bagno sarebbe morta una ragazza intenta a farsi la doccia Che infine sulla scalinata d’ingresso di casa Bates “lei” avrebbe ucciso una seconda volta

La casa a fianco al Motel Bates

La scala dove avviene il secondo omicidio

Il trailer in cui Hitchcock guida il pubblico sull set di “Psyco”

Come un trailer può creare suspense Il trailer quindi offre indizi precisi legati a luoghi inconfondibili atti a generare suspense nel momento in cui fossero riconosciuti all’interno del film senza per questo disattivare l’effetto della sorpresa

Come un trailer può creare suspense Lo spettatore non poteva attendersi la morte di Marion ma sapeva che nel bagno qualcuno sarebbe stato ucciso così quando Marion a metà film vi entra non può non chiedersi se sarà davvero lei la vittima designata

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) Il cinema entra nella produzione dell’artista a partire dal 1993 quando invitato ad esporre al Tramway antica stazione di tram in disuso a sud di Glasgow presenta “24 Hour Psycho” opera che segna l’inizio delle sue sperimentazioni con il video Ripreso il celebre film di Hitchcock del 1960 “Psyco” ne sconvolge la durata dilatando i 109 minuti previsti dalla pellicola fino all’insostenibile durata di ventiquattro ore

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) Il risultato è una video-proiezione di grandi dimensioni che gioca a mettere in crisi i convenzionali tempi obbligati della fruizione cinematografica proponendo la visione “nuova” di un film radicato nell’immaginario collettivo

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) Il senso di profonda frustrazione che accompagna lo spettatore nel tentativo di fare esperienza dell’opera nella sua interezza viene mitigato dal voyeuristico piacere di contemplare le note sequenze del film nel dettaglio tentando di recuperare ciò che in una tradizionale proiezione di 24 frame al secondo inevitabilmente si perderebbe

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) Il rallentamento estremo del movimento delle immagini l’assenza di sonoro che priva la pellicola di una delle colonne sonore più suggestive della storia del cinema ammantano “24 Hour Psycho” di un’atmosfera misteriosa e sospesa che si perpetua per un giorno intero

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) “Psyco” di Alfred Hitchcock proiettato senza sonoro su un grande schermo alla velocità di due fotogrammi al secondo anziché di ventiquattro come normalmente avviene dura un giorno intero e dunque Le sequenze del capolavoro rivelano nelle mani di Gordon sempre nuovi ed inaspettati dettagli situazioni psicologiche e insidie dell'inconscio che ricostruiscono da capo la narrativa dell'immaginario del film mettendo drasticamente in discussione la nostra presunta familiarità con il plot

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993)

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993)

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993)

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993)

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) secondo Don De Lillo “Punto Omega” di Don De Lillo racchiude il suo nucleo narrativo fra due brevi capitoli dal titolo “Anonimato” e “Anonimato 2” ambientati in una sala del MOMA di New York in cui è esposta l’opera “24 Hour Psycho” De Lillo scrive : “non era un film, ma un’opera concettuale. Il vecchio film di Hitchcock proiettato così lentamente da durare ventiquattro ore”

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) secondo Don De Lillo In questi due capitoli il punto di vista è quello di un visitatore che – veniamo a sapere – sta visitando l’opera ripetutamente come immergendosi nel tempo “allo stato puro” che la proiezione rallentata consente Durante le sue visite inoltre osserva con attenzione gli altri spettatori

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) secondo Don De Lillo Nel primo “Anonimato” incontra nella sala un giovane e un anziano che si trattengono pochi istanti In “Anonimato 2” incontra una ragazza con cui scambia una breve conversazione senza presentazioni ma della quale memorizzare il numero di telefono

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) secondo Don De Lillo Sono evidentemente i protagonisti della vicenda – Jim Elster e Jessica – mentre il visitatore è l’uomo misterioso con cui la ragazza ha una relazione riconoscibili tutti dai loro comportamenti e dal riferimento – nella parte centrale della storia – alle visite fatte in due giorni successivi a “24 Hour Psycho”

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) secondo Don De Lillo La presenza di quest’opera dell’artista Douglas Gordon che espande la durata del film di Hitchcock a 24 ore rallentando la proiezione da 24 a 2 fotogrammi al secondo è di importanza cardinale nella storia narrata in “Punto omega” di Don De Lillo Infatti il tempo del film originale il tempo rallentato della sua proiezione nell’opera di Douglas Gordon il tempo del racconto il tempo “furtivo degli orologi, dei calendari” come scrive De Lillo si intrecciano nella lettura creando passaggi fra finzioni e realtà

