Eugenio Montale, la ricezione di un “classico”.

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Transcript della presentazione:

Eugenio Montale, la ricezione di un “classico”. Vedi, in questi silenzi in cui le cose/ s’abbandonano e sembrano vicine/ a tradire il loro ultimo segreto,/ talora ci si aspetta/ di scoprire uno sbaglio di Natura,/ il punto morto del mondo, l’anello che non tiene/ il filo da disbrogliare che finalmente ci metta/ nel mezzo di una verità. I limoni, vv. 22-29

“Ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco/ lo dichiari e risplenda come un croco/ perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l’uomo che se ne va sicuro,/ agli altri ed a se stesso amico/ e l’ombra sua non cura che la canicola/ stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./ Codesto solo oggi possiamo dirti/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Ossi di seppia Qui su l’arida schiena/ del formidabil monte/ sterminator Vesevo,/ la qual null’altro allegra arbor né fiore,/ tuoi cespi solitari intorno spargi,/ odorata ginestra,/ contenta dei deserti. (…) E tu, lenta ginestra,/ che di selve odorate/ queste campagne dispogliate adorni/ anche tu presto alla crudel possanza/ soccomberai del sotterraneo foco,/ che ritornando al loco/ già noto, stenderà l’avaro lembo/ su tue molli foreste. E piegherai/ sotto il fascio mortal non renitente/ il tuo capo innnocente (…) Leopardi, La ginestra

La “formula” al negativo di Montale

L’essere e il mare Sono andati via tutti-/ blaterava la voce dentro il ricevitore./E poi, saputa:-Non torneranno più.-/ Ma oggi/ su questo tratto di spiaggia mai prima d’ora visitato/ quelle toppe solari..Segnali/ di loro che partiti non erano affatto?/ E zitti quelli al tuo voltarti, come niente fosse./ I morti non è quel che di giorno/ in giorno va sprecato,ma quelle/ toppe d’inconsistenza, calce o cenere/ pronte a farsi movimento e luce./ Non/ dubitare, -m’investe della sua forza il mare-/ parleranno. V. Sereni, La spiaggia Osservare tra frondi il palpitare Lontano di scaglie di mare Mentre si levano tremuli scricchi Di cicale dai calvi picchi. Meriggiare pallido e assorto (vv. 9-12) Memoria delle vacanze estive di Monterosso; “scaglia” è piccola lamina lucente, qui è metafora dell’effetto ottico della sup. marina illuminata dal sole; Il mare rappresenta unico movimento nel testo.

Forse un mattino andando in un’aria di vetro Forse un mattino andando in un’aria di vetro/ arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:/il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro/ di me, con un terrore di ubriaco./ Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto/ alberi case colli per l’inganno consueto./ Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto/ tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

La parola oltre il testo: Nulla Umorismo di Pirandello e Schopenhauer, Mondo come volontà e rappresentazione. Racconti autobiografici di Tolstoj: “Immaginavo che fuori di me nessuno e nulla esistesse in tutto il mondo, che gli oggetti non fossero oggetti ma immagini, le quali mi apparivano solo quando vi fissavo l’attenzione, e che appena cessavo di pensarci quelle immagini subito svanissero.. C’erano momenti, quando sotto l’influenza di questa idea fissa arrivavo a rasentare la follia, al punto che rapidamente mi voltavo dalla parte opposta, sperando di sorprendere il vuoto là dov’io non ero”. Leopardi: nichilismo rivela il nesso inseparabile tra sapere e soffrire (conoscere = coscienza dell’impossibilità del piacere) G. Caproni, Re amissa, 1991: il Nulla, spiegano/ è il “non essere”./ E allora/ come può, allora,/ “essere” il “non essere”? Ungaretti, nulla d’inesauribile segreto come ideale di inattingibile purezza Totalitarismo e nichilismo: Primo Levi attingendo al codice della Bibbia, ricorre all’immagine del diluvio o del caos originario, a un “universo deserto e vuoto”; il vuoto è variazione del nulla, “il nulla è pieno di morte”.

Montale e T. S. Eliot Spesso il male di vivere ho incontrato:/ era il rivo strozzato che gorgoglia,/ era l’accartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato./ Bene non seppi, fuori dal prodigio/ che schiude la divina Indifferenza:/ era la statua nella sonnolenza /del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. Il climax del negativo e la gradazione naturalistica; Per sopportare il male di vivere, l’uomo dovrebbe provare “indifferenza”: la statua è condizione umana priva di vitalità. Coppia di quartine di endecasillabi permette giochi di simmetrie e asimmetrie costruttiva.

Gli uomini vuoti (1925) Siamo gli uomini vuoti/ siamo gli uomini impagliati/ che appoggiano l’un l’altro/la testa piena di paglia. Ahimè!/ Le nostre voci secche, quando noi/ insieme mormoriamo/ sono quiete e senza senso/ come vento nell’erba rinsecchita/ o come zampe di topo sopra vetri infranti/ nella nostra arida cantina Figure senza forma, ombra senza colore/ forza paralizzata, gesto privo di moto;/ Coloro che hanno traghettato/ con occhi diritti, all’altro regno della morte/ ci ricordano – se pure lo fanno- non come anime/ perdute e violente, ma solo/ come gli uomini vuoti/ gli uomini impagliati.

