Le politiche sociali.

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Transcript della presentazione:

Le politiche sociali

I meccanismi allocativi delle risorse di welfare Politiche universalistiche Politiche assicurative Politiche assistenziali

Politiche universalistiche Sono basate sugli interventi di sicurezza sociale Sicurezza sociale Grado di copertura Modalità di finanziamento Struttura delle prestazioni Universale Fiscalizzato. I cittadini intervengono in ragione della loro capacità contributiva A tutti i cittadini vengono assicurate le stesse opportunità di accesso a prestazioni e a servizi

Politiche assicurative Sono basate sugli interventi di assicurazione Assicurazione obbligatoria Grado di copertura Modalità di finanziamento Struttura delle prestazioni Occupazionale Contributiva Connesse alle retribuzioni percepite o ai contributi versati

Politiche assistenziali Sono basate sugli interventi di assistenza sociale Assistenza sociale Grado di copertura Modalità di finanziamento Struttura delle prestazioni Marginale Fiscalizzato Ad hoc

La spesa sociale in alcuni paesi europei (2003) Danimarca Germania Italia Regno Unito Spesa sociale In % sul PIL 30,9 30,2 26,4 26,7 In % sul totale della spesa pubblica 69,7 68,8 62,2 66,3 Pro capite 8.115 7.087 6.024 6.812

Ripartizione della spesa sociale Danimarca Germania Italia Regno Unito Ripartizione Famiglie e minori 13,20 10,50 4,10 6,90 Pensioni 37,20 42,90 61,80 44,90 Politiche del lavoro 4,49 3,46 1,35 0,81 Protezione sociale 5,80 3,10 0,80 2,30 Salute 6,60 6,50 6,70 Istruzione 6,30 3,40 4,50 3,60

Indicatori di equità redistributiva Danimarca Germania Italia Regno Unito % disoccupati che ricevono sussidio 63,8 72,3 4,4 26,2 Rischio povertà prima dei trasferimenti 31 24 23 29 Dopo i trasferimenti 11 16 19 18 Indice di Gini 24,7 28,3 36,0

La previdenza sociale in Italia Il “labirinto” delle pensioni (Castellino, 1976) La causa: il modello del “governo spartitorio”: fondato sull’ottenimento/ ampliamento/ consolidamento del consenso attraverso la distribuzione di benefici sociali ed economici a categorie specifiche La riforma Amato (1992) e quella di Dini (1995), e le conseguenze sull’assetto previdenziale L’esigenza di una ulteriore riforma

Ipotesi di riforma del sistema previdenziale (Fornero) Necessità di un intervento strutturale: “quando si parla di pensioni è infatti necessario abbracciare un'ottica di lungo periodo. Le regole previdenziali influenzano direttamente o indirettamente molte delle decisioni fondamentali che gli individui prendono durante la loro vita, a partire dalla giovane età: quanto a lungo studiare, quale professione intraprendere, quale profilo di consumo e risparmio adottare, a che età ritirarsi dal mercato del lavoro”.

Necessità di regole che assicurino una redistribuzione più equa: “se si vuole che le regole vengano condivise - e non solo subite - queste devono essere eque: deve essere garantita parità di trattamento agli individui; devono essere aboliti i privilegi. Se si intende effettuare una redistribuzione delle risorse, questa deve essere trasparente e deve avvenire dai più ricchi ai più poveri e non viceversa”

“Questi principi, che sembrano banali, sono stati spesso largamente disattesi, nel periodo preriforma, ma anche successivamente, sia con la riforma Amato (1992), sia con la riforma Dini (1995), in modo particolare con la scelta di tutelare i "diritti acquisiti" dei lavoratori meno giovani, scaricando invece sulle nuove generazioni l'onere dell'aggiustamento. E hanno continuato a essere disattesi nel periodo successivo, a ogni nuovo intervento sulla transizione. Il metodo contributivo di calcolo delle pensioni, introdotto nel 1995 in sostituzione del precedente metodo retributivo, costituisce (a nostro avviso) il punto di partenza imprescindibile su cui basare le modifiche dell'attuale assetto”

Nell’attuale fase di transizione, determinata dalla duplice riforma del 1992 e del 1995, i lavoratori possono essere divisi in tre categorie: I “salvati”: i lavoratori che, al 31 dicembre 1995, avrebbero raggiunto almeno diciotto anni di anzianità, per cui ad essi non viene applicato il metodo contributivo I “parzialmente protetti”: quelli con anzianità inferiore a diciotto anni nel 1996, la cui pensione sarà calcolata in base alla regola retributiva per l'anzianità maturata al 1995 e a quella contributiva per l'anzianità accumulata dal 1996 in poi Gli “indifesi”: gli assunti a partire dal 1996, la cui pensione sarà interamente contributiva

