Organizzazione Aziendale A. A

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Organizzazione Aziendale A. A Organizzazione Aziendale A.A. 2012/2013 TERZO ANNO CORSO LAUREA IN ECONOMIA AZIENDALE E BANCARIA CURRICULUM IN MANAGEMENT E MARKETING

Dettagli corso Docenti: Ercole P. Pellicanò; Tommaso Tridente; Assistente di cattedra: Mariana D’Ovidio Orari corso: mercoledì ore 12.00 – 14.00 venerdì ore 12.00 – 14.00 aula 15 – III piano Testo d’esame: Gareth R. Jones, “Organizzazione. Teoria, progettazione, cambiamento”. Egea

INTRODUZIONE Il corso di studio parte, al terzo anno, con “Organizzazione Aziendale”. Esso proseguirà al quarto anno con “Corporate Strategy”, entro il quale sarà sviluppato il “Project Management”. Seguiremo, per il terzo anno, il volume Gareth R. Jones “Organizzazione. Teoria, progettazione, cambiamento”. Il libro è la base; esso sarà arricchito da concetti che derivano dalla mia esperienza lavorativa. La didattica sarà per voi producente se, aiutati da adeguate letture di carattere economico- aziendalistico, nonché la frequenza del corso, riuscirete a sviluppare una vostra metodologia di apprendimento e ragionamento. Attraverso un tale percorso potrete rendere vostro il terreno di studio e di analisi e partecipare attivamente, attraverso discussioni e simulazioni, alla vita dell’impresa. Ne diverrete il manager, ne detterete gli obiettivi e le linee strategiche, in vista dell’eccellenza aziendale. Dovete comprendere che un’azienda, dalla quale dipendono le aspirazioni e i sogni di molte persone, è una realtà pulsante da modellare, sulla quale si può intervenire, nella fase di crescita, di sviluppo, e della non impossibile crisi, in maniera adeguata e competente, con tocchi lievi ovvero più decisi, per la sua affermazione nel libero mercato.

In maniera ricorrente, al termine del corso, mi viene rivolta la seguente domanda: che qualità e capacità bisogna avere per divenire un buon manager ed un valido leader? La risposta, schematizzata, che dò, scorrendo la mia vita di lavoro, coronata da qualche successo, ma sempre ricca di fatti e di situazioni, è la seguente: mettere passione nel lavoro, per bene operare, soddisfacendo le proprie esigenze materiali ed ideali: - realizzarsi, seguendo il proprio cammino interiore, fatto di impegno e di valori; - portare in azienda “l’anima”, arricchendola, oltre che con la competenza, con quella creatività, quella intuizione e quella sensibilità che ogni essere umano possiede. conservare lo spirito “giovane” e determinato; evitare una paralizzante autoreferenzialità, ricordando sempre che l’invecchiamento, sia fisico che intellettuale ed operativo, comincia quando i ricordi prendono il sopravvento sulle speranze e sulle prospettive. Ercole P. Pellicanò

Organizzazioni ed efficacia organizzativa: concetti base CAPITOLO 1 Organizzazioni ed efficacia organizzativa: concetti base

DEFINIZIONE DI AZIENDA L’azienda è un istituto economico duraturo composto da: Complesso di beni – Patrimonio Complesso di operazioni – Gestione Complesso di persone – Organizzazione

L’ AZIENDA QUALE ISTITUTO ECONOMICO DURATURO IL PATRIMONIO LA GESTIONE L’ORGANIZZAZIONE

IL PATRIMONIO DELL’AZIENDA Il patrimonio è il complesso di beni coordinati a disposizione dell’azienda. È un concetto statico perché è sempre riferito ad una certa data (31/12/n). Può essere studiato sotto due aspetti: l’aspetto qualitativo (qualità del patrimonio dei beni); l’aspetto quantitativo (valore dei beni).

IL PATRIMONIO:ASPETTO QUALITATIVO Da un punto di vista qualitativo, il patrimonio è un complesso di beni espresso in quantità eterogenee, non sommabili tra di loro. L’aspetto qualitativo non consente, pertanto, di avere una nozione sintetica di patrimonio: non si può esprimenre il patrimonio con un “numero”.

IL PATRIMONIO:ASPETTO QUALITATIVO Esempio: inventario a quantità fisiche dell’azienda K produttrice di acciaio. INVENTARIO DELL’AZIENDA K AL 31/12/2000 DARE Elementi attivi AVERE Elementi passivi Cassa Crediti Materie e prodotti: ferro carbone Macchine: tornio convertitore Fabbricati: appartamento per uffici magazzino per materiale 0,05 euro 0.52 euro Tonnellate 2000 Tonnellate 3000 Potenza KWT x Potenza tonnellate y Mq . 350 Mq. 2000 Debiti: verso banche verso stato 7,23 euro 3,36 euro

IL PATRIMONIO:ASPETTO QUANTITATIVO Il patrimonio da un punto di vista quantitativo, è un fondo omogeneo di valori. Gli elementi, attivi e passivi, resi omogenei mediante il processo di valutazione, possono essere tra di loro sommati algebricamente. Si può pertanto avere una nozione sintetica di patrimonio.

IL PATRIMONIO:ASPETTO QUANTITATIVO Esempio: stato patrimoniale dell’azienda K produttrice di acciaio. STATO PATRIMONIALE DELL’AZIENDA K AL 31/12/200 DARE Attività AVERE Passività Cassa 0,05 euro Debiti: Crediti 0,52 euro verso banche 7,23 euro Materie e prodotti: ferro carbone 2,27 euro 1,81 euro verso stato Capitale netto 3,36 euro 8,01 euro Macchine: tornio convertitore 5,16 euro 2,58 euro Fabbricati: appartamento per uffici Magazzino per materiale 3,10 euro Totale a pareggio 18,59 euro

L’ AZIENDA QUALE ISTITUTO ECONOMICO DURATURO IL PATRIMONIO LA GESTIONE L’ORGANIZZAZIONE

LA GESTIONE DELL’AZIENDA Le funzioni della gestione si distinguono in: funzioni operative; funzioni direzionali o di management.

FUNZIONI DELLA GESTIONE AZIENDALE Funzione tecnologica (o di produzione) Combinazione di fattori produttivi che dà vita ai prodotti finiti e alle merci Funzione commerciale Approvvigionamento di materie/merci e vendita di prodotti finiti e di merci finanziaria Reperimento delle fonti finanziarie e investimento dei fondi contabilità Rilevazione dei fatti amministrativi, calcolo dei risultati, interpretazione dei risultati sicurezza Protezione delle persone nei processi di decisione, esecuzione e controllo Funzioni operative GESTIONE Programmazione Sistema di decisioni che determina l’agire dell’azienda Controllo Confronto fra decisione e azione, rilevazione scostamenti, avvio di azioni di correzione Organizzazione Sistema dei ruoli, linee di influenza Leadership Guida delle persone nei processi di decisione, esecuzione e controllo Funzioni direzionali 15 15

L’ AZIENDA QUALE ISTITUTO ECONOMICO DURATURO IL PATRIMONIO LA GESTIONE L’ORGANIZZAZIONE

L’AZIENDA OGGI La capacità delle imprese di conseguire i propri obiettivi si può misurare fondamentalmente attraverso i seguenti parametri di prestazione: l’efficacia, l’efficienza e la produttività. L’efficacia è il rapporto tra risultati effettivi e risultati previsti; L’efficienza è il rapporto tra risultati ottenuti e risorse impiegate, da conseguire attraverso la migliore organizzazione ed un’attenta gestione; La produttività è il risultato economico dell’attività, conseguente ad una valida efficienza.

L’AZIENDA OGGI L’ambiente competitivo in cui le aziende si trovano a concorrere oggi rende rilevante anche un quarto parametro: la flessibilità. La flessibilità si riferisce al tempo necessario per effettuare un cambiamento che permetta all’azienda di rimanere competitiva: tempo necessario per passare dall’output attuale ad un nuovo output.

EFFICIENZA E PRODUTTIVITÀ Le agende efficienti e produttive rispondono al: PRINCIPIO DI ECONOMICITÀ

PRINCIPIO DI ECONOMICITÀ regola di condotta aziendale (rispetto dei valori economici e sociali); perseguimento dei fini economici; durata (durare nel tempo in un ambiente mutevole); autonomia (non si deve manifestare un sistemico ricorso a interventi di sostegno); equilibrio reddituale ( attitudine della gestione a remunerare tutti i fattori produttivi, compreso il capitale); equilibrio finanziario (equilibrio tra compenti positivi e negativi del reddito. Deve essere sempre in grado di fare fronte agli impegni di pagamento).

Come assicurare il rispetto dei principi di economicità, efficienza e di produttività? ORGANIZZAZIONE

L’AZIENDA COME ORGANIZZAZIONE L’organizzazione, intesa come l’insieme dei meccanismi di funzionamento di una struttura, è decisamente una delle risorse immateriali più importanti in una azienda L’azienda , sotto il profilo organizzativo, è infatti definibile come un insieme di risorse umane, tecniche e finanziarie coordinate ed interagenti tra loro per cogliere le opportunità del mercato e per il conseguimento del profitto Come organizzazione di individui, l’azienda si caratterizza per: Tensione (implicita nell’organizzazione del lavoro) Diversità (ognuno partecipa con un ruolo differenziato) Complessità (il lavoro è complesso)

ORGANIZZAZIONE ORGANIZZAZIONE Strumento fondamentale per Razionalizzare il comportamento dei dipendenti Adattare la condotta dei dipendenti agli obiettivi aziendali Gli obiettivi e le decisioni di ordine inferiore devono orientarsi verso gli obiettivi e le decisioni di ordine superiore . Gli obiettivi di ordine superiore devono fungere da premesse degli obiettivi di ordine inferiore. Lo strumento fondamentale – di uso universale – per adattare gli obiettivi e le decisioni di ordine inferiore agli obiettivi e le decisioni di ordine superiore è l’ autorità formale: prevista e valutata dall’ordinamento organizzativo; specificata nel manuale dell’organizzazione.

FUNZIONI DELL’ORGANIZZAZIONE Ogni organizzazione, qualunque sia il suo obiettivo, deve svolgere quattro funzioni fondamentali: Produrre un bene o erogare un servizio Distribuire e vendere il bene Finanziare l’attività Supportare le attività dell’azienda

ESISTENZA E VALORE DELL’ORGANIZZAZIONE

RAPPORTI ORGANIZZATIVI GERARCHICI Sono le relazioni che si stabiliscono in presenza di autorità gerarchiche Relazioni che si stabiliscono in presenza di autorità funzionale RAPPORTI ORGANIZZATIVI RAPPORTI FUNZIONALI Rapporti consultivi Rapporti di servizio Rapporti di controllo RAPPORTI DI ASSISTENZA Assistant - to General staff

Che cos’è un’organizzazione? L’organizzazione è uno strumento usato dalle persone per coordinare le proprie azioni al fine di ottenere qualcosa che desiderano o apprezzano – vale a dire, per raggiungere i propri obiettivi. Imprenditorialità è il processo attraverso il quale le persone individuano opportunità che consentono loro di soddisfare dei bisogni, e quindi assemblano e utilizzano risorse a tale scopo.

Come fa un’organizzazione a creare valore? La creazione di valore avviene in tre fasi: Gli input includono risorse umane, informazioni e conoscenze, materie prime e risorse finanziarie. Il modo con cui un’organizzazione sceglie e ottiene dal proprio ambiente di riferimento gli input di cui ha bisogno per produrre beni e servizi determina il valore che crea in fase di input. Il modo in cui l’organizzazione utilizza le risorse umane e la tecnologia per trasformare gli input in output determina il valore che viene creato nella fase di conversione. La quantità di valore che crea l’organizzazione è funzione della qualità delle sue competenze, inclusa la capacità di imparare dall’ambiente e di reagire all’ambiente. Il risultato del processo di conversione è un output di prodotti finiti e servizi che l’organizzazione immette nel proprio ambiente, dove vengono acquistati e usati dai clienti per soddisfare i propri bisogni.

Perché l’organizzazione crea valore? ACCRESCERE LA SPECIALIZZAZIONE E LA DIVISIONE DEL LAVORO: la natura collettiva delle organizzazioni consente agli individui di concentrarsi su un’area specifica di competenza; ciò permette loro di diventare più esperti o specializzati in ciò che fanno. USARE UNA TECNOLOGIA ADATTA ALLA MANIPOLAZIONE DI GRANDI VOLUMI: le organizzazioni sono in grado di trarre vantaggio dalle economie di scala e di portata che derivano dall’utilizzo di una moderna tecnologia automatizzata e computerizzata.

Economie di scala: risparmi che si determinano quando beni e servizi vengono prodotti in grandi volumi su linee di produzione automatizzate. Economie di raggio d’azione: risparmi che si determinano quando un’organizzazione è in grado di impiegare più efficacemente delle risorse sottoutilizzate, perché si possono ripartire su più prodotti o su più lavorazioni. ATTRAVERSO LA GESTIONE DELL’AMBIENTE ESTERNO: le pressioni dell’ambiente esterno contribuiscono a fare delle organizzazioni il modello elettivo per l’uso ottimale delle risorse produttive.

ECONOMIZZANDO SUI COSTI DI TRANSAZIONE: i costi che si accompagnano alla negoziazione, al monitoraggio e al governo degli scambi tra persone si chiamano costi di transazione interni. ATTRAVERSO LA CAPACITA’ DI ESERCITARE POTERE E CONTROLLO: le organizzazioni possono esercitare forti pressioni sugli individui affinché si adeguino agli standard operativi e di produttività, in modo da accrescere l’efficienza della produzione.

Perché esistono le organizzazioni

Teoria organizzativa, progettazione organizzativa e cambiamento organizzativo TEORIA ORGANIZZATIVA: è lo studio del modo in cui funzionano le organizzazioni e di come influenzano, e vengono influenzate da, l’ambiente in cui operano. STRUTTURA ORGANIZZATIVA: è il sistema formale di compiti e relazioni di autorità che controllano il modo in cui le persone coordinano le proprie azioni e utilizzano le risorse per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione. Le finalità principali della struttura organizzativa sono il controllo e il coordinamento. CULTURA ORGANIZZATIVA: è l’insieme di valori e norme condivisi che controllano le interazioni dei membri dell’organizzazione tra di loro con i fornitori, i clienti e altri soggetti esterni all’organizzazione.

PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA: è il processo attraverso cui i manager selezionano e gestiscono vari aspetti della struttura e della cultura, in modo che l’organizzazione possa controllare le attività e i processi necessari al raggiungimento dei suoi obiettivi. CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO: è il processo con cui le organizzazioni passano dallo stato corrente a uno stato futuro desiderato per accrescere la propria efficacia. La struttura organizzativa e la cultura organizzativa sono i mezzi principali che usano i manager per cambiare l’organizzazione in modo che possa conseguire lo stato futuro desiderato. La progettazione organizzativa e il cambiamento organizzativo sono dunque fortemente interconnessi. Il cambiamento organizzativo, pertanto, può essere inteso come il processo di riprogettazione e trasformazione dell’organizzazione.

L’importanza della progettazione organizzativa e del cambiamento La progettazione organizzativa e il cambiamento organizzativo hanno implicazioni rilevanti per la capacità di un’azienda di affrontare le contingenze, ottenere un vantaggio competitivo, gestire efficacemente l’eterogeneità, e accrescere la propria efficienza e la propria capacità di innovazione. AFFRONTARE LE CONTINGENZE: le contingenze sono eventi che potrebbero verificarsi e che bisogna pianificare. - ambiente globale - cambiamento tecnologico

OTTENERE UN VANTAGGIO COMPETITIVO: la capacità di un’azienda di fare meglio di un’altra, perché i suoi manager sono in grado di creare più valore con le risorse che hanno a disposizione. Il vantaggio competitivo deriva da: Competenze distintive: le competenze e le capacità dei manager in attività finalizzate alla creazione di valore come la produzione, la ricerca e lo sviluppo. Strategia: il modello specifico delle decisioni e delle azioni che prendono e intraprendono i manager per ottenere un vantaggio competitivo e fare meglio dei concorrenti. GESTIRE L’ETEROGENEITA’: le differenze di razza, genere e origine nazionale dei membri dell’organizzazione hanno importanti implicazioni per i valori che stanno alla base della sua cultura e per la sua efficacia operativa. PROMUOVERE EFFICIENZA, RAPIDITA’ E INNOVAZIONE: le organizzazioni esistono per produrre beni e servizi apprezzati dalla gente; meglio funzionano e più valore creano.

Le conseguenze di una cattiva progettazione organizzativa Declino dell’organizzazione Fuga dei collaboratori migliori verso nuovi incarichi in aziende forti ed in crescita Difficoltà nell’acquisizione delle risorse La crisi derivante costringe i manager ad introdurre bruschi cambiamenti nella struttura e nella cultura dell’azienda che incidono negativamente sulla strategia

Come fanno i manager a misurare l’efficacia organizzativa? I tre processi che impiegano i manager per valutare e misurare la propria efficacia e quella delle loro organizzazioni nella creazione di valore sono: CONTROLLO: approccio basato sulle risorse esterne Metodo che utilizzano i manager di valutare l’efficacia con cui l’organizzazione gestisce e controlla il proprio ambiente esterno. - Capacità di influenzare le percezioni degli stakeholder - Caso “Mattel Inc.” INNOVAZIONE: approccio basato sui sistemi interni Metodo che consente ai manager di valutare l’efficacia con cui un’organizzazione è capace di reagire prontamente alle sfide del mercato EFFICIENZA: approccio tecnico Metodo che usano i manager per valutare l’efficienza con cui un’organizzazione può convertire un determinato quantitativo di risorse e competenze in prodotti finiti e servizi - Produttività - Efficienza - Costi di coordinamento - Costi di produzione delle attività

Approcci per misurare l’efficacia organizzativa

Indice

CAPITOLO 2: Stakeholder, manager ed etica

Obiettivi di apprendimento Identificare i diversi stakeholder e i loro interessi, o le loro pretese, nei confronti di un’organizzazione Capire le alternative ed i problemi insiti nella ripartizione del valore creato da un’organizzazione Capire chi detiene il potere e la responsabilità al vertice dell’organizzazione, e distinguere tra i diversi livelli di management

Descrivere il problema di mandato che esiste in tutte le relazione di autorità e i vari meccanismi che si possono usare per controllare il comportamento manageriale antigiuridico ed antietico. Discutere il ruolo fondamentale dell’etica nel vincolare manager e lavoratori a perseguire gli obiettivi che portano all’efficacia organizzativa di lungo termine.

Stakeholder organizzativi STAKEHOLDER: sono persone che hanno un interesse, una pretesa o una partecipazione nell’organizzazione, in ciò che fa e nella qualità della sua performance INCENTIVI: ricompense come il denaro, il potere o lo status organizzativo CONTRIBUTI: le competenze, le conoscenze e l’expertise che le organizzazioni richiedono ai loro membri nell’assolvimento dei rispettivi compiti

Incentivi e contributi degli stakeholder

Stakeholder interni Gli stakeholder si dividono in due gruppi principali: stakeholder interni e stakeholder esterni. STAKEHOLDER INTERNI: sono persone molto vicine a un’organizzazione che hanno la pretesa più forte o più diretta sulle risorse di quest’ultima: azionisti, manager e forza lavoro. AZIONISTI: sono i proprietari dell’organizzazione, e in quanto tali, la loro pretesa sulle risorse dell’organizzazione viene considerata superiore alle pretese di altri stakeholder interni. Il contributo degli azionisti all’organizzazione consiste nell’investimento monetario sostenuto per l’acquisto di azioni o quote.

MANAGER: sono i dipendenti che hanno la responsabilità di coordinare le risorse organizzative e di garantire il raggiungimento degli obiettivi di un’organizzazione. I manager vengono direttamente nominati dagli azionisti tramite il consiglio di amministrazione, che gli azionisti eleggono per sovrintendere alla performance dei manager. FORZA LAVORO: è composta da tutti i dipendenti che non fanno parte del management. I componenti della forza lavoro hanno responsabilità e doveri che sono tenuti ad assolvere nel migliore dei modi.

Stakeholder esterni STAKEHOLDER ESTERNI: sono persone che non partecipano alla proprietà dell’azienda e non dipendono da essa, ma hanno un certo interesse nei suoi confronti. I clienti, i fornitori, il governo, i sindacati, le comunità locali e l’opinione pubblica sono tutti stakeholder esterni. CLIENTI: rappresentano di solito il gruppo più numeroso degli stakeholder esterni di un’azienda FORNITORI: rappresentano un altro gruppo importante di stakeholder esterni, contribuiscono all’organizzazione attraverso la fornitura di materie prime e componenti

GOVERNO E AUTORITA’: Vogliono che le imprese competano correttamente e obbediscano alla regole della libera concorrenza Vogliono che le imprese obbediscano alle regole concordate e alle leggi sulla retribuzione e sul trattamento economico del personale e su altri temi sociali ed economici. SINDACATI: le relazioni con le organizzazioni possono essere conflittuali o cooperative. La natura della relazione ha un effetto diretto sulla produttività e sull’efficacia dell’organizzazione e del sindacato. COMUNITA’ LOCALI: l’occupazione, la disponibilità di abitazioni e il benessere economico generale di una comunità dipendono fortemente dal successo o dall’insuccesso delle imprese locali. OPINIONE PUBBLICA: osserva le dinamiche competitive e lo sviluppo delle imprese con attenzione. E’ generalmente contenta quando che le aziende nazionali prevalgano sui concorrenti esteri; vuole anche che le sue aziende agiscano in modo socialmente responsabile

Efficacia organizzativa: soddisfare obiettivi e interessi degli stakeholder Un’organizzazione viene usata simultaneamente dai diversi gruppi di stakeholder per realizzare i propri obiettivi. I contributi di tutti gli stakeholder sono necessari per consentire all’organizzazione di operare con successo e di produrre beni e servizi nel rispetto della sua missione. Ogni gruppo di stakeholder è motivato a contribuire all’organizzazione dai propri obiettivi specifici, e ne valuta l’efficacia in base al grado di raggiungimento di tali obiettivi.

AZIONISTI: valutano un’organizzazione in base al ritorno che ricevono sul proprio investimento; CLIENTI: in base all’affidabilità e al valore dei suoi prodotti rispetto al prezzo pagato; MANAGEMENT E LAVORATORI: in base agli stipendi, alle stock options, alle condizioni di lavoro e alle prospettive di carriera. Un'organizzazione è viva e vitale finché la coalizione dominante di stakeholder ha il controllo su un quantitativo sufficiente di incentivi e quindi può ottenere i contributi di cui ha bisogno da altri gruppi di stakeholder.

Obiettivi in competizione tra loro Le organizzazioni esistono per soddisfare gli obiettivi degli stakeholder. Ma chi stabilisce quali obiettivi sono i più importanti? Nei paesi a economia di mercato si dà per scontato che gli azionisti siano i primi destinatari del valore che l’organizzazione crea. Tuttavia i manager potrebbero perseguire degli obiettivi che promuovono i loro interessi e non quelli degli azionisti. Gli obiettivi dei manager e degli azionisti possono essere incompatibili, ma siccome sono i manager a comandare, gli obiettivi degli azionisti non sono presumibilmente i più attivamente perseguiti.

Allocare le ricompense Un altro problema che deve affrontare un’organizzazione è come allocare i profitti che derivano dall’efficacia operativa tra i vari gruppi di stakeholder. I manager devono stabilire quali incentivi o quali ricompense dovrebbe ricevere ogni gruppo di stakeholder per soddisfarne almeno in misura minima le aspettative di ciascun gruppo. I manager devono anche determinare come distribuire ricompense “extra” L’allocazione delle ricompense, o degli incentivi, è una componente importante dell’efficacia organizzativa, perché gli incentivi offerti agli stakeholder ne determinano la motivazione per il futuro.

Top manager e autorità organizzativa Il top manager è il gruppo di stakeholder che ha la responsabilità di stabilire gli obiettivi e i traguardi dell’azienda, e di allocare le risorse organizzative per consentirne il raggiungimento. AUTORITA’: è il potere di responsabilizzare le persone sulle loro azioni e d’influenzare direttamente ciò che fanno e come lo fanno. Il gruppo di stakeholder che ha la massima autorità sull’utilizzo delle risorse aziendali è quello degli azionisti, i quali sono proprietari dell’azienda ed esercitano il controllo su di essa tramite i loro rappresentanti, i consiglieri di amministrazione.

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE: tiene sotto controllo le attività dei manager e premia i dirigenti che perseguono attività in grado di soddisfare gli obiettivi degli stakeholder. Il presidente del consiglio di amministrazione è il principale rappresentante degli azionisti, e in quanto tale detiene la massima autorità formale all’interno dell’organizzazione. Ci sono 2 categorie di consiglieri di amministrazione: consiglieri interni e consiglieri esterni. CONSIGLIERI INTERNI: hanno un ruolo nella gerarchia formale dell’azienda, sono dunque dipendenti a tempo pieno. CONSIGLIERI ESTERNI: non sono dipendenti dell’azienda; molti sono director professionali che siedono nei CDA di numerose imprese e possono assumere la qualifica di “amministratori indipendenti”.

Il corporate management è il gruppo di stakeholder interni preposto a stabilire gli obiettivi ed i traguardi dell’azienda, a decidere l’allocazione delle risorse per il conseguimento degli obiettivi, e a progettare la struttura organizzativa. CATENA DI COMANDO: è il sistema di relazioni gerarchiche di una grande azienda; GERARCHIA: è un ordinamento verticale di ruoli, basato sull’autorità relativa.

Il Chief Executive Officer (CEO) Il CEO, coincidente sostanzialmente con la figura dell’amministratore delegato, è il responsabile della strategia e della politica dell’azienda. È il personaggio più potente dell’azienda perché controlla l’allocazione delle risorse. Il CEO può influenzare l’efficacia organizzativa e il processo decisionale in 5 modi principali:

Il CEO ha il compito di fissare gli obiettivi dell’organizzazione e di definirne la struttura; Il CEO sceglie gli executive che andranno a occupare i livelli più elevati della gerarchia manageriale; Il CEO determina le ricompense e gli incentivi del top management; IL CEO controlla l’allocazione di risorse scarse come il denaro e il potere decisionale tra le aree funzionali o le divisioni dell’azienda; Le azioni e la reputazione del CEO hanno un impatto sostanziale sulla percezione dell’ organizzazione che hanno gli stakeholder interni ed esterni, e incidono sulla capacità dell’organizzazione stessa di attrarre risorse dall’ambiente.

Il team di vertice Dopo il presidente del consiglio di amministrazione e il CEO, il chief operating officer (COO) o presidente, è l’executive più importante dell’azienda. Il COO o presidente riporta direttamente al CEO, e condivide con lui la responsabilità principale della gestione aziendale. In quasi tutte le organizzazioni c’è una netta divisione dei compiti tra questi due ruoli: Il CEO cura in prima persona la relazione dell’azienda con gli stakeholder esterni e pianifica gli obiettivi strategici di lungo termine a livello generale e divisionale; Il COO gestisce le operation interne per armonizzarle con gli obiettivi strategici dell’organizzazione.

Al livello immediatamente successivo del top management troviamo i vice presidenti esecutivi. I titolari di queste posizioni hanno il compito di supervisionare e gestire le responsabilità più significative di line e di staff. RUOLO DI LINE: è quello dei manager che curano direttamente le funzioni ed i processi direttamente impegnati nella generazione del valore per i clienti. RUOLO DI STAFF: è quello dei manager che dirigono funzioni di supporto come la gestione del personale o l’amministrazione.

Il CEO, il COO e i vice presidenti esecutivi stanno al vertice della catena di comando di un’organizzazione. I manager che ricoprono queste posizioni formano il team di vertice dell’azienda, il gruppo di manager che riportano al CEO e al COO e aiutano il CEO a definire la strategia dell’azienda e a fissarne gli obiettivi e i traguardi di lungo termine. Tutti i componenti del team di vertice sono corporate manager, la cui responsabilità è fissare la startegia per l’azienda nella sua totalità.

Altri manager MANAGER DIVISIONALI: manager che stabiliscono la politica solo per la divisione che dirigono MANAGER FUNZIONALI: manager che hanno la responsabilità di sviluppare le competenze e le capacità funzionali che formano nel loro insieme le competenze distintive su cui l’organizzazione fonda il proprio vantaggio competitivo.

La gerarchia del top management

La teoria dell’agenzia La teoria dell’agenzia facilita la comprensione della complessa relazione di autorità che lega il top management al consiglio di amministrazione. Un rapporto di “agenzia”o di mandato si crea tutte le volte che una persona (il mandante) delega l’autorità decisionale o il controllo sulle risorse a un’altra persona (il mandatario). Gli azionisti sono i mandanti e nella teoria dell’agenzia sono definiti “principals”; i componenti del top management sono i mandatari definiti “agents”, nominati dagli azionisti per utilizzare le risorse organizzative nel modo più efficace.

L’azionista che compra i titoli sul mercato molto spesso non conosce approfonditamente un determinato settore per questo gli azionisti nominano degli esperti del settore e della gestione, i manager, perché facciano questo lavoro nel loro interesse. Tuttavia quando si delega l’autorità ai manager insorge un problema di agenzia che ha per oggetto la determinazione dei confini dell’autorità e del potere dei manager. Gli azionisti hanno uno svantaggio informativo rispetto ai top manager Può esserci una divergenza di obiettivi e di interessi tra i manager e gli azionisti

Il problema “dell’azzardo morale” o del rischio etico Due condizioni causano il problema dell’azzardo morale. Il principale trova molto difficile valutare la performance dell’agente perché quest’ultimo possiede un vantaggio informativo. L’agente ha interesse a perseguire obiettivi e traguardi diversi da quelli del principale.

Risolvere il problema dell’agenzia UTILIZZO DEI MECCANISMI DI GOVERNANCE: forme di controllo che armonizzano gli interessi del mandante e del mandatario, in modo che entrambe abbiano l’incentivo a lavorare insieme per massimizzare l’efficacia organizzativa. TROVARE IL GIUSTO MIX DI INCENTIVI PER ALLINEARE GLI INTERESSI DEI MANAGER E DEGLI AZIONISTI - SCHEMI RETRIBUTIVI BASATI SULLE AZIONI: ricompense monetarie sotto forma di azioni o stock option, legate alla performance dell’azienda. COMPETIZIONI INTERNE ED ITER DI CARRIERA: consentono ai manager di salire progressivamente al vertice dell’organizzazione.

Top Manager ed etica organizzativa DILEMMA MORALE: è la situazione in cui si trovano le persone quando devono decidere se agire in un modo che potrebbe giovare a un’altra persona o a un altro gruppo, anche a costo di andare contro il proprio interesse. Le persone sanno di essere di fronte ad un dilemma morale quando entrano in gioco scrupoli che li inducono a esitare, a dubitare e a riflettere sulla correttezza di un’azione. Gli scrupoli sono pensieri e sentimenti che dicono a una persona cosa è giusto o sbagliato; fanno parte della sua etica. ETICA: è costituita dai principi morali o convenzioni su ciò che è giusto o sbagliato. Il problema fondamentale è che non esistono regole o principi di carattere assoluto che determinano se una azione è etica o antietica

Etica e diritto La società usando la politica e il diritto, può promuovere leggi che specifichino esattamente che cosa possono e non possono fare le persone e le organizzazioni. Le leggi specificano anche le sanzioni previste in caso di violazione delle norme. Né la legge, né l’etica sono principi fissi costanti nel tempo. Le regole etiche e le regole legali sono relative: non esistono standard assoluti o invariabili per stabilire come ci dovremmo comportare, e le persone sono costantemente alle prese con dilemmi morali.

Etica e stakeholder organizzativi Nel dirigere l’attività di un’azienda nelle interazioni con gli stakeholder esterni e interni, i top manager fanno continuamente scelte sul modo giusto o appropriato di rapportarsi con essi. Essi, devono decidere come ripartire tra i gruppi di stakeholder i “benefici e malefici” che derivano dalle azioni dell’organizzazione. Molti esperti di etica propongono un metodo pratico per stabilire se una decisione o un comportamento è etica/o.

Una decisione è accettabile dal punto di vista etico se un manager può rispondere affermativamente a una di queste domande: La mia decisione rientra nei valori o negli standard accettati che si applicano normalmente nell’ambiente organizzativo? Sono disposto ad accettare che la decisione venga comunicata a tutti gli stakeholder coinvolti? Le persone con cui ho una relazione personale significativa, come i familiari, gli amici o i manager di altre organizzazioni, approverebbero la decisione?

Una decisione etica è una decisione che degli stakeholder ragionevoli troverebbero accettabile perché giova ad essi, all’organizzazione o alla società. Una decisione antietica è una decisione che il manager preferirebbe tenere nascosta, perché consente all’azienda o a un determinato individuo di ottenere dei benefici a scapito della società o di altri stakeholder.

Fonti dell’etica organizzativa Le tre fonti principali dei valori morali che influenzano l’etica organizzativa sono: ETICA SOCIALE: codificata nel sistema legale di una società, nei sui costumi e nelle sue prassi, nelle norme non scritte e nei valori che le persone usano per interagire tra di loro. ETICA PROFESSIONALE: l’insieme delle regole morali e dei valori che un gruppo di persone utilizza per controllare il proprio modo di lavorare o di utilizzare le risorse. ETICA INDIVIDUALE: l’insieme degli standard personali e morali usati dagli individui per strutturare le loro interazioni con altri soggetti.

