I Minori nel Contesto Giudiziario 29 Aprile 2011 Dott.ssa Paola De Sio Psicologa Clinica
CHE COSA CI SERVE SAPERE? Una teoria della devianza minorile Conoscere alcune norme penali Le misure cautelari
Devianza minorile condotte che vanno contro le norme, i valori ed i principi della comunità sociale di appartenenza. Alcune cause della devianza minorile: dispersione scolastica e/o insuccesso scolastico cattive compagnie e/o vicinanza a gruppi di pari devianti ambiente con elevato “degrado sociale” immaturità psicologica e/o cause psicopatologiche provenire da una famiglia multiproblematica.
LA LOGICA DI TIPO CIRCOLARE E SEQUENZIALE Teoria è: LA LOGICA DI TIPO CIRCOLARE E SEQUENZIALE
ANALISI DELL’AZIONE DEVIANTE : Comportamento Osservabile Cognizioni consapevoli Significati sociali
MINORE AUTORE DI REATO Un minore che commette un reato può essere percepito dalla comunità in termini di minaccia particolarmente intensa. La sua azione deviante contrasta con le aspettative sociali derivante da un modello dell’infanzia e dell’adolescenza che assegna al minore un ruolo “debole” legato alla sua fase di crescita e quindi un bisognoso controllo rispetto all’adulto.
IL PROCESSO PENALE MINORILE Nell’evoluzione della cultura istituzionale nei confronti della devianza giovanile, si possono individuare dei periodi storici che hanno prodotti dei mutamenti a livello legislativo ed organizzativi specifici della giustizia minorile.
La norma più innovativa per la tutela dei minori con problemi di devianza penale: è il Decreto del Presidente della Repubblica del 22 settembre 1988 n. 448. Il processo penale minorile, è considerato come evento delicato ed importante nella vita del minore, deve perciò, essere adeguato alle esigenze di una personalità in fase evolutiva. Se da un lato, si configura come processo penale con tutte le garanzie di un processo ordinario, dall’altro si tende a limitare per quanto possibile, gli effetti dannosi che il contatto con la giustizia può provocare.
Il nuovo codice penale per minorenni, ha come linee guida di riferimento due autorevoli documenti internazionali: le Regole di Pechino approvate nel novembre 1985; la Raccomandazione n.20 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa circa le reazioni sociali della delinquenza minorile approvata nel settembre 1987; Questi due documenti hanno costituito la linea ideologica della legge D.P.R. 448/88: il diritto del minore alle garanzie processuali; la riduzione al minimo dei rischi derivanti dal contatto con il sistema giudiziario e carcerario; la specializzazione degli operatori della giustizia minorile;
Il D.P.R 448/88 delinea un sistema di giustizia penale diversificato, dove il momento più significativo, è rappresentato dal passaggio del minore da oggetto di protezione e tutela a soggetto titolare di diritti. Si parla per la prima volta esplicitamente di: “INTERESSE DEL MINORE”, di “ESIGENZE EDUCATIVE” e di “TUTELA DEL MINORE”. Il processo penale deve dunque rappresentare per il minore un’offerta di occasione educativa e di recupero del processo educativo interrotto e distorto.
FASI INDAGINI PRELIMINARI PROCEDIMENTO Il minore entra in contatto con la giustizia minorile in seguito ad ARRESTO in flagranza o perché indiziato di aver commesso un reato. FASI INDAGINI PRELIMINARI ATTORI PUBBLICO MINISTERO e POLIZIA GIUDIZIARIA DIFENSORE INDAGATO e PERSONA OFFESA GIUDICE INDAGINE PRELIMINARI (GIP)
FINALITÀ RICERCA ELEMENTI DI PROVA Sommarie informazioni Perquisizioni Accertamenti sui luoghi/cose/persone Consulenze tecniche Accertamenti tecnici non ripetibili Investigazioni difensive
CHIUSURA INDAGINI ED ATTIVITA’ DI SINTESI DEL P.M. Richiesta di Archiviazione per infondatezza della notizia di reato. Richiesta di Rinvio a Giudizio.
INNANZI AL GIUDICE DELL’UDIENZA PRELIMINARE (GUP) sentenza di non luogo Decreto che dispone a procedere e il giudizio proscioglimento Imputato
FASE DEL GIUDIZIO “dibattimentale” Finalità Assunzione costruzione prove Accertamento responsabilità Irrogazione pena Esame persona offesa Esame testimoni/consulenti Esame periti(acquisizioni elaborati periti) Esame imputato Ricognizioni personali Letture Atti/verbali dichiarazioni
DISCUSSIONE (nell’ordine) Pubblico Ministero Parti Civili Difensori Imputato
SENTENZA Proscioglimento Assoluzione Condanna
Pausa 10 minuti
ASPETTI SOSTENZIALI DELLA MESSA ALLA PROVA Il nuovo processo penale offre un ampio ventaglio di possibilità “alternative” e “sostitutive”al carcere in linea con l’evoluzione culturale della giustizia minorile. LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO CON MESSA ALLA PROVA (art. 28 D.P.R. 448/88) rappresenta una delle innovazioni più significative del processo penale.