24 Hour Psycho di Douglas Gordon (1993) secondo Don De Lillo Fra questi passaggi rientra la scelta delle uniche date presenti nel libro: quel 3 e 4 settembre che – nel 2006 – furono gli ultimi giorni in cui al Museum of Modern Art di New York fu effettivamente visibile “24 Hour Psycho” di Douglas Gordon

La copia d’autore di un capolavoro “Psycho” di Gus Van Sant (1998) riproducendo il modello originario del film di Hitchcock scena per scena e inquadratura per inquadratura trasforma quella che all’apparenza può sembrare una mera copia meccanica in una ardita sperimentazione che può servire anche a denunciare l’ossessione delle Majors per i remake dei film di successo

“Psycho” Gus Van Sant (1998)

La copia d’autore di un capolavoro “Psycho” di Gus Van Sant è effettivamente identico alla pellicola girata da Hitchcock persino negli arditi movimenti di macchina che hanno reso famoso il regista inglese Un occhio attento nota però sfumature di diversità che vanno al di là di una scena tagliata o di qualche battuta che nei dialoghi è resa più moderna quasi a racchiudere la cifra stilistica di un cineasta perfettamente calato nel suo tempo

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: i titoli di testa Le musiche di Bernard Hermann suonate dagli archi sui titoli di testa sono le stesse in entrambi i film e anticipano l’accompagnamento sonoro delle scene in cui vengono uccisi Marion e il detective Arbogast Van Sant riprende la musica tale e quale e lo stesso fa con i titoli di testa ideati nel 1960 da Saul Bass. Unica differenza l’uso del colore che sarà una delle cifre stilistiche distintive dell’intero remake

“Psyco” Alfred Hitchcock (1960) titoli di testa

“Psyco” Alfred Hitchcock (1960) titoli di testa

“Psycho” Gus Van Sant (1998) titoli di testa

“Psycho” Gus Van Sant (1998) titoli di testa

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam Nella prima scena vediamo il celebre passaggio dal campo lungo sulla città di Phoenix al primo piano di Marion e Sam nella camera di un hotel a ore. Hitchcock avrebbe voluto girare la scena in un’unica ripresa ma non ne ebbe la possibilità per ragioni legate ai costi Van Sant può invece permetterselo e così nel suo “Psycho” la scena che ci presenta Marion e Sam nell’hotel a ore è un unico pianosequenza

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam Mentre nel film del 1960 Sam appare fuori dal letto indossa i pantaloni e ha solo il torso nudo (all’epoca sarebbe stato troppo disdicevole mostrare i due amanti ancora a letto) Nel film del 1998 invece Van Sant può far vedere Marion e Sam a letto. Inoltre il personaggio maschile è avvolto solo da un lenzuolo e subito dopo ne coglieremo la nudità

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam Lo specchio in cui si riflettono Marion e Sam anticipa la sequenza che mostra il riflesso di un poliziotto nel finestrino della vettura in cui Marion si è addormentata: sarà l’agente a svegliarla E’ un’attenzione al tema dello specchio emblema del doppio che ritornerà più volte nel film di Van Sant in momenti di particolare significato

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Marion e Sam Ci sono nello “Psycho” di Van Sant piccoli segnali visivi e sonori che ci consentono di ricostruire con maggiore immediatezza rispetto all’opera di Hitchcock il background di una relazione clandestina: si pensi ad esempio ai rumori che provengono dalla camera accanto dove si sta chiaramente consumando un rapporto sessuale

L’elemento disturbante: una mosca

L’elemento disturbante: una mosca Fin dalla prima sequenza Van Sant introduce da subito un elemento disturbante e dissonante rispetto al contesto sentimentale della situazione: si tratta di una mosca che mentre nel film del ‘60 compare solo nella penultima scena nella cella in cui è rinchiuso il killer nel film del ‘98 colta in due veloci piani di cui l’ultimo ravvicinato insidia la colazione non consumata da Marion

L’elemento disturbante: una mosca La mosca è il piccolo elemento che funziona da legame intertestuale tra “Psyco” e “Psycho”: posata su alcuni sandwich farciti forse gli stessi che Norman Bates nel film originale offriva a Marion Crane li mostra dunque come i resti avariati o conservati perfettamente (così gli uccelli imbalsamati che ama Norman) del film del 1960

L’elemento disturbante: una mosca Le briciole sono dunque la metafora dei frammenti del film del 1960 ora reinstallate (riscaldate?) da Van Sant non a caso avvolte nel ronzio della stessa mosca che nel finale del film di Hitchcock compare tra le dita di Norman Bates?