Perché si sviluppano le regole etiche? Le leggi e le regole etiche nascono proprio per controllare il comportamento egoistico degli individui e delle organizzazioni che minaccia gli interessi collettivi della società. Le regole etiche riducono i costi di transazione tra le persone, ossia i costi di monitoraggio, negoziazione e applicazione degli accordi. L’effetto reputazione contribuisce a spiegare perché anche i manager e i lavoratori tendono a seguire delle regole etiche. Concorre a ridurre i costi di transazione: che sono più alti per organizzazioni antietiche che sono più bassi per organizzazioni con una buona reputazione

Perché si determina il comportamento antietico? ETICA PERSONALE: etica che deriva da varie fonti come la famiglia, l’educazione e la formazione professionale. INTERESSE EGOISTICO: di solito affrontiamo dei problemi etici quando dobbiamo confrontare i nostri interessi personali con gli effetti delle nostre azioni sugli altri. PRESSIONE ESTERNA: pressioni derivanti dal sistema di ricompense, dal settore e da altre forze.

Creare un’organizzazione etica Una organizzazione è etica se le persone che vi operano sono etiche. Essa può indurre i suoi membri ad agire eticamente introducendo degli incentivi al comportamento etico e dei disincentivi per punire coloro che non vi si conformano. I manager possono essere una guida fissando esempi di etica organizzativa. I manager dovrebbero comunicare i valori a tutti gli stakeholder interni ed esterni.

Progettare una struttura etica e un sistema di controllo etico I manager possono progettare una struttura organizzativa che riduce gli incentivi al comportamento antietico. Incoraggiare la pubblica denuncia, che si verifica quando un dipendente rivela a una persona o a un’entità esterna, il comportamento illegale di un’organizzazione. Adottare delle procedure che consentono ai dipendenti di manifestare al vertice le loro preoccupazioni per il comportamento antietico dell’organizzazione. Creare la posizione di responsabile dell’etica e costruire dei comitati etici.

Creare una cultura etica I valori, le regole e le norme che definiscono la posizione etica di una organizzazione fanno parte della sua cultura Il comportamento dei top manager influenza fortemente la cultura organizzativa La creazione di una cultura aziendale improntata all’etica richiede un forte impegno a tutti i livelli dell’organizzazione

Promuovere gli interessi di gruppi di stakeholder Cercare modi per soddisfare i bisogni dei vari stakeholder Le pressioni provenienti da stakeholder esterni possono promuovere un comportamento organizzativo etico Il governo e le sue agenzie, i comitati, gli enti regolatori di settore e i gruppi di difesa dei consumatori contribuiscono a fissare le regole etiche che l’organizzazione dovrebbe perseguire nell’attività produttiva e commerciale.

Organizzare in un ambiente globale in cambiamento CAPITOLO 3 Organizzare in un ambiente globale in cambiamento

Obiettivi di apprendimento Elencare le forze operanti nell’ambiente generale, e nell’ambiente specifico di un’azienda, che danno origine a minacce e opportunità. Capire perché c’è incertezza nell’ambiente. Spiegare come e perché un’organizzazione cerca di adattarsi a queste forze e di metterle sotto controllo per ridurre l’incertezza

Capire la teoria della dipendenza dalle risorse e i costi di transazione come fattori esplicativi della scelta, da parte delle imprese, di diversi tipi di strategie interorganizzative finalizzate a procurarsi le risorse di cui hanno bisogno per raggiungere i loro obiettivi e creare valore per gli stakeholder.

Che cos’è l’ambiente organizzativo? AMBIENTE: l’insieme delle forze che circondano un’organizzazione e possono incidere sul suo modo di operare e sul suo accesso alle risorse scarse. Le risorse scarse includono le materie prime e i lavoratori qualificati di cui ha bisogno un’organizzazione per produrre beni e servizi; le informazioni che le occorrono per migliorare la tecnologia o decidere la strategia competitiva; l’appoggio degli stakeholder esterni, le banche e le istituzioni finanziarie che forniscono il capitale di funzionamento.

AMBITO ORGANIZZATIVO: l’insieme specifico di beni e servizi prodotti dall’azienda, e i clienti e gli altri stakeholder che serve. L’organizzazione decide il proprio ambito organizzativo decidendo come gestire le forze che operano nel suo ambiente per massimizzare la propria capacità di procurarsi le risorse necessarie.

L’ambiente organizzativo

L’ambiente specifico È costituito da gruppi di stakeholder esterni che incidono direttamente sulla capacità di un’organizzazione di procurarsi le risorse. I clienti, i distributori, i sindacati, i concorrenti, i fornitori e il governo sono tutti importanti stakeholder esterni che possono influenzare le organizzazioni e spingerle ad agire in determinati modi.

L’organizzazione deve effettuare delle transazioni, ossia degli scambi di risorse, con ognuna delle forze che sono presenti nel suo ambiente specifico se vuole ottenere le risorse che occorrono per sopravvivere e per proteggere e rafforzare il suo ambito organizzativo.

L’ambiente generale È composto dalle forze che influenzano l’ambiente specifico e incidono sulla capacità di tutte le organizzazioni operanti in un determinato ambiente di ottenere risorse. FORZE ECONOMICHE: fattori, come tassi di interesse, lo stato dell’economia ed il tasso di disoccupazione che determinano il livello di domanda dei prodotti ed il prezzo dei fattori produttivi; FORZE TECNOLOGICHE: come lo sviluppo di nuove tecniche di produzione e di nuove apparecchiature per la processazione delle informazioni che influenzano molti aspetti della operatività aziendale;

FORZE POLITICHE E AMBIENTALI: influenzano la politica del governo nei confronti delle imprese e dei loro stakeholder; FORZE DEMOGRAFICHE, CULTURALI E SOCIALI: come l’ età, il livello di istruzione, lo stile di vita, le norme, i valori ed i costumi di un popolo influenzano i clienti, i manager ed i dipendenti di un’organizzazione;

Fonti di incertezza nell’ambiente organizzativo L’organizzazione deve avere un flusso continuo e abbondante di risorse per poter gestire agevolmente il proprio ambito organizzativo e soddisfare gli stakeholder. Una maggiore incertezza rende più difficile per i manager controllare il flusso delle risorse di cui hanno bisogno per proteggere e allargare il proprio ambito organizzativo.

COMPLESSITA’ AMBIENTALE: è funzione della consistenza, del numero e dell’interconnessione delle forze generali che deve gestire un’organizzazione. La complessità può aumentare grandemente quando le forze specifiche e generali che operano nell’ambiente diventano interconnesse, cioè quando cominciano a interagire con modalità che rendono imprevedibili gli effetti sull’organizzazione.

DINAMISMO AMBIENTALE: è funzione di quanto, e quanto rapidamente, le forze operanti nell’ambiente specifico e nell’ambiente generale si modificano, e quindi accrescono l’incertezza che deve affrontare un’organizzazione. Un ambiente è stabile se le forze incidono sulla fornitura delle risorse in maniera prevedibile; Un ambiente è instabile e dinamico se un’organizzazione non è in grado di prevedere come si modificheranno le forze nel tempo.

Gli ambienti possono essere poveri per due ragioni: MUNIFICENZA AMBIENTALE: è funzione della quantità di risorse disponibili a supporto dell’ambito organizzativo di un’azienda. Gli ambienti possono essere poveri per due ragioni: L’organizzazione ha sede in un paese povero o in una regione povera; C’è un alto livello di competizione e le organizzazioni competono sulle risorse disponibili.

Analizzare l’ambiente 1. I manager di tutti i livelli e di tutte le funzioni dovrebbero analizzare periodicamente l’ambiente organizzativo e identificare eventuali fonti di incertezza; 2. I manager dovrebbero mappare le forze che operano nell’ambiente specifico e nell’ambiente generale dell’azienda rilevando: il numero delle forze che incideranno sull’organizzazione; la struttura delle interconnessioni o dei collegamenti tra queste forze; la rapidità con cui si modificano; l’entità e la natura della concorrenza, che incide sulla ricchezza o sulla povertà dell’ambiente. 3. I manager dovrebbero pianificare la gestione delle contingenze.

Teoria della dipendenza dalle risorse Una teoria in base alla quale l’obiettivo di un’organizzazione è minimizzare la dipendenza da altre organizzazioni per l’acquisizione delle risorse scarse che esistono nel suo ambiente, e trovare il modo di influenzarle per renderle disponibili.

Un’organizzazione deve gestire simultaneamente due aspetti della dipendenza dalle risorse: Deve esercitare un’influenza su altre organizzazioni per potersi procurare le risorse; Deve rispondere ai bisogni e alle esigenze delle altre organizzazioni che operano nel suo ambiente.

Strategie interogranizzative per gestire la dipendenza dalle risorse Per ridurre l’incertezza un’organizzazione deve sviluppare strategie interorganizzative che le consentano di gestire le interdipendenze delle risorse nell’ambiente specifico e nell’ambiente generale. Nell’ambiente specifico, vi sono due forme principali di interdipendenze che creano incertezza: le interdipendenze simbiotiche e le interdipendenze competitive.

INTERDIPENDENZE SIMBIOTICHE: esistono generalmente tra un’organizzazione e i suoi fornitori e distributori. INTERDIPENDENZE COMPETITIVE: esistono tra organizzazioni che competono su input e output scarsi. In linea generale, un’organizzazione tende a scegliere la strategia interorganizzativa che offre la massima riduzione dell’incertezza a fronte della minima perdita di controllo.

Strategie per gestire le interdipendenze simbiotiche sulle risorse

Per gestire le interdipendenze simbiotiche, le organizzazioni hanno a disposizione una varietà di strategie tra cui scegliere. CREARSI UNA BUONA REPUTAZIONE: cioè la situazione in cui un’organizzazione gode del rispetto e della fiducia di altri soggetti grazie al suo modo di operare. La reputazione e la fiducia sono probabilmente i meccanismi di coordinamento più comunemente usati per gestire le interdipendenze simbiotiche. COOPTAZIONE: è una strategia che gestisce le interdipendenze simbiotiche neutralizzando le fonti di problemi e minacce che operano nell’ambiente specifico.

Un’organizzazione che vuole portare gli oppositori dalla sua parte concede loro una partecipazione o un’opzione su ciò che fa e cerca di assecondarne gli interessi. Un modo comune di cooptare i clienti, i fornitori o altri importanti stakeholder esterni è portarli “all’interno” dell’organizzazione, trasformandoli di fatto in stakeholder interni. Se un gruppo di stakeholder non apprezza un certo modo di operare, l’organizzazione lo coopta coinvolgendolo nel processo di cambiamento.

Gli stakeholder interni si possono portare “all’interno” attraverso: metodi di corruzione; “intrecci” tra i consigli di amministrazione (interlocking directorate). Un legame tra aziende del tipo “directorate interlock” si determina quando un consigliere di amministrazione di un’azienda siede nel consiglio di amministrazione di un’altra azienda.

ALLEANZE STRATEGICHE: stanno diventando un meccanismo sempre più comune per gestire le interdipendenze simbiotiche (e competitive) tra aziende di uno stesso paese o di paesi diversi. - L’alleanza strategica è un accordo che impegna due o più aziende a condividere le risorse per sviluppare nuove opportunità di business in comune. - Più formale è un accordo, più forti e prescrittivi sono i collegamenti e più rigido è il controllo sull’attività esercitata in comune. In genere, all’aumentare delle incertezza, le organizzazioni scelgono un’alleanza più formale per proteggere l’accesso alle risorse.

CONTRATTI DI LUNGO TERMINE: sono la tipologia meno formale di alleanza, perché non vi sono legami proprietari, scambi di azioni o società terze detenute congiuntamente tra le organizzazioni. I contratti possono essere: verbali o scritti, informali, espliciti o inpliciti. NETWORK: è un’insieme di organizzazioni le cui azioni sono coordinate da contratti e accordi di collaborazione, anziché da una gerarchia formale di autorità. - I membri di un network lavorano per supportare e integrare le rispettive autorità, spesso gli accordi sono costruiti su meccanismi sociali e sulla fiducia.

Le aziende giapponesi impiegano due forme principali di keiretsu: PARTECIPAZIONE DI MINORANZA: rende le organizzazioni estremamente interdipendenti, e l’interdipendenza produce forti vincoli cooperativi. Il sistema giapponese del keiretsu illustra bene il funzionamento dei network basati sulla partecipazione di minoranza. Il keiretsu è un gruppo di organizzazioni, ognuna delle quali partecipa al capitale delle altre, che perseguono tutte assieme gli interessi del gruppo. Le aziende giapponesi impiegano due forme principali di keiretsu: Keiretsu di capitale: vengono usati per gestire i collegamenti all’interno delle fiere industriali e distributive Keiretsu finanziari: vengono usati per gestire i collegamenti di partecipazione tra una pluralità di aziende, spesso molto diverse per settori di appartenenza.

Il Fuyo Keiretsu

JOINT VENTURE: è un’alleanza strategica tra due o più istituzioni che costituiscono una nuova impresa e ne condividono la proprietà. Le joint venture sono le alleanze strategiche più formali, perché i partecipanti sono vincolati da un accordo scritto che ne specifica i diritti e i doveri. FUSIONI E ACQUISIZIONI: lo scambio di risorse avviene all’interno di un’organizzazione anziché tra organizzazioni, e la nuova entità non può essere tenuta in ostaggio da un fornitore strategico o da un cliente strategico. - Un’azienda che ne acquisisce un’altra sostiene moralmente grosse spese e deve affrontare la gestione del nuovo business.

I diversi tipi di alleanza strategica

Strategie per gestire le interdipendenze competitive sulle risorse Le imprese non amano la competizione. La competizione minaccia l’accesso alle risorse scarse e accresce l’incertezza dell’ambiente specifico. Più alto è il livello di competizione, più è probabile che alcune aziende di un determinato settore vadano in fallimento. Le aziende usano tutta una serie di tecniche per manipolare l’ambiente allo scopo di ridurre l’incertezza delle loro attività competitive interdipendenti.

COLLUSIONE E CARTELLI: accrescono la stabilità e la ricchezza dell’ambiente in cui opera un’organizzazione e riducono la complessità delle relazioni tra i concorrenti. COLLUSIONE: è un accordo segreto tra concorrenti per condividere informazioni a scopo ingannevole o illecito. CARTELLO: è un associazione di imprese che concordano esplicitamente di coordinare le proprie attività. MECCANISMI DI COLLEGAMENTO TRAMITE UN SOGGETTO TERZO: un ente regolatore che consente alle aziende di scambiarsi informazioni e di regolamentare la competizione. ALLEANZE STRATEGICHE: si possono usare per gestire non soltanto le interdipendenze simbiotiche, ma anche le interdipendenze competitive.

FUSIONI E ACQUISIZIONI: l’arma più potente a disposizione di un’impresa per gestire le interdipendenze problematiche competitive (e simbiotiche) è fondersi con, o acquisire, un’impresa concorrente. Le fusioni e le acquisizioni possono migliorare la posizione competitiva di un’azienda consentendole di consolidare e di ampliare il proprio ambito organizzativo e di produrre una gamma più ampia di articoli per servire meglio un maggior numero di clienti.

Strategie per gestire le interdipendenze competitive sulle risorse

Teoria dei costi di transazione COSTI DI TRANSAZIONE: i costi di negoziazione, monitoraggio e governo degli scambi tra le persone. TEORIA DEI COSTI DI TRANSAZIONE: teoria secondo la quale l’obiettivo di un’organizzazione è minimizzare i costi di scambio delle risorse all’interno dell’ambiente e i costi di gestione degli scambi all’interno dell’organizzazione stessa. I costi di transazione associati al governo degli scambi tra le organizzazioni si manifestano in due modalità distinte: 1. Costi di transazione ex ante: Costi di ricerca delle controparti disponibili allo scambio; Costi di selezione delle controparti; Costi di negoziazione;

2. Costi di transazione ex post: Costi di controllo nel rispetto degli impegni assunti; Costi di tutela dai comportamenti opportunistici; Costi di trasferimento del know-how e di apprendimento; Costi di adattamento/ri-scrittura dei contratti per adattarli alle contingenze che si possono presentare nel tempo.

Fonti dei costi di transazione I costi di transazione derivano da una combinazione di fattori umani e ambientali: INCERTEZZA E RAZIONALITA’ LIMITATA: si riferisce alla capacità limitata delle persone di processare le informazioni e di capire l’ambiente che le circonda. OPPORTUNISMO E PICCOLI NUMERI: tentativo di sfruttare altre forze o altri stakeholder presenti nell’ambiente. RISCHIO E ASSET SPECIFICI: sono investimenti in competenze, macchinari, conoscenze e informazioni che creano valore in una determinata relazione di scambio, ma non hanno valore in nessun altra relazione di scambio.

Fonti dei costi di transazione

Costi di transazione e meccanismi di collegamento I costi di transazione sono bassi quando: Le organizzazioni si scambiano beni e servizi non specifici; L’incertezza è bassa; Ci sono tanti possibili partner di scambio. In un ambiente caratterizzato da bassi costi di transazione, le organizzazioni possono usare meccanismi di collegamento relativamente informali, come la reputazione e i contratti verbali.

I costi di transazione sono alti quando: Le organizzazioni cominciano a scambiarsi beni e servizi più specifici; L’incertezza aumenta; Il numero dei possibili partner di scambio diminuisce. L’organizzazione comincerà a pensare di non potersi fidare delle controparti, e comincerà a monitorare gli scambi e usare collegamenti più formali, come i contratti di lungo termine, per governarli.

COSTI BUROCRATICI: i costi di transazione interni si chiamano costi burocratici per distinguerli dai costi di transazione degli scambi che avvengono tra organizzazioni operanti nello stesso ambiente. - Portando le transazioni all’interno dell’organizzazione si minimizzano, ma non si eliminano, i relativi costi di gestione.

Usare la teoria dei costi di transazione per scegliere una strategia interorganizzativa La teoria dei costi di transazione può aiutare i manager a scegliere una strategia di interorganizzativa mettendoli in condizione di raffrontare i risparmi sui costi di transazione ottenuti con un determinato meccanismo di collegamento e i costi burocratici di utilizzo del meccanismo di collegamento.

I manager preposti a decidere quale strategia perseguire devono intraprendere le seguenti azioni: Identificare le fonti dei costi di transazione che potrebbero incidere su una relazione di scambio e stabilire quanto questi saranno alti; Stimare i risparmi sui costi di transazione che si possono ottenere con l’utilizzo dei diversi meccanismi di collegamento; Stimare i costi burocratici legati all’utilizzo del meccanismo di collegamento; Scegliere il meccanismo di collegamento che produce i massimi risparmi sui costi di transazione a fronte del minimo costo burocratico.

Keiretsu Il sistema giapponese keiretsu si può considerare come un mezzo per ottenere i benefici di un meccanismo formale di collegamento senza sostenerne i costi. Esempio: la Toyota ha una partecipazione minoritaria al capitale dei fornitori Permette un controllo sostanziale sulla relazione di scambio; Evita problemi di opportunismo e incertezza con i suoi fornitori.

Franchising Il franchisee è un imprenditore che viene autorizzato a vendere i prodotti di un’azienda in una determinata zona. Il franchiser vende il diritto di utilizzare le sue risorse (per esempio,il nome o un sistema operativo) a una persona o una società (il franchisee) in cambio di una quota fissa o di una percentuale sui profitti.

Outsourcing È il trasferimento di un’attività interna di creazione del valore all’esterno, dove viene svolta da un’altra azienda. La decisione viene presa attraverso la comparazione dei costi burocratici derivanti dallo svolgimento delle attività contro i benefici derivanti dalla sua esternalizzazione. Le aziende si rivolgono sempre più frequentemente a imprese specializzate per la processazione delle informazioni. , dove

Problemi fondamentali di progettazione organizzativa CAPITOLO 4 Problemi fondamentali di progettazione organizzativa

Obiettivi di apprendimento Descrivere i quattro problemi principali di progettazione organizzativa che si propongono ai manager e ai consulenti; Spiegare come si affrontano simultaneamente questi problemi se si vuole affrontare una struttura organizzativa a elevate performance; Distinguere tra le scelte di progettazione che stanno dietro la creazione di una struttura meccanicistica o di una struttura organica; Usare la teoria della contingenza per progettare una struttura in linea con l’ambiente di riferimento dell’organizzazione.

Differenziazione È il processo mediante il quale un’organizzazione alloca le persone e le risorse ai diversi compiti e definisce le relazioni operative e di autorità che le consentono di raggiungere i suoi obiettivi. È il processo di determinazione che e controllo della divisione del lavoro, o del grado di specializzazione all’interno dell’organizzazione.

In un’organizzazione semplice, la differenziazione è bassa perché la divisione del lavoro è bassa: tutti fanno un po’ di tutto, per cui non c’è il problema di stabilire chi fa che cosa, per chi, e quando. In un’organizzazione complessa, sia la differenziazione che la divisione del lavoro sono alte.

Il caso B.A.R. and Grille Restaurant Illustra i problemi e le sfide a cui deve rispondere la progettazione organizzativa. Con la crescita del business, i suoi proprietari hanno dovuto trovare nuove soluzioni per controllare le attività necessarie al raggiungimento dell’obiettivo di fornire ai clienti un’esperienza soddisfacente di ristorazione.

Il problema principale di progettazione che si poneva ai proprietari del B.A.R. and Grille era gestire la sempre maggiore complessità delle attività. All’inizio Bob e Amanda svolgevano direttamente tutti i compiti più importanti, e la divisione del lavoro era bassa. Con la crescita del business, hanno dovuto aumentare la divisione del lavoro e stabilire chi avrebbe fatto cosa; differenziando così l’organizzazione e allocando persone e risorse ai diversi compiti.

Problema di progettazione

Ruoli organizzativi È l’insieme dei comportamenti connessi ai compiti operativi richiesti ad una persona dalla posizione che occupa in una organizzazione. All’aumentare del grado di divisione del lavoro, i manager si specializzano in alcuni ruoli e assumono dei collaboratori che dovranno specializzarsi in altri ruoli. La specializzazione consente alle persone di sviluppare abilità e conoscenze individuali, che sono la vera fonte delle competenze distintive di un’organizzazione. La struttura organizzativa si basa su un sistema di ruoli interconnessi, e la relazione tra un ruolo e l’altro è definita dai comportamenti operativi.

AUTORITA’: è il potere di responsabilizzare le persone sulle loro azioni e di prendere decisioni su come investire e utilizzare le risorse dell’organizzazione. CONTROLLO: è la possibilità di coordinare e motivare le persone affinché lavorino nell’interesse dell’organizzazione.

Sotto-unità organizzative: funzioni e divisioni In quasi tutte le organizzazioni, i dipendenti che hanno ruoli simili e interconnessi vengono raggruppati in una sotto-unità. FUNZIONE: è una sotto unità composta da un gruppo di persone, messe a lavorare insieme, che possiedono competenze simili o usano lo stesso tipo di conoscenze, strumenti o tecniche per fare il loro lavoro. DIVISIONE: è una sotto unità composta da un insieme di funzioni o dipartimenti che condividono la responsabilità di produrre un determinato bene o servizio.

COMPLESSITA’ ORGANIZZATIVA: il numero delle funzioni e delle divisioni che possiede un’organizzazione, è indicatore della sua complessità – del suo grado di differenziazione. La differenziazione in funzioni e divisioni accresce il controllo di un’organizzazione sulle proprie attività e le consente di svolgere più efficacemente i suoi compiti.

Man mano che crescono, le organizzazioni si differenziano in 5 tipi di funzioni: FUNZIONI DI SUPPORTO: facilitano all’organizzazione il controllo delle relazioni con l’ambiente e gli stakeholder. Esse includono: gli acquisti, per l’acquisizione degli input, le vendite e il marketing, per la promozione commerciale degli output, e le pubbliche relazioni e gli affari legali, per rispondere ai bisogni degli stakeholder esterni. FUNZIONI DI PRODUZIONE: gestiscono e migliorano l’efficienza dei processi di conversione di un’organizzazione, in modo da creare più valore. Esse includono: le operations di produzione, il controllo di produzione e il controllo di qualità.

FUNZIONI DI MANUTENZIONE: consentono a un’organizzazione di tenere in operatività i suoi reparti. Esse includono: il personale, preposto ad assumere e addestrare i lavoratori, migliorando così lo stock di competenze; l’engineering, che ripara le macchine fuori uso; e i servizi di custodia, che curano l’igiene e la sicurezza dell’ambiente. FUNZIONI ADATTATIVE: consentono a un’organizzazione di adattarsi ai cambiamenti che intervengono nel suo ambiente. Esse includono: la Ricerca e Sviluppo, le ricerche di mercato e la pianificazione di lungo termine, che permettono all’organizzazione di apprendere dall’ambiente e tentare di gestirlo.

FUNZIONI MANAGERIALI: facilitano il controllo e il coordinamento delle attività all’interno dei reparti e tra i reparti. Manager di diversi livelli organizzativi dirigono l’acquisizione di risorse, l’investimento in risorse, e il controllo delle risorse per migliorar la capacità dell’impresa di creare valore.

Blocchi fondativi

Organigramma di B.A.R and Grille L’organigramma è uno schema grafico che mostra il risultato finale della differenziazione organizzativa. Ogni box rappresenta un ruolo o una funzione. Ogni ruolo ha una funzione verticale e una dimensione orizzontale. L’organigramma differenzia verticalmente i ruoli organizzativi in base all’autorità che si accompagna a ciascuno di essi. La classificazione delle persone in base alla posizione, all’autorità relativa e allo status si definisce gerarchia.

Organigramma di B.A.R and Grille

Differenziazione verticale e orizzontale DIFFERENZIAZIONE VERTICALE: fa riferimento al modo in cui un’organizzazione progetta la propria gerarchia di autorità e crea relazioni di riporto per collegare ruoli organizzativi e sotto-unità. L’organigramma differenzia orizzontalmente in base alle principali responsabilità operative. DIFFERENZIAZIONE ORIZZONTALE: modo in cui un’organizzazione raggruppa i compiti in ruoli, e i ruoli in sotto-unità (funzioni e divisioni). Essa crea la divisione del lavoro che consente ai componenti di un’organizzazione di diventare più specializzati e produttivi, e ne accresce la capacità di creare valore.

Problemi di progettazione organizzativa

Equilibrare differenziazione e integrazione La differenziazione orizzontale dovrebbe consentire alle persone di specializzarsi, e quindi di diventare più produttive. La specializzazione spesso limita la comunicazione tra sotto-unità e impedisce loro di apprendere l’una dall’altra. I comportamenti delle diverse funzioni o divisioni sviluppano un orientamento sub-unitario, ossia la tendenza a vedere il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione solo in base ai vincoli temporali, agli obiettivi e agli orientamenti interpersonali della propria sotto-unità.

Integrazione e meccanismi integrativi INTEGRAZIONE: è il processo di coordinamento di vari compiti, funzioni e divisioni in modo che operino sinergicamente. GERARCHIA DI AUTORITA’: è la tecnica di integrazione più semplice, che differenzia le persone in base al grado di autorità di cui dispongono. Poiché stabilisce chi riporta a chi, la gerarchia coordina i vari ruoli in seno all’organizzazione. CONTATTO DIRETTO: i manager si incontrano faccia a faccia per coordinare le attività. Il problema principale dell’integrazione interfunzionale è che il manager di una funzione non ha nessuna autorità su un manager di un’altra funzione.

RUOLI DI COLLEGAMENTO: spesso a causa di un ambiente in rapido cambiamento, uno o più membri di ciascuna sotto-unità si assumono la responsabilità di collaborare al coordinamento delle attività sub-unitarie. TASK FORCE: un comitato temporaneo costituito per affrontare un problema specifico. I componenti della task force si incaricano poi di riferire la soluzione alle rispettive funzioni per averne l’input e l’approvazione. TEAM: è un comitato o una task force di carattere permanente per affrontare problemi continuativi di carattere strategico o amministrativo.

RUOLI DI INTEGRAZIONE: è una posizione manageriale full time istituita appositamente per migliorare la comunicazione tra divisioni. REPARTI DI INTEGRAZIONE: un nuovo reparto istituito per coordinare le attività di funzioni o divisioni. L’azienda, quando ha tanti collaboratori in ruoli di integrazione, crea un reparto di integrazione che coordina le attività di tutte le sotto-unità.

Tipi ed esempi di meccanismi di integrazione

Meccanismi di integrazione

Meccanismi di integrazione

Meccanismi di integrazione

Differenziazione versus integrazione I manager che hanno il compito di stabilire come e quanto differenziare e integrare devono fare due cose: Guidare con la massima cura il processo di differenziazione, in modo che l’organizzazione costruisca le competenze distintive che le conferiranno un vantaggio competitivo; Integrare al meglio l’organizzazione scegliendo meccanismi di coordinamento appropriati che consentano alle sotto-unità di cooperare e lavorare insieme per rafforzare le competenze distintive.

Equilibrare accentramento e decentramento ORGANIZZAZIONE ACCENTRATA: contesto organizzativo in cui il potere di prendere decisioni importanti è appannaggio esclusivo dei manager al vertice della gerarchia. Consente ai top manager di coordinare le attività e di tenere l’azienda concentrata sui suoi obiettivi. ORGANIZZAZIONE DECENTRATA: contesto organizzativo in cui il potere di prendere decisioni importanti sulle risorse dell’organizzazione e avviare nuovi progetti viene delegato ai manager di tutti i livelli della gerarchia. Promuove flessibilità e reattività.

La situazione ideale è un giusto equilibrio tra accentramento e decentramento, in modo che i manager di livello intermedio e inferiore, che operano in prima linea, possano prendere decisioni importanti, mentre la responsabilità primaria del top management è gestire la strategia di lungo termine. Il risultato è un equilibrio soddisfacente tra sviluppo della strategia di lungo termine e flessibilità/innovazione di breve termine.

Equilibrare standardizzazione e aggiustamento reciproco STANDARDIZZAZIONE: è la conformità a modelli o esempi specifici – definiti da insiemi di regole e norme – che si considerano corretti in una determinata situazione. AGGIUSTAMENTO RECIPROCO: è il processo tramite il quale le persone usano il giudizio soggettivo e interagiscono per orientare il processo decisionale e risolvere i problemi anziché impiegare schemi predefiniti – le regole di standardizzazione.

Formalizzazione: regole scritte La formalizzazione è l’uso di regole e procedure scritte per standardizzare le operazioni. Le procedure specificano come le persone devono esercitare il proprio ruolo, predefiniscono i comportamenti e le azioni in presenza di specifiche contingenze o situaizoni, pianificando ex-ante le decisioni attraverso schemi “if-then”- se, allora.

Un elevato livello di formalizzazione implica tipicamente l’accentramento del potere decisionale. All’opposto, un basso livello di formalizzazione implica che il coordinamento sia il prodotto dell’aggiustamento reciproco tra i componenti delle diverse funzioni e che il processo decisionale sia un processo dinamico in cui i dipendenti applicano le loro competenze e le loro abilità per rispondere al cambiamento e risolvere i problemi.

Socializzazione: norme informali e tacite REGOLE: sono disposizioni formali e scritte che identificano i modi e i mezzi più appropriati per raggiungere gli obiettivi desiderati. NORME: standard o stili di comportamento che si considerano accettabili o tipici per un gruppo di soggetti, esse sono quindi socialmente determinate e spesso si fa loro riferimento con il termine di “norme sociali”. Possono nascere informalmente Regole esterne possono essere internalizzate SOCIALIZZAZIONE: il processo mediante il quale i membri dell’organizzazione ne apprendono le norme e interiorizzano queste regole non scritte di comportamento.

Standardizzazione versus aggiustamento reciproco Il problema di progettazione che si pone ai manager è trovare il modo di usare regole e norme per standardizzare il comportamento lasciando anche spazio all’aggiustamento reciproco, in modo che i dipendenti possano trovare soluzioni nuove e migliorative per conseguire gli obiettivi dell’azienda.

Strutture organizzative meccaniche e organiche Ogni problema di progettazione ha delle implicazioni su come agiscono e lavorano l’organizzazione nel suo complesso e le persone che ne fanno parte. STRUTTURE MECCANICHE: sono progettate per indurre le persone a comportarsi con modalità prevedibili e responsabili. Enfasi sulla struttura verticale di comando I ruoli sono definiti in maniera specifica L’iter di carriera è normalmente lento, sicuro e legato alla performance Particolarmente adatte alle organizzazioni che operano in ambienti stabili, poco soggetti al cambiamento.

STRUTTURE ORGANICHE: stanno all’estremo opposto dello spettro rispetto alle strutture meccaniche. Sono strutture che promuovo la flessibilità, per cui i dipendenti possono avviare il cambiamento e adattarsi rapidamente al mutamento delle condizioni. Meno enfasi sulla struttura verticale di comando I ruoli sono definiti in maniera ampia Lo status viene conferito dalla capacità di fornire una leadership creativa Incoraggia i comportamenti innovativi Particolarmente adatte alle organizzazioni che operano in ambienti dinamici.

Strutture meccaniche e organiche

Relazioni tra compiti e ruoli

L’approccio situazionale alla progettazione organizzativa La scelta della struttura organica e struttura meccanicistica dipende dalla situazione specifica che deve affrontare l’organizzazione: l’ambiente con cui si confronta, la tecnologia che impiega e la natura delle attività che esercita, e il tipo di persone che occupa. APPROCCIO SITUAZIONALE: è un approccio di management in cui la struttura di un’organizzazione è tagliata su misura delle fonti di incertezza specifiche. Per gestire efficacemente il proprio ambiente, un’organizzazione dovrebbe progettare la propria struttura in modo da adattarsi all’ambiente in cui opera.

Il grado di allineamento tra l’organizzazione e il suo ambiente

Lo studio di Lawrence e Lorsh su integrazione, differenziazione e ambiente L’intensità e la complessità delle forze che agiscono sull’ambiente generale e nell’ambiente specifico hanno un effetto diretto sull’entità della differenziazione interna. Pawl Lawrence e Jay Lorsh hanno cercato di capire come le aziende dei diversi settori differenziano e integrano le proprie strutture per allinearsi alle caratteristiche dell’ambiente in cui si trovano a competere.

