Lezione XII La vita nelle case delle città dell’area vesuviana: le altre tipologie abitative.

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Lezione XII La vita nelle case delle città dell’area vesuviana: le altre tipologie abitative

La domus non è l’unico tipo di abitazione dell’area vesuviana Il forte impatto che le domus dell’area vesuviana hanno nella ricerca scientifica e anche sull’impressione del visitatore non deve far dimenticare che esistevano altre tipologie di edilizia abitativa. I numerosi appartenenti ai ceto medio-bassi non potevano certo permettersi nemmeno una domus tutto sommato modesta come quella del Poeta Tragico. Era questo il ceto che i Romani identificavano con i pauperes: non degli indigenti in senso assoluto, ma persone costrette ad occuparsi dei negotia per vivere.

La vita grama dei veri poveri I poveri nel senso attuale del termine (egentes, inopes, mendici) avevano una vita assai grama e in genere, purtroppo, molto breve. Forse trovavano un alloggio di fortuna nei grandi monumenti sepolcrali che sorgevano fuori le mura. Altri alloggi di fortuna potevano essere offerti dalle arcate dell’anfiteatro o dai colonnati dei templi.

Un possibile alloggio di fortuna: la tomba di M Un possibile alloggio di fortuna: la tomba di M. Cerrinius Restitutus lungo via dei Sepolcri

Un altro alloggio di fortuna: le arcate esterne dell’anfiteatro

Gli alloggi dei quasi poveri La forma più modesta di alloggio era costituita dalle anguste stanzette che si aprivano direttamente sulla strada. L’unico elemento che appare in questi spogli monolocali è un letto in muratura. Spesso interpretati come celle delle prostitute, per la frequente comparsa del simbolo del fallo (che tuttavia potrebbe avere anche in questo caso la consueta funzione apotropaica). Del resto nel mondo antico la prostituzione era l’ultima risorsa per non cadere nella completa indigenza.

L’ingresso della cosiddetta cella meretricia in vicolo del Lupanare

Il fallo sopra l’ingresso della cella meretricia: insegna o simbolo apotropaico?

La cella meretricia vista dal Vicolo del Lupanare: stanzetta per la prostituzione o alloggio di un pauper?

Il letto in pietra della cella meretricia

Il letto in pietra della cella meretricia di Vicolo degli Scheletri

Le case a terrazza Nel quartiere sud-orientale della città un isolato di modesti appartamenti ad un piano, privi di atrio, che si sviluppavano intorno ad un cortile centrale. Una sviluppo del quartiere che si data alla fine del III sec. a.C., forse in ragione dell’affluenza in città dei profughi della Guerra Annibalica. Al momento dell’eruzione molti di questi appartamenti erano stati ristrutturati, con l’aggiunta di un atrio e di un piano superiore.

Vivere ai piani alti Altri alloggi piuttosto popolari sorgevano al di sopra una domus o nell’isolato che al pian terreno ospitava le Terme del Sarno. Questi ultimi appartamenti presentavano stanze spaziose, bel illuminate ed arieggiate da ampia finestre. Lo svantaggio di questi appartamenti era costituito dalla mancanza di una latrina. E dal fatto di sorgere al di sopra di un luogo chiassoso come le Terme.

La parte posteriore delle terme del Sarno e gli appartamenti del piano superiore

Seneca, Lettere a Lucilio, VI, 56: vivere sopra le terme è una disgrazia Che io possa morire se, quando uno se ne sta appartato a stu-diare, il silenzio è necessario come si pensa. Ecco, intorno a me risuonano da ogni parte schiamazzi di tutti i tipi: abito proprio sopra uno stabilimento balneare. Immagina ora ogni genere di baccano odioso agli orecchi: quando i più forti si allenano e fanno sollevamento pesi, quando faticano o fingono di faticare, odo gemiti, e, tutte le volte che trattengono il fiato ed espirano, sibili e ansiti. Peream si est tam necessarium quam videtur silentium in studia seposito. Ecce undique me va-rius clamor circumsonat: supra ipsum balneum habito. Propone nunc tibi omnia genera vocum quae in odium possunt aures adducere: cum fortiores exercen-tur et manus plumbo graves iactant, cum aut laborant aut laborantem imitantur, gemitus audio, quotiens retentum spiri-tum remiserunt, sibilos et acer-bissimas respirationes;