Perché questa situazione va superata? “Il metodo retributivo, applicato per intero ai "salvati" e in pro-rata ai "parzialmente protetti", si caratterizza per uno scarso collegamento tra contributi versati e prestazioni ricevute. Ne risulta un "rendimento" (analogo a un tasso di interesse annuo applicato al monte contributivo) troppo generoso, e cioè superiore a quello finanziariamente sostenibile, con conseguente sistematica violazione del criterio della sostenibilità e del principio dell'equità tra generazioni. Un sistema a ripartizione è, infatti, finanziariamente sostenibile quando restituisce al lavoratore, sotto forma di pensione, i contributi versati, capitalizzati a un tasso pari a quello di crescita dell'economia. Se il sistema è troppo generoso verso le generazioni attuali, accumula un debito implicito che ricadrà sulle generazioni giovani e su quelle future”

La generosità del metodo retributivo Present Value Ratio (PVR): indicatore che misura, al momento del pensionamento, il "valore attuale atteso" dei benefici pensionistici ai quali l'individuo ha diritto, cioè la somma pari al valore complessivo dei trasferimenti previdenziali di cui l'individuo godrebbe data l'attuale aspettativa media di vita Montante contributivo versato: equivale al saldo attuale disponibile di un ipotetico conto corrente in cui l'individuo abbia depositato, senza mai ritirarli, i contributi previdenziali versati lungo la vita lavorativa

L’entità del “regalo” Fatto pari a 100 euro il montante, un valore del PVR superiore a 100 indica che il sistema remunera i contributi corrisposti nella vita attiva a un tasso di rendimento superiore a quello che il sistema "può permettersi". Ciò comporta una redistribuzione di risorse (ossia "un regalo") alle generazioni anziane da parte delle generazioni giovani presenti e future

La proposta di riforma Applicare, a partire dal 2012, il metodo contributivo pro-rata per tutti i lavoratori Fissare l'età minima di pensionamento a sessantatré anni (con il requisito dei vent'anni di anzianità oggi richiesto per le pensioni di vecchiaia) e introdurre una "fascia di flessibilità" che incoraggi il lavoratore a ritardare l'uscita fino ai sessantotto (settanta) anni, con un incremento di pensione che - secondo calcoli matematici, e non in base ad arbitrari criteri politici - tenga conto dei maggiori contributi versati e della maggiore età. I requisiti minimi e massimi sarebbero successivamente indicizzati alla longevità, così come già previsto dalla normativa vigente.

Effetti redistributivi: “l'estensione dell'età minima di accesso al pensionamento e l'abolizione della pensione di anzianità, riguardando tutti i lavoratori, avrebbero come effetto principale quello di determinare risparmi di spesa consistenti nel breve e medio periodo, permettendo, come auspicato, di allentare gli stringenti vincoli di bilancio; l'estensione pro-rata del contributivo avrebbe come effetto principale quello di avvicinare i trattamenti tra le categorie (cosa che fa anche l'innalzamento del requisito di età, ma in maniera meno rilevante), promuovendo una maggiore equità del sistema”

Chi verrebbe coinvolto? La riforma riguarderebbe unicamente i "salvati" (cioè i lavoratori nati tra il 1950 e il 1962). Esempio: il caso di un dipendente privato della categoria dei "salvati" nato nel 1958, con vent'anni di anzianità nel 1996, che nel 2010 è arrivato a percepire una retribuzione di 30.000 euro. Supponendo che maturi quarant'anni di anzianità nel 2018, con le regole attuali potrebbe andare in pensione a sessantuno anni. La sua pensione ammonterebbe a 26.776 euro, con un "regalo" atteso nell'arco dell'intera vita pari al 43% dei contributi versati (162.000 euro). Applicando la nostra proposta, il pensionamento sarebbe posticipato al 2021, con una pensione superiore, pari a 28.999 euro, ma un "regalo" inferiore (il 33% dei contributi versati, ossia 146.000 euro), per effetto della più elevata età di pensionamento e del calcolo contributivo sugli ultimi anni.

Se venisse applicato il metodo contributivo all'intera vita lavorativa del soggetto - una misura davvero drastica, che peraltro nessuno propone - la sua pensione ammonterebbe a 21.869 euro e il "regalo" si annullerebbe. Dal punto di vista aggregato, il modello proposto non consente una stima accurata dei risparmi. Ciononostante, i risparmi di spesa sarebbero tutt'altro che irrisori, potendo arrivare a qualche decina (3-4) di miliardi di euro nei primi 5-6 anni di effettiva applicazione del provvedimento. La caratteristica del contributivo di garantire un trattamento equo sia all'interno delle generazioni, sia tra generazioni diverse presenti e future ne costituisce un indubbio punto di forza aggiuntivo rispetto al fatto che si tratta di un metodo di calcolo che migliora la sostenibilità finanziaria del sistema.