Hanno scelto tre settori, che a loro dire, vivevano diversi livelli di incertezza, misurati da variabili come il tasso di cambiamento dell’ambiente. I tre settori erano: L’industria delle materie plastiche L’industria alimentare L’industria dei contenitori o delle lattine di alluminio

Lawrence e Lorsh hanno scoperto che: quando un ambiente viene ritenuto instabile e incerto, le organizzazioni risultano più efficaci se sono meno formalizzate, più decentrate e più legate all’aggiustamento reciproco. quando l’ambiente appare relativamente stabile e certo, le organizzazioni risultano più efficaci se hanno una struttura più accentrata, formalizzata e standardizzata.

Differenziazione funzionale e problemi ambientali

Lo studio di Burns e Stalker sulle strutture organiche e meccaniche in rapporto all’ambiente Tom Burns e G.M. Stalker hanno scoperto che le organizzazioni hanno bisogno di diverse tipologie di struttura per controllare le attività, quando devono adattarsi e reagire al cambiamento in atto nell’ambiente. Essi hanno scoperto che: La struttura organica risultava più efficace della struttura meccanicistica negli ambienti instabili e in cambiamento. Le strutture meccaniche sono più efficaci negli ambienti stabili.

L’effetto dell’incertezza sulla differenziazione e sull’integrazione in tre settori

La relazione tra incertezza ambientale e struttura organizzativa

Progettare la struttura organizzativa: autorità e controllo CAPITOLO 5 Progettare la struttura organizzativa: autorità e controllo

Obiettivi di apprendimento Spiegare perché emerge la gerarchia di autorità in un’organizzazione, e come si configura il processo di differenziazione verticale Esaminare i problemi insiti nella progettazione di una gerarchia che mira a coordinare e motivare il comportamento organizzativo nel miglior modo possibile Capire perché i problemi di progettazione – come l’accentramento e la standardizzazione – forniscono dei metodi di controllo diretto che sostituiscono il controllo personale diretto esercitato dai manager e influenzano la progettazione della gerarchia organizzativa

Comprendere i principi della struttura burocratica e spiegarne le implicazioni per la progettazione di gerarchie organizzative efficaci Spiegare perché le organizzazioni appiattiscono le proprie gerarchie e fanno un maggior uso dei team semi-autonomi, sia all’interno delle funzioni, sia a livello interfunzionale

Autorità: come e perché si crea la differenziazione verticale La gerarchia di un’organizzazione comincia a crearsi quando i manager fanno sempre più fatica a coordinare e motivare efficacemente i collaboratori. Con la crescita dell’organizzazione, i dipendenti aumentano di numero e cominciano a specializzarsi su tutta una gamma di compiti; il livello di differenziazione aumenta e rende più difficili le attività di coordinamento dei lavoratori.

La divisione del lavoro e la specializzazione creano problemi di controllo e coordinamento. Quando ogni dipendente svolge solo una piccola parte di un processo più ampio, diventa difficile capire qual è il suo contributo effettivo, e quindi valutarne la prestazione.

Un’organizzazione per migliorare la capacità di controllare – e quindi di coordinare e motivare – i suoi membri può: Aumentare il numero di manager che utilizza per monitorare, valutare e ricompensare i dipendenti; Aumentare il numero dei livelli della gerarchia manageriale, rendendo così più verticale la gerarchia di autorità. Aumentando sia il numero dei capi sia il numero dei livelli di management, si accresce la differenziazione verticale e si assicura all’organizzazione un controllo diretto e immediato sui suoi membri.

Soglie dimensionali e livelli gerarchici ORGANIZZAZIONE VERTICALE: un’organizzazione in cui la gerarchia ha molti livelli rispetto alla dimensione complessiva. ORGANIZZAZIONE PIATTA: un’organizzazione che ha pochi livelli gerarchici rispetto alla dimensione complessiva.

Organizzazioni verticali e organizzazioni piatte

Un’organizzazione con 1 Un’organizzazione con 1.000 dipendenti ha in media quattro livelli gerarchici. Un’organizzazione con 3.000 dipendenti ha in media sette livelli gerarchici. Le organizzazioni che impiegano 10.000 o anche 100.000 dipendenti non hanno quasi mai più di nove o dieci livelli gerarchici. Quasi tutte le organizzazioni hanno una struttura piramidale e sempre meno manager a ciascun livello, anziché una struttura “esplosa” in cui un numero proporzionalmente più alto di manager a tutti i livelli controlla l’attività di un numero sempre più elevato di dipendenti. L’incremento della componente manageriale di un’organizzazione è meno che proporzionale all’incremento dimensionale.

La relazione tra dimensione organizzativa e numero dei livelli gerarchici

Tipi di gerarchie manageriali

La relazione tra dimensione organizzativa e dimensione della componente manageriale

Problemi delle gerarchie verticali Scegliere il numero giusto di manager e di livelli gerarchici è importante perché questa decisione incide sull’efficacia organizzativa. Tale scelta può accrescere o limitare la comunicazione e quindi la velocità di risposta e la reattività dell’organizzazione, la motivazione dei dipendenti e dei capi stessi, e, infine, anche la profittabilità aziendale.

PROBLEMI DI COMUNICAZIONE: la comunicazione tra i manager che stanno al vertice e alla base della gerarchia richiede più tempo ed è probabile che possa essere distorta man mano che le informazioni fluiscono lungo la gerarchia attraverso numerosi livelli di management. PROBLEMI DI MOTIVAZIONE: man mano che aumenta il numero dei livelli gerarchici, la differenza relativa nell’autorità posseduta dai manager di ciascun livello si riduce, così come la loro area di responsabilità. Meno responsabilità ed autorità potrebbero ridurre la motivazione. COSTI BUROCRATICI: i capi e le gerarchie manageriali costano. Più è alto il numero dei manager e dei livelli gerarchici, più elevati sono i costi cosiddetti “burocratici” o organizzativi cioè i costi di gestione e operatività di un’organizzazione.

Il problema della legge di Parkinson Parkinson affermava che la crescita del numero dei manager e dei livelli gerarchici è controllata da due principi: L’ufficiale vuole moltiplicare i subordinati, e non i rivali. Gli ufficiali producono lavoro l’uno per l’altro. Poiché all’interno delle gerarchie i manager producono lavoro l’uno per l’altro “il lavoro si espande fino a riempire tutto il tempo a disposizione”.

Il numero ideale di livelli gerarchici: la catena minima di comando In base al principio della catena minima di comando, un’organizzazione dovrebbe scegliere il numero minimo di livelli gerarchici consentito dai suoi obiettivi e dall’ambiente in cui opera. Un’organizzazione, pertanto, dovrebbe restare il più piatta possibile, e i top manager andrebbero valutati in base alla capacità di monitorarne e controllarne le attività con il minor numero possibile di manager.

Ampiezza della supervisione: span of control Essa definisce il numero dei subordinati che ogni manager gestisce e controlla direttamente. Se lo span of control di un singolo manager aumenta all’aumentare del numero dei dipendenti, il numero dei manager o dei livelli gerarchici non aumenta in proporzione all’incremento numerico dei collaboratori: ogni manager coordina il lavoro di un maggior numero di subordinati e l’organizzazione sostituisce l’incremento dei livelli gerarchici con l’ampliamento dell’ampiezza nella supervisione.

Spazi di controllo

Fattori che determinano un livello appropriato di span of control: Il fattore che più limita lo span of control manageriale è probabilmente l’incapacità di esercitare un’adeguata supervisione sulle attività dei subordinati all’aumentare del loro numero. C’è un limite ben preciso all’ampiezza che dovrebbe avere lo span of control di un manager. La capacità di un manager di supervisionare il comportamento dei collaboratori è limitata da due fattori: la complessità e l’interrelazione dei loro compiti. Quando i compiti dei subordinati sono complessi e dissimili lo span of control deve essere ridotto. Quando i compiti dei subordinati sono routinari e simili  lo span of control si può ampliare.

La crescente complessità del lavoro manageriale all’aumentare dello span of control

Controllo: i fattori che incidono sulla forma della gerarchia Quando ci sono dei limiti all’utilità della supervisione diretta da parte dei manager, le organizzazioni devono trovare altri modi per controllare le proprie attività. In genere, prima aumentano il livello di differenziazione orizzontale e poi decidono come risolvere gli altri problemi di progettazione. Attraverso la differenziazione orizzontale un’organizzazione ha il controllo sui collaboratori senza accrescere il numero di livelli gerarchici.

Differenziazione orizzontale La gerarchia della produzione si articola in sette livelli. Come l’organizzazione nella sua totalità, ogni funzione segue il principio della catena di comando minima quando progetta la propria gerarchia. Ogni funzione sceglie il numero minimo di livelli gerarchici con cui può operare efficacemente e raggiungere i suoi obiettivi. Attraverso la differenziazione orizzontale un’organizzazione ha il controllo sui collaboratori senza accrescere il numero dei livelli gerarchici.

Differenziazione orizzontale in gerarchie funzionali

Differenziazione orizzontale all’interno della funzione di R&S

Accentramento Con il decentramento occorre meno una supervisione manageriale diretta. Quando l’autorità viene decentrata, il potere di prendere decisioni significative è delegato ai componenti di tutta la gerarchia, anziché essere concentrato al vertice. Il decentramento non elimina la necessità di numerosi livelli gerarchici in un’organizzazione vasta e complessa che deve controllare l’operatività di tante sotto-unità. Può aiutare una struttura relativamente verticale a diventare più flessibile nella reazione ai cambiamenti che si determinano nell’ambiente esterno e a ridurre l’entità della supervisione diretta che occorre all’interno di una sotto- unità.

Standardizzazione Riduce la necessità del controllo personale da parte dei manager e di livelli gerarchici aggiuntivi, perché le regole e le procedure sostituiscono la supervisione diretta; esse riducono la necessità di un contatto face- to-face. Permette di ottenere il controllo sui collaboratori rendendo i loro comportamenti e le loro azioni più prevedibili.

I principi della burocrazia Intorno al 1990, Max Weber, sviluppò dei principi di progettazione della gerarchia che avrebbero dovuto consentirle di allocare efficacemente il potere decisionale e il controllo sulle risorse. Weber mirava a identificare un sistema di organizzazione o una struttura organizzativa in grado di migliorare l’operatività delle organizzazioni – ossia accrescere il valore che creavano e renderle più efficaci.

La burocrazia è una forma di struttura organizzativa in cui le persone si possono responsabilizzare sulle proprie azioni, perché si chiede loro di agire nel rispetto di regole e procedure standard ben definite e concordate.

Principio 1: la burocrazia si fonda sul concetto di autorità razionale-legale AUTORITA’ RAZIONALE-LEGALE: è l’autorità che possiede una persona a causa della sua posizione organizzativa. Il primo principio di Weber indica che le scelte incidenti sulla progettazione della gerarchia di un’organizzazione dovrebbero basarsi sulle esigenze e sulle caratteristiche del compito task, e non sulle esigenze di colui che svolge quel compito.

Principio 2: I ruoli organizzativi si detengono in base alla competenza tecnica, e non in base alla condizione sociale, alla parentela o alla successione nei diritti. In una gerarchia ben progettata, i ruoli vengono occupati da persone in grado di esercitarli, e non da persone messe li per conoscenze o requisiti personali. È importante tenere sempre presente che ricoprire un ruolo organizzativo in senso giuridico significa usare correttamente le risorse dell’organizzazione a beneficio di tutti gli stakeholder, e non solo dell’interesse personale. I primi due principi di Weber fanno del ruolo organizzativo la componente base della struttura burocratica.

Principio 3: i compiti e il potere decisionale di un ruolo e la sua relazione con gli altri ruoli vanno chiaramente specificati Un modello ben preciso di differenziazione verticale (sull’autorità) e orizzontale (sul compito) risolve anche il conflitto di ruolo e l’ambiguità di ruolo. CONFLITTO DI RUOLO: è la contrapposizione che si determina quando due o più persone hanno opinioni diverse su ciò che dovrebbe fare un’altra persona e di conseguenza le chiedono cose diverse. AMBIGUITA’ DI RUOLO: è l’incertezza che si crea quando i compiti o l’autorità di una persona non sono chiaramente definiti, il che le impedisce di agire o di assumersi certe responsabilità.

Principio 4: l’organizzazione dei ruoli in una burocrazia fa si che ogni posizione inferiore sia sotto il controllo e la supervisione di una posizione superiore L’organizzazione dovrebbe essere strutturata gerarchicamente, in modo che le persone possano riconoscere la catena di comando. L’organizzazione dovrebbe delegare al titolare di ciascun ruolo l’autorità necessaria a prendere determinate decisioni e usare determinate risorse.

Principio 5: si dovrebbero usare regole, procedure standard e norme per controllare il comportamento e la relazione tra i ruoli di un’organizzazione Le regole e le procedure sono istruzioni formali scritte che specificano una serie di azioni da intraprendere per ottenere un determinato obiettivo. Le norme sono standard o stili di comportamento non scritti che spiegano come agire, o come fare i collaboratori, in maniera prevedibile e programmabile. Le regole, le procedure e le norme chiarificano le aspettative reciproche delle persone e pervengono equivoci sulle responsabilità o sull’utilizzo del potere.

Principio 6: gli atti amministrativi, le decisioni e le regole dovrebbero essere formulati per iscritto Quando vengono messe per iscritto le regole e le decisioni diventano direttive ufficiali per il buon funzionamento dell’organizzazione. La struttura burocratica crea una sorta di memoria, ed è compito di chi ne fa parte di addestrare i successori e garantire continuità nella gerarchia. I documenti scritti garantiscono anche l’integrità delle vicende storiche e la responsabilizzazione personale di chi prende le decisioni.

I vantaggi della burocrazia Il vantaggio principale è che fissa le regole base per la progettazione di una gerarchia organizzativa in grado di controllare efficientemente le interazioni tra livelli organizzativi. Le regole scritte sul sistema premiante e sul sistema punitivo dei dipendenti, come le regole sulla promozione e la risoluzione del rapporto, riducono i costi di consolidamento e valutazione della performance individuale. Separa la posizione dalla persona che la ricopre. Dà alle persone la possibilità di sviluppare delle competenze e trasferirle ai loro successori.

I problemi della burocrazia I manager non riescono a controllare lo sviluppo della gerarchia con le modalità auspicate da Weber. I membri dell’organizzazione si affidano eccessivamente alle regole e alle procedure per le decisioni, il che li rende insensibili ai bisogni dei clienti e di altri stakeholder.

Management by objectives È un sistema di valutazione dei collaboratori che si basa sul conseguimento di determinati obiettivi o determinati standard di performance, o sul raggiungimento dei budget operativi. Il management by objectives si articola in tre fasi specifiche.

Fasi del management by objectives FASE 1: si fissano gli obiettivi e traguardi specifici a ogni livello dell’organizzazione. FASE 2: i capi e i loro collaboratori stabiliscono insieme gli obiettivi di quest’ultimi. FASE 3: i capi e i loro collaboratori si incontrano periodicamente per valutare i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi

L’influenza dell’organizzazione informale A tutti i livelli dell’organizzazione, le decisioni e il coordinamento avvengono frequentemente al di fuori dei canali formalmente predisposti, perché le persone interagiscono informalmente. Molte regole e molte norme utilizzate dai dipendenti per svolgere i propri compiti emergono dalle interazioni informali tra le persone e non dallo schema formale e dalle regole stabilite dai manager.

I manager devono considerare molto attentamente le implicazioni delle interazioni tra le gerarchie formali e le gerarchie informali quando modificano i meccanismi di motivazione e di coordinamento dei dipendenti. La struttura informale può effettivamente migliorare la performance organizzativa.

Information technology (IT), enpowerment e team autogestiti L’IT sta agevolando significativamente ai manager la progettazione efficace di una struttura e di un sistema di controllo che forniscono loro molte più informazioni, di qualità assai migliore, sulle attività dei sottoposti, e consentono loro di valutare la performance funzionale e di intervenire secondo necessità per promuovere il conseguimento degli obiettivi organizzativi.

L’IT fornisce ai collaboratori di tutti i livelli gerarchici le informazioni e le conoscenze di cui hanno bisogno per svolgere efficacemente il proprio ruolo. Il sempre maggiore utilizzo dell’IT ha causato un decentramento dell’autorità nelle organizzazioni e il maggiore utilizzo dei team.

EMPOWERMENT: è il processo mediante il quale si conferisce ai dipendenti di tutti i livelli gerarchici l’autorità di prendere decisioni importanti e di rispondere dei propri risultati. TEAM AUTOGESTITI: sono gruppi formali di lavoro, composti da persone che hanno la responsabilità comune di assicurare il raggiungimento degli obiettivi del team e sono autorizzate a dirigere se stesse. TEAM INTERFUNZIONALI: sono gruppi formali di lavoratori appartenenti a diverse funzioni, che vengono autorizzati a dirigere e coordinare le attività di creazione del valore necessarie per portare a termine diversi programmi o progetti.

Poiché le organizzazioni hanno appiattito le loro strutture, si è consolidata la tendenza a impiegare lavoratori temporanei o contratti di lavoro flessibili per ridurre i costi operativi o per disporre di strutture di costo del lavoro molto variabili.

CAPITOLO 6 La progettazione della struttura organizzativa: specializzazione e coordinamento

Obiettivi di apprendimento Spiegare perché la maggior parte delle organizzazioni, inizialmente, opta per una struttura funzionale e perché, con l’andar del tempo, emergono dei problemi che le obbligano a passare a una struttura più complessa. Discernere fra tre strutture divisionali di tipo diverso (per prodotto, per area geografica, per segmento), descrivere il funzionamento di una struttura divisionale e spiegare perché molte organizzazioni usano tale struttura per coordinare le attività e accrescere la propria efficacia.

Spiegare le differenze fra la struttura a matrice e quella di team di prodotto, nonché quando e perché vengono scelte per coordinare le attività e i processi. Conoscere le proprietà specifiche della struttura a rete o network e le condizioni in cui hanno più probabilità di emergere come strutture organizzative efficaci.

Struttura funzionale La struttura funzionale è un’organizzazione che raggruppa i dipendenti in base alle competenze e l’expertise che hanno in comune, oppure perché utilizzano le stesse risorse. La struttura funzionale rappresenta la base della differenziazione orizzontale. L’organizzazione raggruppa i task in una serie di funzioni allo scopo di raggiungere più efficacemente il proprio obiettivo principale: offrire ai clienti dei prodotti di alta qualità a prezzi competitivi.

Struttura funzionale

Struttura funzionale

Vantaggi della struttura funzionale La struttura funzionale si sviluppa per prima e offre ai dipendenti l’opportunità di apprendere gli uni dagli altri e accrescere la specializzazione e la produttività. I dipendenti raggruppati in base alle competenze in comune possono supervisionarsi gli uni gli altri e regolare vicendevolmente e in modo efficiente il loro comportamento. Le persone che si occupano della stessa funzione, lavorano fianco a fianco per lunghi periodi e condividono il medesimo bagaglio di competenza tecnica, sviluppano delle norme e dei valori che consentono loro di svolgere più efficacemente i propri compiti.

Problemi di controllo in una struttura funzionale PROBLEMI DI COMUNICAZIONE: man mano che si sviluppano più funzioni organizzative, ciascuna con la propria gerarchia, esse si distanziano sempre più l’una dall’altra. PROBLEMI DI MISURAZIONE: spesso risulta difficile ottenere le informazioni di cui c’è bisogno per misurare l’impatto di una data funzione o un dato prodotto sulla redditività complessiva in quanto i costi che vanno sostenuti affinché ogni singola funzione contribuisca allo sviluppo di ogni singolo prodotto diventano sempre più difficili da quantificare.

PROBLEMI DI UBICAZIONE: il controllo fortemente accentrato da parte di una determinata sede impedisce all’impresa di soddisfare le necessità delle diverse zone PROBLEMI LEGATI AL CLIENTE: rispondere alle necessità di nuove tipologie di segmenti di clientela e personalizzare i prodotti in modo che le soddisfino risulta relativamente difficile nell’ambito di una struttura funzionale. Può succedere che vi siano delle carenze rispetto alla capacità di identificare le necessità dei clienti e soddisfarle, e che si perdano delle opportunità di vendita.

PROBLEMI STRATEGICI: man mano che l’organizzazione diventa più complessa, può essere che i top manager possono essere costretti a investire troppo tempo per risolvere i problemi di coordinamento che emergono ogni giorno, tanto da non averne più da dedicare alla risoluzione dei problemi di lungo termine che gravano sull’impresa.

Risoluzione dei problemi di controllo in una struttura funzionale A volte i manager possono risolvere i problemi di controllo legati a una struttura funzionale, come la scarsa comunicazione fra le funzioni, riprogettando la suddetta struttura in modo da accrescere l’integrazione fra le funzioni.

Come migliorare l’integrazione in una struttura funzionale accorpando il marketing e le vendite

Dalla struttura funzionale alla struttura divisionale Il management sarà in grado di risolvere molti dei problemi di controllo legati a una struttura funzionale se l’organizzazione: Si limita a produrre un numero ridotto di prodotti simili; Realizza i prodotti in una sede o in poche sedi; Li vende soltanto a una tipologia principale di clienti.

Man mano che l’organizzazione cresce, inizia a realizzare sempre più prodotti spesso molto diversi fra loro. Quando un’organizzazione accresce la produzione di beni e servizi in genere lo fa in un numero di sedi sempre più alto e per molte tipologie diverse di clienti.

Quando l’organizzazione cresce in questo modo ha bisogno di una struttura che: Accresca il controllo del management sulle singole sottounità in modo che queste possano soddisfare più efficacemente le necessità dei prodotti e dei clienti; Allo stesso tempo, consenta al management di tenere sotto controllo le attività operative dell’intera impresa e integrarle, per assicurarsi che tutte le sotto-unità raggiungano gli obiettivi dell’organizzazione.

Il management riacquista il controllo sulla propria organizzazione quando decide di adottare una struttura più complessa, che è il risultato di tre scelte progettuali: Un grado più alto di differenziazione verticale Un grado più alto di differenziazione orizzontale Un grado più alto di integrazione

Differenziazione e integrazione: le modalità tramite cui l’organizzazione accresce il controllo sulle attività

Differenziazione e integrazione: le modalità tramite cui l’organizzazione accresce il controllo sulle attività

Il passaggio a una struttura divisionale La struttura che le organizzazioni adottano più comunemente per risolvere i problemi di controllo che derivano dalla realizzazione di molte tipologie diverse di prodotti in molte sedi diverse per molte tipologie diverse di clienti è la struttura divisionale. La struttura divisionale raggruppa le funzioni a seconda delle esigenze specifiche dei prodotti, dei mercati o dei clienti. L’obiettivo che sta alla base del passaggio a una struttura divisionale è quello di creare delle sotto-unità più piccole e gestibili all’interno dell’organizzazione.

La tipologia di struttura divisionale prescelta dal management dipende dai problemi di controllo specifici che devono essere risolti. Se il problema di controllo è dovuto al numero e alla complessità dei prodotti, l’organizzazione suddividerà le proprie attività per prodotto e ricorrerà a una struttura per prodotto. Se il problema di controllo è dovuto al numero di luoghi in cui l’organizzazione realizza e vende i prodotti, questa suddividerà le proprie attività per zona e ricorrerà a una struttura geografica. Se il problema di controllo è dovuto alla necessità di servire un gran numero di segmenti di clientela diversi, l’organizzazione suddividerà le proprie attività per segmento di clientela e userà la struttura per segmenti.

Struttura divisionale n.1: tre tipologie di strutture per prodotto La struttura per prodotto è una struttura divisionale in cui i prodotti (beni o servizi) sono raggruppati in una serie di divisioni separate, in base agli aspetti che li accomunano o li differenziano allo scopo di accrescere il controllo. Qualora l’organizzazione decida di raggruppare le attività per prodotto, deve anche decidere come coordinare le divisioni di prodotto attraverso le funzioni di supporto come la R&S, il marketing e le vendite e l’amministrazione.

A livello generale si possono seguire due impostazioni: Accentrare le funzioni di supporto al livello organizzativo più alto in modo che un set di funzioni di supporto serva tutte le divisioni di prodotto; Istituire diversi set di funzioni di supporto, una per ogni divisione di prodotto.

La struttura divisionale per prodotto è una struttura divisionale in cui un set accentrato di funzioni di supporto soddisfa le necessità di una serie di linee di prodotto. Ognuna delle funzioni di supporto è suddivisa in vari team orientati al prodotto, composti da esperti funzionali che si occupano di soddisfare le necessità di una determinata divisione di prodotto.

Struttura divisionale per prodotto

L’assegnazione di team funzionali orientati al prodotto alle singole divisioni

La struttura multidivisionale è una struttura in cui a ciascuna delle divisioni di prodotto viene assegnato un set dedicato di funzioni di supporto in modo che tutte le funzioni diventino autosufficienti. Quando le divisioni sono autosufficienti, ciascuna di esse è dotata di un proprio set di funzioni di supporto e detiene il controllo sulle proprie attività di creazione del valore. Ciascuna delle divisioni deve essere dotata di un proprio set di funzioni di supporto in quanto è impossibile per un set accentrato di funzioni di supporto soddisfare le necessità di prodotti totalmente diversi.

La seconda innovazione della struttura multidivisionale è un nuovo livello direzionale, lo staff a livello corporate, composto da direttori corporate che hanno la responsabilità di sovrintendere alle attività dei direttori funzionali all’interno delle diverse divisioni. Lo staff della sede corporate è quindi organizzato per funzione, e fra i compiti dei direttori corporate rientra il coordinamento delle attività svolte nelle divisioni. La struttura multidivisionale, è studiata in modo da consentire all’impresa di operare in molte aree di business diverse. In tale contesto, ogni unità di business è un’unità di business diversa.

Struttura multidivisionale

VANTAGGI DELLA STRUTTURA MULTIDIVISIONALE: Quando la struttura multivisionale viene gestita efficacemente, un’impresa grande e complessa può ottenere molti vantaggi: Una maggiore efficacia organizzativa: esiste una netta divisione del lavoro fra i direttori corporate e i direttori di divisione che accresce l’efficacia organizzativa. Un grado più alto di controllo: il grado di controllo aggiuntivo offerto dall’intervento della sede corporate incoraggia i direttori di divisione a impegnarsi di più per accrescere l’efficienza organizzativa interna. Crescita profittevole: quando ognuna delle divisioni rappresenta il proprio centro di profitto, la performance delle singole divisioni può essere chiaramente valutata. Mercato interno del lavoro: i direttori di divisione più capaci vengono promossi al ruolo di direttori corporate.

Una struttura multidivisionale in cui ciascuna delle divisioni ha una struttura diversa

SVANTAGGI DELLA STRUTTURA MULTIDIVISIONALE: Gestione del rapporto sede corporate - divisioni: è necessario trovare l’equilibrio giusto tra accentramento e decentramento. Problemi di coordinamento tra le divisioni: può succedere che le divisioni inizino a competere per accaparrarsi le risorse, e che la rivalità impedisca loro di cooperare. Prezzi di trasferimento: ovvero il prezzo a cui una divisione vende un prodotto o un’informazione relativa alle proprie innovazioni a un’altra. Spesso i problemi che nascono fra le divisioni ruotano attorno al prezzo di trasferimento. Costi burocratici: le strutture multidivisionali comportano dei costi notevoli. Problemi di comunicazione: i problemi di comunicazione, in particolare la distorsione delle informazioni, emergono nelle gerarchie stratificate.

La struttura a team di prodotto è un incrocio fra la struttura divisionale per prodotto, in cui le funzioni di supporto sono accentrate, e quella multidivisionale, in cui ogni divisione ha le proprie funzioni di supporto. Gli esperti che si occupano delle funzioni di supporto vengono riuniti in una serie di team di sviluppo di prodotto che si specializzano in modo da soddisfare le necessità di un determinato tipo di prodotto.

I membri del team di prodotto si concentrano sulle necessità di un prodotto (o cliente) o di pochi prodotti correlati, e la loro fedeltà non va alle funzioni di cui si occupano, ma al loro team di prodotto. La struttura a team di prodotto è più decentrata di quella funzionale o quella divisionale per prodotto, e gli esperti che fanno parte dei vari team di prodotto sono autorizzati a prendere delle decisioni on-the-spot.

Struttura a team di prodotto

Struttura divisionale n2: struttura geografica Quando i problemi di controllo sperimentati dall’impresa hanno un’origine geografica, invece, essa può optare per una struttura divisionale per zona geografica, in cui le divisioni sono organizzate sulla base dei requisiti dei diversi luoghi in cui opera l’organizzazione. Man mano che un’organizzazione cresce, spesso sviluppa una base clienti nazionale.

Quando si espande in zone diverse dello stesso paese, deve riadattare la propria struttura per fare in modo che le competenze distintive siano in linea con le necessità dei clienti delle diverse zone. La struttura geografica consente all’impresa di accentrare alcune funzioni nella sede corporate e decentrarne altre a livello di zona.

Struttura geografica

Struttura divisionale n3: struttura per segmenti di mercato La struttura per segmento fa in modo che le abilità e le competenze funzionali siano in linea con le necessità di prodotto dei diversi segmenti di clientela. È il marketing, non la produzione, a guidare le decisioni del management rispetto al raggruppamento delle attività in una serie di divisioni. Ognuna delle divisioni per segmento ha un focus di marketing diverso, e il compito di ciascuna è sviluppare dei prodotti che soddisfino le necessità specifiche dei propri clienti. Ogni divisione fa ricorso alle funzioni di supporto accentrate.

Struttura per segmenti di mercato

La ricerca di soluzioni migliori e più veloci per sviluppare prodotti e soddisfare le necessità dei clienti ha portato alcune imprese a scegliere una struttura a matrice, ovvero una struttura organizzativa che raggruppa le persone e le risorse sono raggruppate in due modi diversi allo stesso tempo: per funzione e per prodotto. Nel contesto organizzativo, la matrice è una griglia rettangolare che mostra le responsabilità funzionali sull’asse verticale e le responsabilità di prodotto su quello orizzontale.

I membri del team sono chiamati dipendenti con due capi (two boss) in quanto riportano a due superiori: il direttore del team di prodotto e il direttore di funzione. Il team rappresenta al tempo stesso la pietra portante della matrice ed il principale meccanismo di coordinamento e integrazione.

Struttura multidivisionale a matrice

VANTAGGI DELLA STRUTTURA A MATRICE: La struttura a matrice offre quattro vantaggi significativi rispetto alle strutture più funzionali: L’utilizzo dei team interfunzionali è studiato in modo da ridurre le barriere funzionali e superare il problema dell’orientamento sottounitario. Sblocca la comunicazione fra gli esperti funzionali e fornisce ai membri dei team delle diverse funzioni l’opportunità di apprendere gli uni dagli altri e sviluppare le proprie competenze. La matrice consente all’organizzazione di sfruttare efficacemente le competenze dei dipendenti specializzati, che passano da un prodotto all’altro a seconda delle necessità. Il doppio focus (funzionale e di prodotto) concentra l’attenzione sia sui costi, sia sulla qualità.

SVANTAGGI DELLA STRUTTURA A MATRICE: La matrice non offre una struttura di controllo che consente ai dipendenti di crearsi delle aspettative reciproche solide. La mancanza di una gerarchia di potere chiaramente definita può scatenare un conflitto fra le funzioni e i team di prodotto riguardo all’utilizzo delle risorse. E’ probabile che le persone che lavorano in una struttura a matrice sperimentino un vuoto di potere e di responsabilità e si impegnino a dar vita ad un’organizzazione informale tutta loro, in modo da sentirsi più stabili e strutturate.

A volte l’organizzazione introduce una struttura a matrice al livello organizzativo più alto e istituisce una struttura multidivisionale a matrice che prevede una maggiore integrazione fra i direttori corporate e i direttori di divisione, e fra gli stessi direttori di divisione. La struttura multidivisionale a matrice semplifica notevolmente la cooperazione fra i top manager delle divisioni e quelli della sede corporate, nonché il coordinamento congiunto delle attività dell’organizzazione. Spesso le organizzazioni grandi e complesse che hanno numerose divisioni usano molte strutture diverse, ovvero seguono una struttura ibrida.

Struttura multidivisionale a matrice

Organizzazioni a rete - network- e boundaryless organization ORGANIZZAZIONI A RETE: la struttura del network è un gruppo di organizzazioni diverse le cui attività vengono coordinate in base a una serie di contatti e di accordi, invece che da una gerarchia di potere formale. Spesso l’organizzazione network diventa molto complessa quando l’impresa stringe degli accordi con un’intera gamma di fornitori, produttori e distributori per svolgere in outsourcing molte delle attività di creazione del valore necessarie per produrre e commercializzare beni e servizi.

VANTAGGI DELLE ORGANIZZAZIONI A RETE: Nella misura in cui l’organizzazione riesce a trovare un partner che sia in grado di svolgere una determinata attività funzionale in maniera affidabile e a un costo inferiore, i costi di produzione si riducono. Nella misura in cui l’organizzazione stipula un contratto con altre organizzazioni affinché svolgano determinate attività di creazione di valore, evita gli alti costi burocratici derivanti dalla gestione di una struttura organizzativa complessa. Consente all’organizzazione di operare in modo organico. Se uno qualunque dei partner non riesce a soddisfare gli standard può essere sostituito con un nuovo partner.

SVANTAGGI DELLA STRUTTURA DEL NETWORK: Ci vuole un livello notevole di adeguamento reciproco affinché i team possano interagire apprendendo gli uni dagli altri e perfezionando costantemente il prodotto finale. È improbabile che una struttura del network consenta all’organizzazione di tenere sotto controllo un processo così complesso di creazione del valore, in quanto il management non ha i mezzi per coordinare e motivare efficacemente i vari partner del network.