Seneca, Lettere a Lucilio, VI, 56: vivere sopra le terme è una disgrazia quando capita qualcuno pigro che si contenta di un normale massaggio, sento lo scroscio delle mani che percuotono le spalle e che danno un suono diverso se battono piatte o ricurve. Se poi arrivano quelli che giocano a palla e comin-ciano a contare i colpi, è fatta. Mettici ancora l’attaccabrighe, il ladro colto in flagrante, quello cui piace sentire la propria voce mentre fa il bagno, e poi le persone che si tuffano in piscina e smovendo l’acqua fanno un fracasso straordinario. cum in aliquem inertem et hac plebeia unctione contentum incidi, audio crepitum illisae manus umeris, quae prout plana pervenit aut concava, ita sonum mutat. Si vero pilicrepus super-venit et numerare coepit pilas, actum est. Adice nunc scorda-lum et furem deprensum et illum cui vox sua in balineo placet, adice nunc eos qui in piscinam cum ingenti impulsae aquae sono saliunt.

Seneca, Lettere a Lucilio, VI, 56: vivere sopra le terme è una disgrazia Praeter istos quorum, si nihil aliud, rectae voces sunt, alipilum cogita tenuem et stridulam vo-cem quo sit notabilior subinde exprimentem nec umquam ta-centem nisi dum vellit alas et alium pro se clamare cogit; iam biberari varias exclamationes et botularium et crustularium et om-nes popinarum institores mer-cem sua quadam et insignita modulatione vendentis. Oltre a tutti questi che, se non altro, hanno voci normali, pen-sa al depilatore che spesso sfodera una vocetta sottile e stridula per farsi notare e tace solo quando depila le ascelle e costringe un altro a gridare al suo posto. Poi ci sono i vari richiami del venditore di bibite, il salsicciaio, il pasticcere e tutti gli esercenti delle taverne che vendono la loro merce con una particolare modulazione della voce.

CIL IV, 138: diverse tipologie abitative in affitto nell’insula Arriana Polliana Insula Arriana / Polliana Gn(aei) Allei Nigidi Mai / locantur ex K(alendis) Iulis primis, tabernae / cum pergulis suis et coenacula / equestria et domus; conductor(is) / convenito Primum, Gn(aei) Allei / Nigidi Mai ser(vum). Nell’isolato Arriano Pol-liano di Cn. Alleius Nigi-dius Maius si affittano dal 1 luglio botteghe con soppalco, apparta-menti signorili e case. L’affittuario contatti Pri-mo, schiavo di Cn. Alleius Nigidius Maius.

L’insula Arriana Polliana e C. Nigidius Alleius Maius L’isolato si identifica nella regio VI, insula 6, che dava sulla via delle Terme, proprio a fianco dell’insula VI.8 nella quale si trovava la Casa del Poeta Tragico. Nell’isolato si riconosce una lussuosa domus, tradizionalmente chiamata Casa di Pansa, ma che doveva piuttosto appartenere a Nisidius Alleius Maius. Questi era importante uomo politico locale, appartenente ad una antica famiglia, che ebbe ruoli politici e amministrativi a Pompei dopo la metà del I sec. d.C.

La figura di Cn. Nigidius Alleius Maius Per nascita appartenente alla gens Nigidia, una vecchia famiglia di origine osca. Per adozione entra nella famiglia degli Alleii, che faceva parte della classe dirigente pompeiana almeno dal 25 d.C., quando M. Alleius Luccius Libella era diventato duoviro quinquennale. Sappiamo che Maius fu adottato da un Alleius Nobilis e da sua moglie Pomponia Decharis.

La carriera di Cn. Nigidius Alleius Maius Nato probabilmente tra il 15 e il 23 d.C., nelle prime fasi della sua carriera politica dovette rivestire l’edilità e il duovirato. Cf. CIL IV, 499: [Cn(aeum) Allei]um Maium d(uum)v(irum) i(ure) d(icundo). / Aurelius civem bonum fac(it) (“[Votate] Cn. Alleio Maio come duoviro per l’amministrazione della giustizia. Aurelio lo fa: è un buon cittadino”). Da notare il fatto che nella comunicazione politica il nostro scelse forse di ricordare solo la famiglia d’adozione. L’integrazione sopra proposta si fonda su un’altra iscrizione dipinta, CIL IV, 7990: Cn(aeo) Alleio Maio, / principi munerarior[um], / feliciter! Verso il 55 d.C. ottiene il duovirato quinquennale, finanziando nell’occasione dei giochi gladiatori.

