LEIBNIZ (Dio, l'ordine e l'armonia del mondo) prof. Michele de Pasquale
Dio, causa prima e fine ultimo di tutta la realtà all'apice della gerarchia delle monadi si trova la monade la cui perfezione è assoluta, e la cui consapevolezza è totale: Dio, causa prima e fine ultimo di tutta la realtà “ L'Uno che domina l'universo, non solo regge il mondo, ma lo fabbrica e fa; è al di sopra del mondo e, per cosí dire, extramondano ed è inoltre la ragione ultima delle cose.” (Leibniz, Sull'origine radicale delle cose)
Leibniz tenta una dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio, utilizzando le prove tradizionali della teologia scolastica la prima prova parte dalla considerazione che il mondo contingente esige una realtà necessaria da cui prendere origine: questa realtà è Dio la volontà di Dio, infatti, tra i tanti mondi possibili che l'intelletto divino concepisce, trae all'esistenza uno solo: “ Dalla necessità fisica o ipotetica, che determina le cose del mondo in modo che le successive derivino dalle precedenti, bisogna arrivare a qualcosa che sia di necessità assoluta e metafisica, di cui non si possa render ragione... Pertanto, poiché la radice ultima dev'essere in alcunché che sia di necessità metafisica, è necessario che esista un Ente unico, di necessità metafisica, la cui essenza implichi l'esistenza.” (Leibniz, Sull'origine radicale delle cose)
la seconda prova è quella del processo di causazione: se risaliamo di causa in causa, per spiegare la realtà delle cose dobbiamo fermarci ad una causa prima incausata, cioè a Dio la terza prova è una rielaborazione della prova ontologica: un essere perfettissimo non può mancare di nessun attributo, tanto meno di quello dell'esistenza; Leibniz ritiene che la derivazione dell'esistenza dal concetto di essere perfettissimo è "logicamente" corretta soltanto dopo aver provato che quel concetto è "logicamente prìvo di contraddizioni"; poiché niente contraddice alla possibile esistenza di Dio, Dio esiste la quarta prova si avvale del concetto dell'armonia prestabilita: l'armonia fra le infinite monadi dell'universo rimanda a Dio come all'autore di quell'armonia e lo presuppone
píú originale sembra la motivazione fornita per giustificare l'esistenza di fatto di questo mondo con tutti i suoi limiti e le sue imperfezioni Dio, tra i tanti infiniti mondi che poteva realizzare, ha portato all'esistenza questo mondo perché esso è il " migliore dei mondi possibili ": “Poiché nelle idee di Dio c'è un'infinità di universi possibili mentre non può esisterne che uno solo, bisogna che ci sia una ragione sufficiente della scelta di Dio, la quale lo determini all'uno piuttosto che all'altro. E questa ragione non può trovarsi che nella convenienza o nei gradi di perfezione che questi mondi contengono... Ciò è la causa dell'esistenza del meglio che la Saggezza fa conoscere a Dio, che la sua Bontà gli fa scegliere, e la sua Potenza gli fa produrre.” (Leibniz, Monadologia) in questo mondo tutto è inserito in un ordine che non conosce deroghe, né salti: “ E' bene riflettere che Dio non fa nulla fuori dell'ordine. Cosí, ciò che sembra straordinario lo è solo in relazione a qualche ordine particolare stabilito per le creature. Poiché, quanto all'ordine universale, tutto vi è conforme... Ora, poiché nulla può accadere che non rientri nell'ordine, si può dire che anche i miracoli rientrano nell'ordine, come tutte le operazioni naturali.” (Leibniz, Discorso di Metafisica)
anche il male, che si presenta a prima vista come un difetto, trova la sua giustificazione nell'ordine generale dell'universo “[premesso] che la radice del male è nel nulla, cioè nella privazione o limitazione delle creature.” (Leibniz, Discorso di Metafisica) “ bisogna che questo male si ricompensi ad usura nell'universo, che Dio ne tirerà un bene piú grande e che insomma si troverà che questa sequenza di cose, nella quale è compresa l'esistenza del peccatore, è la piú perfetta fra tutte le altre possibili. (Leibniz, Discorso di Metafisica)