LA BOUNDARYLESS ORGANIZATION (organizzazione dai confini deboli): è composta da una serie di persone collegate tramite computer, fax, sistemi di computer - aided - design e di videoconferenza. Le persone vanno e vengono a seconda delle necessità ma non appartengono formalmente ad alcuna organizzazione. L’utilizzo dell’outsourcing e lo sviluppo di una struttura del network si stanno diffondendo rapidamente, man mano che le organizzazioni si rendono conto delle molte opportunità che offrono sul fronte della riduzione dei costi e l’aumento della flessibilità.

L’e-commerce è uno scambio che si verifica fra diverse imprese, nonché fra le imprese e i singoli clienti, tramite l’utilizzo dell’IT e di Internet. Business-to-business (B2B):è uno scambio che si verifica fra le imprese e prevede l’utilizzo dell’IT e di Internet allo scopo di coordinare le catene del valore di più imprese. Una delle principali applicazioni del network B2B è il Market place B2B, ovvero, un network di scambio industry – specific istituito al fine di mettere in contatto gli acquirenti e i venditori attraverso Internet. Business-to-customer (B2C):è uno scambio che si verifica fra un’impresa e il proprio network di singoli clienti tramite l’utilizzo dell’IT e di Internet.

Tipologie di e-commerce

L’istituzione e la gestione della cultura organizzativa CAPITOLO 7 L’istituzione e la gestione della cultura organizzativa

Obiettivi di apprendimento Discernere fra i valori e le norme, e capire le modalità tramite cui la cultura viene condivisa dai membri di un’organizzazione. Spiegare le modalità tramite cui le persone assimilano cultura, sia a livello formale (ovvero seguendo il percorso di apprendimento disposto dall’organizzazione), sia a livello informale (ovvero tramite l’osservazione di ciò che avviene all’interno dell’organizzazione).

Identificare le quattro componenti fondamentali della cultura organizzativa, che determinano le differenze culturali che intercorrono fra le organizzazioni. Capire in che modo si possa progettare o gestire la cultura di un’organizzazione, proprio come si fa con la sua struttura

Che cos’è la cultura organizzativa? È il set di norme e valori condivisi che governano le interazioni fra i membri dell’organizzazione e le interazioni fra questi e i fornitori, i clienti e gli altri interlocutori esterni. La cultura di un’organizzazione influenza il modo in cui i suoi membri prendono le decisioni, quello in cui interpretano e gestiscono l’ambiente organizzativo, quello in cui gestiscono le informazioni e quello in cui si comportano. Di conseguenza, la cultura incide sulla posizione competitiva dell’organizzazione.

VALORI ORGANIZZATIVI: sono i criteri, gli standard o i principi guida generali in base a cui le persone distinguono i comportamenti, gli eventi, le situazioni e gli esiti desiderabili da quelli indesiderabili. VALORE FINALE: è uno stato conclusivo o un esito desiderabile che le persone cercano di raggiungere. VALORE STRUMENTALE: è una modalità comportamentale desiderabile. NORME: gli standard o gli stili di comportamento che vengono considerati accettabili o normali per un gruppo di persone.

Valori finali e strumentali nell’ambito della cultura organizzativa

La cultura organizzativa è fondata su alcuni valori relativamente costanti incarnati nelle norme, nelle regole, nelle SOP e negli obiettivi dell’organizzazione. I membri si basano su questi valori culturali in ogni loro azione e decisione; inoltre si basano su di essi quando devono affrontare delle situazioni ambigue o incerte, sia all’interno, sia all’esterno dell’organizzazione. I valori su cui è fondata la cultura di un’organizzazione incidono fortemente sui comportamenti dei suoi membri e il modo in cui reagiscono alle varie situazioni.

Una cultura organizzativa forte può diventare pericolosa, se è affidata a una proprietà o un management che non si comporta in modo etico né legale. D’altro canto, può essere una fonte di vantaggio competitivo in quanto i valori culturali facilitano significativamente il mutuo aggiustamento fra i membri dell’organizzazione. In sostanza, la cultura di un’organizzazione è una forma di organizzazione informale che facilita il buon funzionamento della struttura organizzativa.

Come viene trasmessa ai membri la cultura organizzativa? La capacità dell’organizzazione di motivare i dipendenti e accrescere l’efficacia nel lavoro è direttamente legata al modo in cui i membri apprendono i suoi valori. Essi apprendono i valori fondamentali attraverso le procedure formali che regolano la socializzazione e le storie, i riti e il linguaggio organizzativo che si sviluppano informalmente man mano che la cultura organizzativa matura.

Socializzazione e tattiche di socializzazione SOCIALIZZAZIONE: è il processo tramite cui i membri apprendono e interiorizzano la cultura organizzativa. ORIENTAMENTO DI RUOLO: è la modalità specifica tramite cui i nuovi arrivati reagiscono alle diverse situazioni. Orientamento di ruolo istituzionalizzato: si sviluppa quando si insegna alle persone a reagire a un nuovo contesto nello stesso modo in cui vi reagisce chi fa già parte dell’organizzazione. Orientamento di ruolo individualizzato: si sviluppa quando le persone vengono autorizzate e addirittura incoraggiate ad essere creative e sperimentare diverse norme e valori, in modo che l’organizzazione possa incarnare più adeguatamente i suoi valori.

L’influenza delle tattiche di socializzazione sull’orientamento di ruolo dei dipendenti

Le tattiche usate per trasmettere ai nuovi arrivati, attraverso la socializzazione, un orientamento istituzionalizzato a quelle usate affinché sviluppino un orientamento individualizzato sono: Collettive versus individuali: le tattiche collettive sottopongono i nuovi arrivati a delle esperienze di apprendimento comuni, studiate in modo da determinare una risposta standardizzata alle diverse situazioni. Nelle tattiche individuali, le esperienze di apprendimento di ogni nuovo arrivato sono diverse e le persone possono apprendere dei modi appropriati, ma inediti, di reagire ad ogni situazione.

Formali versus informali: le tattiche formali separano i nuovi arrivati, durante il processo di apprendimento, dalle persone che fanno già parte dell’organizzazione. In base alle tattiche informali essi apprendono on-the-job, in qualità di membri di un team.

Sequenziali versus casuali: le tattiche sequenziali forniscono ai nuovi arrivati delle informazioni esplicite riguardo alla sequenza da seguire nello svolgimento delle nuove attività o l’assunzione di nuovi ruoli man mano che avanzano all’interno dell’organizzazione. In base alle tecniche casuali, la formazione è basata sugli interessi e le necessità che via via emergono per ogni nuovo arrivato, in quanto non esiste una sequenza definita che regoli il suo progresso all’interno dell’organizzazione.

Fisse versus variabili: le tattiche fisse danno delle indicazioni specifiche ai nuovi arrivati rispetto alla tempistica associata al completamento di ogni fase del processo di apprendimento. Quelle variabili non danno alcuna informazione riguardo al momento in cui i nuovi arrivati porteranno a termine le diverse fasi del processo di apprendimento: anche in questo caso la formazione dipende dalle necessità e gli interessi dal singolo.

Seriali versus ad hoc: quando si impiegano delle tattiche seriali, le persone che fanno già parte dell’organizzazione fungono da modelli di riferimento e da mentori nei confronti dei nuovi arrivati. I processi ad hoc richiedono loro di capire da soli come comportarsi, sviluppando un approccio individualizzato; nessuno dice loro cosa fare.

Spoliazione versus investitura: in un contesto di spoliazione, i nuovi arrivati ricevono un supporto sociale di segno negativo – ovvero vengono ignorati o derisi – e le persone che fanno già parte dell’organizzazione si rifiutano di supportarli finché non capiscono come vanno le cose e non si conformano alle norme consolidate. In un contesto di investitura, i nuovi arrivati ricevono immediatamente un supporto sociale di segno positivo dagli altri membri e vengono incoraggiati ad essere se stessi.

Storie, riti e linguaggio organizzativo Spesso i valori dell’organizzazione emergono con chiarezza dalle storie, i riti e il linguaggio che circolano al suo interno. Le organizzazioni usano diverse tipologie di riti formali per comunicare le norme e i valori culturali.

I RITI DI PASSAGGIO: segnano l’ingresso dei neoassunti nell’organizzazione, le promozioni e la dipartita. I RITI DI INTEGRAZIONE: come gli incontri in cui si celebrano collettivamente i successi dell’organizzazione, le feste in ufficio e i pranzi fuori sede, instaurano e rafforzano il legame fra i membri. I RITI DI RINFORZO: come le cene di gala, le pubblicazioni sui quotidiani e la promozione dei dipendenti, servono a riconoscere pubblicamente i contributi dei dipendenti e a premiarli.

Riti organizzativi

Da cosa deriva la cultura organizzativa? La cultura organizzativa nasce dall’interazione di quattro fattori: Le caratteristiche personali e professionali delle persone che appartengono all’organizzazione; L’etica organizzativa; I diritti di proprietà concessi dall’organizzazione ai dipendenti; La struttura organizzativa. L’integrazione di questi fattori produce una cultura diversa nelle diverse organizzazioni e fa sì che tale cultura, con l’andar del tempo, cambi.

Da cosa deriva la cultura organizzativa?

Le caratteristiche delle persone che appartengono all’organizzazione Ogni organizzazione assume le persone che condividono i suoi valori. Il risultato è che le persone che appartengono all’organizzazione si assomigliano sempre di più, i valori dell’organizzazione si polarizzano e la cultura si differenzia sempre più da quella delle altre organizzazioni simili.

L’etica organizzativa L’etica organizzativa corrisponde a valori, convinzioni e regole morali che determinano il “modo giusto” in cui i membri dovrebbero comportarsi gli uni con gli altri, nonché con gli altri stakeholder. Molti dei valori culturali derivano dalla personalità e le convinzioni del fondatore e del top management.

I fattori che influenzano lo sviluppo dell’etica organizzativa

La ripartizione dei diritti di proprietà I diritti di proprietà, ovvero i diritti relativi all’assegnazione e all’utilizzo delle risorse organizzative, che vengono conferite dall’organizzazione ai suoi membri. La ripartizione dei diritti di proprietà ha un effetto diretto sui valori strumentali che governano il comportamento dei dipendenti e motivano i membri dell’organizzazione. La ripartizione dei diritti di proprietà ai vari stakeholder esercita una rilevante influenza: Sul grado di efficacia dell’organizzazione; Sulla cultura che si afferma al suo interno.

Il top management e i diritti di proprietà I top manager si trovano in una posizione di forza in quanto stabiliscono le condizioni relative al proprio posto di lavoro, lo stipendio e i benefit che ricevono, la buonuscita e i contributi per la pensione ed inoltre determinano i diritti di proprietà che vanno attribuiti agli altri,e di conseguenza determinano il tipo di cultura che si svilupperà all’interno dell’organizzazione. Il cambiamento del sistema di ripartizione dei diritti di proprietà cambia la cultura organizzativa modificando i valori strumentali che motivano e coordinano i dipendenti. Considerevoli diritti di proprietà possono danneggiare l’organizzazione.

La struttura organizzativa Meccanica versus organica Meccanica: gli obiettivi sono prevedibilità e stabilità Organica: gli obiettivi sono flessibilità e innovazione Accentrata versus decentrata Accentrata: premia l’obbedienza e l’affidabilità. Decentrata: incoraggia e premia la creatività e l’innovazione.

È possibile dirigere la cultura organizzativa? Cambiare una cultura può essere molto difficile, perché è difficile capire come i quattro fattori interagiscono fra loro e perché spesso ci vogliono delle modifiche molto profonde per cambiare i valori dell’organizzazione. La cultura può essere cambiata: Riprogettando la struttura; Ridefinendo i diritti di proprietà che utilizza per motivare e premiare i dipendenti; Cambiando una serie di persone, specialmente il top management.

CAPITOLO 8 La progettazione e la strategia organizzativa in un ambiente globale mutevole

Obiettivi di apprendimento Riconoscere l’importanza di creare un legame fra la strategia, la struttura e la cultura a ogni livello – funzionale, business e corporate – per accrescere la capacità di creare valore. Identificare i possibili utilizzi di una strategia di livello funzionale da parte del management al fine di consentire all’organizzazione di creare valore e conseguire un vantaggio competitivo.

Spiegare in che modo il management possa promuovere lo sviluppo di un mix di competenze distintive per dar vita a una strategia a livello business che gli consenta di competere per accaparrarsi le poche risorse disponibili. Discernere fra le strategie a livello corporate che le imprese possono impiegare per entrare in nuovi settori in modo da continuare a crescere e a creare valore. Capire in che modo le strategie di espansione globale consentano all’organizzazione di trovare nuove opportunità per sfruttare le proprie competenze distintive allo scopo di creare valore per gli stakeholder.

La strategia e l’ambiente STRATEGIA: è il modello decisionale e operativo specifico seguito dal management al fine di utilizzare le competenze distintive di cui dispone l’impresa per conseguire un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. COMPETENZE DISTINTIVE: sono le competenze e le capacità specifiche di cui l’impresa dispone. Esse sono legate alle attività di creazione del valore, come la produzione, il marketing o la R&S, e consentono all’impresa di raggiungere un livello superiore di efficienza, qualità, innovazione o attenzione alle richieste del cliente.

Il ciclo di creazione del valore

Fonti da cui scaturiscono le competenze distintive L’efficacia delle competenze distintive dell’organizzazione deriva dalle risorse specializzate e le capacità di coordinamento che possiede, di cui le altre organizzazioni sono prive. RISORSE SPECIALIZZATE: le risorse che conferiscono all’organizzazione un vantaggio competitivo sono di due tipi: Le risorse funzionali: sono le competenze di cui è dotato il personale funzionale dell’organizzazione. Le risorse organizzative: sono gli attributi che conferiscono all’organizzazione un vantaggio competitivo. Esse comprendono le competenze del top management, la vision del fondatore o del CEO e il possesso di risorse importanti e scarsamente disponibili.

Accentramento o decentramento dell’autorità; CAPACITA’ DI COORDINAMENTO: è la capacità dell’organizzazione di coordinare le risorse funzionali e organizzative allo scopo di creare il maggior valore possibile. Il coordinamento efficace delle risorse è una fonte importante di vantaggio competitivo, influenza l’efficienza dei processi e la percezione di valore da parte dei clienti attraverso: Sistemi di controllo; Accentramento o decentramento dell’autorità; Sviluppo e promozione dei valori culturali condivisi.

L’espansione globale e le competenze distintive L’espansione globale nei mercati esteri può agevolare significativamente lo sviluppo delle competenze distintive di un’organizzazione. Quattro sono le modalità attraverso cui l’espansione globale consente all’organizzazione di creare valore a favore degli stakeholder. Trasferimento all’estero delle competenze distintive: trasferire le competenze distintive legate a una o più funzioni in un mercato estero, al fine di realizzare dei prodotti migliori o più economici acquisendo un vantaggio rispetto ai concorrenti sul fronte dei costi o della differenziazione nell’ambito di quel mercato.

Istituzione di un network globale: quando un’organizzazione decide di trasferire all’estero le proprie competenze, in genere colloca le attività di creazione di valore in paesi che si trovano in condizioni economiche, politiche e culturali tali da poter rafforzare il suo vantaggio sul fronte dei costi o della differenziazione. Successivamente, istituisce un network globale, ovvero svariati set di relazioni di interdipendenza operativa o gerarchica fra i manager, le funzioni e le divisioni che collegano le attività di creazione di valore che l’azienda svolge in tutto il mondo.

Accesso a risorse e competenze globali: i vari paesi hanno risorse e competenze diverse, da cui traggono un vantaggio competitivo. Utilizzo dell’apprendimento globale per rafforzare le competenze distintive: le organizzazioni avviano le attività su scala globale allo scopo di accedere alle conoscenze che possano permettere loro di rafforzare le proprie competenze distintive.

La creazione di valore attraverso l’espansione globale

I quattro livelli della strategia Strategia a livello funzionale: è un piano di intervento teso al rafforzamento delle risorse funzionali e organizzative, nonché le capacità di coordinamento, al fine di sviluppare delle competenze distintive. Strategia a livello business: è un piano che prevede lo sfruttamento delle combinazioni di varie competenze funzionali distintive affinché l’organizzazione si trovi nella posizione di sviluppare un vantaggio competitivo nei settori o nelle nicchie competitive.

Strategia a livello corporate: è un piano volto all’utilizzo e lo sviluppo delle competenze distintive affinché l’organizzazione non riesca soltanto a difendere e ampliare il suo ambito competitivo attuale, ma anche ad espandersi in altri settori o nicchie competitive. Strategia di espansione globale: è un piano che implica la scelta della strategia migliore per espandersi nei mercati esteri in modo da accaparrarsi una quota delle poche risorse disponibili e sviluppare delle competenze distintive.

Strategia a livello funzionale L’obiettivo strategico di ciascuna delle funzioni è quello di sviluppare una competenza distintiva che conferisca all’organizzazione un vantaggio competitivo. Per conseguire un vantaggio competitivo, deve essere in grado di fare almeno una delle seguenti cose: Svolgere le proprie attività funzionali a un costo più basso rispetto ai rivali; Svolgere le attività funzionali in modo da differenziare i propri beni e servizi da quelli dei rivali, grazie al possesso di una serie di qualità esclusive e assai desiderate dai clienti.

STRATEGIE A LIVELLO FUNZIONALE BASATE SULLA LEADERSHIP DEI COSTI O LA DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI: La funzione produttiva può ridurre i costi di produzione introducendo metodi più efficienti, come i sistemi computerizzati di produzione flessibile. La funzione di gestione del personale può determinare una riduzione dei costi studiando i sistemi di controllo e incentivazione più appropriati allo scopo di accrescere la motivazione dei dipendenti e ridurre l’assenteismo e il turnover.

Il just-in-time, la gestione computerizzata del magazzino riducono i costi legati alla movimentazione e il trasporto delle merci. Le competenze che consentono ai direttori acquisti di sviluppare dei rapporti di lungo termine con i fornitori e i distributori, nonché di migliorare la reputazione dell’organizzazione, possono arrecare un vantaggio sul fronte dei costi o della differenziazione.

Le competenze e l’expertise della funzione marketing e vendite possono arrecare un vantaggio diretto sul fronte dei costi o della differenziazione. Anche la funzione di R&S può contribuire significativamente alle attività di creazione del valore dell’organizzazione. Essa può determinare una riduzione dei costi tramite lo sviluppo di modalità produttive più economiche.

I vantaggi sul fronte dei costi e della differenziazione arrecati da una strategia a livello funzionale

IMPLICAZIONI DI DESIGN ORGANIZZATIVO PER LE STRATEGIE DI LIVELLO FUNZIONALE: L’efficacia della competenza distintiva di una funzione non dipende solo dalle risorse che quest’ultima ha a disposizione, ma anche dalla sua capacità di coordinare l’utilizzo delle stesse. Le capacità di coordinamento dell’organizzazione sono, a loro volta, un prodotto della sua struttura. Secondo la teoria della contingenza, la progettazione organizzativa dovrebbe permettere a ogni funzione di sviluppare una struttura adatta alle proprie risorse tecniche e umane e capace di interagire efficacemente con il proprio sottoambiente di riferimento.

Caratteristiche strutturali associate allo sviluppo di competenze distintive nell’ambito della produzione, vendite e Ricerca e Sviluppo

STRATEGIA DI LIVELLO FUNZIONALE E CULTURA ORGANIZZATIVA: La cultura organizzativa è un set di valori condivisi che vengono impiegati dai membri nelle interazioni reciproche e in quelle con gli altri stakeholder. La cultura è molto difficile da controllare e da dirigere, e ancor più da imitare o copiare; pertanto un’impresa dotata di una cultura efficace ha una fonte importante di vantaggio competitivo.

Le capacità di coordinamento che derivano dalla cultura di un’organizzazione si sviluppano gradualmente e rappresentano il prodotto di molti fattori: il sistema di ripartizione dei diritti di proprietà, la struttura, l’etica e le caratteristiche del top management. Per creare valore a livello funzionale la strategia organizzativa deve permettere a ogni funzione di sviluppare una competenza distintiva sul fronte dei costi bassi o la differenziazione dei prodotti da quelli dei concorrenti, anzi deve incoraggiarla in tal senso.

Per conseguire un vantaggio competitivo, l’organizzazione deve progettare la struttura funzionale e la cultura in modo da apprestare il contesto ideale per lo sviluppo delle competenze distintive. Quanto più la competenza distintiva di una funzione è basata sulle capacità di coordinamento radicate nelle modalità di interazione dei membri dell’organizzazione, tanto più diventa difficile per i concorrenti replicare la sua competenza distintiva e maggiore è il vantaggio competitivo di cui gode l’organizzazione.

La strategia a livello business A livello business, il compito dell’organizzazione è quello di raccogliere le competenze distintive sviluppate dalle funzioni e abbinarle in modo da sfruttare le opportunità offerte dall’ambiente circostante. L’organizzazione deve dotarsi di una strategia a livello business che definisca: L’ambito competitivo in cui si troverà a competere; Le posizioni in modo che possa avvalersi delle proprie risorse e capacità per gestire l’ambiente specifico e quello generale in cui opera al fine di proteggere e ampliare il suo ambiente competitivo.

STRATEGIE A LIVELLO BUSINESS BASATE SULLA LEADERSHIP DEI COSTI O LA DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI: Strategia a livello business basata sulla ricerca della leadership nei costi: un’impostazione in base a cui l’organizzazione crea valore a basso costo per puntare al segmento di mercato che desidera beni e servizi a basso prezzo. Strategia a livello business basata sulla differenziazione: un’impostazione in base a cui l’organizzazione sfrutta le proprie competenze legate alla differenziazione per puntare al segmento di mercato che desidera dei prodotti differenziati venduti a un prezzo alto.

Strategia a livello business basata sul focus: la specializzazione su un segmento di mercato, che implica la concentrazione di tutte le risorse dell’organizzazione su quel segmento.

Tipi di strategie a livello business

IMPLICAZIONI DI DESIGN ORGANIZZATIVO PER LE STRATEGIE A LIVELLO BUSINESS: Il valore creato dall’organizzazione a livello business dipende dalla sua capacità di avvalersi delle proprie competenze distintive in modo da conseguire un vantaggio competitivo. Tale capacità è un prodotto del modo in cui l’organizzazione progetta la propria struttura. Dal punto di vista strategico, i fattori che incidono sulla scelta di una struttura volta al conseguimento di un vantaggio competitivo sono tre:

Man mano che l’organizzazione amplia la gamma dei prodotti avrà bisogno di esercitare un maggior controllo sullo sviluppo, il marketing e la produzione. Man mano che l’organizzazione cerca di individuare nuovi segmenti di clientela a cui vendere i suoi prodotti avrà bisogno di una struttura che le consenta di soddisfare le necessità del cliente. Man mano che lo sviluppo dei nuovi prodotti all’interno del suo settore accelera, l’organizzazione avrà bisogno di una struttura che accresca il grado di coordinamento fra le sue funzioni.

Caratteristiche della struttura organizzativa associata alle strategie a livello business basate sulla differenziazione e i costi bassi

LA STRATEGIA A LIVELLO BUSINESS E LA CULTURA ORGANIZZATIVA: La cultura organizzativa è un altro dei fattori cruciali che determinano la capacità di utilizzare efficacemente le risorse funzionali e organizzative. La sfida è quella di sviluppare dei valori estesi all’intera organizzazione e delle norme e regole specifiche, tutti elementi che consentono di abbinare e utilizzare al meglio le risorse funzionali. Le organizzazioni basate sulla leadership di costo devono sviluppare i valori dell’efficienza e della parsimonia. Le organizzazioni basate sulla differenziazione dei prodotti devono sviluppare i valori dell’innovazione, la qualità, l’eccellenza e l’unicità.

La strategia a livello corporate La strategia a livello corporate prevede la ricerca di nuovi domain in cui sfruttare e tutelare la capacità dell’organizzazione di creare valore grazie allo sfruttamento delle competenze distintive di cui è dotata sul fronte dei costi o della differenziazione.

Può portare ad una migliore redditività; INTEGRAZIONE VERTICALE: è una strategia in base a cui l’organizzazione controlla i propri fornitori (integrazione verticale a monte) o i propri distributori (integrazione verticale a valle) o li acquisisce tramite un takeover. In che modo l’integrazione verticale consente all’organizzazione di sfruttare o rafforzare le competenze distintive legate alla creazione di valore? Può portare ad una migliore redditività; Può garantire un risparmio sui costi di produzione; Può differenziare i prodotti; Può evitare comportamenti opportunistici da parte dei fornitori.

DIVERSIFICAZIONE CORRELATA: si verifica quando l’organizzazione entra in un nuovo domain nel quale ha la possibilità di sfruttare una o più delle competenze distintive di cui è dotata in modo da conseguire un vantaggio competitivo in quel domain sul fronte dei costi o della differenziazione. DIVERSIFICAZIONE NON CORRELATA: riguarda l’ingresso in un nuovo domain che non è correlato in alcun modo al core domain dell’organizzazione.

Strategie a livello corporate volte all’ingresso in nuovi domain

IMPLICAZIONI DI DESIGN ORGANIZZATIVO PER LE STRATEGIE A LIVELLO BUSINESS: Per le organizzazioni che operano in più di un ambito competitivo la struttura multidivisionale rappresenta la scelta più appropriata. Il ricorso a una serie di divisioni operative autosufficienti supportate da uno staff a livello corporate fornisce il grado di controllo di cui l’organizzazione ha bisogno per coordinare il trasferimento delle risorse fra le divisioni in modo che possano condividere le sue competenze distintive. La struttura multidivisionale presenta alcune varianti. Ciascuna di esse permette di godere dei benefici associati alla diversificazione correlata o a quella non correlata.

STRUTTURA CONGLOMERATA E DIVERSIFICAZIONE NON CORRELATA: Struttura conglomerata: una struttura in base a cui ogni area di business viene gestita all’interno di una divisione autosufficiente e non vi è alcun contatto fra le divisioni. STRUTTURE ADATTE ALLA DIVERSIFICAZIONE CORRELATA: La diversificazione correlata cerca di ottenere valore condividendo le risorse o trasferendo le competenze funzionali da una divisione all’altra, due processi che necessitano di un alto grado di coordinamento e integrazione. Essa richiede una comunicazione orizzontale fra le divisioni, nonché una comunicazione verticale fra le divisioni e la sede corporate. Di conseguenza, necessita di figure che svolgano un ruolo integrativo, nonché una serie di team di esperti funzionali al fine di coordinare le competenze e il trasferimento delle risorse.

Struttura conglomerata

La strategia a livello corporate e la cultura organizzativa I diversi valori culturali, le norme condivise, le regole e gli obiettivi aiutano le organizzazioni nel facilitare l’attuazione della strategia a livello corporate. Ogni organizzazione deve istituire una cultura che rafforzi e promuova la strategia che segue e la struttura su cui è basata.

L’implementazione della strategia in diversi passi La strategia globale può svolgere un ruolo cruciale nell’accentuazione del controllo di un’impresa sull’ambiente in cui opera. Vi sono quattro strategie principali che le imprese possono seguire quando iniziano a commercializzare i loro prodotti e a istituire delle strutture produttive all’estero: Strategia multidomestica o multinazionale: orientata verso la soddisfazione delle necessità locali –l’impresa decentra il controllo alle sussidiarie e le divisioni di ognuno dei paesi in cui opera al fine di realizzare i prodotti e personalizzarli in base ai mercati locali.

Strategia internazionale: basata sull’accentramento della R&S e il marketing in patria e il decentramento di tutte le altre funzioni legate alla creazione di valore alle unità di business dei diversi paesi. Strategia globale: orientata alla riduzione dei costi, che prevede l’accentramento di tutte le principali funzioni legate alla creazione di valore nel paese che offre i costi più bassi. Strategia transnazionale: studiata in modo che l’impresa possa soddisfare le esigenze dei diversi paesi e allo stesso tempo ridurre i costi – alcune funzioni vengono accentrate, mentre altre vengono decentrate nel paese che consente più di ogni altro di raggiungere entrambi gli obiettivi.

La scelta della struttura e dei sistemi di controllo volti alla gestione di un’impresa globale dipende da tre fattori: Le decisioni relative alla modalità di distribuzione e allocazione delle responsabilità e l’autorità fra i manager che lavorano presso la casa madre e quelli che lavorano all’estero al fine di mantenere un controllo efficace sulle attività globali dell’impresa. La scelta della struttura organizzativa che raggruppa le divisioni interne ed estere in modo tale da consentire il miglior utilizzo delle risorse e soddisfare più efficacemente le necessità dei clienti che operano in mercati diversi da quello domestico.

La scelta dei meccanismi di integrazione e controllo più appropriati, nonché della cultura organizzativa più utile a garantire l’efficace funzionamento della struttura globale complessiva.

Rapporto fra strategia e struttura in un ambiente internazionale

L’implementazione di una strategia multidomestica Quando un’impresa segue una strategia multidomestica, in genere si avvale di una struttura globale per aree geografiche, insieme di paesi, di solito chiamati “regioni” o singoli paesi. Ciò significa che replica tutte le attività di creazione del valore e istituisce una divisione estera in ognuno dei paesi o delle regioni del mondo in cui opera.

Quindi decentra l’autorità del management di ciascuna delle divisioni estere, che studia la strategia appropriata per soddisfare le esigenze dell’ambiente locale. Il management della sede corporate utilizza degli indicatori di mercato e degli output, come il ROI, l’aumento della quota di mercato e i costi di gestione, per valutare la performance delle divisioni estere.

Struttura globale per aree geografiche

L’implementazione della strategia internazionale Un’impresa che abbia molti prodotti o molte unità di business diverse deve far fronte al complesso problema di coordinare il flusso di prodotti all’interno dei diversi paesi. Per gestire tale trasferimento, molte organizzazioni ricorrono a una struttura globale per gruppi di prodotti e istituiscono una sede centrale per ogni gruppo di prodotti al fine di coordinare le attività delle divisioni interne ed estere relative ai diversi gruppi.

I direttori di prodotto hanno la responsabilità di organizzare tutti gli aspetti della creazione di valore a livello globale. I manager che lavorano all’estero sono controllati dal management della relativa divisione, e se i manager interni e quelli esteri si fanno concorrenza per accaparrarsi il controllo strategico, possono derivarne dei conflitti e una mancanza di cooperazione.

Struttura globale per gruppi di prodotti

L’implementazione di una strategia globale Quando un’impresa attua una strategia globale situa le attività di produzione e tutte le altre attività legate alla catena del valore nella nazione che le consente di accrescere l’efficienza e la qualità. Si trova quindi a dover far fronte ai problemi di coordinamento e integrazione delle attività globali. Deve trovare una struttura che le consenta di ridurre i costi burocratici associati al trasferimento delle risorse fra la sede centrale e le divisioni dei diversi paesi e le fornisca il controllo accentrato richiesto da una strategia globale.

Per molte imprese la soluzione è ancora quella di implementare una struttura globale per gruppi di prodotti. La struttura per gruppi di prodotti consente al management di stabilire il modo migliore per attuare una strategia globale – per esempio di decidere in quale paese svolgere ognuna delle attività legate alla catena del valore, come la produzione o la progettazione dei prodotti, allo scopo di accrescere l’efficienza.

L’implementazione della strategia transnazionale Struttura globale a matrice: Riduce la struttura globale dei costi; Differenzia le attività grazie al rafforzamento dell’innovazione e della rispondenza al cliente su scala globale; I manager a livello regionale o nazionale dirigono le attività locali; I team corporate di prodotto sono raggruppati per regione e rappresentati lungo l’asse orizzontale;

Prevede il decentramento del controllo ai manager esteri e offre loro una notevole flessibilità nella gestione delle questioni locali; Può fornire ai direttori corporate e ai direttori di prodotto il controllo accentrato di cui hanno bisogno per coordinare le attività aziendali a livello globale.

Struttura globale a matrice

La progettazione organizzativa, le competenze e la tecnologia CAPITOLO 9 La progettazione organizzativa, le competenze e la tecnologia

Obiettivi di apprendimento Capire che cos’è la tecnologia e qual è il suo impatto sull’efficacia dell’organizzazione. Discernere fra tre tipi di tecnologia che danno luogo a competenze diverse. Capire come e perché ogni tipo di tecnologia deve essere abbinato a una determinata tipologia di struttura organizzativa per garantire l’efficacia dell’organizzazione.

Comprendere l’impatto della tecnologia sulla cultura organizzativa. Prendere atto di come i progressi tecnologici e le nuove tecniche adibite alla gestione della tecnologia stiano contribuendo a un aumento dell’efficacia delle organizzazioni.

Che cos’è la tecnologia? La tecnologia è l’insieme delle competenze, le conoscenze, le capacità, le tecniche, i macchinari, i materiali, i computer, gli strumenti e le altre attrezzature che le persone utilizzano per cambiare o trasformare i materiali grezzi in prodotti e servizi di valore. All’interno dell’organizzazione, la tecnologia è strutturata su tre livelli: individuale, funzionale o dipartimentale e organizzativo.

LIVELLO INDIVIDUALE: la tecnologia corrisponde alle competenze, le conoscenze e le capacità possedute dalle singole persone. LIVELLO FUNZIONALE O DIPARTIMENTALE: le procedure e le tecniche sviluppate dai gruppi di lavoro allo scopo di svolgere il loro incarico danno vita a una serie di competenze che costituiscono la tecnologia. LIVELLO ORGANIZZATIVO: il modo in cui l’organizzazione trasforma gli input in output. PRODUZIONE DI MASSA: è la tecnologia organizzativa basata sulle competenze relative all’utilizzo di un assemblaggio standardizzato e progressivo volto alla fabbricazione dei prodotti. PRODUZIONE DI STAMPO ARTIGIANALE: è la tecnologia in base a cui i gruppi di lavoratori esperti interagiscono a stretto contatto e mettono in comune le loro competenze allo scopo di realizzare dei prodotti su misura.