La carriera di Cn. Nigidius Alleius Maius Raggiunti rapidamente i vertici della politica locale, Nigidio Alleio Maio sembra poi dedicarsi soprattutto agli affari privati, rimanendo comunque figura pubblica di spicco. Finanzia una qualche opera di decorazione, definita opus tabularum, e in occasione della dedica finanzia giochi atletici (CIL IV, 7933). Sotto Vespasiano diventa sommo sacerdote del culto imperiale (flamen Caesaris Augusti), con l’occasione finanziando nuovi giochi gladiatorii, forse i primi dopo la “squalifica” dell’anfiteatro di Pompei.

CIL IV, 7933: i giochi atletici offerti da Cn. Nigidius Alleius Maius

CIL IV, 1180: i giochi offerti dal flamen Caesaris Augusti Pro salute / [Imp(eratoris) Vespasiani] Caesaris Augu-[sti] li[b]e[ro]rumqu[e] / [eius ob] dedicationem arae [gla-d(iatorum) par(ia) ---] Cn(aei) [All]ei Nigidi Mai / flami[nis] Caesaris Augusti pugn(a-bunt) Pompeis sine ulla dilatione / IIII Non(as) Iul(ias); venatio, [sparsio-nes], vela erunt. Per la salvezza dell’impera-tore Vespasiano Cesare Augusto e dei suoi figli, in occasione della dedica dell’ara X coppie di gladiatori di Cn. Alleio Nigidio Maio, flamine di Cesare Augusto, combatteranno a Pompei, senza alcun indugio, il quar-to giorno prima delle none di luglio; vi saranno una caccia, distribuzioni e il tendone.

Le tre tipologie in affitto Le tre tipologie di locali in affitto si possono riconoscere sulla pianta dell’insula Arriana Polliana. Tabernae cum pergulis: i locali 21-23 e 2-4 e, forse, i locali 14-16. Cenacula equestria: i locali posti al piano superiore dell’isolato, con accesso dalle scale esterne poste in corrispondenza degli ambienti 18, 19, 6, 8 e a 10 a. Domus: gli appartamenti su più stanze 7, 9 e 10 o forse la stessa lussuosa domus con l’ingresso a 1.

Mappa dell’insula Arriana Polliana In bianco la casa dell’insula tradizionalmen-te chiamata Casa di Pansa. In grigio i locali dell’insula che venivano dati in affitto.

Tabernae cum pergulis Nessun problema nell’identificazione delle tabernae con le botteghe, dotate di caratteristici ampi ingressi, che si riconoscono lungo via delle Terme: taberna ha appunto il significato principale di “bottega”. Pergula è termine dai molti significati: Il “pergolato” che sostiene una vite, secondo un significato che sopravvive ancora oggi. Una struttura aperta, costruita sulla fronte di un edificio, anche a scopo commerciale e spesso in posizione sopraelevata: “balcone”, “ballatoio”, “poggiolo”. Qui probabilmente “soppalco” all’interno delle botteghe, in alcune delle quali si notano ancora i fori delle travi di sostegno dei pavimenti del soppalco stesso. Le relazione tra pergula e un alloggio di modestissimo livello potrebbe tornare in un passaggio del Satyricon.

La taberna VI.6.23

Gli incassi per le travi del soppalco

Gli incassi per le travi del soppalco

Petronio, Satyricon, 74, 13-14: in pergula natus "Quid enim, inquit, ambubaia non meminit se? de machina illam sustuli, hominem inter homines feci. At inflat se tanquam rana, et in sinum suum non spuit, codex, non mulier. Sed hic, qui in pergula natus est, aedes non somniatur. Ita genium meum propitium habeam, curabo domata sit Cassandra caligaria. “Che è? Non si ricorda più che era una ballerinetta? L’ho presa dalla strada e ne ho fatto un essere umano! Ma adesso si gonfia come una rana e sputa sentenze a destra e a manca! Una Bibbia è, non una donna! Ma chi è nato in un soppalco non può sognare un palazzo. Ma se il mio genio mi sarà propizio, vedrò di domarla, questa Cassandra dei miei stivali!”