si Deus est, unde malum? se Dio esiste, da dove nasce il male? noi che facciamo derivare tutto da Dio, dove troveremo la sorgente del male? il male ha una natura puramente privativa: esso esprime la semplice mancanza di perfezione che necessariamente differenzia la creatura dal creatore il male non esiste come entità fisica, non ha un suo status ontologico; esiste solo il bene, l'essere, la perfezione; ma vi sono gradi diversi di essere, di bene, di perfezione ciò che manca ai singoli esseri, ai singoli beni, alle singole perfezioni per essere assoluti, questo é il male: il male é dunque puramente negativo, non essere, non bene, imperfezione tutto ciò definisce il male metafisico, il male che nasce dalla mancanza di essere
al male metafisico sono riconducibili anche il male fisico (il dolore) e quello morale (il peccato), che sono possibili solo per esseri imperfetti che soffrano di male metafisico Leibniz dà anche una giustificazione più specifica del male fisico e del male morale: il male morale é a volte imposto dalla necessità di realizzare un dovere superiore: ogni oggetto della nostra volontà é in sè buono, poichè tutto ciò che esiste, in quanto contenente un tasso di essere, é un bene; ma le cose non hanno tutte la stessa quantità di essere e di bene; fermarsi agli esseri-beni inferiori senza cercare quelli superiori, cioè anteporre i primi ai secondi come oggetto della nostra volontà, questo é il male morale il male fisico é talora usato da Dio come strumento per conseguire il bene (la pena serve come emendamento e come esempio)
volontà antecedente e volontà conseguente anche nel caso del male fisico e morale, Dio non lo ha voluto, ma soltanto permesso; per spiegare ciò Leibniz ricorre alla distinzione tra volontà antecedente e volontà conseguente é quella che tende all' oggetto voluto in assoluto, senza tener conto delle condizioni della sua realizzazione é quella che prende invece in considerazione tali condizioni in virtù della sua volontà antecedente Dio vuole realizzare ogni forma di perfezione: egli vuole soltanto il bene, con l' esclusione di ogni male a causa della sua volontà conseguente, che tiene conto della necessità di specificare alcuni aspetti del bene per rendere reciprocamente compatibili le diverse perfezioni e realizzarne la maggiore quantità possibile, invece, Dio vuole non il bene in assoluto, ma soltanto il meglio possibile
la differenza tra la volontà antecedente del bene e quella conseguente del meglio é che la seconda invece permette il verificarsi della minima quantità di male necessaria per realizzare la massima quantità possibile di bene: Dio non vuole, ma permette il male la prima esclude ogni forma di male, ma non conduce alla realizzazione di nessuna forma di bene (pur volendolo), dal momento che disattende le condizioni della sua realizzazione
l'accettazione della concezione del Dio persona, la postulazione di un mondo costituito esclusivamente da sostanze spirituali, l'ottimismo metafisico, non bastano a provare, contro il determinismo, l'esistenza della libertà nell'universo e nell'uomo l'universo non può essere che questo, essendo il migliore possibile, e l'uomo, ogni singolo uomo, porta in sé fin dalla sua creazione la ragione sufficiente che lo fa essere qual è e gli impedisce di essere diverso; la libertà, in definitiva, giustificata su un astratto piano logico e metafisico, sembra confutata e negata sul piano esistenziale la fisica spiritualistica di Leibniz è, in ultima analisi, soggetta alle stesse regole della fisica materialistica: “ Da tutto ciò si comprende in modo meraviglioso come nella stessa origine delle cose, si eserciti una certa matematica divina o meccanismo metafisico e si verifichi la determinazione del massimo... Con ciò una necessità fisica si ha da una necessità metafisica: infatti, sebbene il mondo non sia metafisicamente necessario, in modo che il contrario implichi contraddizione o assurdità logica, esso è tuttavia necessario o determinato, in modo che il contrario implica imperfezione o assurdità morale.” (Leibniz, Sull'origine radicale delle cose)
una fiaba, raccontata da Leibniz, per concludere: “ Sesto lascia Apollo a Delfo e va a trovare Giove a Dodona. Egli compie i sacrifici e poi espone le sue lamentele. Perché, o gran Dio, mi hai condannato ad essere malvagio, ad essere infelice? Cambia il mio destino o riconosci il tuo torto… (continua)