La tecnologia e l’efficacia dell’organizzazione La tecnologia è presente in tutte le attività dell’organizzazione: input, trasformazione e output. INPUT: consente a ciascuna delle funzioni di curare il rapporto con gli stakeholder esterni in modo tale che l’organizzazione possa gestire efficacemente l’ambiente specifico in cui opera. TRASFORMAZIONE: trasforma gli input in output. OUTPUT: consente all’organizzazione di smaltire efficacemente i beni e i servizi finiti erogandoli agli stakeholder esterni.

Processi di input, trasformazione e output

La complessità tecnologica: la teoria di Joan Woodward La tecnologia viene detta programmata quando le procedure atte alla trasformazione degli input in output possono essere specificate in anticipo, in modo tale che le attività vengano standardizzate e il processo di lavoro diventi prevedibile.

COMPLESSITA’ TECNOLOGICA: ovvero la misura in cui può essere programmato un processo produttivo in modo da poter essere controllato e da diventare prevedibile. Si parla di: Alta complessità tecnologica: quando i processi di trasformazione possono essere programmati a priori e completamente automatizzati Bassa complessità tecnologica: quando i processi di trasformazione dipendono soprattutto dalle persone e dalle relative competenze e conoscenze, invece che dalle macchine.

Joan Woodward identificò dieci tipi di complessità tecnologica e li associò a tre tipi di tecnologia produttiva: La tecnologia per unità e piccole serie; La tecnologia per grandi serie e di massa; La tecnologia a ciclo continuo.

Comporta dei costi di gestione relativamente alti; TECNOLOGIA PER UNITA’ E PICCOLE SERIE: Riguarda la realizzazione di prodotti su misura, di pezzi unici, oppure di piccole quantità di prodotti; Il processo di trasformazione è flessibile in quanto il lavoratore riadatta continuamente le tecniche in modo da soddisfare le richieste dei singoli clienti; Comporta dei costi di gestione relativamente alti; È quella caratterizzata dalla complessità tecnologica più bassa.

È caratterizzata da una maggiore complessità tecnologica. TECNOLOGIA PER GRANDI SERIE E DI MASSA: Riguarda la realizzazione di grandi volumi di prodotti standardizzati (come autovetture, lamette da barba, lattine di alluminio e bibite gassate); Le attività lavorative vengono standardizzate e il processo produttivo risulta altamente controllabile; Consente all’organizzazione di risparmiare sui costi di produzione e offrire prezzi di vendita più bassi; È caratterizzata da una maggiore complessità tecnologica.

La complessità tecnologica raggiunge il culmine. TECNOLOGIA A CICLO CONTINUO: La caratteristica distintiva della tecnologia è la fluidità gestionale; La produzione procede con delle variazioni minime negli output, e si ferma raramente Il compito dei dipendenti è soprattutto quello di affrontare e risolvere le situazioni anomale; Raggiunge una maggiore efficienza tecnologica rispetto alla produzione di massa in quanto è più meccanizzata e automatizzata, e di conseguenza risulta più prevedibile e facile da controllare; La complessità tecnologica raggiunge il culmine.

La complessità tecnologica e i tre tipi di tecnologia

Complessità tecnologica e implicazioni di progettazione organizzativa Le organizzazioni che si avvalgono di una tecnologia per piccole serie: Problema dell’impossibilità di programmare le attività di trasformazione, in quanto la produzione dipende dalle competenze e le esperienze delle persone che collaborano al processo produttivo; La struttura più adatta alla tecnologia per unità e piccole serie è una struttura organica in cui i manager e i dipendenti lavorano a stretto contatto per coordinare le attività in modo da soddisfare le mutevoli esigenze lavorative.

Le organizzazioni che impiegano la tecnologia di produzione di massa: Possibilità di programmare a priori le attività consente di standardizzare il processo produttivo e far sì che diventi possibile; La struttura di massa diventa la più appropriata in vista del controllo del processo di lavoro e la struttura organizzativa diventa più ampia e più stratificata.

Le organizzazioni che impiegano la tecnologia a ciclo continuo: Le attività possono essere programmate a priori e il processo di lavoro è prevedibile e controllabile dal punto di vista tecnologico; C’è sempre il rischio di un grave blocco del sistema; La struttura organica è quella più adatta alla gestione di una tecnologia a ciclo continuo, in quanto il fatto che possano verificarsi degli eventi inaspettati richiede all’organizzazione di potervi rispondere con flessibilità e in tempi rapidi.

Complessità tecnologica e struttura organizzativa

L’imperativo tecnologico Le scoperte di Woodward, suggeriscono con evidenza che la tecnologia sia un fattore che incide in modo rilevante sulla progettazione della struttura organizzativa. Esse implicano che se l’impresa impiega una determinata tecnologia, debba adottare un determinato tipo di struttura per assicurarsi di essere efficace. La scuola di Aston sostiene che la tecnologia è solo una determinante della struttura La dimensione dell’organizzazione incide più della tecnologia sulla struttura prescelta

Attività di routine e attività complesse: la teoria di Charles Perrow Secondo Charles Perrow, la differenza fra le attività e le tecnologie di routine e quelle non di routine, ovvero complesse, dipende da due fattori: La variabilità L’analizzabilità

Variabilità e analizzabilità delle attività VARIABILITA’ DI UN’ATTIVITA’: corrisponde al numero di eccezioni – ovvero di situazioni inedite o inaspettate – in cui una persona si imbatte mentre svolge un’attività. La variabilità è alta quando una persona può aspettarsi di incontrare molte situazioni o molti problemi inediti mentre svolge l’attività in questione; La variabilità è bassa quando l’attività è ripetitiva o altamente standardizzata cosicché il lavoratore si imbatte continuamente nelle stesse situazioni.

L’analizzabilità è alta quando l’attività è di routine. ANALIZZABILITA’ DI UN’ATTIVITA’: corrisponde alla misura in cui bisogna effettuare delle ricerche allo scopo di risolvere un problema. L’analizzabilità è alta quando l’attività è di routine.

I quattro tipi di tecnologia PRODUZIONE DI ROUTINE: è caratterizzata da una bassa variabilità e un’alta analizzabilità delle attività. PRODUZIONE DI STAMPO ARTIGIANALE: sia la variabilità delle attività sia la loro analizzabilità è bassa. PRODUZIONE INGEGNERISTICA: sia la variabilità delle attività che l’analizzabilità sono alte. RICERCA CHE ESULA DALLA ROUTINE: caratterizzata da un’alta variabilità e una bassa analizzabilità delle attività.

La variabilità delle attività, l’analizzabilità delle attività e i quattro tipi di tecnologia

Tecnologia di routine e struttura organizzativa Quando l’impresa adotta una tecnologia di routine, i dipendenti svolgono delle attività chiaramente definite in base a regole e procedure ben consolidate. Struttura meccanica

Tecnologia che esula dalla routine e struttura organizzativa Quando l’impresa impiega una tecnologia che esula dalla routine deve sviluppare una struttura che consenta ai dipendenti di reagire rapidamente alle eccezioni, e di sviluppare delle nuove procedure in modo da adattarsi rapidamente alle mutevoli condizioni. Struttura organica

Attività di routine/non di routine e progettazione organizzativa

Rapporti di interdipendenza delle attività: la teoria di James D Rapporti di interdipendenza delle attività: la teoria di James D. Thompson La visione di Thompson si occupa principalmente dell’impatto dei rapporti di interdipendenza delle attività, ovvero le correlazioni interne fra le diverse attività svolte dall’organizzazione, sulla tecnologia e la struttura. Thompson identificò tre tipi di tecnologia: Tecnologia di mediazione Tecnologia di concatenamento Tecnologia intensiva

Tecnologia di mediazione e interdipendenza generica TECNOLOGIA DI MEDIAZIONE: è caratterizzata da un processo di lavoro in cui ciascuna delle attività previste nelle fasi di input, trasformazione e output può essere svolta indipendentemente dalle altre. E’efficace nella gestione delle interdipendenze generiche pooled, nel senso che ogni componente organizzativa –che si tratti di una persona, un team o un dipartimento –contribuisce separatamente alla performance complessiva dell’organizzazione.

Tecnologia di concatenamento e interdipendenza sequenziale TECNOLOGIA DI CONCATENAMENTO: è basata su un processo di lavoro in cui le attività legate alla fase di input, trasformazione e output devono essere svolte in sequenza. Questa tecnologia è efficace nella gestione delle interdipendenze sequenziali, il che significa che le azioni di una persona o un dipartimento incidono direttamente su quelle di un’altra persona o dipartimento, pertanto il lavoro non può essere portato a termine consentendo a ciascuno di operare indipendentemente dagli altri. Slack resource: risorse in eccesso o in surplus che accrescono la capacità dell’organizzazione di affrontare le situazioni inaspettate.

La tecnologia intensiva e l’interdipendenza reciproca TECNOLOGIA INTENSIVA: è caratterizzata da un processo di lavoro in cui le attività legate alla fase di input, quella di trasformazione e quella di output sono inseparabili. È basata sull’interdipendenza reciproca delle attività. Le attività di tutti i dipendenti e di tutti i dipartimenti sono legate da una totale dipendenza reciproca. Specializzazione: la produzione di una gamma limitata di output.

L’interdipendenza delle attività e i tre tipi di tecnologia

Dalla produzione di massa alla tecnologia di produzione avanzata La produzione di massa tradizionale è basata su: Utilizzo di macchinari dedicati: ovvero macchinari che possono svolgere solo un’operazione alla volta e dedicati a produrre una gamma ristretta di prodotti. Impiego di lavoratori fissi: ovvero dei lavoratori che seguono delle procedure di lavoro standardizzate, e pertanto accrescono il grado di controllo sul processo di trasformazione da parte dell’organizzazione.

La produzione di massa: Cerca di ridurre i costi tutelando il processo di trasformazione dalle incertezze che derivano dai turbamenti dell’ambiente esterno. Pregiudica notevolmente la flessibilità dell’organizzazione. A volte si usa il termine automazione rigida (fixed automation) per descrivere l’approccio tradizionale all’organizzazione del processo produttivo. La compresenza di macchinari delicati, lavoratori che svolgono solo una ristretta gamma di attività fisse e la grande quantità di scorte in magazzino, fanno si che risulta molto costoso e difficile iniziare a fabbricare dei prodotti di tipo diverso quando cambiano le preferenze della clientela.

Il flusso di lavoro

La tecnologia di produzione avanzata: le innovazioni emerse nell’ambito della tecnologia dei materiali TECNOLOGIA DI PRODUZIONE AVANZATA: (detta anche ATM, advanced manufacturing technology) è una tecnologia che consiste in una serie di innovazioni nell’ambito della tecnologia dei materiali e della tecnologia della conoscenza che trasformano il processo di lavoro seguito dalle organizzazioni dedite alla produzione di massa tradizionale. TECNOLOGIA DEI MATERIALI: comprende i macchinari, le attrezzature di altro genere e i computer. L’organizzazione, nell’ambito dell’ATM, cerca attivamente di accrescere la propria capacità di integrare o coordinare il flusso delle risorse tra le attività previste nelle fasi di input, trasformazione e output.

Il computer – aided design Il Computer - aided design (CAD): è una tecnica di produzione avanzata che semplifica notevolmente il processo di progettazione. Il CAD consente di progettare un nuovo componente o microcircuito visualizzandolo sul monitor di un computer e successivamente basta premere un bottone, non per stampare le specifiche del componente ma per produrlo concretamente.

Il computer – aided material management Computer - aided material management (CAMM): è una tecnica di produzione avanzata che viene impiegata per governare il flusso delle materie prime e dei componenti nel processo di trasformazione, definire la programmazione produttiva e tenere sotto controllo il magazzino. Il computer – aided material management consente di seguire l’approccio pull. Il flusso dei materiali di input è governato dalle richieste dei clienti, relative alla fornitura dei prodotti finiti; pertanto gli input vengono “tirati” (pulled) nel processo di trasformazione a seguito di una trazione proveniente dalla fase di output.

Just in time inventory system Just - in - time inventory system (sistema JIT): è un sistema che prevede che gli input e i componenti richiesti per la produzione vengano erogati al processo di conversione solo nel momento esatto in cui ce n’è bisogno, né prima né dopo, in modo tale che le scorte degli input a magazzino siano mantenute a un livello minimo. Affinché il just-in-time inventory system funzioni correttamente l’organizzazione deve utilizzare il CAMM in quanto consente di comunicare tramite computer con i fornitori. Il sistema JIT accresce l’interdipendenza delle attività previste nelle diverse fasi del ciclo di produzione.

Il just-in-time inventory system

Tecnologia di produzione flessibile e computer – integrated manufacturing TECNOLOGIA DI PRODUZIONE: consente la produzione di molti tipi di componenti a un costo equivalente, o leggermente superiore, a opera dello stesso macchinario. Ognuno dei macchinari è in grado di svolgere una gamma di operazioni diverse, e i macchinari posti in sequenza possono variare le attività che svolgono in modo che si possa produrre un’ampia varietà di componenti diversi.

Esso comprende una serie di computer programmati in modo tale da: COMPUTER-INTEGRATED MANUFACTURING: è una tecnica di produzione avanzata che governa il passaggio da un’attività all’altra in base ai comandi dati ai macchinari tramite un apposito software. Esso comprende una serie di computer programmati in modo tale da: Fornire i componenti ai macchinari; Assemblare il prodotto a partire dai componenti e trasferirlo da un macchinario all’altro; Trasportare il prodotto finale dall’ultimo macchinario all’area spedizioni. Un aspetto essenziale del CIM è l’utilizzo dei robot.

Tipi e forme di cambiamento organizzativo CAPITOLO 10 Tipi e forme di cambiamento organizzativo

Obiettivi di apprendimento Comprendere il rapporto fra il cambiamento organizzativo, la ristrutturazione e l’efficacia organizzativa. Distinguere le principali forme o tipi di cambiamento incrementale e radicale che le organizzazioni devono fronteggiare. Riconoscere i problemi legati alla gestione dei cambiamenti e gli ostacoli da superare. Descrivere il processo di cambiamento e comprendere le tecniche che possono essere utili per aiutare un’organizzazione a ottenere il successo desiderato.

Che cos’è il cambiamento organizzativo? Il cambiamento organizzativo è il processo attraverso il quale le organizzazioni modificano la loro condizione presente in una futura per accrescere la loro efficacia. Lo scopo del cambiamento organizzativo pianificato è quello di trovare nuovi metodi per utilizzare le risorse e le competenze, allo scopo di aumentare la capacità dell’organizzazione di creare valore e accrescere il valore creato per gli azionisti.

Obiettivi del cambiamento Il cambiamento organizzativo pianificato è normalmente finalizzato ad accrescere l’efficacia a uno o più dei quattro livelli: risorse umane, risorse funzionali, tecnologia e organizzazione. RISORSE UMANE: le persone con il loro capitale di conoscenze, abilità e motivazione, rappresentano un cruciale “capitale” a disposizione di un’organizzazione.

Dal momento che queste competenze e abilità conferiscono a un’organizzazione il vantaggio competitivo, le organizzazioni devono continuamente monitorare le loro strutture per individuare il modo più efficace per motivare e organizzare le risorse umane al fine di acquisire e usare le loro competenze.

Gli sforzi più comuni diretti al cambiamento nel campo delle risorse umane riguardano: Nuovi investimenti in attività di formazione e sviluppo affinché gli impiegati acquisiscano nuove competenze e abilità; Far si che gli impiegati familiarizzino con la cultura organizzativa in modo tale che imparino i nuovi processi, i nuovi ruoli, le nuove routine e le nuove regole; Continuo esame del modo in cui il sistema di promozione e di ricompensa opera nel contesto di una forza lavoro diversificata; Cambiamento della composizione del top management per migliorare l’apprendimento organizzativo e il decision making.

RISORSE FUNZIONALI: Man mano che l’ambiente cambia, le organizzazioni trasferiscono le risorse verso funzioni che consentono di creare il maggior valore possibile. Un’organizzazione può accrescere il valore creato dalle sue funzioni cambiando la propria struttura, la propria cultura, la propria tecnologia. TECNOLOGIA: La tecnologia dà all’organizzazione enormi possibilità di cambiamento nell’ottica di sfruttare le opportunità di mercato. A livello di organizzazione è necessario fornire il contesto che consente all’azienda di tradurre le proprie competenze tecnologiche in valore per i propri azionisti.

ORGANIZZAZIONE: I cambiamenti nella struttura e nella cultura hanno luogo a tutti i livelli dell’organizzazione e comprendono il cambiamento delle routine che il singolo utilizza per accogliere i clienti, dei rapporti all’interno dei gruppi di lavoro, l’accrescimento dell’integrazione fra i diversi reparti e il cambiamento della cultura aziendale attraverso la sostituzione del top management. Questi quattro livelli su cui può avvenire il cambiamento sono ovviamente interdipendenti; spesso infatti è impossibile cambiarne uno senza che anche gli altri subiscano dei cambiamenti.

Spinte e resistenze al cambiamento organizzativo L’ambiente organizzativo è in continuo cambiamento, e un’organizzazione deve adattarsi a questi cambiamenti se vuole sopravvivere. SPINTE AL CAMBIAMENTO: Nell’ambiente esterno, sono molte le istanze che hanno un impatto sull’organizzazione, e riconoscere questi elementi è uno dei compiti più importanti del manager. Se infatti i manager sono lenti nel rispondere alle spinte competitive, economiche, politiche, globali e di altro genere, l’organizzazione rimarrà indietro rispetto ai suoi concorrenti.

SPINTE COMPETITIVE: Le organizzazioni si sforzano continuamente di ottenere vantaggi dal punto di vista competitivo. La competizione costituisce una spinta per il cambiamento perché, se un’organizzazione non raggiunge o sorpassa i suoi concorrenti quanto a efficienza, qualità o capacità di innovare nuovi o migliorati prodotti o servizi, non può sopravvivere.

SPINTE ECONOMICHE, POLITICHE E GLOBALI: Le spinte economiche, politiche e globali influenzano continuamente le organizzazioni e obbligano a cambiare i loro metodi e luoghi di produzione di merci e servizi. Le unioni economico-politiche fra le nazioni stanno diventando sempre più una spinta al cambiamento. Altre sfide globali per le organizzazioni sono costituite dalla necessità di modificare la struttura organizzativa per consentire l’espansione nei mercati esteri, dal bisogno di adattarsi a una grande varietà di culture nazionali e aiutare i propri manager all’estero ad adattarsi ai valori economici, politici e culturali della nazione nella quale vivono e lavorano.

SPINTE DEMOGRAFICHE E SOCIALI: Gestire una forza lavoro diversificata è una delle sfide più impegnative che si presentano alle organizzazioni. I cambiamenti nella composizione della forza lavoro e la crescente diversità degli impiegati presentano molte sfide e opportunità. Le organizzazioni stanno sempre più accettando che la più importante fonte di vantaggio competitivo e di efficacia organizzativa sta nell’utilizzare appieno le competenze dei loro impiegati, dando loro l’autonomia di prendere decisioni importanti e significative.

SPINTE ETICHE: È fondamentale che un’organizzazione si muova nel senso della promozione di un comportamento etico davanti alle crescenti richieste di carattere governativo, politico e sociale rispetto a una politica aziendale più responsabile e onesta. Molte aziende hanno creato dunque la figura dell’ethics officer, una persona cui gli impiegati possono riportare le inadempienze di carattere etico commesso dai manager e dai lavoratori di un’organizzazione, e che possono consultare per ricevere consigli su difficili questioni etiche.

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO: Una delle principali ragioni dell’incapacità di alcune organizzazioni di cambiare, sta nell’inerzia organizzativa, vale a dire la tendenza di un’organizzazione a mantenere lo status quo. La resistenza al cambiamento diminuisce l’efficacia organizzativa e riduce la possibilità di sopravvivenza. Le resistenze o gli impedimenti al cambiamento che causano inerzia si ritrovano a livello organizzativo, di gruppo e individuale.

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO A LIVELLO ORGANIZZATIVO: All’interno di un’organizzazione sono molte le forze che rendono difficile adeguarsi alle condizioni che cambiano nell’ambiente circostante. A livello organizzativo, gli impedimenti più potenti al cambiamento comprendono il potere e il conflitto, le differenze di orientamento funzionale, struttura meccanica e cultura organizzativa. POTERE E CONFLITTO: Il cambiamento comporta, di solito, dei benefici per alcuni individui, funzioni o unità organizzative a spese di altri. Quando il cambiamento porta con sé lotte di potere e conflitto organizzativo, è probabile che l’organizzazione opponga resistenza.

DIFFERENZE NELL’ORIENTAMENTO FUNZIONALE: Spesso le diverse divisioni e i diversi reparti vedono con occhi diversi uno stesso problema, proprio perché lo considerano solo dal loro punto di vista. Questa visione “a tunnel” non fa che aumentare l’inerzia organizzativa, perché l’organizzazione deve spendere tempo ed energia nel mettere a fuoco la fonte del problema prima di poter anche solo considerare in che modo l’organizzazione dovrebbe cambiare per far fronte al problema stesso.

CULTURA ORGANIZZATIVA: STRUTTURA MECCANICA: Le strutture meccaniche e burocratiche sono le più resistenti ai cambiamenti. Dalle persone che lavorano in queste tipologie di organizzazione ci si aspetta un determinato comportamento ed è improbabile che sviluppino la capacità di adattare il loro comportamento al mutamento delle condizioni esterne. CULTURA ORGANIZZATIVA: Se il cambiamento organizzativo entra in conflitto con i valori e le norme consolidati e obbliga gli individui a cambiare le loro azioni e il modo in cui le eseguono, la cultura dell’organizzazione opporrà resistenza al cambiamento.

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO A LIVELLO DI GRUPPO: Molti gruppi sviluppano rigide regole informali che specificano i comportamenti appropriati e inappropriati, e governano le interazioni fra i membri propri. Spesso, il cambiamento altera le suddivisioni dei compiti e i rapporti all’interno di un gruppo consolidato e, quando ciò accade, si infrangono le regole del gruppo e le aspettative non scritte che i suoi componenti hanno rispetto agli altri. La coesione e l’attrattiva di un gruppo per i suoi membri influenzano anche la performance del gruppo stesso.

Il groupthink o pensiero di gruppo è una modalità di assunzione delle decisioni che ha luogo in un gruppo coeso quando i suoi membri sminuiscono l’importanza delle informazioni negative o contrarie alla “visione” della maggioranza del gruppo, allo scopo di arrivare necessariamente a un consenso unanime.

RESISTENZE AL CAMBIAMENTO A LIVELLO INDIVIDUALE: Ci sono diverse ragioni per le quali, nell’ambito di un’organizzazione, gli individui potrebbero essere inclini a resistere al cambiamento: Le persone tendono a resistere al cambiamento perché provano un senso di incertezza e insicurezza quanto ai risultati del cambiamento stesso. C’è una generale tendenza nelle persone a percepire le informazioni in maniera selettiva e coerente con la visione che hanno dell’organizzazione.

Così quando avviene il cambiamento, le persone tendono a focalizzarsi soltanto su come esso influirà su di loro, sulle loro mansioni o sulla loro unità di appartenenza, tralasciando l’impatto generale. L’abitudine e la preferenza per azioni ed eventi imprevedibili sono ulteriori impedimenti al cambiamento.

LA TEORIA DEL CAMPO DI FORZA DI LEWIN SUL CAMBIAMENTO: Un’ampia gamma di forze fa si che un’organizzazione resista al cambiamento e contemporaneamente un’altrettanto ampia serie di forze spinge le organizzazioni verso il cambiamento stesso. Il ricercatore Kurt Lewin secondo la sua teoria del campo di forza ha affermato che queste due serie di forze sono sempre in opposizione all’interno di un’organizzazione. Quando le forze sono perfettamente bilanciate, l’organizzazione è in uno stato di inerzia e non cambia.

Per ottenere il cambiamento organizzativo, i manager devono trovare il modo di accrescere le spinte al cambiamento, ridurre la resistenza al cambiamento o operare entrambe allo stesso momento. Una qualunque di queste strategie supererà lo stato di inerzia e porterà al cambiamento organizzativo.

Il cambiamento incrementale e il cambiamento radicale nelle organizzazioni Ci sono diversi tipi di cambiamento che i manager possono mettere in pratica per aiutare le loro organizzazioni a raggiungere gli obiettivi futuri desiderati. I cambiamenti si suddividono in due grandi categorie: il cambiamento incrementale e il cambiamento radicale.

Il cambiamento incrementale è graduale, progressivo e minuzioso. È un tipo di cambiamento che non prevede un’alterazione drastica o improvvisa delle caratteristiche fondamentali della strategia o della struttura di un’organizzazione, ma un continuo tentativo di migliorare, adattare e aggiustare le strategie e le strutture in modo incrementale per adattarsi ai cambiamenti che avvengono nell’ambiente. Il cambiamento incrementale viene messo in atto per gradi, progressivamente.

Il cambiamento radicale è rapido, drastico e di ampia portata. Esso comporta un coraggioso tentativo di trovare rapidamente dei nuovi modi per essere efficaci. È probabile che contempli un cambiamento radicale nel modo di fare le cose, dei nuovi obiettivi e una nuova struttura. Ha ripercussioni a tutti i livelli dell’organizzazione: dell’azienda, dei reparti, delle funzioni, dei gruppi e degli individui. Tre importanti strumenti del cambiamento radicale sono: la reingegnerizzazione dei processi, la ristrutturazione e l’innovazione organizzativa.

GLI SVILUPPI NEL CAMBIAMENTO INCREMENTALE: LA TEORIA DEI SISTEMI SOCIOTECNICI La teoria dei sistemi sociotecnici è una teoria che propone l’importanza di cambiare i ruoli e i compiti, o le relazioni tecniche per accrescere l’efficacia dell’organizzazione. Secondo tale teoria, i manager devono adattare o “ottimizzare congiuntamente” i meccanismi del sistema tecnico e di quello sociale di un’organizzazione per promuoverne l’efficacia. Uno scarso adeguamento fra la tecnologia di un’organizzazione e il sistema sociale conduce al fallimento, mentre un adeguamento preciso porta al successo. Quando i manager cambiano i rapporti di compito e di ruolo, devono tener presente la necessità di aggiustare in modo graduale i sistemi tecnici e sociali, in modo tale che le norme e la coesione del gruppo non vengano turbate.

TOTAL QUALITY MANAGEMENT (TQM): È uno sforzo continuo e incessante da parte di tutte le funzioni di un’organizzazione per trovare nuovi metodi per migliorare la qualità delle merci e dei servizi dell’organizzazione. Una volta che un’organizzazione adotta il TQM, esso conduce a un cambiamento continuo e incrementale, e ci si aspetta che tutte le funzioni collaborino le une con le altre per migliorare la qualità. I gruppi di confronto aziendali sono quei gruppi di lavoratori che si incontrano regolarmente per discutere il modo in cui il lavoro viene eseguito e trovare nuovi modi per migliorare la resa.

Le aziende che scelgono di adottare il tipo di cambiamento continuo e incrementale derivante dall’implementazione dei programmi di TQM sono sempre di più. Tuttavia, implementare un programma di TQM non è sempre facile, dal momento che esso obbliga lavoratori e manager ad adottare nuovi punti di vista sul loro ruolo in un’organizzazione. È importante che i lavoratori, come i manager, possano condividere i maggiori profitti che i programmi TQM di successo possono garantire. Il TQM è un processo incrementale che porta dei frutti solo quando diventa uno stile di vita all’interno di un’organizzazione.

LAVORATORI E TEAM DI LAVORO FLESSIBILI: Un team di lavoro flessibile è un gruppo di lavoratori e quadri che si assume la responsabilità di eseguire tutte le operazioni necessarie per completare una specifica fase nel processo di produzione. I lavoratori della linea di produzione che in precedenza erano responsabili solo dei compiti loro assegnati vengono ora collocati in gruppi e si vedono conferire la responsabilità comune per uno stadio del processo produttivo. I vari team assemblano i diversi componenti e li forniscono al team che si occupa del prodotto finito, che assembla il prodotto finale.

Tutti i membri di un team sono spesso responsabili della selezione di nuove leve, persone che ritengono adatte al team. In questo modo nasce la cultura del team work. In questo sistema, il ruolo dei manager si trasforma profondamente e non è più quello di monitorare e supervisionare le attività dei team di lavoro, ma si facilitare le attività dei team e fare tutto ciò che possono per consentire ai team di sviluppare le procedure migliorate.

LA REINGEGNERIZZAZIONE DEI PROCESSI (PROCESS REENGINEERING) La reingegnerizzazione comporta un fondamentale ripensamento e una radicale riprogettazione dei processi di business, per ottenere sostanziali miglioramenti nei principali parametri di valutazione della performance, come i costi, la qualità, il servizio e la velocità. Piuttosto che focalizzarsi sulle funzioni di un’organizzazione, i manager di un’organizzazione reingegnerizzata devono focalizzarsi sui processi. Sono questi ultimi, infatti, e non le organizzazioni, che costituiscono l’oggetto della reingegnerizzazione.

Un processo è un insieme di attività, funzionali e/o interfunzionali, tra loro significativamente correlate, svolte da attori a diversi livelli organizzativi , attività che aggiungono valore nella creazione di prodotti e/o servizi destinati a un cliente finale, interno o esterno all’organizzazione. Le organizzazioni che intraprendono una reingegnerizzazione ignorano deliberatamente la consueta suddivisione dei compiti, l’assegnazione dei ruoli e delle attività lavorative. Esse danno avvio al processo di reingegnerizzazione in una logica “client driver”, dove la generazione del massimo valore possibile per il cliente diviene il criterio di valutazione per qualsiasi cambiamento.

La domanda chiave alla base di un processo di reingegnerizzazione è: “Come possiamo riorganizzare il modo in cui lavoriamo e i nostri processi per fornire al cliente merci e servizi della migliore qualità al minor prezzo possibile?” Le tre regole per attuare con successo una reingegnerizzazione sono: Organizzarsi sui risultati, non sui compiti. Fare in modo che chi deve utilizzare gli output del processo produttivo sia anche chi mette in atto il processo stesso. Decentralizzare il decision making.

E-ENGINEERING Il termine “e-engineering” si riferisce ai tentativi delle aziende di utilizzare ogni tipo di sistema informativo per migliorare la propria performance. Esso può cambiare il modo in cui un’azienda organizza le sue funzioni di creazione del valore e le lega al miglioramento della performance.

RISTRUTTURAZIONE Fa riferimento al processo attraverso il quale i manager cambiano le relazioni tra compiti e autorità, riprogettando la struttura e la cultura organizzativa per migliorare l’efficacia organizzativa. Un altro tipo di ristrutturazione organizzativa è il downsizing, il processo attraverso il quale le organizzazioni cercano di ottimizzare la gerarchia organizzativa e licenziano dei lavoratori e dei manager per abbattere i costi. INNOVAZIONE È l’uso efficiente di competenze e risorse per creare nuove tecnologie o nuovi beni e servizi in modo tale che un’organizzazione possa cambiare e rispondere meglio ai bisogni del cliente. L’innovazione è uno degli strumenti di cambiamento più difficili da gestire.

Gestione del cambiamento: la ricerca intervento La teoria di Lewin ha analizzato il modo in cui i manager possono apportare il cambiamento alle loro organizzazioni. Secondo Lewin, l’implementazione del cambiamento è un processo in tre fasi: Scongelare l’organizzazione dal suo stato attuale; Attuare il cambiamento; Ricongelare l’organizzazione nel suo nuovo stato desiderato in modo tale che i suoi membri non ritornino alle precedenti abitudini lavorative e comportamenti legati a ruoli.

La ricerca intervento è una strategia finalizzata a generare e acquisire conoscenza che i manager possano usare per definire lo stato futuro desiderato da un’organizzazione e per pianificare un programma di cambiamento che consenta all’organizzazione di raggiungere questo stato.

DIAGNOSI DELLO STATO DELL’ORGANIZZAZIONE: Il primo passo della ricerca intervento prevede che i manager riconoscano l’esistenza di un problema che necessita di soluzione e prendano coscienza del fatto che alcuni tipi di cambiamento sono necessari per risolvere i problemi. Il riconoscimento della necessità di un cambiamento sorge quando qualcuno all’interno dell’organizzazione percepisce una lacuna fra la performance desiderata e quella in corso. Nella prima fase, i manager devono analizzare ciò che sta avvenendo e perché si stanno analizzando i problemi, distinguendo fra sintomi e cause.

DETERMINARE LO STATO FUTURO DESIDERATO I manager elaborano diverse strategie alternative che potrebbero spostare l’organizzazione verso la condizione desiderata e determinare quale tipo di cambiamento implementare . Identificare lo stato futuro desiderato prevede decidere quale dovrebbero essere la strategia e la struttura dell’organizzazione.

IMPLEMENTARE L’AZIONE Implementare l’azione è il terzo passo della ricerca intervento e consiste a sua volta in un processo in tre fasi: I manager devono identificare i possibili ostacoli che incontreranno quando cominceranno a mettere in pratica il cambiamento: impedimenti a livello dell’ organizzazione, dei gruppi o degli individui. Decidere chi sarà il responsabile per la vera e propria realizzazione dei cambiamenti e del controllo del processo di cambiamento. La scelta è fra l’impiegare degli agenti esterni di cambiamento, cioè dei consulenti esterni che siano esperti di gestione del cambiamento, o degli agenti interni di cambiamento, dei manager appartenenti all’organizzazione che siano ben al corrente della situazione, o una combinazione di entrambe le soluzioni.