L’elemento disturbante: una mosca Se leggiamo così il film ecco allora che lo scarto tra i due film si salda proprio nella sequenza iniziale in cui la ripresa aerea dall’esterno all’interno dell’edificio come Hitchcock l’avrebbe effettivamente voluta fin dentro alla camera d’albergo diventa il libero volo della mosca che compare subito dopo: essa fuoriuscita dal film di Hitchcock si appresta ora a rientrare nell’incipit del film del 1998 attraverso la stessa apertura la finestra della stanza dei due amanti offerta dal film originale

L’elemento disturbante: una mosca Fuor di metafora allora forse nelle mani di Van Sant “Psyco” di Hitchcock è diventato un oggetto pop per un consumo indifferenziato e indifferente che forse sarebbe piaciuto a Worhol? Nelle mani di Van Sant “Psycho” non diventa oggetto pop proprio perché il regista quasi fosse un Truffaut appena più rock trasforma il suo “Psycho” in un saggio critico sul film di Hitchcock

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: il colore Da notare è l’uso accentuato del colore che fa Van Sant quasi per marcare a tutti i costi le nuove possibilità offerte dalla tecnologia e così il tailleur rosa abbinato al trucco allo smalto rosa salmone e all’intimo arancione mettono Marion in evidenza con l’impiego esagerato di tonalità accese in contrasto con il bianco e nero a cui Hitchcock è stato costretto da una produzione a basso costo

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: il colore Anche nelle scene successive Van Sant insisterà sull’utilizzo marcato del colore ai limiti dell’eccesso in particolare negli abiti dei personaggi e nella scenografia Questo impiego del colore frutto di una estetica pop conferisce ai personaggi e alle scene un alone straniante come se fossero al di fuori di qualsiasi epoca storica

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: il colore

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Norman Bates Vince Vaughn nel ruolo di Norman Bates appare molto diverso da Anthony Perkins che nel 1960 rimarrà segnato per sempre da quel personaggio scomodo Alto e filiforme Perkins incarna una bellezza quasi femminea fragile e malata che non ha bisogno di eccessi per rendere il disadattamento e la solitudine del personaggio. Sta qui la forza dell’interpretazione di Perkins

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Norman Bates Vince Vaughmn ha caratteristiche decisamente differenti: è più massiccio e corpulento più spavaldo e ha bisogno di rendere la fragilità psichica del protagonista marcandola con tic come la risata insistita e forse fuori luogo che a Perkins mancavano

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Norman Bates

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Norman Bates Nello “Psycho” del 1998 mentre Bates spia Marion attraverso il buco della parete si masturba. Naturalmente si tratta di un’azione che non era presente nella pellicola di Hitchcock perché la censura dell’epoca non l’avrebbe approvata e tuttavia la masturbazione accentua ed esplicita la chiave del successo dell’intero cinema hitchcockiano: è l’impotenza dell’occhio che guarda

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: Norman Bates Infatti l’occhio che guarda è impotente perché non possedendo la passività cui è costretto lo spettatore seduto al cinema caratterizzato da iperattività sensoriale-percettiva e ipomotricità (Metz 1977) desidera ma non può ottenere poiché è intrappolato nei rigidi meccanismi della suspense costruiti ad arte dal regista

Il Norman Bates di Van Sant spia Marion

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia Anche in questo caso Van Sant riproduce il modello inquadratura per inquadratura con gli stessi arditi movimenti di macchina che hanno reso memorabili i fotogrammi hitchcockiani e al contempo però li decostruisce con piccoli apporti personali per esempio la tendina della doccia diversa dall’originale con intarsi trasparenti che la fanno apparire simile a uno specchio in frantumi

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia Quando l’assassino tira la tendina Marion si volta a guardarlo con un movimento rallentato che rispetto alla pellicola di Hitchcock ritarda di qualche secondo l’inizio dell’orrore come a voler invitare lo spettatore a godere fino in fondo del momento che più temeva e aspettava

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia Tra i primi piani della vittima agonizzante e quelli dell’assassino coperto dal getto della doccia Van Sant inserisce un frammento visivo: grandi nuvole in cielo che corrono gonfie di pioggia E’ un elemento che non possiede alcuna coerenza narrativa con il resto della scena e quindi sarebbe stato impossibile nel cinema classico di cui Hitchcock è un grande esponente

