La produzione del latte (TECNICHE DI PRODUZIONE DEI RUMINANTI) La produzione del latte
Fattori che influenzano la quantità e la qualità del latte Specie razza individuo genetici fisiologici alimentari igienico-sanitari tecnici climatici ordine di parto stagione di parto stadio di lattazione peso corporeo prolificità Tecnica di svezzamento tecnica di mungitura impiego di sostanze ormonali temperatura piovosità ventosità
genetici Specie L'attitudine alla produzione lattea varia: con la specie (quella bovina è più produttiva della bufalina, quella caprina della ovina);
Differenze tra specie
Differenze tra razze bovine
Razza Individuo Differenze tra razze ovine A. Nudda 1996
fisiologici Ordine di parto
Stadio di lattazione
Curva di lattazione (bovini) (ovini) Esempio di curva di lattazione di una pecora di razza Sarda: in essa (apparentemente) non si manifesta il picco di lattazione
Stadio di lattazione Variazione dei contenuti in grasso e proteine durante la lattazione in pecore di razza Sarda (Pulina, 1990)
Prolificità Produzione di latte in funzione del tipo di parto in pecore di razza Sarda (Pulina et al., 1993)
fattori tecnici Mungitura I principali aspetti della mungitura che influenzano la produzione del latte sono: - la frequenza di mungitura - l’intermungitura - l’applicazione del ripasso La frequenza di mungitura sembra uno dei fattori tecnici in grado di influenzare maggiormente la quantità e la qualità del latte prodotto maggiore frequenza di mungitura maggiore latte < grasso e proteine mungitura serale: < latte e > grasso e proteina negli ovini queste differenze sono più attenuate nel caso della vacca da latte dove l’intermungitura è 12+12 ore
Negli allevamenti da latte sono eseguite di norma 2 mungiture giornaliere con un intervallo ottimale fra le due mungiture di 12-12 h. L’allungamento dell’intermungitura fino a 24 ore, con conseguente soppressione di una delle due mungiture giornaliere comporta riduzione della produzione di latte con notevoli differenze tra le razze e nell’ambito della stessa razza. La riduzione dell’intermungitura e l’aumento della frequenza di mungitura da due a tre volte/giorno determina un aumento della produzione di latte nei bovini e nei caprini. Negli ovini la risposta alla variazione della frequenza di mungitura presenta una maggiore variabilità
La risposta degli animali alla variazione della frequenza di mungitura dipende dal livello produttivo degli animali e dalla dimensione della cisterna
A parità di livello produttivo potenziale, basse capacità di immagazzinamento cisternale richiedono una più frequente rimozione del latte. Anche gli animali più produttivi e quelli in fase iniziale di lattazione richiedono una più frequente estrazione: infatti, l’elevata produttività comporta un veloce riempimento delle zone di accumulo e causa un effetto simile a quello determinato da una cisterna mammaria di dimensioni ridotte. L’accumulo di latte nella ghiandola mammaria in seguito all’aumento dell’intervallo di mungitura può ridurre la sintesi e la secrezione del latte. Normalmente, l’elevata distensibilità dei dotti e della cisterna mammaria, consente di tollerare intervalli di 16 ore senza sensibile riduzione del ritmo di secrezione del latte L’eccessivo allungamento dell’intermungitura (>36 ore) comporta un arresto della sintesi del latte e predispone la ghiandola mammaria all’involuzione. I fattori ritenuti maggiormente responsabili nella riduzione della secrezione lattea sono l’aumento della pressione intramammaria e l’accumulo di fattori di inibizione ad azione locale.
Pressione intrammamaria L’aumento della pressione intramammaria generato dall’accumulo del latte nella cisterna, nei dotti e negli alveoli, causa la distensione degli epiteli e la conseguente compressione dei vasi ematici, riducendo l’afflusso di sangue, e determinando una minore captazione di ossigeno, dei precursori del latte e degli ormoni dal liquido extracellulare. Feedback Inhibitor of lactation Il secondo fattore, su cui è attualmente focalizzata l’attenzione degli studiosi, è costituito da un peptide ad azione locale denominato da Wilde et al. (1987) Feedback Inhibitor of Lactation (FIL).