Tabernae anche lungo Vicolo di Modesto? Secondo Mary Beard anche gli ambienti 14-16, lungo Vicolo del Modesto, possono essere identificati dalla definizione di tabernae cum pergulis. Le facciate non presentano i caratteristici ampi ingressi delle botteghe, da cui la traduzione della studiosa di tabernae cum pergulis con “unità commerciali/residenziali”. Ipotesi interessante, ma quantomeno dubbia: gli ambienti sono suddivisi in stanzette e sembrano avere un piano superiore, difficilmente dunque possono rientrare nella definizione di tabernae.

L’ambiente VI.6.14: una taberna?

La scaletta nell’ambiente VI.6.15

Una delle piccole stanze nell’ambiente VI.6.16

Cenacula equestria Nel definire questi appartamenti posti al piano superiore (e oggi dunque scomparsi; anche le tracce delle scale sono poco visibili) interessante la definizione di equestria. Il termine allude all’ordine equestre, secondo ordine dello stato dopo quello senatorio, con un censo minimo di 400 mila sesterzi in età imperiale (e che dunque poteva permettersi in realtà di abitare una lussuosa domus). Una definizione, forse troppo magniloquente per questi appartamenti, che potremmo tradurre con “abitazioni signorili” del nostri annunci immobiliari.

L’ambiente VI.6.18 Poco riconoscibili da questa diapositiva i segni delle scale che portavano al piano superiore; ma sul muro esterno di questo ambiente si trovava forse l’iscrizione CIL IV, 138.

Domus Se il termine è da intendersi al plurale, potrebbe trattarsi degli appartamenti che si sviluppano su più stanze, con ingresso a 7, 9, 10. Piccole domus non facilmente leggibili, anche perché colpite dal bombardamento del 1943. Case forse ricavate da una ristrutturazione dell’insula, come si nota dalla chiusura di una porta in VI.6.10. Non si può escludere un’identificazione con la stessa lussuosa domus che sorgeva al centro dell’isolato, la cosiddetta Casa di Pansa. In questo caso dovremmo supporre che Alleius Nigidius Maius abitasse da qualche altra parte.

La piccola domus di VI.6.7, colpita dal bombardamento

Le fauces e l’atrium della domus VI.6.9

Il tablinum della domus VI. 6 Il tablinum della domus VI.6.10, con i segni della chiusura di una porta

L’atrio della cosiddetta Casa di Pansa

Il peristilio della cosiddetta Casa di Pansa

Il 1 luglio, termine di inizio dei contratti di locazione La data ritorna abbastanza regolarmente in altre fonti sui contratti di affitto: A proposito di uno degli amici di Trimalchione, della sua stessa risma, che annuncia di aver comprato una domus e di voler affittare il suo vecchio cenaculum. In un’epigramma di Marziale a proposito del trasloco del povero Vacerra. Una data di poco distante, il 14 agosto, è indicata nell’annuncio immobiliare messo da Giulia Felice.

Petronio, Satyricon, 38, 6-10: Cambio casa! Reliquos autem collibertos eius cave contemnas. Valde sucossi sunt. Vides illum qui in imo imus recumbit: hodie sua octingenta possidet. De nihilo crevit. Modo solebat collo suo ligna portare. Sed quomodo dicunt — ego nihil scio, sed audivi — quom Incuboni pilleum rapuisset, et thesaurum invenit. E attento a non prendere sottogamba i colleghi che ha intorno. È gente ben fornita. Vedi quello che sta in fondo alla fila di fondo: oggi ha i suoi 800 mila [sesterzi]. Ed è venuto su dal niente. Poco fa portava legna sulle spalle. Ma, a quel che dicono - io non so niente, ma l’ho sentito dire - sgraffignò il berretto a Incubo e così trovò un tesoro.

Petronio, Satyricon, 38, 6-10: Cambio casa! Ego nemini invideo, si quid deus dedit. Est tamen sub alapa et non vult sibi male. Itaque proxime cum hoc titulo proscripsit: “C. Pompe-ius Diogenes x Kalendis Iuliis cenaculum locat; ipse domum emit”. Io non invidio nessuno, quando la roba viene da un dio. Ma quello ancora ha ancora i segni dello schiaffo e già si tratta da signore. Pensa che di recente ha messo fuori un avviso così concepito: “C. Pompeo Diogene dal primo luglio dà in affitto l’appartamento, lui si è comprato la villa”.