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia Lo scarto tra il passato e la contemporaneità allora sta proprio in queste nuvole più che nell’uso accentuato di un vivo rosso sangue Aggiuntivo rispetto al modello è anche il particolare della pupilla di Marion che si dilata non appena la morte sopraggiunge e anche diverso è il movimento di macchina che alla fine della scena ruota intorno al proprio asse per mostrare il particolare dell’occhio e del volto della vittima

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: la scena della doccia

Bugs Bunny

La scena della doccia di “Psyco” secondo Bugs Bunny In “Looney Tunes: Back in Action” (2003) a un certo punto Bugs Bunny fa una parodia della celebre "scena della doccia" di “Psyco” utilizzando dello sciroppo al cioccolato per simulare il sangue. Si dice infatti che Alfred Hitchcock avesse utilizzato sciroppo al cioccolato al posto del sangue perché rendeva meglio sulla pellicola in bianco e nero

La scena della doccia di “Psyco” secondo Bugs Bunny

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: l’assassinio del detective Arbogast Anche qui Van Sant ritarda di qualche secondo l’orrore dell’accoltellamento inserendo due frammenti visivi che spezzano continuità e linearità narrative così tipiche del cinema classico Vediamo infatti una donna nuda distesa su un fianco con il volto coperto da una maschera nera e poi una strada con al centro una mucca

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: l’assassinio del detective Arbogast E’ come se fossero le ultime cose cui il detective pensa prima di morire e in realtà si tratta della firma del regista che per essere compresa deve essere collocata nel contesto del cinema autoriale contemporaneo che ama spiazzare lo spettatore infrangendo le regole della coerenza narrativa

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: il detective Arbogast

“Psyco” & “Psycho” Hitchcock versus Van Sant: il detective Arbogast

Per concludere “Psycho” di Gus Van Sant ha valore perché in fondo invece di essere uno strano oggetto non identificato è un saggio forse involontario sul valore della duplicazione dell’immagine e dunque il film di Van Sant non è tanto il rifacimento di un film ma invece l’elaborazione teorica di una possibile idea di cinema: è una reinterpretazione cinematografica e per questo anche se probabilmente non è un puro atto creativo non è nemmeno duplicativo

Per concludere Van Sant con “Psycho” ribalta abilmente lo stereotipo del remake perché come fa il folle Norman Bates con gli uccelli impaglia il film di Hitchcock lo mummifica mettendolo dietro una vetrinetta o uno schermo da esposizione. Si tratta dunque non di una copia ma di una splendida meditazione sul linguaggio del cinema

Appendice “Hitchcock” (2012) di Sacha Gervasi non è né un biopic né un banale prodotto hollywoodiano sull’artista al lavoro bensì è un percorso che accompagna Hitchcock nella realizzazione del film facendogli capire quanto esso possa essere importante per la realtà cinematografica e non solo che lo circonda

Appendice “Hitchcock” racconta l’idea di un artificio epocale “Psyco” attraverso un altro artificio ovvero il pensiero morboso ma irresistibile di un marito (Hitchcock) che crede la moglie fedifraga “Psyco” diventa allora il prodotto di una gelosia inattesa e prima forse sconosciuta

Appendice “Hitchcock” di Sacha Gervasi racconta dunque “Psyco” come arte sgorgata dall’ansia e da una deduzione a suo modo violenta che assopisce la ragione e ammutolisce il buon senso permettendo però di creare e di inventare scene e stili innovativi addirittura immedesimandosi come meglio non si potrebbe nell’assassino al fine di impartire lezioni su quale furia adottare nell’atto di uccidere

Appendice Seguendo Sacha Gervasi dunque “Psyco” trova la sua linfa nel focolare domestico americano che groviglio di sentimenti è proprio per questo motivo la madre di ogni ispirazione il tema per eccellenza persino per un film che non sembra averci niente a che fare. Questo accade anche perché “Psyco” è in fondo una grande tragedia casalinga

Bibliografia M. Giori “Alfred Hitchcock Psyco” Lindau Torino 2009 P.M. Bocchi “Il pubblico e il privato” “Cineforum” n. 524 pagg. 35 - 37 D. DeLillo “Punto omega” Einaudi Editore Torino

Bibliografia A. Furfari “Psyco e Psycho, il capolavoro e la sua ombra” Rebello S. “Hitchcock. L’incredibile storia di Psyco” Il Castoro Editore F. Truffaut, “Il cinema secondo Hitchcock” Il Saggiatore Editore

Filmografia “Psyco” A. Hitchcock (1960) “24 Hour Psycho” D. Gordon (1993) “Psycho” G. Van Sant (1998) “Looney Tunes: Back in Action” J. Dante (2003) “Hitchcock” S. Gervasi (2012)