Gloria del disteso mezzogiorno Gloria del disteso mezzogiorno/ quand’ombra non rendono gli alberi/ e più e più si mostrano d’attorno/ per troppa luce, le parvenze, falbe./ Il sole, in alto – e un secco greto./Il mio giorno non è dunque passato:/l’ora più bella è di là dal muretto/ che rinchiude in un occaso scialbato./ L’Arsura, in giro; un martin pescatore/ volteggia s’una reliquia di vita./ La buona pioggia è di là dallo squallore,/ ma in attendere è gioia più compita. Echi leopardiani, il motivo dell’attesa. Il sabato del villaggio: Il sabato è giorno da godersi perché al domenica porterà tristezza e noia. Il sabato dell’esistenza è la giovinezza. L’attesa diventa fonte di illusoria felicità (donzelletta, vecchierella, fanciulli, contadino, artigiano) L’amara conclusione è posta in forma di monito al garzoncello scherzoso.

La memoria Cigola la carrucola del pozzo/L’acqua sale alla luce e vi si fonde./ trema un ricordo nel ricolmo secchio/ nel puro cerchio un’immagine ride./ Accosto il volto a evanescenti labbri:/ si deforma il passato, si fa vecchio,/ appartiene ad un altro…/Ah che già stride,/ la ruota, ti ridona all’altro fondo,/ visione, una distanza ci divide. Ossi di seppia Non recidere, forbice, quel volto,/ solo nella memoria che si sfolla,/ non far del gran suo viso in ascolto/ la mia nebbia di sempre/ Un freddo cala…Duro il colpo svetta/ E l’acacia ferita da sé scrolla/ il guscio di cicala/ nella prima belletta di Novembre. Le occasioni

Dagli Ossi a Le Occasioni Il passato è un’illusione; ricerca di un varco in esso e suo recupero impossibile. Circolarità della lirica e movimento di risalita e di ricaduta (illusione e disillusione). Nella memoria che si svuota rimane solo il volto della donna amata. Le “occasioni” sono momenti casuali e quotidiani da cui M. coglie il significato dell’esistenza. Parole-chiave sono ricordo e memoria ma non in dimensione consolatoria. Il discorso poetico si fa più oscuro (vicino all’Ermetismo e alla tendenza della poesia degli anni trenta a chiudersi in se stessa). Nella Casa dei doganieri la vicenda comune si perde nella memoria individuale

La donna Tu non ricordi la casa dei doganieri/ sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:/ desolata t’attende dalla sera/ in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri/ e vi sostò irrequieto. Libeccio sferza da anni le vecchie mura/ e il suono del tuo riso non è più lieto:/ la bussola va impazzita all’avventura/ e il calcolo dei dadi più non torna./ tu non ricordi: altro tempo frastorna/ la tua memoria: un filo s’addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana/la casa e in cima al tetto la banderuola/ affumicata gira senza pietà./ Ne tengo un capo: ma tu resti sola/ né qui respiri nell’oscurità. Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende/ rara la luce della petroliera!/Il varco è qui? (Ripullula il frangente/ancora sulla balza che scoscende..)/ Tu non ricordi la casa di questa/ mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. Ricerca del “varco” (superamento della solitudine esistenziale alla ricerca di una vita autentica.) Il recupero memoriale: Proust e Montale (“Proust alla rovescia”). Se lo scrittore francese vive il presente come rivisitazione del passato, Montale perde il passato nel buio della memoria, che è incapace di custodirlo. Poetica della sofferenza espressa dalla irregolarità delle rime e delle assonanze (irrequieto-lieto; s’addipana-s’allontana; scogliera-sera-petroliera).

Le allegorie della figura femminile L’immagine salvifica è affidata a figure femminili, veramente amate dal poeta; sono delineate realisticamente e la loro “assenza” è condizione della loro presenza poetica (visiting angel). Annetta degli Uberti; amore della giovinezza a Monterosso, connotata come volubile, vitale e misteriosa. Non morì precocemente come disse il poeta. Clizia (Irma Brandeis,cui M. fu legato dal 1933 al ’38), messaggera di salvezza nelle Occasioni e nella Bufera, incarna la cultura umanistica minacciata dal nazifascismo. Beatrice dantesca nella barbarie della guerra. Clizia figlia dell’Oceano e amante del sole, da lui abbandonata si trasformò in girasole (Ovidio, Metamorfosi). La presenza femminile, connotata in senso mistico e religioso, indica il bisogno m. di trascendenza: M. non è credente ma si pone di fronte al mistero in modo problematico indicando la ricerca di dimensione al di là del mondo storico. Volpe (Maria Luisa Spaziani), è l’anti-Beatrice, la donna concreta e sensuale (cf. Vita nuova) Mosca (Drusilla Tanzi), non ha l’eccezionalità di Clizia ma è assunta come maestra di vita per al capacità istintiva di aderire all’esistenza nella sua immediatezza, senza diaframmi ideologici.