L'iniziativa della sospensione del processo e della messa alla prova, ai sensi dell'art. 28 può essere assunta, in corso di udienza preliminare o in dibattimento. La Sospensione del Processo con Messa alla prova rappresenta, dal punto di vista della difesa, un espediente processuale ottimale, soprattutto in ragione della possibilità dell'esito positivo, che non lascia tracce nel casellario giudiziale del minore, estinguendo il reato.
La messa alla prova, presuppone, un accertamento di responsabilità del minore. Il minore viene sentito dal giudice, in modo di conoscere il suo parere e raccogliere la sua adesione al progetto. Con la sospensione il giudice affida ai servizi di giustizia minorile che, in collaborazione con i servizi locali, svolgono “un’attività di osservazione, trattamento e sostegno”.
La buona riuscita della prova, è determinante il ruolo dei Servizi Sociali Minorili, che hanno il compito prioritario d’elaborare le informazioni sulla personalità del ragazzo, sull'ambiente sociale e familiare di riferimento e, di conseguenza, di indirizzare le decisioni del giudice sulle esigenze educative da tutelare, nel programma di recupero psicologico, pedagogico e sociale.
Il giudice provvede a disporre la sospensione del processo e la messa alla prova del minore "sulla base di un progetto di intervento elaborato dai servizi minorili dell'amministrazione della giustizia, in collaborazione con i servizi socio - assistenziali degli enti locali". Il progetto di intervento costituisce, quindi, allo stesso tempo, il contenuto della decisione del giudice ed il programma di vita che il minore si impegna ad assumere.
Il Progetto,deve essere adeguato rispetto alla personalità del minore, al tipo di reato commesso. Tale personalizzazione del programma, infatti, è un dato dal quale non si può prescindere se si vuole realmente mettere il minore nella condizione di assolvere a quegli impegni di cambiamento e di reinserimento sociale che la prova presuppone.
La misura della messa alla prova, intesa come presa in carico psico-sociale del minore, mira a coniugare obiettivi penali e di aiuto all’adolescente. Si prefigge, pertanto, di aiutare il giovane a definire un sistema di valori e un’idea di Sé orientata al futuro, coinvolgendolo in progetti specifici come: l’impegno nella scuola o nel lavoro, la disponibilità ad attività di tempo libero organizzate, l’apertura alla dimensione di solidarietà sociale, attraverso il coinvolgimento in attività socialmente utili.
Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza preliminare o dibattimentale, e dichiara con sentenza estinto il reato se ritiene che la prova abbia esito positivo, tenuto conto del comportamento del minore e delle evoluzione della sua personalità. Nel caso in cui, invece, il giudice ritenga che la prova abbia avuto un esito negativo, il procedimento verrà ripreso proprio in cui era stato sospeso.
E’ importante valutare il comportamento del minore con elasticità ed intelligenza al fine di stabilire se effettivamente si è realizzato il recupero dell’imputato, che costituisce l’unica finalità della messa alla prova.
LE MISURE CAUTELARI Le misure cautelari sono applicate dal GIP in situazioni di particolare gravità e tenendo conto dell'esigenza di non interrompere nel minore i processi educativi in atto e limitano o privano la libertà del soggetto prima ancora che sia dichiarato completamente colpevole.
Collocamento in comunità Custodia cautelare Le misure cautelari Prescrizioni Permanenza in casa Collocamento in comunità Custodia cautelare
Le Prescrizioni (art.20 D.P.R 448/88) prevedono alcuni obblighi inerenti attività di studio,lavoro o altri impegni per l’educazione del minore. La Permanenza in casa (art 21 D.P.R. 448/88) prevede l’obbligo di rimanere presso la propria abitazione familiare o altro luogo di privata dimora.
Il collocamento in comunità (art. 22D.P.R.448/88) il minore ha l’obbligo di permanere presso una comunità pubblica o privata, che si occupa di problematiche adolescenziali, sia relazionale ai provvedimenti amministrativi e penali. Il minore si deve attenere al programma previsto dalla comunità, viene seguito dagli operatori della struttura e dai servizi che concorrono nel supporto per lo svolgimento del programma. La custodia cautelare il minore viene condotto in Istituto Penale. Questa misura è prevista per delitti punibili con ergastolo o per pene non inferiore ai nove anni.
“Dove c’è un ragazzo che lancia una sfida per crescere, là deve esserci un adulto pronto a raccoglierla, perché a livello profondo, nella fantasia inconscia, si tratta di una questione di vita e di morte per l’adolescente”. (Winnicott D.W, 1991)
Bibliografia De Leo G., Patrizi P., (1999), Trattare con adolescenti devianti. Carocci, Roma. De Leo G., (2002) Psicologia giuridica, Carocci Roma. Maggiolini A., 2002 (a cura di) Adolescenti delinquenti. L’intervento psicologico nei servizi della Giustizia Minorile. Franco Angeli, Milano. Lanza, E (2003), La sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato minorenne. Giuffre Editore, Milano
GRAZIE PER L’ATTENZIONE !!!