Il FIL è un peptide sintetizzato dalle cellule del tessuto epiteliale mammario e secreto con il latte negli alveoli. Per esercitare la sua azione inibitoria il FIL deve essere necessariamente in contatto con il suo sito di azione, le cellule secretrici, mentre è inattivo nel latte cisternale. Pertanto, la frequente rimozione del latte (e conseguentemente del FIL) dalla ghiandola mammaria dovrebbe ridurre gli effetti locali di inibizione. In sintesi, per ridurre gli effetti inibitori del FIL è necessaria l’evacuazione del latte dalla ghiandola mammaria. Pertanto, la modifica della frequenza di mungitura e dell’intervallo fra mungiture può regolare la secrezione del latte
Mungitura e contenuto lipidico del latte
alimentari Fattori alimentari e lipidi del latte La composizione della razione influenza sia la percentuale di grasso che la composizione acidica dei grassi del latte. contenuto in fibra della razione (quantità, tipo e dimensioni) contenuto lipidico della razione contenuto proteico addittivi alimentari frequenza dei pasti
Contenuto in fibra nella razione La percentuale di grasso del latte è positivamente correlata con la concentrazione fibrosa della razione per effetto dell'aumento del rapporto (acetato+butirrato)/propionato che favorisce la sintesi ex novo dei lipidi nella mammella. Maggiore NDF significa però minore ingeribilità e digeribilità della razione a cui consegue una riduzione della produzione di latte che risulta più concentrato Una insufficiente quantità di NDF può provocare, però, fenomeni di acidosi con abbassamento sia della produzione di latte che di grasso
Tipo di fibra nella razione La fibra proveniente dalle leguminose, ed in particolare da erba medica, è quella dotata di maggiore digeribilità ruminale e consente perciò elevate ingestioni senza influenzare notevolmente il rapporto acetato/propionato e quindi percentuale di grasso del latte Dimensione della fibra nella razione La riduzione delle dimensioni delle particelle dell’alimento fibroso comporta una riduzione dei tempi di masticazione ed una maggiore velocità di transito ruminale con conseguente diminuzione del rapporto acetato/propionato
Contenuto lipidico della razione L’aggiunta di grassi non protetti ai concentrati può favorire l’aumento del contenuto lipidico del latte; il valore massimo di integrazione è stato individuato nella vacca da latte nel 10% sulla SS dei concentrati mentre nelle pecore è del 5-7%; superata tale soglia si osserva sia una riduzione della digeribilità della fibra in quanto i grassi inibiscono l’accrescimento e l’attività dei microrganismi sia una riduzione del livello di ingestione. Tale inconveniente può essere risolto con l’impiego di grassi protetti, capaci di superare la degradazione ruminale per essere digeriti a livello intestinale. Contenuto proteico della razione è stata osservata una relazione positiva tra contenuto proteico della razione, produzione di latte e contenuto lipidico del latte
Influenza della grassatura sul contenuto lipidico del latte (Rossi et al., 1991)
Addittivi alimentari L’aggiunta di sostanze tampone (bicarbonato di Na, ossido di Mg, carbonato di Ca, ecc.) può influire positivamente sul contenuto lipidico del latte per il contributo fornito al mantenimento del pH ruminale a livelli ottimali per le fermentazioni cellulosolitiche Frequenza dei pasti soprattutto se la razione è povera in fibra, è correlata positivamente con il contenuto lipidico del latte. Con razioni ricche di concentrati (ad es. nei mesi invernali durante le quali le disponibilità foraggere sono quantitativamente e qualitativamente scadenti) la somministrazione in 3-4 volte al giorno può evitare brusche cadute del pH ruminale ed il conseguente rischio di acidosi
Fattori che influenzano la composizione acidica del latte La composizione acidica è influenzata notevolmente dall'alimentazione tipo di dieta (pascolo o secca) Integrazione lipidica by pass razioni ipoenergetiche provocano la mobilizzazione dei lipidi di riserva, determinando un aumento dei grassi ad elevato peso molecolare ed, in particolare, in acido stearico, oleico e linoleico ed una significativa riduzione degli acidi grassi a catena corta e media (Rossi & Pulina, 1991).
proteine batteri ALIMENTI energia Proteine batteriche (NH3) Le razioni con un rapporto energia/proteina bilanciato, ottimizzano le fermentazioni ruminali, evitano le perdite di N e di energia sotto forma di urea. urea saliva urine
Eccesso proteico nella dieta tende a peggiorare la qualità del latte, ed in particolare la sua attitudine casearia: riduzione della concentrazione in caseina ed aumento dell’urea. L'urea diminuisce con l'innalzarsi del livello energetico della razione, in particolare è importante l'apporto d'energia fermentescibile, in relazione anche alla disponibilità di proteine degradabili; bassi valori d'urea vengono associati ad eccesso d'energia fermentescibile.