Petronio, Satyricon, 38, 6-10: Cambio casa! Oltre a confermare la data tradizionale dell’inizio dei contratti di locazione nel mondo romano, il passo fornisce qualche altra informazione e necessita di qualche chiarimento: La connessione tra fortuna economica e abitazione: chi possiede 800 mila sesterzi non può accontentarsi di un cenaculum, ma deve abitare una domus. Incubus: singolare figura di folletto che manda incubi e sogni erotici; solo in Petronio appare come custode di tesori, di cui è costretto a rivelare l’ubicazione a chi gli ha portato via il berretto; l’allusione è chiaramente alla dubbia liceità dei guadagni di Diogene. Alapa: uno schiaffetto rituale che accompagnava il rito della manomissione di uno schiavo; essere sub alapa significava insomma essere stato liberato da pochissimo.

Un’interpretazione alternativa del passo di Petronio E.P. Cueva, Petronius Satyrica 38.6-11: Alapa Revisited, «Classical Philology», 96 (2001), pp. 68-76: Alapa è da interpretare in connessione con il verbo greco alapazein nel senso medico di “purgare”. Un riferimento alle cure per i problemi causati da Incubus: brutti sogni, ma anche senso di soffocamento, apnea notturna. Diogene si sottopone a questa cura perché “non vuol star male” (non vult sibi male). Diogene cambia casa perché il suo vecchio cenaculum è infestato dal folletto Incubus. Interpretazione che appare un poco forzata e che non sembra tenere conto del senso generale dell’episodio: ma sicuramente un’ipotesi di cui tenere conto per un eventuale approfondimento.

Marziale, Epigrammi, XII, 32: mesto trasloco di Vacerra Ahi, Vacerra, vituperio delle calende di luglio, t'ho veduto, ho visto i tuoi miseri bagagli che non sono stati trattenuti in cambio di due anni di pigione! Li portava tua moglie che sul capo ha sette capelli color rame, e, con tua madre coi capelli tutti bianchi, tua sorella cicciottella. Le ho credute Furie fuoruscite dalle infernali tenebre di Dite. Tu, il mendicante Iro dei tuoi tempi, rinsecchito dal freddo e dalla fame, pallido più di un bosso già invecchiato, andavi dietro a loro. Avresti detto che traslocasse tutto viale Ariccia. O Iuliarum dedecus Kalenda-rum, / Vidi, Vacerra, sarcinas tuas, vidi; / Quas non retentas pensione pro bima / Portabat uxor rufa crinibus septem / Et cum sorore cana mater ingenti / Furias putavi nocte Ditis emersas. / Has tu priores frigore et fame siccus / Et non recenti pallidus magis buxo / Irus tuo-rum temporum sequebaris. / Mi-grare clivom crederes Aricinum.

Marziale, Epigrammi, XII, 32: mesto trasloco di Vacerra Sfilava un lettuccio con tre piedi, un tavolino con due piedi e, con una lanterna e una scodella di legno di corniolo, un orinale slabbrato gocciolava in via. Seguiva uno scaldino ch'era sparso di verderame ed era sostenuto da un collo d'an-fora. L'odore nauseante di una tazza, quale non si saprebbe comparare con quello d'un vi-vaio di acque marine ristagnan-ti, attestava che questa avesse contenuto delle acciughe o immangiabili sardelle. Ibat tripes grabatus et bipes mensa, / Et cum lucerna corneoque cratere / Matella curto rupta latere meiebat; / Foco virenti suberat amphorae cervix; / Fuisse gerres aut inutiles maenas / Odor inpudicus urcei fatebatur, / Qualis marinae vix sit aura piscinae.

Marziale, Epigrammi, XII, 32: mesto trasloco di Vacerra Non vi mancava un pezzo di formaggio di Tolosa, né una corona di menta già scurita e vecchia di quattr'anni, né cordicelle spelacchiate prive di agli e di cipolle, né la marmitta della madre, piena di disgustosa resina con cui si depilan le donne della Mura. Perché cercare casa e farti beffe degli amministratori, o Vacerra, dal momento che tu puoi alloggiare senza nulla pagare? Questa processione di bagagli ben s'addice a un ponte dove i mendicanti stan di casa. Nec quadra deerat casei Tolosatis, / Quadrima nigri nec corona pulei / Calvaeque restes alioque cepisque, Nec plena turpi matris olla resina, / Summoenianae qua pilantur uxores / Quid quaeris aedes vilicesque derides, / Habitare gratis, o Vacerra, cum possis? / Haec sarcinarum pompa convenit ponti.