Decidere quale specifica strategia di cambiamento sarà più efficace per scongelare, cambiare e ricongelare in maniera efficiente i cambiamenti all’interno dell’organizzazione. I tipi di cambiamento originati da queste tecniche sono classificati in due categorie: dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Il cambiamento dall’alto verso il basso è un cambiamento che viene implementato dai manager ad alto livello dell’organizzazione, ed è il risultato di una radicale ristrutturazione e reingegnerizzazione dell’organizzazione. Il cambiamento dal basso verso l’alto è quel cambiamento che viene implementato dagli impiegati ai livelli più bassi dell’organizzazione e gradualmente sale di livello fino a essere percepito in tutta l’azienda.

VALUTARE L’AZIONE Il quarto passo nella ricerca intervento consiste nel valutare l’azione che è stata intrapresa e determinare il grado in cui i cambiamenti hanno sortito gli effetti desiderati. Il management decide se è necessario un maggiore cambiamento per raggiungere lo stato futuro desiderato per l’organizzazione o se serva un maggiore sforzo per ricongelare l’organizzazione nel suo nuovo stato. Il modo migliore per valutare il processo di cambiamento è quello di sviluppare dei parametri o criteri che consentono ai manager di stabilire se l’organizzazione ha raggiunto gli obiettivi desiderati.

ISTITUZIONALIZZARE LA RICERCA INTERVENTO Le organizzazioni decidono di istituzionalizzare la ricerca intervento, cioè renderla un’abitudine richiesta o una norma adottata da ciascun membro dell’azienda. L’istituzionalizzazione della ricerca intervento è necessaria tanto agli alti livelli dell’organizzazione quanto presso la forza lavoro. Dal momento che il cambiamento è così difficile e richiede così tanti sforzi per essere implementato, i membri a ogni livello dell’organizzazione devono ricevere una ricompensa per il loro impegno. I top manager possono essere premiati con pacchetti azionari e bonus di produzione; I lavoratori di grado inferiore con un piano azionariato per i dipendenti, premi di produzione e paghe proporzionate alle performance individuale o del gruppo.

Sviluppo organizzativo Lo sviluppo organizzativo (SO) di un’organizzazione è una serie di tecniche e metodi che i manager possono utilizzare nel programma di ricerca intervento per accrescere l’adattabilità della loro organizzazione. L’SO fa riferimento a una “complessa strategia educativa volta a cambiare le tendenze, le abitudini, i valori e la struttura delle organizzazioni, in modo tale che esse possano meglio adattarsi alle nuove tecnologie, ai mercati e alle sfide, oltre che ai vertiginosi tassi di cambiamento stesso. Lo scopo dell’SO è migliorare l’efficacia organizzativa e aiutare i membri delle organizzazioni a raggiungere il loro potenziale e i loro scopi e obiettivi.

TECNICHE DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO PER AFFRONTARE LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO Le tattiche che i manager possono utilizzare per ridurre la resistenza al cambiamento comprendono l’educazione e la comunicazione, la partecipazione e l’empowerment, la facilitazione, la contrattazione e la negoziazione, la manipolazione e la coercizione. EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE Attraverso l’educazione e la comunicazione, gli agenti del cambiamento interni ed esterni possono fornire ai membri dell’organizzazione le informazioni necessarie sul cambiamento e su come esso influirà su di loro. Gli agenti del cambiamento possono comunicare queste informazioni nel corso di incontri di gruppo formali, attraverso dei memo, in occasione di incontri individuali e, sempre di più, attraverso dei mezzi elettronici quali e-mail o video-conferenza.

PARTECIPAZIONE ED EMPOWERMENT Sono i due elementi chiave della maggior parte dei programmi di TQM. La partecipazione è complementare all’empowerment, accresce il coinvolgimento dei lavoratori nel processo decisionale e dà loro maggiore autonomia di cambiare le procedure lavorative per migliorare la performance organizzativa. Per incoraggiare i lavoratori a condividere le loro competenze e i loro talenti, le organizzazioni stanno sempre più spesso aprendo i loro libri contabili per informarli sulle condizioni finanziarie dell’azienda. Alcune organizzazioni usano i piani di azionariato per i dipendenti (employee stock-ownership plans ESOPs) per motivare e ricompensare gli impiegati, e per incanalare loro la dedizione verso il cambiamento.

FACILITAZIONE I manager e i lavoratori considerano stressanti i cambiamenti perché in queste occasioni le consuete relazioni di ruolo e compito subiscono un mutamento. Ci sono diversi modi in cui le organizzazioni possono aiutare i loro componenti a gestire lo stress: fornendo loro la necessaria formazione per aiutarli a imparare a svolgere nuovi compiti, accordando permessi supplementari per contrastare gli effetti dello stress causato dal cambiamento, persino concedendo ai membri più anziani un anno sabbatico durante il quale ristabilirsi e pianificare le future attività lavorative. Molte aziende incaricano psicologi e consulenti specializzati nell’aiutare gli impiegati ad affrontare lo stess associato al cambiamento.

CONTRATTAZIONE E NEGOZIAZIONE Sono strumenti importanti che aiutano i manager a gestire i conflitti generati dai cambiamenti e superare la resistenza. Servendosi della ricerca intervento, i manager sono in grado di anticipare gli effetti del cambiamento sulle relazioni fra gli individui e fra i gruppi. I manager possono utilizzare questa conoscenza per aiutare le diverse persone e i diversi gruppi a negoziare i loro compiti e i loro ruoli futuri, e a raggiungere dei compromessi. La negoziazione aiuta anche gli individui e i gruppi a capire in che modo il cambiamento influenzerà gli altri.

MANIPOLAZIONE Quando risulta evidente che il cambiamento aiuterà alcuni individui e gruppi a spese di altri, i manager senior devono intervenire nel processo di contrattazione e manipolare la situazione per assicurarsi il consenso, o quantomeno l’accettazione di varie persone e gruppi. COERCIZIONE La misura estrema per eliminare la resistenza al cambiamento è quella di forzare i principali attori della scena organizzativa ad accettare il cambiamento e minacciare tremende conseguenze se scelgono di resistere. I top manager cercano di usare il legittimo potere a loro disposizione per annullare la resistenza al cambiamento e per eliminarla. Il vantaggio della coercizione può stare nella velocità alla quale avviene il cambiamento. Lo svantaggio è che può lasciare le persone arrabbiate e disilluse, e rendere difficile il processo di ricongelamento.

TECNICHE DI SVILUPPO ORGANIZZATIVO PER PROMUOVERE IL CAMBIAMENTO Molte tecniche di SO sono progettate per attuare dei cambiamenti e ricongelarli nell’organizzazione. Più radicale è un cambiamento più è probabile che un’organizzazione utilizzi tecniche di SO a tutti e tre i livelli. Il counselling, il sensitivity training e la consulenza di processo sono tre tecniche di SO il cui scopo è quello di cambiare le abitudini e i comportamenti degli individui. A livello del gruppo e dell’organizzazione sono efficaci tecniche diverse.

COUNSELLING, SENSITIVITY TRAINING E CONSULENZA DI PROCESSO Tutti gli individui hanno personalità diverse e queste differenze li conducono a interpretare e a reagire alle persone e agli eventi in modi molto diversi. Il counselling e il sensitivity training sono tecniche che le organizzazioni possono utilizzare per aiutare gli individui a capire la natura della propria personalità e di quella altrui, e a usare queste conoscenze per migliorare i rapporti con gli altri. Il sensitivity training è un tipo di counselling molto intensivo durante il quale i membri di un’organizzazione che hanno problemi nel relazionarsi agli altri partecipano a incontri di gruppo con un facilitatore per approfondire il modo in cui loro stessi e gli alti membri del gruppo percepiscono il mondo.

La consulenza di processo è una tecnica di SO nella quale un facilitatore lavora a stretto contatto con un manager per aiutarlo a migliorare la sua interazione con gli altri membri del gruppo. TEAM BUILDING E INTERGROUP TRAINING È un comune metodo per migliorare le relazioni all’interno di un gruppo in cui tutti i membri si impegnano a provare a migliorare le loro interazioni lavorative. Lo scopo del team building è quello di migliorare il modo in cui i membri di un gruppo collaborano tra loro. È importante nel momento in cui la reingegnerizzazione riorganizza il modo in cui le persone in diversi ruoli collaborano. Il team building facilita lo sviluppo di norme e valori funzionali di gruppo e aiuta i componenti del gruppo stesso a sviluppare un approccio comune alla risoluzione dei problemi.

L’intergroup training è una tecnica di SO che utilizza il team building per migliorare i modi in cui le diverse mansioni o divisioni collaborano. Il suo obiettivo è quello di migliorare la performance organizzativa ponendo l’attenzione sulle attività comuni e gli output di un ruolo o di una divisione. Lo specchio organizzativo è una tecnica di SO pensata per migliorare l’efficacia dei gruppi interdipendenti.

INTERVENTI SULL’INTERA ORGANIZZAZIONE A livello dell’organizzazione si può utilizzare una serie di tecniche di SO per promuovere dei cambiamenti che interessino l’intera organizzazione. Una di queste è il meeting di confronto organizzativo nella quale i manager si incontrano per valutare se l’organizzazione stia raggiungendo i propri obiettivi in maniera efficace.

Trasformazioni organizzative: nascita, crescita, declino e morte CAPITOLO 11 Trasformazioni organizzative: nascita, crescita, declino e morte

Obiettivi di apprendimento Valutare i problemi legati alla sopravvivenza nelle situazioni di pericolo legate alla nascita dell’organizzazione e ciò che i fondatori possono fare per aiutare la neonata organizzazione a sopravvivere. Descrivere i problemi tipici che sorgono nel momento in cui un’organizzazione cresce e matura, e come un’organizzazione deve cambiare se vuole sopravvivere e prosperare. Discutere i motivi per i quali avviene il declino di un’organizzazione, identificare le fasi del declino e spiegare come i manager possono cambiare la loro organizzazione per evitare gli errori e l’eventuale morte o dissoluzione dell’organizzazione.

Il ciclo di vita dell’organizzazione Ciclo di vita organizzativo: si tratta di una sequenza prevedibile di crescita e cambiamento. Le quattro principali fasi del ciclo di vita organizzativo sono: Nascita Crescita Declino Morte

Modello del ciclo di vita dell’organizzazione

Nascita dell’organizzazione Le organizzazioni nascono quando degli individui, gli imprenditori, riconoscono e traggono vantaggio dalle opportunità di usare le loro competenze e conoscenze per creare valore. La nascita di un’organizzazione, cioè la sua fondazione, è una fase piuttosto pericolosa del ciclo di vita ed è associata alle maggiori possibilità di fallimento. Il tasso di fallimento è alto perché le nuove organizzazioni passano attraverso la cosiddetta liability of newness, vale a dire ai pericoli legati all’esplorazione di ambienti nuovi, magari in posizione di first mover.

Una nuova organizzazione è fragile perché manca di una struttura formale che dia stabilità e certezza ai suoi processi e azioni volti a creare valore. La struttura di un’organizzazione emerge gradualmente, man mano che vengono prese le decisioni su procedure e tecnologie. All’inizio, nelle nuove organizzazioni, la struttura è solo nella mente del fondatore, non è formalizzata in un grafico o in una serie di regole. La struttura è flessibile e reattiva, e permette all’organizzazione di adattare e perfezionare le sue routine per soddisfare le esigenze dell’ambiente.

Una struttura flessibile può costituire un vantaggio quando consente all’organizzazione di cambiare e trarre vantaggio dalle nuove opportunità, ma può anche rappresentare uno svantaggio. Una struttura formale fornisce stabilità e certezza dal momento che funge da memoria dell’organizzazione. La struttura specifica le attività di un’organizzazione e le procedure per eseguirle.

SVILUPPARE UN NUOVO BUSINESS PLAN: La pianificazione di un nuovo business ha inizio quando un imprenditore nota l’opportunità di sviluppare un nuovo o migliorato prodotto o servizio rivolto all’intero mercato o a una specifica nicchia di settore. Il passo successivo è quello di testare la fattibilità della nuova idea. L’imprenditore conduce un planning strategico quanto più possibile accurato, servendosi delle analisi SWOT, l’analisi dei punti forti e dei punti deboli dell’organizzazione, e delle opportunità e delle minacce ambientali.

Se l’analisi ambientale suggerisce che l’idea del prodotto è realizzabile, il passo successivo è esaminare i punti di forza e i punti deboli dell’idea. Decidere se l’idea del nuovo prodotto è realizzabile e sviluppare il vero e proprio business plan che sarà utilizzato per attrarre investitori o fondi dalle banche.

Nel business plan dovranno essere inseriti gli stessi elementi base del piano di sviluppo del prodotto: Dichiarazione di intenti, scopi e obiettivi finanziari dell’organizzazione. Dichiarazione di obiettivi strategici dell’organizzazione che comprenda un’analisi del potenziale di mercato del prodotto basata sull’analisi SWOT che è stata già condotta. Elenco delle risorse funzionali ed organizzative necessarie ad implementare con successo la nuova idea di prodotto, compreso un elenco delle necessità in termini tecnologici, finanziari e delle risorse umane. Timeline organizzativo che contenga precisi milestones che l’imprenditore e gli altri possono utilizzare per misurare i progressi dell’impresa.

Sviluppare un nuovo business plan

Un modello di ecologia delle popolazioni organizzative La teoria dell’ecologia delle popolazioni: cerca di spiegare i fattori che influiscono sul tasso di nascita (e di morte) delle organizzazioni in una popolazione di organizzazioni già esistenti. Popolazione di organizzazioni: comprende quelle organizzazioni che sono in competizione per la stessa serie di risorse in uno stesso ambiente. Nell’ambito di un’organizzazione, le diverse aziende potrebbero scegliere di concentrarsi su diverse nicchie ambientali o particolari set di risorse o competenze.

NUMERO DI NASCITE: Secondo la teoria dell’ecologia delle popolazioni, la disponibilità di risorse determina il numero di organizzazioni in una popolazione. La quantità di risorse in un ambiente limita la densità della popolazione, vale a dire il numero di organizzazioni che possono competere per le stesse risorse in un particolare ambiente. Due sono i fattori responsabili dell’elevato tasso di nascite: Quando vengono fondate nuove organizzazioni, si registra un aumento di conoscenze e competenze disponibili per generare tali organizzazioni; Quando una nuova organizzazione viene fondata e sopravvive, essa fornisce un modello di ruolo.

Una volta che un ambiente è popolato da un certo numero di organizzazioni di successo, il tasso di nascita delle organizzazioni comincia a diminuire. I fattori responsabili di questa diminuzione del tasso di fondazione delle organizzazioni sono due: Le nascite diminuiscono nella misura in cui la disponibilità di risorse nell’ambiente progressivamente cala per i nuovi arrivati. Vantaggio della prima mossa: cioè di quei benefici che un’organizzazione trae dal fatto di essere stata la prima a entrare in un nuovo ambiente.

Difficoltà di competere per le risorse con le organizzazioni esistenti. I potenziali imprenditori sono scoraggiati dall’entrare in un ramo d’industria o di settore del mercato, perché capiscono che maggiore è il numero di aziende che competono per le risorse, più sarà difficile e costoso ottenerle.

Tasso di nascita delle organizzazioni nel tempo

Strategia r versus strategia k STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA: Strategie che le organizzazioni possono usare per ottenere l’accesso alle risorse e aumentare le loro possibilità di sopravvivere nell’ambiente. Strategia r versus strategia k Strategia r: sono state fondate per prime in un ambiente in cui sono le prime arrivate. Strategia k: sono state fondate in un momento successivo, dopo che altre organizzazione hanno già testato l’ambiente.

I vantaggi della strategia r sono che l’organizzazione ottiene il vantaggio di prima mossa ed è la prima a cogliere le risorse disponibili nell’ambiente. Le organizzazioni che seguono una strategia k sono normalmente ben consolidate in un ambiente o in una nicchia e attendono, prima di entrare in uno nuovo, che l’incertezza di quell’ambiente si riduca e che si comprenda il modo corretto per entrare in esso. La differenza fra la strategia r e la strategia k è evidente nell’industria dei personal computer.

Strategia specialistica versus strategia generalistica La differenza fra una strategia specialistica e una strategia generalista è definita dall’ampiezza della nicchia ambientale, vale a dire la serie di risorse, per la quale un’organizzazione compete. Specialistiche: le organizzazioni concentrano le loro competenze per ottenere una gamma ristretta di risorse in una singola nicchia. Generalistica: le organizzazioni diffondono le loro competenze in maniera capillare per competere per un’ampia gamma di risorse in diverse nicchie.

IL PROCESSO DI SELEZIONE NATURALE: Le due serie di strategie danno origine a quattro strategie: r-specialistica, r-generica, k-specialistica, k- generica. Quando fanno un ingresso precoce in un ambiente, cioè nel momento in cui la nicchia si sviluppa e nuove risorse diventano disponibili, è probabile che le organizzazioni diventino r-specialistiche, in altre parole organizzazioni che si muovono in fretta per rispondere ai bisogni di un particolare gruppo di clienti.

Nel momento in cui crescono possono diventare però generiche e cominciano a competere anche in nuove nicchie; tuttavia quando ciò accade le organizzazioni k- generiche entrano nel mercato e minacciano le più deboli organizzazioni r-specialistiche. Alla fine, le r-specialistiche, le r-generiche e le k- generiche più forti dominano l’ambiente, servendo molteplici segmenti di mercato e seguendo una strategia low cost o di differenziazione.

Strategie per competere nell’ambiente delle risorse

Le nuove organizzazioni nascono di continuo per trarre vantaggio dalle nuove opportunità. La forza propulsiva che sta dietro al modello di ecologia delle popolazioni applicato alla nascita è quella della selezione naturale, il processo che assicura la sopravvivenza delle organizzazioni che hanno le capacità e le abilità che meglio si adattano all’ambiente.

Nel tempo, le organizzazioni più deboli vengono estromesse dall’ambiente e muoiono perché non riescono ad adattare le loro procedure per conformarsi ai cambiamenti ambientali. La selezione naturale è un processo competitivo, pertanto le nuove organizzazioni sopravvivono se riescono a sviluppare delle competenze che consentono loro di adattarsi al nuovo ambiente e sfruttarlo.

La teoria istituzionale della crescita organizzativa Le organizzazioni cercano di cambiare per ottenere il controllo sulle risorse limitate e ridurre l’incertezza. Possono aumentare il loro controllo sulle risorse crescendo ed espandendosi. La crescita organizzativa è quella fase del ciclo di vita nella quale le organizzazioni sviluppano competenze e capacità di creazione del valore che consentono loro di acquisire risorse aggiuntive.

La crescita consente a un’organizzazione di aumentare la propria divisione del lavoro e la propria specializzazione, e di sviluppare così il vantaggio competitivo. È probabile che un’organizzazione in grado di acquisire risorse sia anche in grado di generare un surplus, il che le consente di crescere ulteriormente.

La teoria istituzionale studia il modo in cui le organizzazioni possono incrementare la loro abilità di crescere e sopravvivere in un ambiente competitivo diventando legittime, cioè accettate, affidabili e responsabili agli occhi dei propri stakeholder. L’ambiente istituzionale è quella serie di valori e norme che governa il comportamento di una popolazione di organizzazioni.

Cioè la similitudine fra le organizzazioni di una stessa popolazione. ISOMORFISMO ORGANIZZATIVO: Cioè la similitudine fra le organizzazioni di una stessa popolazione. Sono stati identificati tre processi che spiegano il motivo per il quale le organizzazioni diventano simili: Isomorfismo coercitivo Isomorfismo mimetico Isomorfismo normativo

Isomorfismo coercitivo: esiste quando un’organizzazione adotta certe norme spinta dalla pressione esercitata da altre organizzazioni e dalla società in generale. Una volta che aumenta la dipendenza di un’organizzazione da un’altra, è molto probabile che l’organizzazione dipendente diventi sempre più simile all’organizzazione più forte. Isomorfismo mimetico: esiste quando le organizzazioni si imitano e si copiano a vicenda e intenzionalmente per accrescere la propria legittimità. È molto probabile che una nuova organizzazione imiti la struttura e i processi delle organizzazioni di successo quando l’ambiente è molto incerto e la nuova organizzazione sta cercando di trovare la struttura, la strategia, la cultura e la tecnologia che le consentiranno di sopravvivere.

Isomorfismo normativo: esiste quando le organizzazioni arrivano ad assomigliarsi le une alle altre perché, nel tempo, adottano in modo indiretto le norme e i valori delle altre organizzazioni dello stesso ambiente. Le organizzazioni acquisiscono norme e valori in molti modi diversi. I manager e gli impiegati passano spesso da un’organizzazione a un’altra portando con sé le norme e i valori dei loro datori di lavoro precedenti. Le organizzazioni inoltre acquisiscono norme e valori attraverso l’industria, il commercio e le associazioni professionali.

SVANTAGGI DELL’ISOMORFISMO: Le organizzazioni potrebbero apprendere dei comportamenti sorpassati, che non conducono più all’efficacia organizzativa. La pressione verso l’imitazione potrebbe ridurre il livello di innovazione nell’ambiente.

Il modello di Greiner della crescita organizzativa Secondo Greiner un’organizzazione passa attraverso cinque fasi di crescita sequenziali nel corso della sua evoluzione e ciascuna fase termina in una crisi provocata dal problema più grave incontrato dall’organizzazione. Per passare da una fase a quella successiva, un’organizzazione deve cambiare con successo e risolvere i problemi associati a ciascuna crisi.

FASE 1: CRESCITA ATTRAVERSO LA CREATIVITA’: In questa fase gli imprenditori sviluppano le competenze e le abilità necessarie a creare e introdurre nuovi prodotti nelle nuove nicchie di mercato. Quando gli imprenditori creano delle procedure nuove e aggiustano quelle già esistenti, si ha una consistente mole di apprendimento organizzativo. Crisi di leadership: gli imprenditori non hanno le competenze per gestire le proprie organizzazioni.

FASE 2: CRESCITA ATTRAVERSO LA DIREZIONE: La crisi di leadership si conclude con il reclutamento di un forte team di top management che guidi l’organizzazione attraverso la fase successiva di crescita organizzativa. Spesso, la crescita diretta è in grado di ribaltare le sorti di un’organizzazione e di darle un impulso decisivo nella curva di crescita verso nuovi livelli di efficacia. Crisi di autonomia: I creativi che lavorano in reparti come R&S, progettazione del prodotto e marketing cominciano a sentirsi frustrati per la mancanza di controllo sullo sviluppo e sull’innovazione di nuovi prodotti. La struttura progettata dai top manager e imposta all’organizzazione centralizza il processo decisionale e limita la libertà di sperimentare, assumersi dei rischi ed essere degli imprenditori interni.

FASE 3: CRESCITA ATTRAVERSO LA DELEGA: Per risolvere la crisi di autonomia, le organizzazioni devono delegare l’autorità ai manager di livello inferiore in tutte le funzioni e divisioni, e legare il loro aumentato controllo sulle attività dell’organizzazione a una struttura di ricompense che riconosca il contributo che essi danno all’organizzazione. La crescita attraverso la delega consente alle organizzazioni di raggiungere un compromesso fra il bisogno del management professionista di accrescere l’efficienza tecnica e il bisogno di dare spazio all’imprenditorialità, così che l’organizzazione possa innovare e trovare nuovi modi per ridurre i costi o migliorare i propri prodotti. Crisi di controllo: quando i top manager sono in competizione con i manager funzionali, o i manager a livello corporate sono in competizione con i manager divisionali per il controllo delle risorse dell’organizzazione, il risultato è una crisi di controllo.

FASE 4: CRESCITA ATTRAVERSO IL COORDINAMENTO: Per risolvere la crisi di controllo un’organizzazione deve trovare il giusto equilibrio fra il controllo centralizzato dall’alto e quello decentralizzato a livello funzionale o divisionale. Il top management si assume il compito di coordinare le diverse divisioni e di motivare i manager ad assumere una prospettiva globale. I top manager funzionali e lo staff della casa madre devono creare la «matrice mentale» che faciliti la cooperazione internazionale fra le divisioni e i paesi. Crisi da complessità burocratica (Crisis of red tape): il numero di regole e procedure aumenta. L’organizzazione diventa troppo burocratizzata e si affida troppo all’organizzazione formale e troppo poco a quella informale per coordinare le proprie attività.

FASE 5: CRESCITA ATTRAVERSO LA COLLABORAZIONE: Diventa un modo per risolvere la crisis of red tape e spingere l’organizzazione verso l’alto nella curva di crescita. La crescita attraverso la collaborazione enfatizza una maggiore spontaneità nelle azioni del management attraverso i team e il confronto esperto tra le differenze interpersonali. Si ha un maggiore uso dei team di prodotto e delle strutture a matrice. Il passaggio da una struttura meccanica a una organica nel momento in cui un’organizzazione cresce è un compito molto difficile e carico di problemi.

Il modello di Greiner della crescita organizzativa

Declino e morte dell’organizzazione Il declino organizzativo è quella fase del ciclo di vita nella quale entra un’organizzazione quando manca di “anticipare, riconoscere, evitare, neutralizzare o adattarsi alle pressioni esterne o interne che ne minacciano la sopravvivenza a lungo termine”. Il declino a volte avviene perché le organizzazioni crescono troppo.

EFFICACIA E REDDITIVITA’: Un importante metodo che gli stakeholder, come i manager e gli investitori, utilizzano per determinare l’efficacia di un’organizzazione è mettere a confronto la performance di un’azienda di un ramo di industria rispetto a quella delle altre organizzazioni misurando la redditività in confronto a quella delle concorrenti. Quando si valuta l’efficacia organizzativa, è fondamentale capire la differenza fra creare profitto ed essere redditizio, cioè la redditività di un’azienda.

REDDITIVITA’: misura se l’azienda sta facendo buon uso delle sue risorse investendole in modi che creino beni e servizi che possano essere venduti a un prezzo che crea profitto. Il volume di profitto che un’azienda crea in un anno dice ben poco su quanto i manager stiano facendo un uso corretto delle risorse e della capacità dell’organizzazione di creare profitto futuro.

Il rapporto fra la dimensione di un’organizzazione e la sua efficacia

Differenze di redditività

INERZIA ORGANIZZATIVA: Un’organizzazione potrebbe avere delle difficoltà ad adattarsi per affrontare i cambiamenti nell’ambiente a causa dell’inerzia organizzativa, quelle forze interne all’organizzazione che la rendono resistente al cambiamento. AVVERSIONE PER IL RISCHIO: Quando le organizzazioni crescono, i manager che ne prendono il controllo provano spesso avversione per il rischio, in altre parole non sono disponibili a sopportare l’incertezza associata alle attività imprenditoriali.

DESIDERIO DI MASSIMIZZARE LE RICOMPENSE: I manager potrebbero aumentare la dimensione dell’azienda allo scopo di massimizzare le proprie ricompense personali, anche nel caso in cui questa crescita riduca l’efficacia organizzativa. CULTURA TROPPO BUROCRATICA: Nelle grandi organizzazioni, i diritti di proprietà possono diventare così forti da indurre i manager a cercare di proteggere i loro specifici diritti di proprietà piuttosto che a lavorare nell’interesse dell’organizzazione.

CAMBIAMENTI NELL’AMBIENTE: I cambiamenti nell’ambiente che influenzano la capacità di un’organizzazione di ottenere le risorse difficili da reperire potrebbero condurre al declino organizzativo. Le principali fonti di incertezza nell’ambiente sono la complessità, il dinamismo e la munificenza o ricchezza. La combinazione di incertezza ed ambiente mutevole rende difficile, per il top management, anticipare il bisogno di cambiamento e gestire il modo in cui le organizzazioni cambiano e si adattano all’ambiente.

Il modello di Weitzel e Jonsson del declino organizzativo Il declino organizzativo avviene per gradi. Weitzel e Jonsson hanno identificato cinque fasi di declino. A ciascuna fase, fatta eccezione per quella di dissoluzione, l’azione del management (indicata dalla linea tratteggiata) può invertire il processo.

FASE 1: NON PERCEPITO Le organizzazioni non sono in grado di riconoscere i problemi interni o esterni che minacciano la loro sopravvivenza a lungo termine. In questa fase, l’accesso a delle buone informazioni e un efficace team di top management può evitare l’inizio del declino e consentire all’organizzazione di mantenere il suo ritmo di crescita. Per evitare il declino, i manager devono monitorare continuamente i fattori interni ed esterni in modo tale da avere le informazioni necessarie a intraprendere tempestivamente delle azioni correttive.

Si crea un divario fra la performance accettabile e quella reale. FASE 2: INAZIONE Nonostante ci siano chiari segni di un deterioramento della performance, il top management intraprende poche azioni per risolvere i problemi. Si crea un divario fra la performance accettabile e quella reale. Per risolvere i problemi dell’organizzazione il management può tentare un approccio collaudato che però potrebbe rivelarsi inappropriato per la situazione in cui si trova l’organizzazione.

FASE 3: AZIONE DIFETTOSA I manager potrebbero aver preso delle decisioni sbagliate a causa di un conflitto nel team di top management, o aver cambiato troppo poco o troppo tardi per timore che una consistente riorganizzazione avrebbe fatto più male che bene. Spesso i manager temono che un cambiamento radicale minacci il modo in cui un’organizzazione opera e la metta così a rischio.

FASE 4: CRISI Una volta che è arrivata la fase della crisi, soltanto dei cambiamenti radicali nella strategia e nella struttura dell’organizzazione possono arrestare il declino e consentire all’organizzazione di sopravvivere. Un’organizzazione in crisi ha raggiunto un punto critico della sua storia, e la sola possibilità di salvarsi è una radicale riorganizzazione.

FASE 5: DISSOLUZIONE Quando un’organizzazione raggiunge la fase della dissoluzione, non può più recuperare e il declino è irreversibile. A questo punto, l’organizzazione ha perso il sostegno degli stakeholder, il suo accesso alle risorse si contrae mentre la sua reputazione e il suo mercato scompaiono. La necessità di gestire il declino organizzativo è considerevole, almeno tanto quanto quella di gestire la crescita dell’organizzazione. In realtà i processi di crescita e declino sono strettamente collegati tra loro: i sintomi di declino segnalano spesso che si deve intraprendere un nuovo cammino per consentire all’organizzazione di crescere con successo.

Il modello di Weitzel e Jonsson del declino organizzativo

CAPITOLO 12 Decision making, apprendimento, gestione dell’informazione e tecnologia dell’informazione

Obiettivi di apprendimento Distinguere fra i diversi modelli di decision making che descrivono il modo in cui i manager prendono le decisioni. Descrivere la natura dell’apprendimento organizzativo e i diversi livelli ai quali questo avviene. Spiegare come le organizzazioni possono usare il knowledge management e la tecnologia dell’informazione per promuovere l’apprendimento organizzativo allo scopo di migliorare la qualità del loro decision making.

Identificare i fattori, come l’insorgenza di un bias cognitivo, che riducono il livello di apprendimento organizzativo e conducono ad un decision making di scarsa qualità. Discutere alcune delle tecniche che i manager possono utilizzare per superare questi bias cognitivi e aprire così l’organizzazione a un nuovo apprendimento.

Organizational decision making L’organizational decision making è un processo di risposta a un problema attraverso la scelta di una soluzione o di una linea di condotta che creeranno valore per gli stakeholder dell’organizzazione. I manager devono decidere cosa fare e sono chiamati a prendere due tipi di decisioni: quelle programmate e quelle non programmate. Le decisioni programmate: sono ripetitive e routinarie e, per la loro gestione, possono essere sviluppate regole, routine e procedure operative standard. Le decisioni non programmate: sono nuove e non strutturate.

Il decision making non programmato costringe i manager ad affidarsi a giudizio, intuizione e creatività per risolvere i problemi, dal momento che non possono affidarsi a regole e procedure operative standard. Le decisioni non programmate conducono alla creazione di un nuovo set di regole e procedure che consentono ai membri di un’organizzazione di prendere le corrette decisioni programmate.

Modelli di organizational decision making I modelli recenti riconoscono che il decision making è un processo intrinsecamente incerto, nel quale i manager vanno per tentativi alla ricerca di soluzioni che non necessariamente conducono a un risultato favorevole per gli stakeholder dell’organizzazione.

Il modello razionale Secondo il modello razionale, il decision making è un processo diretto suddiviso in tre fasi: I manager identificano i problemi che devono essere risolti. Per raggiungere un buon adattamento fra un’organizzazione e il suo ambiente, devono analizzare l’ambiente e riconoscere le opportunità o le minacce che presenta. I manager cercano di progettare e sviluppare una lista di soluzioni alternative e una linea di condotta per affrontare il problema che hanno identificato. Studiano dei modi per trarre vantaggio dalle competenze e dalle risorse dell’organizzazione per rispondere alle opportunità e alle minacce.

I manager mettono a confronto le possibili conseguenze di ciascuna alternativa e stabiliscono quale linea di condotta offra la soluzione migliore al problema identificato. Il modello razionale di decision making ignora l’ambiguità, l’incertezza e il caos che normalmente affliggono i processi decisionali.

INFORMAZIONE E INCERTEZZA Affinché l’assunto secondo il quale i manager sono consapevoli di tutte le linee di condotta alternative e delle loro conseguenze, sia valido, i manager dovrebbero avere accesso a tutte le informazioni necessarie per prendere una decisione, raccogliere informazioni su ogni possibile situazione nella quale potrebbe trovarsi l’organizzazione, e avere una conoscenza accurata della verosimiglianza del verificarsi di ciascuna situazione.