Contenuto lipidico della razione e proteine nel latte L’impiego di grassi nella razione provoca una riduzione del contenuto proteico del latte per riduzione dell’attività dei microrganismi ruminali che riducono pertanto la loro sintesi proteica. Influenza della grassatura sul contenuto proteico del latte (Rossi et al., 1991)
Fattori che influenzano il CMT nel latte sala di mungitura stalla ALLEVAMENTO stato di salute stato di nutrizione igiene dell’animale ANIMALE ALIMENTAZIONE alimenti contaminati da sporigeni Lavaggio della mammella eliminazione dei primi getti di latte igiene del mungitore pulizia dei materiali impiegati MUNGITURA CONSERVAZIONE E TRASPORTO DEL LATTE
Da: la refrigerazione del latte - Ed. Edagricole
Influenza dell’impiego di insilati nella razione sulla qualità del latte maggiore rischio di contaminazione con Enterobateriacee (coliformi) Sporigeni aerobi (Bacillus) anaerobi (Clostridium) Perché?
Coliformi normalmente presenti nel terreno e nell’erba si sviluppano bene nell’insilato in condizioni di: - neutralità (pH elevato dell’insilato) - elevato contenuto in acqua dell’erba - presenza di O2 …attaccano gli zuccheri sottraendo substrato ai lattici e producono acido acetico e CO2 responsabili di fenomeni di gonfiore precoce dei formaggi
Clostridi si trovano comunemente: nel suolo (presenza elevata) nell'intestino degli animali nelle feci i clostridi passano da un ambiente all’altro allo stato di spora spore: molto resistenti all’ossigeno, al calore (T>100°C), agli acidi organici e agli enzimi della digestione
Condizioni che favoriscono lo sviluppo dei clostridi negli insilati: umidità dell’insilato pH a 4.5 ossigeno basso ma pH>4,5 La moltiplicazione dei clostridi determina ovviamente un aumento del numero di spore Effetti negativi: - i clostridi fermentano la sostanza organica producendo acidi, alcoli, CO2 e H2 (peggioramento della qualità dell’insilato) - gonfiore tardivo dei formaggi
I clostridi sono abbondanti nel terreno Dal terreno le spore passano (attraverso pioggia, vento, macchine) ai foraggi Sviluppano negli insilati mal preparati e mal conservati (alta umidità e alto pH) dagli insilati i clostridi arrivano in mangiatoia, passano indigeriti nel digerente e vengono espulsi con le deiezioni contaminazione ambientale e inquinamento del latte durante la mungitura Le spore rimangono vitali durante i trattamenti termici e la caseificazione Le spore di clostridi durante la stagionatura dei formaggi possono trovare condizioni ambientali favorevoli alla loro moltiplicazione causando il ben noto gonfiore tardivo del formaggio.
Le spore rimangono vitali durante la caseificazione Dal terreno le spore passano ai foraggi (macchine - pioggia - vento) Le spore rimangono vitali durante la caseificazione contaminazione ambientale e inquinamento del latte durante la mungitura i clostridi arrivano in mangiatoia, passano indigeriti nel digerente e vengono espulsi con le feci
Mungitura Il grado di contaminazione del latte dipende: il latte all’interno di una mammella sana è praticamente sterile la contaminazione con i clostridi avviene durante la mungitura e la raccolta del latte Il grado di contaminazione del latte dipende: sanità dell’animale (fenomeni di diarrea imbrattamento con feci dell’animale e della mammella) condizioni igieniche della lettiera (se ricca di feci imbrattamento con feci dell’animale e della mammella clostridi) contaminazione dell’ambiente (maggiore polverosità contaminazione del latte con pulviscolo clostridi)
Indagine condotta in Sardegna (Deiana et al.,.1993) l’80% degli allevatori somministrava concentrati alle pecore, ad integrazione del pascolo o del fieno nelle aziende non venivano impiegati insilati nella dieta dell’animale >2000 spore/l <200 spore/l 200-2000 spore/l Distribuzione percentuale del contenuto di spore/l in tutti i campioni di latte prelevati in caseificio
Distribuzione percentuale del contenuto di spore/l in campioni di latte provenienti dai singoli allevamenti >2000 spore/l <200 spore/l 200-2000 spore/l
Spore assenti >2000 spore/g <200spore/g Distribuzione percentuale del contenuto di spore/g in campioni di mangime impiegato negli allevamenti Spore assenti >2000 spore/g <200spore/g 200-2000 spore/l
Scintu et al., IZCS (dati non pubblicati) Andamento da marzo a luglio del n° di spore (MPN/l) in latte di pecora conferito a tre differenti caseifici.