Il mesto trasloco di Vacerra Ancora un’epigramma politically uncorrect in cui Marziale si prende gioco di un povero diavolo, costretto a cercarsi un nuovo alloggio. Conferma la data del primo luglio come data di partenza dei contratti d’affitto: in questa data Vacerra è costretto infatti a sgombrare il vecchio alloggio. Qualche informazione sul modesto mobilio delle classi inferiori, pur tenendo conto dell’esagerazione satirica.

Il mesto trasloco di Vacerra Secondo uno schema comico classico la scalcagnata realtà è paragonata a temi della mitologia classica: Moglie, madre e sorella di Vacerra paragonate ad Aletto, Megera e Tisifone, le tre Furie, dee della vendetta, uscite dagli inferi (Dite). Vacerra stesso come Iro, il barbone che nell’Odissea si prende gioco di Ulisse, travestito da mendicante lui stesso, prendendosi un pugno sul naso. Un’allusione anche al clivus Aricinus, la salita nel punto in cui la via Appia sfiorava i colli Albani, a 15 miglia a sud di Roma. Vi si accalcavano i mendicanti, approfittando del fatto che i passanti dovevano rallentare a causa della salita. Le donne Summoenianae, “del sottomura” sono le prostitute, solite frequentare a Roma questa zona. La traduzione si giustifica con la consuetudine delle prostitute ferraresi di esercitare la loro professione sulle mura rinascimentali della città (“La Mura”).

CIL IV, 1136: annuncio immobiliare di Giulia Felice In praedi(i)s Iuliae Sp(uri) f(iliae) Felicis / locantur / balneum Venerium et nongentum, tabernae, pergulae, / cenacula, ex Idibus Aug(ustis) primis in Aug(ustas) sextas annos continuos quinque / s(i) q(uis) d(esiderabit) l(oca-tricem) e(o) n(omine) c(onvenito?) Nella proprietà di Giulia Felice, figlia di Spurio, si affittano le signorili terme Venerie, botte-ghe, soppalchi, apparta-menti, dal 14 agosto alla sesta occorrenza del 14 agosto, per 5 anni consecutivi. Chi desidera la locatrice la contatti a tal proposito (?).

Gli elementi di interesse in CIL IV, 1136 Un’iscrizione che ha creato non pochi problemi interpretativi: In balneum Venerium, in connessione con la presunta vivace vita erotica di Pompei, si è voluto vedere anche una sorta di casa di appuntamenti. Più probabile un riferimento ad un impianto termale “degno di Venere”. In nongentum un riferimento ai 900 locali dati in affitto da Giulia Felice. In realtà il sintagma dovrebbe essere balneum Venerium et nongentum. un probabile riferimento al livello sociale elevato degli scrutatori elettorali, che a Roma erano appunto in numero di 900, ma che conservavano il nome di Nongentum anche a livello locale: come per i cenacula equestria della proprietà di Alleius Nigidius Maius un’allusione alla “signorilità” dell’ambiente.

L’enigmatica sigla S.Q.D.L.E.N.C. Oltre allo scioglimento sopra proposto, il Fiorelli (e molti studiosi dopo di lui) hanno ipotizzato: S(i) q(uinquennium) d(ecurrerit), l(ocatio) e(rit) n(udo) c(onsensu) (“Alla scadenza del quinquennio l’affitto sarà prorogato tacitamente”). Un classico caso in cui lo scioglimento di una sigla diviene problematico per assenza di chiari paralleli.

Un nuovo tipo di abitazione: la casa di Octavius Quartio Un edificio (noto anche come Casa di Loreio Tiburtino) relativamente modesto, ma un grande e sontuoso giardino. La fronte dell’edificio che dava sul giardino era occupata da un pergolato, fronteggiato da un canale: da un lato del pergolato una sala da pranzo estiva e raffigurazioni di miti di Diana e di un sacerdote di Iside. Il giardino era attraversato da un altro canale, con ponti, archi, fontane. Gli specchi d’acqua, oltre che per scopo ornamentale, servivano anche per allevare pesci. I vialetti che percorrevano il giardino erano fiancheggiati da siepi, alberi e statue decorative.

Mappa della Casa di Octavius Quartio

Mappa dettagliata della Casa di Octavius Quartio 1. Atrium 2. Triclinium 6. Triclinium 11. Pergolato 12. Triclinio estivo

La porta della casa di Octavius Quartio In questa abitazione è stato possibile prendere un calco della porta. Da notare come il battente, di legno, fosse rafforzato da borchie di metallo.