COMPETENZE MANAGERIALI I manager, hanno solo una capacità limitata di elaborare le informazioni necessarie per prendere decisioni, e la maggior parte di loro non ha il tempo di agire come richiede il modello razionale. L’intelligenza richiesta per prendere una decisione secondo il modello razionale dovrebbe superare di gran lunga qualunque altra competenza mentale del manager e necessiterebbe dell’impiego di un enorme numero di manager. Il modello razionale non tiene conto l’alto livello dei costi manageriali.

PREFERENZE E VALORI Il modello razionale dà per scontato che i diversi manager abbiano le stesse preferenze e gli stessi valori, e che utilizzeranno le stesse regole per decidere sulle migliori alternative. Esso dà anche per scontato che i manager siano d’accordo sui principali obiettivi dell’organizzazione. Il modello razionale di decision making non è realistico, perché si basa su postulati che ignorano i problemi di informazione e manageriali associati al decision making.

Il modello della Carnegie Mellon University Il modello della Carneige Mellon Uniersity sviluppato da Herbert Simon e dai suoi colleghi, riconosce gli effetti della “soddisfazione”, della razionalità limitata e delle coalizioni organizzative.

SODDISFAZIONE Suggerisce che i manager si impegnino in una ricerca di informazioni limitata e soddisfacente per identificare i problemi e le soluzioni alternative. RAZIONALITA’ LIMITATA Il modello sostiene che i manager siano costretti entro i limiti della razionalità limitata,vale a dire della capacità limitata di elaborare informazioni. I manager possono migliorare il loro decision making affinando le capacità analitiche, e possono anche avvalersi delle Tecnologie dell’Informazione allo scopo di migliorare le loro competenze in fatto di decision making. Tale modello riconosce che gran parte del processo di decision making è soggettivo e si basa sulle esperienze precedenti, sulle opinioni e sull’intuizione dei manager.

Il modello della Carnegie Mellon University: COALIZIONI ORGANIZZATIVE Le preferenze e i valori dei manager si differenziano tra loro, e il conflitto fra i manager e i diversi gruppi di stakeholder è inevitabile. Il modello della Carnegie Mellon University: Considera un’organizzazione come una coalizione di diversi interessi, nella quale il decision making avviene attraverso il compromesso, la negoziazione e la contrattazione fra i manager di diversi settori e aree dell’organizzazione.

Riconosce che il decision making non è un processo neutro con regole obiettive per le decisioni, ma un processo nel quale i manager formulano delle regole decisionali man mano che cercano di raggiungere i loro obiettivi e interessi. Riconosce che il decision making avviene in un ambiente incerto, nel quale le informazioni sono spesso incomplete e ambigue.

Il modello incrementale Secondo il modello incrementale del decision making organizzativo, i manager scelgono delle linee di condotta alternative che differiscono soltanto di poco, o in maniera incrementale, da quelle usate in passato, e diminuiscono così le possibilità di commettere un errore, almeno nella loro percezione. Il modello incrementale prevede che solo di rado i manager prendano delle importanti decisioni radicalmente diverse da quelle assunte in precedenza. I manager, limitati dalla mancanza di informazioni e lungimiranza, muovono con cautela un passo alla volta per limitare le loro possibilità di errore.

I modelli casuali I modelli casuali sviluppati da Henry Mintzberg e dai suoi colleghi, descrivono il modo in cui il processo decisionale avviene in condizioni di elevata incertezza. I modelli casuali riconoscono la natura incrementale delle decisioni, ossia una serie di piccoli passi che si sommano per formare, nel tempo, un’importante decisione. Il decision making non è un processo lineare e sequenziale, ma un processo che potrebbe evolvere in maniera del tutto imprevedibile e non strutturata.

Il modello garbage can Secondo tale modello è probabile che le organizzazioni prendano decisioni sia a partire dalla soluzione, sia a partire dal problema. In altre parole, il decisore potrebbe proporre delle soluzioni ai problemi che non esistono, e in modo quasi paradossale, creando o cercando dei problemi da risolvere con le soluzioni già disponibili.

L’apprendimento organizzativo È il processo attraverso il quale i manager cercano di migliorare il desiderio e l’abilità dei membri dell’organizzazione di comprendere e gestire l’organizzazione e il suo ambiente, così da prendere decisioni che aumentano continuamente l’efficacia organizzativa. È vitale, al giorno d’oggi che le organizzazioni sappiano gestire l’apprendimento, proprio a causa del rapido ritmo di cambiamento che le influenza.

Tipi di apprendimento organizzativo Secondo la teoria di James March, questo processo può avvenire in due modi: attraverso azioni di exploration e di exploitation. L’exploration prevede la ricerca e la sperimentazione da parte dei membri di un’organizzazione, di nuove conoscenze, nuove tipologie o forme di attività e procedure organizzative finalizzate ad accrescere l’efficacia. L’exploitation prevede l’apprendimento da parte dei membri di un’organizzazione, di metodi e conoscenze per raffinare e migliorare le attività e le procedure organizzative esistenti allo scopo di aumentare l’efficacia.

L’exploration è dunque un processo di apprendimento più radicale rispetto all’exploitation, sebbene entrambi siano molto importanti per accrescere l’efficacia organizzativa. Un’organizzazione che apprende è un’organizzazione che progetta e costruisce con decisione la propria struttura, cultura e strategia, allo scopo di favorire e massimizzare il potenziale dell’apprendimento organizzativo.

Livelli di apprendimento organizzativo Per creare un’organizzazione che apprende i manager devono incoraggiare l’apprendimento a quattro livelli: Incrementale Di gruppo Organizzativo Interorganizzativo

LIVELLO INDIVIDUALE A livello individuale, i manager devono fare tutto ciò che possono per facilitare l’apprendimento di nuove competenze, norme e valori, in modo tale che gli individui possano aumentare le proprie competenze e abilità personali, contribuendo così a costruire le competenze distintive dell’organizzazione. Senge, ha affermato che, perché avvenga l’apprendimento organizzativo, ogni membro dell’organizzazione stessa deve sviluppare un senso di adeguatezza alle proprie competenze, intendendo con ciò che le organizzazioni dovrebbero dare il potere agli individui e consentire loro di sperimentare, creare ed esplorare ciò che vogliono.

L’obiettivo è dare agli impiegati l’opportunità di sviluppare un profondo apprezzamento per il loro lavoro, che si traduce in competenze distintive dell’organizzazione. Le organizzazioni devono incoraggiare i lavoratori a sviluppare e usare dei modelli mentali che li spronino a trovare metodi nuovi o migliori per eseguire un compito.

LIVELLO DI GRUPPO A livello di gruppo o team, i manager devono incoraggiare l’apprendimento attraverso l’uso di varie tipologie di gruppo, in modo tale che gli individui possano condividere o mettere in comune le proprie competenze e abilità per risolvere problemi. I gruppi consentono la creazione di sinergie che possono migliorare la performance. Senge fa riferimento all’apprendimento in termini di apprendimento del team, e sostiene che esso è molto più importante di quello a livello individuale nella promozione dell’apprendimento organizzativo, perché le decisioni più importanti vengono prese in sottounità come i gruppi, i reparti o le divisioni.

LIVELLO DI ORGANIZZAZIONE A livello dell’organizzazione, i manager possono promuovere l’apprendimento organizzativo attraverso il modo in cui creano la struttura e la cultura dell’organizzazione. La struttura dell’organizzazione può essere progettata per inibire o facilitare la comunicazione fra i gruppi e il problem solving, e questo influisce sui vari membri dei team all’apprendimento. Senge pone l’accento sull’importanza di costruire una visione condivisa, intendendo con ciò il crescente contesto di riferimenti o modelli mentali che tutti i componenti dell’organizzazione usano per inquadrare i problemi o le opportunità, e che li vincolano all’organizzazione stessa.

John Kotter e James Heskett hanno elaborato la distinzione fra culture adattative e culture inerti, in base alla capacità di facilitare l’apprendimento organizzativo. Le culture adattive danno valore all’innovazione, e incoraggiano o ricompensano la sperimentazione e l’assunzione di rischio da parte dei manager di medio e basso livello. Le culture inerti si mostrano caute e conservatrici, non incoraggiano i manager di medio e basso livello a prendere iniziative e potrebbero anche scoraggiarle con decisione.

Secondo Kotter ed Heskett, l’apprendimento organizzativo è maggiore nelle culture adattive, perché i manager sono in grado di introdurre rapidamente i cambiamenti nel modo in cui l’organizzazione opera, consentendo così all’organizzazione di adattarsi ai cambiamenti che avvengono nell’ambiente. LIVELLO INTEROGRANIZZATIVO È importante perché le organizzazioni possono migliorare la loro efficacia copiando o imitando le rispettive competenze distintive.

Knowledge management e Tecnologia dell’Informazione Un tipo di relazione organizzativa consentita dalla Tecnologia dell’Informazione che ha importanti ripercussioni sia sull’apprendimento che sul decision making organizzativo è il knowledge management . A differenza dei più rigidi metodi organizzativi burocratici, le organizzazioni basate sulla Tecnologia dell’Informazione possono rispondere più velocemente alle mutevoli condizioni ambientali, come la maggiore competizione globale.

KNOWLEDGE MANAGEMENT: CODIFICAZIONE VERSUS “DA PERSONA A PERSONA” Hansen, Nohria e Tierney affermano che le organizzazioni, nel momento in cui creano un sistema informatico di knowledge management, dovrebbero scegliere fra un approccio orientato alla codificazione e formalizzazione della conoscenza e uno centrato più sugli individui e sul trasferimento tacito e interpersonale. Secondo l’approccio della codificazione, le informazioni vengono raccolte con cura, analizzate e immagazzinate in un database in cui possono essere reperite facilmente dagli utenti che inseriscono comandi o chiavi di ricerca pertinenti.

Un knowledge management del tipo “da persone a documenti” è praticabile solo quando il prodotto o il servizio forniti sono già di per sé piuttosto standardizzati. Di contro, quando un’organizzazione deve fornire ai propri clienti dei prodotti o delle soluzioni personalizzate, viene adottato un approccio knowledge management che ruota attorno ai depositari della conoscenza, cioè le persone; è denominato infatti approccio “da persona a persona”.

In esso, i sistemi informatici sono progettati per mostrare chi, all’interno dell’organizzazione, potrebbe detenere la conoscenza di cui si ha bisogno, o chi in passato, si è trovato ad affrontare problemi analoghi e potrebbe aver sviluppato una conoscenza specifica. Il sistema informatico di un’organizzazione svolge un ruolo di cruciale importanza, dal momento che il successo competitivo dipende dalla velocità in cui si riescono a fornire ai clienti soluzioni all’avanguardia. Dato che i software cambiano, anche le soluzioni cambiano sempre e la capacità delle organizzazioni di fornire soluzioni rapide e personalizzate, dipenderà spesso dal grado in cui essa è specializzata.

Fattori che influenzano l’apprendimento organizzativo Paul C. Nystrom e William H. Starbuck hanno sviluppato un modello che illustra i diversi fattori che possono ridurre il livello di apprendimento nel tempo. Nel momento in cui le organizzazioni imparano a prendere le decisioni, sviluppano delle regole e delle procedure operative standard che facilitano il decision making programmato. Se un’organizzazione raggiunge il successo utilizzando le proprie procedure standard, questo successo potrebbe indurre un sentimento di autocompiacimento e distogliere i manager dal cercare nuove esperienze e imparare da esse.

Le weathering-the-storm strategies consistono nel posporre degli investimenti, effettuare dei downsizing o centralizzare il decision making, riducendo così l’autonomia delle persone ai livelli più bassi dell’organizzazione. I manager adottano questo approccio perché astenersi a ciò che conoscono è molto più sicuro che intraprendere nuove direzioni che presentano conseguenze ignote. Struttura cognitiva: è un sistema di credenze, preferenze, aspettative e valori correlati che una persona usa per definire problemi ed eventi.

Apprendimento organizzativo e strutture cognitive Quando un manager si trova ad affrontare un problema, la sua struttura cognitiva forma l’interpretazione dell’informazione disponibile; in altre parole, la visione che ha il manager della situazione viene formata dalle esperienze precedenti e dai consueti modi di pensare, cioè dalla sua forma mentale.

Tipi di bias cognitivi Vi sono diversi fattori che inducono i manager a sviluppare una struttura cognitiva che li induce a percepire e interpretare in maniera errata le informazioni. Questi fattori sono chiamati bis cognitivi perché influenzano sistematicamente le strutture cognitive e, influiscono sull’apprendimento e il decision making organizzativo.

Dissonanza cognitiva La dissonanza cognitiva è quello stato di disagio o ansia che una persona percepisce quando non c’è coerenza fra il suo pensiero e le sue azioni. La teoria della dissonanza cognitiva spiega il motivo per il quale i manager tendono a travisare le reali minacce che si presentano a un’organizzazione e tentano di barcamenarsi anche quando è chiaro a tutti che l’organizzazione è in crisi.

Illusione di controllo Alcune persone, come gli imprenditori, sono in grado di sopportare degli alti livelli di incertezza, mentre altre preferiscono la sicurezza associata al fatto di dover lavorare in organizzazioni consolidate. L’incertezza è tuttavia, una fonte di grande stress. Quando l’ambiente o il futuro di un’organizzazione sono incerti, i manager non sanno se hanno fatto le scelte giuste e spesso sono a rischio ingenti quantità di risorse organizzative. L’illusione di controllo è un bias cognitivo che induce i manager a sovrastimare il controllo che esercitano i risultati di un’azione e la misura in cui posseggono le competenze e le abilità necessarie per gestire l’incertezza e la complessità.

Frequenza e rappresentatività La frequenza è un bias cognitivo che induce le persone a credere erroneamente che gli esempi estremi di un fenomeno siano più frequenti di quanto realmente non siano. La rappresentatività è un bias cognitivo che porta i manager a formare dei giudizi basati su campioni piccoli o non rappresentativi. I bias di frequenza e rappresentatività possono anche funzionare nella direzione opposta.

Proiezione ed ego-defensiveness La proiezione è un bias cognitivo che consente ai manager di giustificare e rafforzare le proprie preferenze e valori attribuendoli ad altri. L’ego-defensiveness è un bias cognitivo che induce i manager a interpretare gli eventi in modo tale che le loro azioni appaiano nella luce migliore.

Escalation del commitment È un bias cognitivo che induce i manager a rimanere fedeli a una linea di condotta erronea e a rifiutare di ammettere di aver fatto un errore, forse a causa dell’ego-defensiveness o perché sono rimasti vittime dell’illusione di controllo.

Migliorare il decision making e l’apprendimento Ci sono diversi modi in cui un’organizzazione può superare gli effetti dei bias cognitivi e promuovere l’apprendimento e il cambiamento organizzativo. Può implementare delle strategie per l’apprendimento organizzativo, aumentare l’ampiezza e la diversificazione del team di top management, usare la tecnica dell’avvocato del diavolo e l’indagine dialettica per valutare le soluzioni proposte, usare la teoria dei giochi e sviluppare una struttura organizzativa collaterale.

Strategie per l’apprendimento organizzativo I tre modi per stimolare l’abbandono di vecchie idee e l’apprendimento di nuove sono: ascoltare i dissenzienti, trasformare gli eventi in opportunità di apprendimento e sperimentare. ASCOLTARE CHI DISSENTE Per migliorare la qualità del decision making i top manager possono adottare la politica di circondarsi di persone che hanno dei punti di vista diversi e spesso opposti. Possono cercare nuove informazioni per valutare le nuove interpretazioni e alternative generate dai dissenzienti.

TRASFORMARE GLI EVENTI IN OPPORTUNITA’ DI APPRENDIMENTO Un’organizzazione deve progettare e gestire la propria struttura e la propria cultura in modo tale che i manager siano motivati a trovare risposte nuove o migliorate per una situazione. SPERIMENTAZIONE Per incoraggiare l’apprendimento basato sull’esplorazione, le organizzazioni devono incoraggiare la sperimentazione, cioè quel processo di generazione di nuove alternative e verifica della validità di quelle vecchie. La sperimentazione può essere utilizzata per migliorare sia il processo di decision making incrementale sia quello garbage can.

USARE LA TEORIA DEI GIOCHI Nella teoria dei giochi, l’interazione fra le organizzazioni è considerata come un gioco competitivo. Se le aziende comprendono la natura del gioco che stanno attuando, nella maggior parte dei casi possono prendere delle decisioni migliori che aumentano la loro possibilità di ottenere risorse. Dalla prospettiva della teoria dei giochi, le aziende di un settore possono essere considerate come giocatori che stanno facendo contemporaneamente delle scelte su quali decisioni prendere per massimizzare la propria efficacia.

Ci sono due tipi fondamentali di giochi: quelli a mosse sequenziali e quelli a mosse simultanee. In un gioco a mosse sequenziali, i giocatori muovono a turno e un giocatore può selezionare una strategia da seguire dopo aver considerato la scelta strategica dell’avversario. In un gioco a mosse simultanee i giocatori agiscono contemporaneamente, senza sapere quali azioni sta facendo l’avversario.

Nella teoria dei giochi, nel momento di prendere decisioni, i manager devono pensare in due modi correlati. In primo luogo, devono guardare avanti, pensare al futuro, anticipare le risposte dei rivali alle mosse competitive. In secondo luogo, i manager devono pensare a ritroso per determinare quali mosse dovrebbe effettuare la loro azienda, a fronte delle possibili contromosse dei rivali. Questo principio cardine della teoria dei giochi è noto come guarda avanti e ragiona indietro.

Il team di top management Due sono le configurazioni di top management: Nella configurazione a ruota: l’apprendimento organizzativo cala, perché i manager dei diversi reparti riferiscono le informazioni al direttore generale in maniera separata. Invece che coordinare le loro azioni come una squadra, inviano tutte le informazioni al direttore, che le elabora, arriva a una decisione e informa nuovamente i top manager. La configurazione a ruota funziona meglio quando i problemi sono semplici da risolvere e richiedono una coordinazione minima fra i membri del top management.

Nella configurazione a cerchio i top manager dei diversi reparti interagiscono gli uni con gli altri e con il direttore generale. Questo significa che funzionano come una vera e propria squadra, che favorisce l’apprendimento e l’organizzazione del team. La configurazione a cerchio è più adatta in presenza di problemi complessi che richiedono coordinamento fra i membri del gruppo per arrivare alla soluzione.

Quando i manager hanno diverse informazioni e punti di vista davanti a un problema, l’organizzazione può evitare il groupthink, la conformità che insorge quando persone della stessa opinione rafforzano la reciproca tendenza a interpretare gli eventi e le informazioni in modi simili.

Comunicazione persuasiva Consiste nel tentativo da parte di una persona o di un gruppo di trasmettere e condividere delle informazioni con un’altra persona o un altro gruppo, per far si che questi ultimi comprendano, siano in accordo e si sforzino di ottenere nuovi e stimolanti obiettivi. Perché la comunicazione persuasiva sia efficace, è spesso necessario contestualizzare o presentare bene le informazioni, in modo tale da poter influenzare le altre persone ad accettarle o credere in esse.

CARATTERISTICHE DEL MITTENTE I messaggi sono sempre più persuasivi quando vengono inviati da persone credibili, cioè da persone che il destinatario ritiene occupare una posizione che dà loro accesso a informazioni dettagliate su aspetti e obiettivi riguardanti il lavoro. Ulteriori fattori che favoriscono la credibilità sono l’integrità morale e l’intelligenza emotiva. Gli oratori persuasivi invitano a porre domande per chiarire gli aspetti del loro discorso, e generano interesse e sostegno per le loro idee. Usano le qualità personali per caricare emotivamente le parole allo scopo di convincere gli ascoltatori che quello è l’approccio corretto verso la soluzione del problema, che sanno ciò che stanno facendo e che il loro piano avrà successo.

ASCOLTO ATTIVO I mittenti e i destinatari efficaci devono anche essere dei buoni ascoltatori, e l’”ascolto attivo” è un ingrediente importante della comunicazione persuasiva. I mittenti persuasivi devono ascoltare con molta attenzione per vedere come vengono recepite le loro argomentazioni, e in seguito chiarire gli aspetti e aggiungere delle informazioni per far sì che il loro messaggio venga recepito. CONTENUTO DEL MESSAGGIO Il destinatario del messaggio valuta continuamente il significato e le implicazioni delle informazioni che riceve, magari perché è alla ricerca del tema dietro alle informazioni o per scovare ambiguità o incoerenze nelle argomentazioni.

MEZZO DI COMUNICAZIONE In generale, le comunicazioni faccia a faccia e le conversazioni telefoniche sono le più appropriate ai fini della persuasione, mentre le lettere formali, i memo e le e-mail sono più adatti per spiegare i dettagli e le informazioni sui fatti che richiedono tempo e sforzi per essere assimilate e messe in atto. In pratica, i mezzi di comunicazione scritta sono normalmente più usati all’inizio del processo di apprendimento, quando i manager e gli impiegati raccolgono le informazioni necessarie per decidere come rispondere a qualche nuovo sviluppo.

CARATTERISTICHE DEL DESTINATARIO I destinatari possono imparare a sviluppare la propria credibilità, usare la loro intelligenza emotiva e selezionare il metodo migliore per trasmettere un messaggio al mittente. È poco probabile che destinatari a loro volta molto competenti e dotati di un’elevata autostima si facciano coinvolgere o influenzare da informazioni logiche o emotive, o da argomentazioni nelle quali non credono. Il loro motto è “bando alle ciance”: vogliono andare al nocciolo del problema per determinare, per esempio, se il mittente sta cercando di fare il proprio interesse, quello del reparto o dell’intera organizzazione.

AVVOCATO DEL DIAVOLO E INDAGINE DIALETTICA Si definisce avvocato del diavolo una persona che è pronta ad alzarsi e mettere in discussione le idee di persone più potenti, a resistere ai tentativi di influenza da parte degli altri e che lavora per convincere gli altri che le nuove idee e i nuovi progetti potrebbero contenere difetti, o essere sbagliati o nocivi. STRUTTURE ORGANIZZATIVE INFORMALI COLLATERALI Una struttura organizzativa informale collaterale è un’organizzazione informale di manager costituita in parallelo alla struttura organizzativa formale allo scopo di controllare o integrare, in modo invisibile, il decision making e le azioni dei manager nell’organizzazione formale.

Innovazione, imprenditorialità interna e creatività CAPITOLO 13 Innovazione, imprenditorialità interna e creatività

Obiettivi di apprendimento Descrivere come l’innovazione e il cambiamento tecnologico si influenzano a vicenda. Discutere il rapporto fra innovazione, imprenditorialità interna e creatività. Capire le molte fasi necessarie alla creazione di un contesto organizzativo che promuova l’innovazione e la creatività. Identificare i modi in cui la Tecnologia dell’Informazione può essere utilizzata per promuovere la creatività, e accelerare l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti.

Innovazione e cambiamento tecnologico L’innovazione è il processo per il quale le organizzazioni usano le loro risorse e competenze per sviluppare nuovi prodotti o servizi, o per sviluppare nuovi processi e sistemi di produzione in modo tale da poter rispondere meglio alle necessità dei clienti. Sebbene l’innovazione porti con sé il cambiamento, è anche associata con un alto livello di rischio. Nella maggior parte delle organizzazioni, la tecnologia è fondamentale per la produzione, e i cambiamenti tecnologici sono al centro del processo di innovazione, proprio come il mondo di oggi è caratterizzato da un rapidissimo tasso di cambiamento tecnologico.

Ci sono due tipi di cambiamento tecnologico: quello quantico e quello incrementale. Il cambiamento tecnologico quantico è un cambiamento radicale ed essenziale nella tecnologia che rivoluziona i prodotti o i modi in cui questi sono realizzati. I nuovi prodotti o i sistemi di produzione che comprendono un cambiamento tecnologico quantico vengono definiti innovazioni quantiche. Un cambiamento tecnologico incrementale è quel cambiamento tecnologico che costituisce il perfezionamento di una tecnologia di base e le innovazioni incrementali sono quei prodotti o sistemi di produzione che incorporano questi perfezionamenti.

Il ciclo di vita di un prodotto Quando la tecnologia cambia, la sopravvivenza organizzativa richiede che i manager sappiano stare al passo per innovare dei nuovi prodotti. I manager che non lo fanno si trovano ben presto a scoprire di non avere mercato per i loro prodotti, e finiscono per distruggere la loro organizzazione. Il tasso di cambiamento tecnologico in un settore industriale, e in particolare la durata del ciclo di vita di un prodotto, determina quanto è importante per i manager saper innovare.

Il concetto del ciclo di vita di un prodotto riflette i cambiamenti della domanda di un prodotto che avvengono nel tempo. La domanda dei prodotti di maggior successo passa attraverso quattro fasi: embrionale, crescita, maturità e declino. IL TASSO DI CAMBIAMENTO TECNOLOGICO Uno dei principali determinanti della durata del ciclo di vita di un prodotto è il tasso di cambiamento tecnologico. In alcuni settori, come quello dei computer, il cambiamento tecnologico è molto rapido e i cicli di vita del prodotto molto brevi. In altri settori, come nell’industria automobilistica, il ciclo di vita di un prodotto è in qualche modo più lungo.

IL RUOLO DI MODE E TENDENZE Le mode e le tendenze sono importanti fattori per determinare la durata del ciclo di vita di un prodotto. Essi costituiscono contesti nei quali l’innovazione continua e la creatività capaci di incontrare i gusti dei consumatori sono cruciali per la sopravvivenza. Che i cicli di vita brevi dei prodotti siano causati dai rapidi cambiamenti tecnologici, dalle mutevoli mode e tendenze o da una combinazione delle due cose, il messaggio per i manager è chiaro: più breve è il ciclo di vita del vostro prodotto, più è importante innovare in fretta e in maniera continua.

Innovazione, imprenditorialità interna e creatività I leader dell’innovazione e dello sviluppo di nuovi prodotti in organizzazioni consolidate sono gli imprenditori interni, ossia quelle persone che notano le opportunità per un miglioramento quantico o incrementale di un prodotto e sono responsabili della gestione del processo di sviluppo del prodotto per ottenere tali cambiamenti. Tutte le innovazioni hanno inizio con delle idee creative. Esse non sono soltanto quelle che portano alle più grandi invenzioni o scoperte: le idee creative sono tutte quelle che portano le pratiche esistenti un po’ oltre la norma.

La creatività non è niente di più che l’andare oltre i confini comuni, e poco importa che questi confini siano costituiti da tecnologia, conoscenza, norme sociali o opinioni. Creatività non significa soltanto fare cose nuove, ma anche combinare e sintetizzare due o più fatti o idee precedentemente non correlati e trarne qualcosa di nuovo o di diverso. Significa anche modificare qualcosa per ottenere un nuovo uso o fare in modo che funzioni meglio. Il processo di innovazione e creazione di nuova conoscenza dipende dall’abilità dei manager di attingere alle idee tacite o nascoste e soggettive, alle intuizioni e sensazioni di tutti i membri dell’organizzazione.

È necessario trasformare la conoscenza personale in conoscenza organizzativa che dia origine a nuovi prodotti. Per ottenere una tacita conoscenza è spesso necessario imparare attraverso l’osservazione, l’imitazione e la conformità. Un’organizzazione che crea conoscenza è un’organizzazione nella quale l’innovazione continua a ogni livello e in tutte le aree.

Project management Il project management è il processo di condurre e controllare un progetto, in modo tale che dia origine all’efficace creazione di nuovi o migliorati prodotti. Un progetto è una sottounità il cui scopo è sviluppare i prodotti o dei servizi in tempo, rispettando il budget e in conformità con le specifiche di performance predeterminate. Un project management efficace inizia con un piano chiaramente articolato che prende un prodotto dalla sua fase di progettazione, a quella di test iniziale, a quella di modifica, a quella finale di produzione o nel caso di servizi, di installazione.

Un project manager gestisce un maggior numero di professionisti altamente specializzati e competenti. Spesso, l’esperienza e l’intuizione dei PM consentirà loro se si stanno meno facendo dei progressi verso l’ottenimento di un obiettivo. Uno dei compiti più difficili di un PM è mantenere lo slancio di un progetto. Superare l’inerzia, suggerire delle possibili soluzioni, fare del brainstorming e fornire incoraggiamento e feedback sono parti essenziali del lavoro del PM. La chiave del successo di un buon PM è costituita dall’abilità di pensare in prospettiva futura ed eseguire un efficace planning.

Basandosi sull’esperienza passata, i PM efficaci sanno quali problemi si presenteranno, e sanno come organizzare e controllare gli impiegati per affrontarli. Così quando si presenta una crisi, le risorse saranno pronte per affrontarla. Vendere le loro idee e i loro progetti è l’infinito lavoro del PM. I PM usano il modeling quantitativo che consente di sviluppare degli scenari basati sulla domanda “e se?” e di sperimentare alla ricerca di nuovi e migliori metodi di realizzare i passi paralleli e sequenziali necessari per raggiungere il prodotto finale.

Un approccio di modeling piuttosto noto è quello di sviluppare un network PERT/CAM o GANT, vale a dire un diagramma di un progetto che può essere realizzato con diversi pacchetti di software proprietari. Questi pacchetti permettono: Di creare un modello delle sequenze di azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi di un progetto; Mettere in relazione queste azioni ai costi e ai tempi; Scegliere e definire il cammino ottimale per raggiungere l’obiettivo. Una volta che il PM ha scelto un particolare cammino da seguire, questi programmi forniscono un feedback continuo sulla performance del progetto, che può essere utilizzato per stabilire l’attuale performance del progetto.

Il metodo del sentiero critico (critical path method, CPM) cattura l’essenza di ciò che questi modelli cercano di ottenere. Lo scopo del CPM è di determinare: Quale particolare compito o attività delle molte che devono essere eseguite sono determinanti quanto all’effetto che hanno sui tempi e sui costi del progetto; In che modo mettere in sequenza o in calendario i compiti più critici in modo tale che un progetto possa rispettare una data prefissata a costi minimi. Trovare il sentiero critico fornisce dunque una soluzione ottimale per i bisogni di un determinato progetto.

Modello a imbuto di processo stage-gate Uno degli errori che i top manager commettono spesso nel gestire il processo di innovazione è cercare di dare avvio a troppi progetti contemporaneamente. Il risultato è che le limitate risorse finanziarie, umane e funzionali vengono parcellizzate su troppi progetti diversi. Di conseguenza, nessun progetto o PM in particolare ottiene le risorse necessarie per far si che il progetto sia un successo, e il livello di innovazione cala.

È necessario che i manager sviluppino un processo strutturato per valutare le diverse proposte di sviluppo di nuovi prodotti e decidano quale sostenere. Una soluzione a questo problema è quella di implementare un modello a imbuto di processo stage-gate. Lo scopo del modello a imbuto è fissare un processo di innovazione strutturato e coerente che sia in grado di migliorare il controllo sullo sviluppo del prodotto e costringa i manager a fare delle scelte fra diversi progetti in concorrenza tra loro, in modo tale che le risorse non siano parcellizzate fra troppi progetti. Queste nuove idee per prodotti vengono poi messe per iscritto sotto forma di proposta di sviluppo per un nuovo prodotto e presentate a un team interfunzionale di manager che valuta la proposta al gate 1.

Qui, la proposta viene sottoposta ad analisi finalizzata a valutarne l’aderenza alla strategia dell’organizzazione e la sua fattibilità tecnica. Le proposte giudicate coerenti con la strategia dell’organizzazione e tecnicamente fattibili saranno passate allo stage2. Lo scopo primario dello stage 2 è quello di stendere una bozza dettagliata del piano di sviluppo del prodotto che specifichi tutte le informazioni necessarie per prendere una decisione sul procedere verso un vero e proprio sforzo di sviluppo del prodotto. Una volta completata, questa bozza viene revisionata da un comitato di manager senior (gate2) che si occupa di considerare nel dettaglio il piano di sviluppo del prodotto e di valutarne l’attrattiva.

Al gate 2, i progetti possono essere rifiutati, rimandati indietro per una revisione o ammessi a procedere verso la fase di sviluppo (stage 3). Lo stage 3 dello sforzo di sviluppo può durare un periodo indefinito fra i sei mesi e i dieci anni, a seconda del settore industriale e del tipo di prodotto.

Uso dei team interfunzionali e della struttura a team di prodotto Vi sono molte funzioni necessarie per un’innovazione di successo. Oltre al reparto di R&S, queste comprendono l’ingegnerizzazione del prodotto, l’ingegnerizzazione dei processi, la gestione dei materiali, la produzione e il marketing. Coordinare le loro attività non è semplice. Il legame tra il gruppo di R&S e quelli di ingegnerizzazione del prodotto e del processo, è vitale per convertire i risultati della ricerca in un prodotto che sia progettato in maniera efficiente e realizzato in maniera relativamente economica.

Sia il reparto R&S che quello di ingegnerizzazione devono poi coordinarsi con la produzione e il controllo dei costi per assicurarsi che il nuovo prodotto possa essere realizzato in modo sostenibile, redditizio e affidabile dal punto di vista della qualità. Un legame con l’ufficio marketing confermerà che il prodotto possegga le caratteristiche e le qualità di cui i clienti hanno bisogno e vogliono, e che le risorse di R&S non vengano sprecate per creare o migliorare un prodotto che i clienti non vogliono. Il personale di marketing, ingegnerizzazione e produzione devono essere i core member del team di sviluppo di un nuovo prodotto di successo. Core member fa riferimento a un nucleo di 3-6 persone che si assumono la responsabilità primaria dello sforzo di sviluppo di un prodotto.