Contaminazione da sporigeni La presenza di Clostridi nel latte è legata: al grado di contaminazione (con terreno) dell’ alimento somministrato al bestiame (concentrati, fieno, insilati) modalità di conservazione dell’alimento (soprattutto insilati) alle condizioni igieniche di produzione e di raccolta del latte alle condizioni sanitarie dell’animale che determinano fenomeni di diarrea e quindi maggiori rischi di contaminazioni fecali condizioni igieniche della lettiera (lettiera ricca di feci e di clostridi) contaminazione dell’ambiente aereo (polverosità)
Per ridurre la contaminazione degli alimenti da sporigeni eseguire un taglio corto per ridurre la contaminazione con terreno non contaminare la massa con le ruote della trattrice imbrattate di terra e/o letame compattare bene la massa di insilato far abbassare velocemente il valore di pH nella massa dell’insilato
Per ridurre la contaminazione del latte da sporigeni somministrare gli insilati lontano dalla sala di mungitura igiene dell’animale lettiera fenomeni di diarrea igiene della mammella capezzoli e mammella ripuliti da deiezioni igiene della macchina mungitrice igiene delle mangiatoie (eliminare i residui di alimento) igiene ambientale (ridurre polverosità)
Insilati e Muffe - colonizzazione delle piante in campo - colonizzazione dello strato superficiale dell’insilato se la copertura non è ben eseguita perdita di SS la riduzione del valore energetico e nutrizionale dell’alimento riduzione della appetibilità per alterazione delle caratteristiche organolettiche del prodotto contaminazione da micotossine e rischio del loro passaggio nel latte (Aflatossina-M1)
I prodotti più soggetti alle infezioni di muffe tossigene sono i cereali: mais frumento sorgo orzo avena Tra i cereali il mais è il prodotto maggiormente a rischio (sia granelle che insilati) Il problema delle micotossine coinvolge però una ampia gamma di alimenti utilizzati in azienda: - foraggi freschi o affienati - insilati (in particolare mais) - mangimi semplici e concentrati
producono: aflatossine Aspergillus flavus and A. parasiticus producono: aflatossine
Queste micotossine producono effetti negativi sulla salute animale in generale i ruminanti sono meno sensibili alle tossine rispetto ai monogastrici (effetto detossificatore della microflora ruminale) nel caso degli animali da latte particolare importanza assume la presenza negli alimenti di Aflatossine (B1, B2, G1, G2) fegato AF-B1 latte AF-M1
Fattori che influenzano il CCS nel latte ANIMALE condizioni di malessere dell’animale in generale e della mammella in particolare mastiti cliniche e subcliniche parassitosi traumi alla mammella MUNGITURA errate tecniche di mungitura traumi da mungitura manuale incompleto svuotamento mammella vuoto e frequenza di pulsazione elevati
Il fattore maggiormente responsabile dell’aumento del CCS nel latte Mastite processo infiammatorio della ghiandola mammaria. Sebbene possa essere causata sia da agenti chimici sia fisici, le cause sono spesso infettive e soprattutto batteriche. Durante la fase iniziale della infiammazione, la circolazione ematica subisce delle variazioni: l'afflusso di sangue si riduce e il deflusso avviene con difficoltà. Questi disturbi circolatori portano ad una alterazione dell'approvvigionamento di ossigeno, di principi nutritivi ed un abbassamento delle difese locali.