Uscita flessibile “Il passaggio al metodo di calcolo contributivo per tutti (seppur in regime di pro rata) consentirebbe di superare l'attuale sistema di uscita che prevede due diverse tipologie di assegno: pensione di vecchiaia e pensione di anzianità. Si passerebbe invece a un'unica pensione contributiva alla quale accedere dopo aver maturato un numero minimo di versamenti (cinque anni) ma potendo scegliere l'età del pensionamento. Si è ipotizzato che la forchetta possa essere 63-68 anni oppure 63-70 anni” (Il Sole 24 Ore)

Nota bene Le pensioni di anzianità sono quelle previste a beneficio dei lavoratori dopo un determinato numero di anni di lavoro, indipendentemente dall’età anagrafica: ad esempio, chi incominciava a lavorare ad esempio a 15 anni, a 55 anni - dopo cioè 40 anni di lavoro - poteva andare in pensione. Le pensioni di vecchiaia sono quelle che si percepiscono al raggiungimento dell'età pensionabile, dopo aver versato un minino di anni di contributi.

Premi e penalizzazioni Uscita flessibile equivale a pensione flessibile. Il meccanismo del sistema contributivo consentirebbe infatti di determinare l'importo della pensione utilizzando appositi coefficienti di trasformazione che tengono conto dell'età del lavoratore al momento del pensionamento e della speranza di vita residua. In questo senso, l'importo della pensione sarebbe tanto più elevato tanto maggiore sarà l'età del pensionato. Quindi l'importo della pensione annua dovrebbe essere determinato moltiplicando il montante individuale dei contributi per un coefficiente di trasformazione relativo all'età dell'assicurato al momento del pensionamento. A parità di montante contributivo, l'assegno percepito a 63 anni sarebbe del 18-20% inferiore a quello percepito a 67 anni” (Il Sole 24 Ore)

L’armonizzazione “Nel sistema pensionistico continuano a sopravvivere alcune aree di privilegio: i regimi sono stati via via armonizzati, ma sono rimaste in vigore norme che consentono di costruire trattamenti pensionistici di miglior favore, con ricongiunzioni e riscatti agevolati, trasferimenti gratuiti, e clausole di salvaguardia. La riforma dovrebbe offrire l'occasione per approdare a una reale e completa armonizzazione delle regole previdenziali, proprio nella convinzione che le eccessive differenze nascondono privilegi non più sopportabili, né sotto il profilo della spesa né sotto quello dell'equità” (Il Sole 24 Ore)

Solidarietà “Si valuta l'opportunità di chiedere un contributo di solidarietà - aggiuntivo rispetto a quello prefigurato nell'attuale proposta di manovra - alle pensioni più alte, specialmente se si tratta di baby pensioni e pensioni di reversibilità. Va inoltre ricordato che esistono pensioni in pagamento il cui Present Value Ratio (vale a dire, il valore dei benefici pensionistici, fatto pari a 100 il montante dei contributi versati) arriva a sfiorare quota 400. Significa che la pensione che sarà complessivamente percepita supera fino a 4 volte l’importo dei contributi effettivamente versati” (Il Sole 24 Ore)

Verso un sistema previdenziale più equo? “Ovviamente, questo vale a condizione che la riforma in questione riguardi tutte le categorie di lavoratori alla stessa maniera, nessuna esclusa. In un momento in cui si è costretti a richiedere duri sacrifici alle famiglie con provvedimenti draconiani che colpiscono anche le fasce più deboli, non si può prescindere dall'abolizione delle ingiustificate posizioni di privilegio che perdurano per molte categorie difficilmente annoverabili tra i bisognosi, come i liberi professionisti con le loro casse e i politici con i loro vitalizi. È anche ovvio che una volta varato il provvedimento si potrebbero discutere, in modo trasparente e mirato, le uniche eccezioni ammissibili, ossia quelle nei confronti dei lavoratori sfortunati e non già di quelli privilegiati” (Fornero)

L’assistenza sociale in Italia L’assistenza sociale prima del DPR n. 616/1977 La ricerca dell’IRS (1977) evidenzia la necessità di passare dall’impostazione categoriale a quella universalistica nella organizzazione dei servizi sociali La teoria amministrativa dei bisogni sociali (Tosi) e i rischi dell’universalismo universalistica