Leadership del team Perché un team interfunzionale abbia successo, deve avere il giusto tipo di leadership ed essere gestito in modo efficace. È importante avere un team leader in grado di ergersi al di sopra del proprio background funzionale e assumere una prospettiva interfunzionale. Un team leader “leggero” è un manager funzionale di medio livello e di status inferiore al capo di un dipartimento funzionale, che di conseguenza non ha il controllo sulle risorse umane, finanziarie e funzionali. Un team leader “di peso” è un vero e proprio project manager che, nell’ambito dell’organizzazione gode di uno status più elevato. Essi funzionano spesso come “product champion”, vale a dire coloro i quali si arrogano la proprietà del progetto, risolvono i problemi quando insorgono, appianano i contrasti fra i membri del team e forniscono loro la leadership di cui hanno bisogno.

Skunk work e nuove divisioni d’impresa Uno skunk work è una task force, un team temporaneo, che viene creato per accelerare la progettazione di un nuovo prodotto e promuovere l’innovazione coordinando le attività dei gruppi funzionali. Questa task force consiste in membri dei reparti di ingegnerizzazione e ricerca, e di altri reparti di supporto che vengono assegnati ad altre sedi, spesso distanti dal resto dell’organizzazione. Insieme i membri della task force “posseggono il problema” e diventano imprenditori interni, figure interne all’organizzazione che sono responsabili del successo o del fallimento del progetto.

Uno skunk work rappresenta un’isola di innovazione e fornisce alle grandi organizzazioni il contesto tipico delle aziende di piccole dimensioni, nelle quali i membri dei team hanno l’opportunità e la motivazione di portare in fretta un nuovo prodotto sul mercato. Quando nei laboratori di R&S delle grandi aziende vengono sviluppati dei nuovi prodotti; le organizzazioni creano una nuova divisione d’impresa, cui viene assegnata una serie di funzioni di creazione di valore per gestire un progetto dall’inizio alla fine. Una nuova divisione d’impresa si assume la piena responsabilità per la commercializzazione di un prodotto, e normalmente è una divisione indipendente.

Joint venture Una joint venture consente alle organizzazioni di combinare competenze e tecnologie, e condividere le risorse per imbarcarsi in rischiosi progetti di R&S. Una joint venture è simile a una nuova divisione d’impresa, nel senso che viene creata una nuova organizzazione nella quale le persone possono ideare nuove procedure che portano al successo.

Creare una cultura dell’innovazione Anche la cultura organizzativa gioca un ruolo di rilievo nel formare e promuovere l’innovazione. I valori e le norme possono rafforzare lo spirito imprenditoriale e consentire all’organizzazione di rispondere in fretta e in maniera creativa all’ambiente che cambia. Tre sono i fattori che formano la cultura organizzativa: La struttura organizzativa; Le persone; I diritti di proprietà.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA Dal momento che la struttura organizzativa influenza il comportamento delle persone, creare il giusto contesto è importante per favorire la cultura imprenditoriale interna. La crescente dimensione organizzativa potrebbe rallentare l’innovazione. Man mano che le organizzazioni crescono, i processi decisionali diventano più articolati e, verosimilmente più lenti. Le decisioni devono essere prese attraverso dei canali prestabiliti in una gerarchia di considerevoli dimensioni, e un’ingombrante burocrazia potrebbe reprimere lo stato imprenditoriale.

Quando le competenze e le conoscenze necessarie per l’innovazione vengono parcellizzate su diverse sottounità e funzioni, è difficile per un product manager o un “product champion” coordinare il processo di innovazione e accaparrarsi le risorse necessarie per portare a compimento il progetto. Per promuovere l’innovazione, le organizzazioni devono adottare una struttura in grado di superare questi problemi.

PERSONE La cultura dell’innovazione nelle organizzazioni high-tech viene favorita dalle caratteristiche stesse dei loro impiegati. In molti contesti di ricerca, le persone collaborano così da vicino allo sviluppo di un prodotto da diventare sempre più simili le une alle altre. Attingono allo stesso repertorio di regole e valori organizzativi, e così sono in grado di comunicare bene tra loro. I componenti dell’organizzazione selezionano i nuovi membri che possono attingere agli stessi valori, in modo tale che, nel corso del tempo, emerge una cultura riconoscibile che promuove la comunicazione e il flusso di nuove idee. Un modo per incoraggiare la flessibilità e l’apertura mentale è quello di reclutare delle persone che siano attente all’innovazione, ma che percorrano strade diverse per ottenerla.

DIRITTI DI PROPRIETA’ L’innovazione è un processo complesso che richiede competenze e abilità tipiche dello scienziato, non dell’organizzazione. Quando gli scienziati hanno una nuova idea, per loro è relativamente facile prenderla e far sì che la loro organizzazione ne sfrutti i benefici. Infatti, molta innovazione tecnologica avviene nelle nuove organizzazioni fondate da scienziati che hanno lasciato le grandi organizzazioni per fondarne di proprie. Per questo, è necessario stabilire dei rigidi diritti di proprietà per allineare gli interessi degli scienziati della R&S con quelli dell’organizzazione.

Dei forti diritti di proprietà possono essere creati anche se un’organizzazione lega la performance individuale o di un gruppo a consistenti premi in denaro. Concentrandosi su diritti di proprietà, persone e struttura, un’organizzazione può creare una cultura nella quale le norme e i valori promuovono l’innovazione e la ricerca dell’eccellenza nello sviluppo di nuovi prodotti.

Innovazione e Tecnologia dell’Informazione L’efficienza nella gestione delle informazioni fa riferimento a quei risparmi di tempi e costi che avvengono quando le TI consentono ai singoli impiegati di eseguire i loro normali compiti a livelli più elevati, assumersi dei ruoli aggiuntivi ed espandere il loro ruolo in azienda grazie ai progressi nell’ abilità di raccogliere e analizzare i dati.

Le TI: Hanno la capacità di accrescere la conoscenza del proprio compito e le competenze delle persone, Facilitano il processo di innovazione perché promuovono la creatività in molti modi e influiscono su molti aspetti del processo, Facilitano la creatività migliorando la base iniziale di conoscenza. La conoscenza o la disponibilità di informazioni in sé non porta all’innovazione, è invece la capacità di usare in modo creativo la conoscenza che costituisce la chiave verso la promozione dell’innovazione e la creazione del vantaggio competitivo.

Prahalad e Hamed sostengono che non è il livello di conoscenza di un’azienda che porta l’innovazione e il vantaggio competitivo, quanto la velocità con cui esso circola all’interno dell’azienda stessa. Le organizzazioni devono fare dei passi per assicurarsi di usare la conoscenza per sviluppare delle competenze distintive sia a livello funzionale che individuale, e in particolare tra le funzioni.

INNOVAZIONE E SINERGIE DI INFORMAZIONE Uno dei maggiori guadagni in termini di performance derivanti dalle IT avviene quando due o più individui o sottounità condividono le risorse, e collaborano e cooperano al di là dei confini di ruolo o di sottounità, creando così delle sinergie di informazione. Tali sinergie si hanno quando le IT consentono agli individui o alle sottounità di adattare le loro azioni o comportamenti ai bisogni di altri individui o sottounità su base continuativa e raggiungere così dei risultati della collaborazione basata sul team. Le IT cambiano le forme dell’organizzazione e promuovono la creatività e l’innovazione all’interno dei network e delle forme organizzative virtuali.

Le strutture virtuali basate sulle IT composte di persone o aziende collegate tra loro per mezzo di strumenti elettronici facilitano la condivisione della conoscenza e l’innovazione. L’applicazione delle IT ha dimostrato di promuovere i workfloe interfunzionali, rendere più accessibili e trasparenti le informazioni importanti e aumentare l’incidenza del problem solving che porta all’innovazione. SVANTAGGI: È possibile che non aumenti soltanto il quantitativo di buone informazioni disponibili a chi effettua una ricerca, ma che si rendano disponibili anche i cattivi consigli.

Le IT contribuiscono anche ad aumentare le cosidette boundary-spanning activity cioè quelle interazioni fra persone o gruppi attraverso i confini di un’organizzazione per ottenere importanti informazioni e conoscenze dell’ambiente, che aiutano a promuovere l’innovazione.

Le IT hanno molte caratteristiche che possono favorire il cambiamento tecnologico incrementale e quantico: Consentono ai ricercatori e ai pianificatori di comunicare con maggiore facilità e poca spesa nonostante la distanza geografica e temporale; Di scambiare informazioni più rapidamente e in modo preciso con gruppi ben determinati; Di controllare in maniera più selettiva l’accesso e la partecipazione a una sessione o un network di comunicazione; Di avere un accesso più rapido e selettivo alle informazioni create al di fuori dell’organizzazione; Di combinare e riconfigurare le informazioni in modo più rapido e accurato; Di immagazzinare in modo più razionale e usare più in fretta i giudizi degli esperti e i modelli decisionali.

TECNOLOGIE DELL’INFORMAZIONE, STRUTTURA E CULTURA ORGANIZZATIVA Le IT influenzano anche il processo di innovazione attraverso i loro molti effetti sulla struttura organizzativa. Per accelerare l’innovazione, molte organizzazioni hanno cominciato a spostare il decision making verso i livelli più bassi dell’organizzazione, allo scopo di trarre vantaggio dagli operai specializzati che possiedono informazioni locali più accurate e aggiornate. Le IT aiutano questo processo in due modi: Danno agli impiegati di livello inferiore una conoscenza più dettagliata e aggiornata dei trend e delle opportunità riguardanti clienti e mercato. Possono produrre delle sinergie di informazione, perché facilitano una maggiore comunicazione e coordinamento fra i decision maker decentralizzati e i top manager.

Le IT comportano meno livelli manageriali per gestire il problem solving e il decision making, il che porta ad un appiattimento dell’organizzazione. Le IT possono anche promuovere l’innovazione attraverso i loro effetti sulla cultura organizzativa. Le IT facilitano la condivisione di idee, valori e norme, perché consentono la rapida trasmissione di informazioni ricche e dettagliate fra persone e sottounità. Le IT possono accrescere gli effetti motivazionali dei valori culturali che sostengono l’innovazione.

Con l’uso delle IT, un’organizzazione può mettere a disposizione dei propri impiegati un’enorme mole di messaggi di incoraggiamento, spesso contenuti nella dichiarazione di intenti dell’organizzazione, negli obiettivi aziendali, nelle procedure operative e così via. Le e-mail, le voice-mail e le intranet, forniscono dei meccanismi per trasmettere e diffondere agli impiegati informazioni sull’organizzazione, e possono aiutare a promuovere norme, valori e aspettative culturali condivisi, che facilitano l’innovazione.

Gestione del conflitto, potere e politica CAPITOLO 14 Gestione del conflitto, potere e politica

Obiettivi di apprendimento Descrivere la natura del conflitto, le sue fonti e il modo in cui nasce fra stekeholder e sottounità. Identificare i meccanismi attraverso i quali i manager e gli stakeholder possono ottenere il potere, usarlo per influenzare il decision making e risolvere i conflitti a loro favore.

Spiegare come e perché gli individui e le sottounità si impegnano in una politica organizzativa per favorire il loro controllo sui processi decisionali e ottenere il potere di influenzare il processo di cambiamento in loro favore. Apprezzare l’importanza di gestire la struttura di potere di un’organizzazione per superare l’inerzia organizzativa e apportare il tipo di cambiamento che promuove la performance.

Che cos’è il conflitto organizzativo? Per crescere, cambiare e sopravvivere, un’organizzazione deve gestire sia la cooperazione che la competizione fra gli stakeholder. Ogni gruppo di stakeholder ha i propri obiettivi e i propri interessi che in qualche modo si sovrappongono con quelli di altri gruppi, perché tutti gli stakeholder hanno a cuore la sopravvivenza dell’organizzazione. Gli obiettivi e gli interessi non sono identici, e il conflitto nasce quando un gruppo persegue i propri interessi a spese di altri. Il conflitto organizzativo è lo scontro che avviene quando un comportamento finalizzato agli obiettivi di un gruppo blocca o ostacola gli obiettivi di un altro gruppo.

Sebbene il conflitto sia percepito come qualcosa di negativo, esso risulta vantaggioso per l’organizzazione, dal momento che ne può aumentare l’efficacia. Oltre un certo punto però, i conflitti fra gli stakeholder possono danneggiare la performance organizzativa. Alcuni conflitti fanno bene alle organizzazioni e possono contribuire al superamento delle inerzie organizzative, potenziare le capacità di apprendimento e favorire il cambiamento organizzativo. Oltre che un certo limite, tuttavia, il conflitto cessa di essere un incentivo al miglioramento e può contribuire al declino organizzativo.

Un’organizzazione deve essere aperta al conflitto, riconoscerne il valore sia nell’aiutare ad identificare i problemi sia a contribuire alla generazione di soluzioni alternative che migliorano il decision making. Al fine di sfruttare gli aspetti funzionali del conflitto ed evitare gli effetti disfunzionali, i manager devono imparare come controllarlo.

Il modello di Pondy del conflitto organizzativo Pondy considera il conflitto come un processo che consiste in cinque episodi, o fasi sequenziali. A prescindere da come e perché il conflitto nasce, i manager possono usare il modello di Pondy per interpretare e analizzare una situazione conflittuale e intraprendere delle azioni per risolverlo.

FASE 1: CONFLITTO LATENTE Nella prima fase, del conflitto latente, non esiste alcun conflitto aperto; tuttavia è presente il potenziale per l’insorgenza di un conflitto, e questo a causa del modo in cui l’organizzazione opera. Secondo Pondy, tutti i conflitti organizzativi nascono perché la differenziazione orizzontale e verticale porta alla costituzione di diverse sottounità organizzative, che hanno diversi scopi e spesso diverse percezioni del modo migliore per realizzarli.

INTERDIPENDENZA Man mano che le organizzazioni si differenziano, ciascuna sottounità sviluppa un desiderio di autonomia e comincia a perseguire obiettivi e interessi che ritiene più importanti di quelli delle altre sottounità e dell’organizzazione nel suo complesso. Dal momento che le attività e i processi governati dalle sottounità sono interdipendenti rispetto ai clienti o agli stakeholder, il desiderio di autonomia porta al conflitto. Alla fine, il desiderio di autonomia di ciascuna sottounità entra in conflitto con il fabbisogno di coordinamento dell’intera organizzazione.

DIFFERENZE DI OBIETTIVI E PRIORITA’ Le differenze nell’orientamento delle sottounità influiscono sulla visione del mondo di ciascun reparto o divisione e fanno si che ogni sottounità persegua obiettivi diversi, spesso incoerenti e incompatibili tra loro. Quando ciò accade, il potenziale per il conflitto cresce. FATTORI BUROCRATICI Nel tempo, si può verificare il conflitto a causa di incongruenze di status fra diversi gruppi nella burocrazia dell’organizzazione. Un classico esempio di conflitto burocratico avviene tra funzioni di staff e di linea. Una funzione di linea è direttamente legata alla produzione degli output dell’organizzazione. Le funzioni di staff consigliano e sostengono la funzione di linea e comprendono l’ufficio personale, la contabilità e gli acquisti.

CRITERI DI PERFORMANCE INCOPATIBILI A volte le sottounità entrano in conflitto non a causa dell’incompatibilità di obiettivi, ma perché il modo dell’organizzazione di monitorare, valutare e premiare le diverse sottounità le porta al conflitto. COMPETIZIONE PER RISORSE LIMITATE Quando le risorse sono limitate, devono essere fatte delle scelte su come allocarle e le sottounità devono competere per la loro parte. Le divisioni lottano per vedersi assegnare una fetta maggiore di finanziamenti, perché maggiori sono i fondi che ottengono e investono, più in fretta possono crescere. Allo stesso modo, ci possono essere dei conflitti a livello funzionale sulla quantità di fondi da allocare alle vendite, o alla produzione, o alla R&S, per raggiungere gli obiettivi organizzativi.

FASE 2: CONFLITTO PERCEPITO La seconda fase, il conflitto percepito, ha inizio nel momento in cui una sottounità o un gruppo di stakeholder percepisce che i propri obiettivi sono ostacolati da quelli di un altro gruppo. In questa fase, ciascuna sottounità comincia a definire i motivi per i quali sta emergendo il conflitto e analizzare gli eventi che hanno condotto al conflitto stesso. Ogni gruppo va alla ricerca delle origini del conflitto e costruisce uno scenario che spiega i problemi che sta avendo con altre sottounità. A questo punto il conflitto sale di intensità, nella misura in cui le diverse sottounità o stakeholder cominciano a disputare sulla causa del problema.

FASE 3: CONFLITTO VISSUTO Nella fase del conflitto vissuto, le sottounità in conflitto fra loro sviluppano ben presto una risposta emotiva reciproca. Normalmente ciascuna sottounità serra le fila e sviluppa una mentalità polarizzata del “noi contro di loro” che getta la colpa interamente sull’altra sottounità. Man mano che il conflitto aumenta, la cooperazione fra le sottounità decade e altrettanto fa l’efficacia organizzativa. Se il conflitto non viene risolto, raggiunge ben presto la fase successiva.

FASE 4: CONFLITTO MANIFESTO Nella fase del conflitto manifesto, una sottounità cerca di rifarsi su un’altra tentando di ostacolarne gli obiettivi. Il conflitto manifesto può assumere diverse forme, cui non sono estranee nemmeno l’aggressione fisica fra individui o gruppi di persone. Una forma molto efficace di conflitto manifesto è l’aggressione passiva, vale a dire il frustrare gli obiettivi dalla parte avversa senza far nulla.

FASE 5: GLI STRASCICHI DEL CONFLITTO Presto o tardi, il conflitto organizzativo si risolve in qualche modo, spesso per decisione di un manager senior. E se le motivazioni del conflitto non sono state risolte, le dispute e i problemi che hanno causato il conflitto nascono di nuovo in un altro contesto. Ogni episodio di conflitto lascia degli strascichi che influenzano il modo in cui le due parti percepiscono la situazione e reagiranno in futuro. Se un conflitto si risolve prima di arrivare alla fase manifesta, allora gli strascichi favoriranno le future relazioni lavorative. Se invece un conflitto raggiunge le fasi finali, o non viene risolto affatto, gli strascichi inaspriranno le relazioni lavorative future e la cultura organizzativa sarà avvelenata da rapporti che non daranno mai spazio alla collaborazione.

Gestione del conflitto: le strategie per la risoluzione del conflitto Un’organizzazione deve bilanciare la necessità di una certa dose di conflitto “positivo” (che permette di superare l’inerzia e consente un nuovo apprendimento organizzativo) con il bisogno di impedire che il conflitto “positivo”sfoci in “conflitto negativo” (che è causa di una rottura della coordinazione e dell’integrazione fra reparti e divisioni). Il metodo che un’organizzazione sceglie per gestire il conflitto dipende dalla fonte del problema.

L’organizzazione può: AZIONE A LIVELLO DELLA STRUTTURA Un’organizzazione potrebbe passare da una struttura funzionale e una struttura a divisioni di prodotto, allo scopo di rimuovere la fonte di conflitto fra i manager della produzione che non sono in grado di controllare i costi generali delle diverse linee di prodotto. L’organizzazione può: Aumentare il livello di integrazione per gestire il problema delle differenze negli obiettivi delle sottounità; Accertarsi che la struttura della gerarchia dell’autorità organizzativa sia in linea con gli attuali bisogni dell’azienda; Appiattire la gerarchia in modo tale che le relazioni di autorità siano definite in modo chiaro, e decentralizzare l’autorità può rimuovere una notevole fonte di conflitto organizzativo. Una progettazione organizzativa dovrebbe portare alla creazione di una struttura che minimizza il potenziale di conflitto.

AZIONE A LIVELLO DEI COMPORTAMENTI E DEGLI INDIVIDUI Un modo per contenere il conflitto fra le sottounità e impedire la polarizzazione dei comportamenti è quello di stabilire un sistema di procedure che consenta alle parti in conflitto di rendere note le proprie lamentele e ascoltare il punto di vista degli altri gruppi. I comitati o i team, ad esempio, possono costituire un forum nel quale le sottounità in conflitto fra loro possono incontrarsi faccia a faccia e negoziare direttamente. In questo modo, le sottounità possono chiarire i postulati che stanno usando per contestualizzare il problema, e sviluppare una comprensione delle motivazioni altrui. Spesso un’organizzazione chiama in causa una terza persona per negoziare e moderare una disputa fra sottounità o stakeholder.

Il ruolo del negoziatore è impedire la polarizzazione dei comportamenti che avviene nella fase di conflitto vissuto ed evitare così che si arrivi al conflitto manifesto. Un altro modo per gestire il conflitto attraverso il cambiamento dei comportamenti è lo scambio e la rotazione delle persone fra le sottounità, per incoraggiare i gruppi a comprendere il punto di vista degli altri. Quando i comportamenti sono difficili da cambiare, perché si sono sviluppati su un lungo periodo di tempo, il solo modo per risolvere il conflitto potrebbe essere quello di sostituire le persone coinvolte. Questo può essere fatto trasferendo in via permanente gli impiegati ad altre parti dell’organizzazione, promuovendoli o licenziandoli.

Che cos’è il potere organizzativo? Il potere organizzativo è il meccanismo attraverso il quale si risolve il conflitto, e può anche essere definito come la capacità di una persona o di un gruppo di superare la resistenza altrui e risolvere il conflitto e raggiungere un obiettivo o un risultato desiderato. Il potere organizzativo è la capacità di A di far sì che B faccia qualcosa che altrimenti non avrebbe fatto. In questo senso, il potere coincide con la capacità di esercitare influenza, anche se non necessariamente l’influenza sugli altri si esercita attraverso il potere. Chi detiene il potere può ottenere i risultati che desidera a scapito dell’opposizione degli altri.

Avere il potere è un fattore determinante in tutti i tipi di decisioni che finiscono per risolvere un conflitto. Il conflitto e il potere sono intimamente collegati. Il conflitto è causato dall’esistenza di diversi gruppi o individui che devono collaborare per raggiungere gli obiettivi organizzativi, ma devono competere per le risorse organizzative e hanno diversi obiettivi e priorità individuali e di gruppo.

Fonti di potere organizzativo AUTORITA’ L’autorità cioè quel potere legittimato dalle fondamenta culturali e legali sulle quali si basa un’organizzazione, è la basilare fonte di potere in un’organizzazione. L’autorità in un’organizzazione deriva dall’atto costitutivo, che consente agli azionisti, attraverso il consiglio di amministrazione, di garantire all’amministratore delegato o al direttore generale il potere formale, o autorità di usare le risorse organizzative per creare valore per gli azionisti. A sua volta questi hanno diritto di assegnare l’autorità ad altri top manager dell’organizzazione, che hanno il diritto di conferirla ai loro subordinati.

Le persone che entrano a far parte di un’organizzazione accettano il diritto legale dell’organizzazione di controllare il loro comportamento. Nell’esercizio dell’autorità il manager esercita il controllo legale di governare e controllare le risorse, comprese quelle umane. Spesso i manager negoziano fra loro i limiti della loro autorità e i manager senior conferiscono l’autorità ai subordinati prendendo consapevolmente la decisione di decentralizzare. Decentralizzando l’autorità ai subordinati non si riduce necessariamente quella dei manager, perché questi ultimi continuano ad avere la responsabilità di qualunque decisione prendano i subordinati. Nelle organizzazioni che decentrano l’autorità e conferiscono il potere agli impiegati, tutti i componenti dell’organizzazione possono ottenere autorità, dal momento che l’organizzazione prospera e attira maggiori risorse.

CONTROLLO SULLE RISORSE Proprio come il potere di un’organizzazione aumenta in modo proporzionale alle risorse nell’ambiente, il potere all’interno di un’organizzazione deriva dal controllo delle risorse. Per sopravvivere le persone hanno bisogno di risorse come capitale, risorse umane, materie prime e clienti. Il denaro, o il capitale, è la risorsa organizzativa fondamentale perché permette di acquistare le altre risorse. Dal punto di vista legale, i top manager controllano l’allocazione del denaro dell’organizzazione e di conseguenza il futuro. La capacità di allocare le risorse finanziarie, tuttavia, non è la sola fonte di potere per un manager o per una sottounità. Anche la capacità di generare risorse finanziarie è un’importante fonte di potere.

CONTROLLO SULLE INFORMAZIONI L’informazione può essere una risorsa organizzativa molto importante e nel contempo scarsa. L’accesso alle informazioni dalle sottounità, verso di esse, e tra l’una e l’altra, sono fonti di considerevole potere nel decision making e nel processo di cambiamento. Il controllo dell’informazione è la fonte di potere di molte persone o sottounità che si trovano in ruoli specializzati. Tutte le sottounità posseggono un qualche tipo di conoscenza esperta, ma i reparti e le divisioni che controllano le informazioni critiche ne hanno la maggior parte. NON SOSTITUIBILITA’ Se nessun altro è in grado di eseguire un compito di una persona o di una sottounità non è sostituibile, ed è la sola che gli può fornire delle risorse che un’altra sottounità o l’organizzazione vogliono.

CENTRALITA’ I manager in grado di controllare il flusso di informazioni detengono molto potere e giocano un ruolo chiave nei processi decisionali. Allo stesso modo, le sottounità che sono più centrali per il flusso delle risorse, hanno la capacità di ridurre l’incertezza delle altre sottounità. Spesso la strategia di un’organizzazione è determinante per stabilire quale sottounità sia centrale all’organizzazione stessa. CONTROLLO SULL’INCERTEZZA Una sottounità che è in grado di controllare davvero le principali fonti di incertezza o le contingenze che l’organizzazione si trova ad affrontare, detiene un considerevole potere. Nel tempo, man mano che cambiano le contingenze che deve affrontare un’organizzazione, alcune sottounità ottengono maggiore potere, mentre cala quello di altre, il cui servizio non è poi così importante.

POTERE NON INVASIVO: CONTROLLARE LE PREMESSE DEL DECISION MAKING Quando diverse sottounità condividono degli interessi simili, entrano spesso a far parte di una coalizione per accrescere il loro potere e perseguire un obiettivo comune. L’accresciuto potere della coalizione viene poi fatto pesare sul processo di decision making contro le coalizioni che stanno perseguendo obiettivi diversi. Il potere derivante dalla capacità di controllare le premesse del decision making si chiama potere non invasivo, perché gli altri, di solito, non sono consapevoli del fatto che una coalizione stia formando le loro percezioni o interpretazioni di una situazione. Il potere di una coalizione sta nella sua abilità di controllare i presupposti, gli obiettivi, le norme o i valori che i manager usano per giudicare le soluzioni alternative a un problema.

Conseguenza del potere non invasivo è che molte alternative vengono scartate, perché non si adattano alla visione della situazione della coalizione dominante. Così ancora prima che il decision making abbia inizio, la coalizione dominante si è accertata che la decisione che verrà presa sosterrà comunque i suoi interessi. La capacità di una coalizione di risolvere il conflitto in suo favore dipende da quale coalizione ha l’equilibrio del potere nell’organizzazione.

Uso del potere: la politica organizzativa La politica organizzativa comprende le attività intraprese all’interno di un’organizzazione e finalizzate ad acquisire, sviluppare e usare il potere e le altre risorse per ottenere i risultati desiderati da una delle parti in una situazione nella quale c’è incertezza o disaccordo sulle scelte. Per gestire i processi di cambiamento e risolvere i conflitti a proprio favore, gli individui, le sottounità e le coalizioni intraprendono spesso un’attività politica e mettono in atto un comportamento finalizzato ad aumentare il loro potere e la loro influenza.

TATTICHE POLITICHE Gli individui e le sottounità possono usare molte tattiche politiche per ottenere il potere necessario a raggiungere i loro obiettivi e risultati. AUMENTARE L’INDISPENSABILITA’ Una tattica politica fondamentale che un individuo o una sottounità può mettere in pratica per aumentare il proprio potere è quella di diventare indispensabile per l’organizzazione. L’indispensabilità può essere ottenuta aumentando la sostituibilità o la centralità.

AUMENTARE LA NON SOSTITUIBILITA’ I manager più scaltri mettono deliberatamente in atto dei comportamenti e delle azioni che li rendono non sostituibili. Potrebbero sviluppare competenze speciali oppure specializzarsi in un’area di crescente interesse per l’organizzazione in modo tale da trovarsi nella posizione di controllare una contingenza cruciale che sta affrontando l’organizzazione. Gli individui e le sottounità che usano queste tattiche vengono spesso chiamati per risolvere i problemi nel momento in cui si presentano, e la capacità di arrivare a una soluzione accresce il loro status e prestigio.

AUMENTARE LA CENTRALITA’ I manager possono aumentare la loro indispensabilità rendendosi centrali all’organizzazione. Possono accettare deliberatamente delle responsabilità che li mettono in contatto con molti reparti e molti manager, così da poter favorire la loro reputazione personale e quella del loro reparto. Rendendosi centrali potrebbero anche favorire la loro capacità di ottenere informazioni che possono usare per rendere se stessi e il loro reparto non sostituibili. In cambio del loro aiuto, possono richiedere anche dei favori da altre persone o gruppi, e passare queste informazioni ad altri manager, che a loro volta saranno in obbligo con loro e condivideranno ancora più informazioni.

ASSOCIARSI CON MANAGER POTENTI Un altro modo per ottenere il potere è quello di legarsi ai manager potenti. Sostenere un manager potente e rendersi indispensabile per questa persona permette di scalare la gerarchia organizzativa insieme a lei. I top manager fungono spesso da mentori ad aspiranti manager di livello inferiore, perché il planning per la successione manageriale è un compito importante dei top manager. Per identificare le persone potenti in un’organizzazione è necessario sviluppare la sensibilità di intuire chi detiene il potere.

Gli indicatori di potere comprendono la reputazione personale e la capacità di: Influenzare i risultati del decision making organizzativo; Controllare le risorse organizzative significative; Mostrare dei simboli di prestigio e status. Un modo secondario per creare un legame con le persone potenti è trarre vantaggio da elementi di terreno comune, come l’aver studiato alla stessa scuola o università, o un back ground socio-economico simile.

COSTRUIRE E GESTIRE COALIZIONI Formare una coalizione di diversi interessi, stakeholder, individui e sottounità, attorno a una questione di interesse comune è una tattica politica che un manager può utilizzare il potere e risolvere un conflitto in proprio favore. Le coalizioni vengono spesso costruite secondo il principio del “do ut des”: A sostiene B in una questione che interessa B, in cambio del sostegno di B in una questione che interessa A. Le coalizioni possono essere strutturate in maniera trasversale fra i diversi livelli dell’organizzazione, fra reparti o divisioni, e fra importanti stakeholder interni ed esterni. L’abilità di costruire coalizioni è importante per avere successo nella politica organizzativa, perché gli interessi delle parti di una coalizione cambiano di frequente proprio come fa l’ambiente.

INFLUENZARE IL DECISION MAKING La tattica politica forse più importante che un manager, un gruppo, una divisione o una coalizione possono mettere in pratica per acquisire, accrescere e usare il potere è influenzare la politica del decision making. Possedere e usare il potere è una delle competenze necessarie per il gioco politico. Due tattiche per controllare il decision making e leggittimare l’uso del potere sono: Esercitare il controllo sull’agenda aziendale; Portare all’interno dell’azienda un esperto esterno.

ESERCITARE IL CONTROLLO SULL’AGENDA AZIENDALE I manager e le coalizioni amano far parte di commissioni e se possibile controllarle, in modo tale da poter controllare l’agenda o gli affari della commissione stessa. In questo modo sono in grado di esercitare un controllo sulle questioni e i problemi da sottoporre a importanti decision maker. PORTARE ALL’INTERNO DELL’AZIENDA UN ESPERTO ESTERNO Quando si ha un conflitto grave, tutti i manager e le coalizioni sanno che singoli individui e gruppi stanno combattendo per i propri interessi e forse anche per la propria sopravvivenza politica. I manager di ogni sottounità vogliono che la scure colpisca le altre sottounità e trarre beneficio da qualunque cambiamento abbia luogo.

I manager e le coalizioni che fanno i propri interessi, sapendo che la soluzione voluta sarà percepita dalle altre coalizioni come politicamente motivata, sono ansiosi di legittimare la loro posizione, e quindi chiamano spesso in causa un esperto esterno considerato neutrale. In alcuni casi, gli esperti non sono affatto neutrali, ma istituiti dalla coalizione dominante, della quale conoscono esattamente l’opinione, in modo da poter sviluppare uno scenario favorevole. Quando questo scenario viene presentato ai gruppi in conflitto, l’ “obiettività” dell’esperto è usata per far pendere il decision making in favore della coalizione dominante. L’opposizione viene sbaragliata e accetta l’inevitabile.

I costi e i benefici della politica organizzativa La politica organizzativa è parte integrante del decision making di un’organizzazione. Per gestire la politica organizzativa e trarne dei benefici, un’organizzazione deve stabilire un equilibrio di potere, nel quale si possano considerare versioni e soluzioni alternative, e ci sia spazio per ascoltare i pareri opposti. È inoltre importante che nel tempo, l’equilibrio del potere si sposti verso la parte maggiormente in grado di gestire l’incertezza e le contingenze dell’organizzazione. Un’organizzazione che conferisce il potere a chi può promuovere il cambiamento più favorevole,può trarre vantaggio dal processo politico per migliorare la qualità del decision making organizzativo.

Consentendo ai manger di usare il potere per promuovere i loro obiettivi futuri e formare delle coalizioni che si contendono il sostegno per i loro programmi, un’organizzazione può aumentare la qualità del decision making incoraggiando dibattiti utili e costruttivi sulle alternative. La politica può così migliorare l’efficienza organizzativa, se provoca dei cambiamenti che collocano le risorse laddove possono produrre maggior valore. L’abilità di un’organizzazione di ottenere benefici dalla politica dipende dall’assunto secondo il quale il potere fluisce verso quelli che possono esserle di maggiore aiuto. Ciò significa che i manager che non hanno successo perdono il potere in favore di altri, e che, nelle organizzazioni, c’è un continuo movimento di potere, dal momento che il potere di un individuo o di un gruppo va e viene.