L'insufficiente deflusso porta ad un accumulo di cataboliti e sostanze tossiche che a loro volta causano lesioni al tessuto secretivo fino alla distruzione dello stesso, con conseguente necrosi della ghiandola mammaria. La diffusione della Mastite è favorita da fattori ambientali che consentono la disseminazione di microrganismi patogeni fra gli animali, prevalentemente attraverso la mungitura.
dosi elevate di concentrato sbilanciato rapporto Energia/Proteina ALIMENTAZIONE errori alimentari dosi elevate di concentrato sbilanciato rapporto Energia/Proteina eccessi proteici cambiamenti improvvisi di alimentazione carenze minerali (Se e Zn) carenze in vitamine (E ed A) Errori alimentari si ripercuotono sull’apparato mammario predisponendolo alle infiammazioni e quindi all’aumento delle probabilità di insorgenza di mastiti Un buon funzionamento del rumine è fondamentale per limitare il CCS nel latte
Stadio di lattazione Variazione del CCS durante la lattazione
Controllo delle mastiti - Identificazione dei soggetti infetti: è possibile individuare gli animali ammalati basandosi sui monitoraggi mensili dello SCC o del LS. Per identificare correttamente il tipo di batteri è necessaria una coltura microbiologica dei campioni di latte da bovine - Analisi della gestione aziendale: in caso di conte cellulari elevate è necessario controllare anche il metodo e la routine di mungitura nonché lo stato manutentivo della macchina mungitrice. Curare anche l'ambiente in cui vivono le bovine, assicurandosi comunque che le superfici con cui la mammella viene a contatto siano quanto più possibile asciutte e pulite
Trattamento in lattazione: Muovendosi sull'esame del più recente SCC, dei risultati dell'analisi colturale del latte e dello stadio di lattazione, è necessario identificare le bovine da trattare. Per le bovine ad inizio o metà lattazione con elevati conteggi è opportuno separare il latte prodotto da quello di massa Trattamento in asciutta: in tale periodo le cure usate risultano di maggiore utilità, in quanto eliminano le infezioni preesistenti e prevengono le nuove. Nella fase iniziale di questo periodo la mammella è particolarmente esposta ai rischi d'infezione Eliminazione degli animali infetti: questo procedimento può rendersi necessario nel caso di bovine con mastiti croniche o che comunque non rispondono al trattamento in asciutta; anche se buone produttrici, queste vacche sono in ogni caso un serbatoio di batteri e possono instaurare un circolo vizioso di reinfezioni in allevamento
Fattori che influenzano l’Indice Crioscopico L’aggiunta di acqua nel latte l’acidificazione nel latte per attività dei microrganismi (elevata CMT) – questa comporta un aumento del numero di molecole presenti in soluzione (da 1 molecola di lattosio si formano 2 molecole di acido lattico) e quindi un aumento della concentrazione con conseguente aumento dell’IC (cioè un allontanamento dallo zero) ...pertanto, accanto all’IC eseguire anche la determinazione del pH. variazione degli equilibri minerali nel latte, più che per carenza di minerali nella razione, per variazione dell’assorbimento a livello intestinale dovuto a: situazioni patologiche dell’animale (anche mastiti subcliniche; dismetabolie alimentari; scarsa ruminazione (anche per carenza di fibra); carenza di minerali a livello della razione. I fenomeni di malassorbimento sono prevalentemente legati a fenomeni di antagonismo tra ioni di dimensioni simili e di = segno (es. Na+ e K+ oppure Ca2+ ed Mg2+ . Inoltre carenze in Ca determinano riduzioni del reticolo della caseina quindi anche la riduzione della % di proteina possono determinare alterazioni dell’indice crioscopico.
Fattori che influenzano il pH del latte La qualità microbiologica del latte e le modalità di conservazione nel tempo Elevato contenuto in cellule somatiche Mastiti Alimentazione - nei terreni acidi, caratterizzati da carenza di calcare attivo oppure la somministrazione di sole granaglie e poche leguminose (ricche di calcio) comporta una carenza di Ca per l’animale per cui si altera nel latte l’equilibrio Ca/P a favore del P determinando un abbassamento del pH del latte (il P è un elemento acidogeno). Per ridurre questa deficienza calcica impiegare integratori minerali in blocchi oppure sotto forma di pellets da somministrare in sala di mungitura. In una corretta alimentazione l’equilibrio Ca/P è fondamentale ma è utile ricordare che un eccesso di Ca impedisce l’assorbimento di altri elementi (es. Zn e Cu). Crusca (alimento acidogeno per prevalenza del P rispetto al Ca) Cruschello (alimento acidogeno per prevalenza del P rispetto al Ca) Granturco (forte squilibrio Ca/P a favore del P)
climatici