L’atrio della Casa di Octavius Quartio, con l’impluvium ornato da una fontana

Il triclinio estivo della Casa di Octavius Quartio

La decorazione del triclinio estivo Illustra il mito dei due sfortunati amanti Piramo e Tisbe, cantato da Ovidio nelle Metamorfosi e forse ispirazione di W. Shakespeare per Giulietta e Romeo. Il goffo Piramo è testimonianza della non eccelsa qualità delle decorazioni della Casa di Octavius Quartio.

La villa suburbana, modello della casa urbana di Octavius Quartio Corsi d’acqua artificiali, siepi e sentieri erano caratteristici delle ville suburbane dell’aristocrazia romana. La moda, derisa da Cicerone, era quella di affibbiare a questi canaletti nomi magniloquenti come Nilus, Euripus, Canopus. L’esempio più noto è quello del grandioso Canopo dell’altrettanto grandiosa Villa di Adriano a Tivoli. Anche la convivenza tra aspetti decorativi e aspetti produttivi era una caratteristica delle ville suburbane.

Il Canopo della Villa di Adriano a Tivoli

Il pergolato (o pseudoperistilio) della Casa di Octavius Quartio

La decorazione del pergolato: Diana e Atteone

Il giardino della casa di Octavius Quartio

Il giardino della Casa di Octavius Quartio e il canale inferiore

Tempietto tetrastilo e ninfeo nel giardino di Octavius Quartio

Vasca con fontana nel giardino di Octavius Quartio

Una delle sculture che ornavano il giardino di Octavius Quartio: una maschera femminile

Il progetto (poco riuscito) di un nuovo ricco? Si è notato il numero eccessivo di elementi decorativi, in considerazione dell’ampiezza del giardino. Anche i dipinti della casa sono stati giudicati di modesta fattura. Il progetto di un Trimalchione pompeiano, che vuole imitare le residenze dei ricchi, ma non ne ha il buon gusto?

Appartamento con vista: la Casa di Fabio Rufo Fa parte di quel quartiere occidentale che fu costruito al di sopra delle mura difensive nell’80 a.C. (ma con ristrutturazioni posteriori). Il quartiere subì un bombardamento nel 1943, venne scavato (non nel migliore dei modi) negli anni Sessanta e ancora oggi è di difficile visita. L’entrata era verso la città, ma lo sviluppo della casa era in verticale, piuttosto che in orizzontale, come nella tradizionale domus, con un’articolazione su tre livelli. Il risultato di complessi interventi edilizi, che avevano portato ad inglobare nella domus una precedente abitazione della Pompei sannita, appartenuta a tale Maiis Kastrikiis.

Una veduta d’insieme del quartiere

L’esterno della casa di Fabius Rufus, con i suoi vari livelli

Lo sviluppo della casa di Fabius Rufus L’ingresso era seguito da un atrio tuscanico relativamente modesto, ma aperto su una spettacolare terrazza panoramica. Scalette permettevano di raggiungere i due piani sottostanti, nei quali incontriamo gli ambienti padronali, lussuosamente decorati e con ampie finestre e terrazze che davano sul mare. Suggestivo in particolare il grande salone (oecus) absidato con due serie di ampi finestroni. Gli ambienti di servizio guardavano invece verso la città, ed erano dunque piuttosto bui.

L’ingresso della domus L’ingresso era collocato al piano più alto, verso la città. Chiari i segni del pesante restauro dopo il bombardamento del 1943.

L’atrio della Casa di Fabius Rufus Un comune atrio tuscanico, senza par-ticolari attrattive, qui visto guardando ver-so l’esterno.

La terrazza della casa di Fabius Rufus (la signora si è persa …)

Le scalette che conducevano ai livelli inferiori (la signora sta per precipitare …)

Gli ambienti padronali Ricevettero una sontuosa decorazio-ne. Qui un’elegante de-corazione nel co-siddetto IV stile pompeiano, su fon.-do nero.

L’oecus absidato vista mare

Gli ambienti di servizio: la piccola cucina

Gli ambienti di servizio: la latrina annessa alla cucina

Un elegante scranno in bronzo, testimonianza del livello socio-economico di Fabius Rufus

Per saperne di più M. Beard, Prima del fuoco. Pompei, storie di ogni giorno, Roma - Bari 2011, pp. 127-138. Per altra bibliografia di carattere generale si veda la sezione bibliografica relativa alla lezione XI.